Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29941 del 24/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29941 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: SANTALUCIA GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NOVA EDIL COSTRUZIONI S.N.C.
nei confronti di:
CARAMAZZA GIUSEPPE N. IL 29/06/1951
SPINNATO GIOACCHINO N. IL 21/04/1953
inoltre:
CARAMAZZA GIUSEPPE N. IL 29/06/1951
SPINNATO GIOACCHINO N. IL 21/04/1953
avverso la sentenza n. 1270/2009 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 17/10/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/04/2013 la relazione f
Consigliere Dott. GIUSEPPE SANTALUC1A
Udito il Procuratore Q enerale 1 persoT1a del Dott.
che ha concluso per
ris i’C.GrY\KA

Udito, per la parte civile,

l’Avv•1/47 0 ,CS

Data Udienza: 24/04/2013

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RITENUTO IN FATTO

La Corte di appello di Palermo, in riforma della sentenza del Tribunale di quella città del
14 luglio 2008, ha ridotto ad anni otto di reclusione ed C 2500,00 di multa la pena inflitta a
Giuseppe Caramazza e ad anni sei di reclusione la pena inflitta a Gioacchino Spinnato,
entrambi ritenuti responsabili del reato di partecipazione all’associazione mafiosa “cosa nostra”
in Palermo, Monreale e zone limitrofe, e il Caramazza soltanto anche del reato di riciclaggio,
aggravato ex art. 7 d.l. n. 152 del 1991, per aver sostituito la somma di denaro di circa un
miliardo di lire, preveniente dai reati di cui agli artt. 416-bis, 628 e 629 c.p. ed altri reati fine,

del mandamento di cosa nostra del quale fa parte il territorio di Monreale, mediante la
costruzione di due ville, l’una edificata dalla s.r.l. Val Monica, l’altra dalla s.n.c. Nuova Edil
Costruzioni, amministrate entrambe dallo stesso Caramazza, in Monreale fino al novembre
2003; e del reato di trasferimento fraudolento di beni, per avere, con più azioni esecutive di un
medesimo disegno criminoso, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di
prevenzione patrimoniale, attribuito fittiziamente a Giuseppe Billelo in data 11 giugno 2002 la
quota di C 2550 del capitale sociale di “Il Quadrifoglio s.r.l.” ed a Giuseppe Pupellla in data 11
giugno 2002 la quota di partecipazione dell’intero capitale sociale di “L’Arte di Costruire s.r.l.”,
in Monreale dall’il giugno 2002.
Preliminarmente la Corte di appello ha rigettato la richiesta della difesa del Caramazza
di rinnovazione istruttoria per l’espletamento di una perizia tecnico-contabile, ritenendola non
necessaria ai fini della decisione, avuto riguardo al complesso delle risultanze acquisite in esito
all’approfondita istruzione di primo grado, e per l’espletamento di un’ulteriore perizia per la
trascrizione di conversazioni intercettate, ritenendo manifestamente generica la relativa
richiesta.
Quanto alla posizione di Gioacchino Spinnato, la Corte di appello ha rilevato che dal
contenuto delle conversazioni intercettate è emersa in maniera inequivoca la prova
dell’appartenenza al sodalizio mafioso diretto da Giuseppe Balsano e il diretto coinvolgimento
nell’attività finalizzata all’illecita aggiudicazione di appalti pubblici nel settore dello smaltimento
dei rifiuti nel Comune di Monreale. Gioacchino Spinnato, sfruttando la sua qualità di presidente
o comunque di gestore di fatto della cooperativa Nuovi Orizzonti, si infiltrò all’interno dei
competenti uffici comunali allo scopo di ottenere, grazie a compiacenti funzionari, notizie
riservate, favori ed agevolazioni nell’interesse della cooperativa Ecologica Monreale
riconducibile a Giuseppe Balsano.
Quanto poi alla posizione di Giuseppe Caramazza, la Corte di appello ha posto in
evidenza i dati probatori, costituiti soprattutto da materiale intercettativo, che hanno fatto
emergere il ruolo di referente economico principale di Giuseppe Balsano, al vertice della
famiglia mafiosa di Monreale, e lo specifico contributo fornito al rafforzamento dell’associazione
mafiosa “cosa nostra” nello svolgimento dell’attività imprenditoriale edilizia finalizzata al
reimpiego dei proventi delle condotte criminose del sodalizio. In particolare, durante un
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della quale Giuseppe Balsano aveva la disponibilità quale uomo d’onore e poi quale reggente

colloquio in carcere con la nuora, Giuseppe Balsano fece riferimento a due ville, del valore di
circa un miliardo di lire, di cui disse di essere sostanzialmente proprietario, individuate dagli
inquirenti, proprio grazie ai riferimenti fatti dal Balsano, in quelle indicate nelle imputazioni,
l’una sita in c.da Lenzitti di Monreale, costruita dalla Vai Monica s.r.l. e l’altre sita in c.da
Gortee di Favara, sempre in Monreale, edificata dalla nuova Edil Costruzioni snc di Gioacchino
Lascari, Angelo Di Maria & C.
Deve sul punto tenersi presente che la C.I.M. s.r.I., costituita tra il Caramazza e il di lui
cognato Indemburgo e operante prevalentemente nel campo delle intermediazioni immobiliari,

con una quota pari al SO% del capitale sociale e che la Val Monica s.r.I., che ha la stessa sede
e lo stesso amministratore della C.I.M. s.r.I., fu costituita soltanto allo scopo di definire
l’operazione relativa alla costruzione di dodici villette in c.da Lenzitti in Monreale. E se dal 14
gennaio 2002 l’amministratore unico della C.I.M. s.r.l. fu formalmente Maria Grazia Madonia,
dalle intercettazioni sull’utenza telefonica intestata alla società si è appreso che il potere
decisionale fu soltanto del Caramazza. Il Caramazza svolse quindi la funzione di strumento di
sbocco legale dei capitali occulti provenienti dalle molteplici attività criminose della famiglia
mafiosa diretta da Giuseppe Balsano e si rese pertanto protagonista di una operazione di
riciclaggio attraverso la realizzazione di unità immobiliari con denaro di illecita provenienza e la
cessione delle ville a terzi acquirenti con destinazione del corrispettivo a Giuseppe Balsano. La
Corte di appello ha poi rilevato che solo tre settimane dopo l’arresto di Giuseppe Balsano,
avvenuto il 21 maggio 2002, il Caramazza cedette la propria quota di capitale sociale della
“quadrifoglio” s.r.I., costituita il 4 marzo 2001, per metà a Giuseppe Bilello e per metà a Pietro
Merletta, e che lo stesso giorno cedette anche la sua quota del 50% del capitale della società
“Arte del Costruire”, costituita solo qualche mese prima, a persona di sua fiducia, e cioè a
Giuseppe Pupella, che già deteneva il 50%. Dalle conversazioni intercettate si è però appreso
che il Caramazza continuò ad essere il protagonista assoluto delle scelte gestionali,
confermando che le cessioni furono soltanto un’operazione fittizia di natura cautelativa
conseguente al fatto che l’imputato era consapevole di avere intensamente frequentato un
esponente mafioso quale Edgardo Cardella, anch’egli arrestato il 21 maggio 2002, nel cui
stabilimento di torrefazione erano state rinvenute apparecchiature di intercettazione. A
conferma della persistente ingerenza del Caramazza nelle attività della società deve essere
evidenziato che la carica di amministratore unico fu lasciata in mano a suo figlio.
La Corte di appello ha infine rigettato la richiesta della parte civile Nuova Edil
Costruzioni s.n.c. di revoca della confisca delle due ville, affermando la ricorrenza dei
presupposti di cui all’art. 12-sexies d.l. n. 306 del 1992, essendo rimasto accertato che esse
appartenevano interamente al capomafia Giuseppe Balsano, condannato per il reato di cui
all’art. 416-bis c.p. con sentenza irrevocabile emessa il 5 maggio 2005 in separato giudizio
abbreviato. Le due ville costituirono peraltro anche il provento di una accertata operazione di

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partecipò, unitamente alla Nova Edil Costruzioni s.n.c., alla costituzione della Val Monica s.r.l.

riciclaggio, di guisa che la confisca deve essere confermata anche in forza del combinato
disposto degli artt. 240 e 416-bis comma 7 c.p.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso, per mezzo del difensore avv.to Giambruno,
Gioacchino Spinnato, deducendo:
violazione di legge e difetto di motivazione. La Corte territoriale, attraverso un
ragionamento giuridico errato, ha attribuito al ricorrente la qualifica di associato alla
consorteria mafiosa sol perché ebbe a conversare con Cristoforo Cascino, peraltro su
fatti e circostanze non oggetto di riscontri probatori, e senza che siano emersi

prova capace di far emergere la partecipazione del ricorrente alla consorteria e un
ruolo all’interno di essa. In nessuna conversazione che riguardi il ricorrente si
trattarono questioni relative ad appalti pubblici nel settore dello smaltimento dei
rifiuti del Comune di Monreale o comunque afferenti alle attività illecite del sodalizio
mafioso.
Le intercettazioni nei confronti del Cascino, e che indirettamente riguardarono anche
il ricorrente, furono eseguite dall’agosto del 1999 all’aprile del 2000; da quest’ultima
data in poi nulla è emerso nei confronti del ricorrente, che da allora ha cessato ogni
sua partecipazione o coinvolgimento nell’attività di raccolta rifiuti, s’i come nulla era
emerso prima, ma la Corte territoriale non ha affrontato il tema. La sentenza
impugnata ha affermato l’intraneità all’associazione mafiosa del ricorrente per il
pieno coinvolgimento nel sistema di illecita aggiudicazione delle gare per il servizio
di raccolta di rifiuti solidi urbani nel Comune di Monreale, ma non ha indicato alcun
elemento di prova per dimostrare in che modo la condotta dello Spinnato fosse
espressione del coinvolgimento nell’illecita aggiudicazione delle gare per il
menzionato servizio.

Violazione di legge e difetto di motivazione in merito all’applicazione delle
circostanze aggravanti di cui ai commi 4 e 6 dell’art. 416-bis c.p., dal momento che
non v’è stato accertamento circa la disponibilità di ami da parte del gruppo e non è
stato provato il reinvestimento delle utilità asseritamente procurate dalle azioni
criminose, né che l’asserito intervento sia avvenuto in strutture produttive dirette a
prevalere, nel territorio di insediamento, sulle altre strutture che offrivano gli stessi
beni o servizi.

Violazione di legge e difetto di motivazione in merito alla mancata concessione delle
circostanze attenuanti generiche, che dovevano essere riconosciute in ragione del
comportamento processuale tenuto dal ricorrente e dell’assenza di una reale gravità
del fatto in contestazione.

Violazione di legge e difetto di motivazione in punto di riconoscimento della
responsabilità per i danni invocati dalle parti civili, invero insussistenti.

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contatti con Giuseppe Balsano. La sentenza impugnata non ha indicato neanche una

Ha poi proposto ricorso, per mezzo del difensore avv.to Monaco, Giuseppe Caramazza,
deducendo:
Difetto di motivazione in riferimento al rigetto della richiesta di rinnovazione
istruttoria per una perizia avente ad oggetto la (ri)trascrizione di talune
conversazioni tra presenti specificamente indicate, dal momento che,
contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, la richiesta specificava le
ragioni in forza delle quali la trascrizione effettuata era da ritenersi inaffidabile. Un

contabile, perché la ritenuta occulta partecipazione del Balsano alle attività
imprenditoriali del ricorrente non poteva che esplicarsi con l’immissione di denaro di
illecita provenienza nelle “società di comodo” di cui alla contestazione.
Difetto di motivazione. La sentenza impugnata è incorsa in contraddizione nella
parte in cui ha affermato che le ville di c.da Lenzitti di Monreale e di c.da Grotte di
Favara fossero nelle titolarità personale ed effettiva di Giuseppe Balsano,
ritenendole però reimpiego dei proventi delle condotte criminose del sodalizio.
Nessun elemento processuale consente di affermare la riconducibilità di detti beni
immobili al sodalizio criminoso, quale reinvestimento di una cassa comune, non
potendo la sola qualità di capo della famiglia mafiosa di Monreale essere di per sé
capace di sostenere tale ipotesi, con conseguente insussistenza dell’aggravante di
cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991 in relazione al reato di cui all’art. 648-bis c.p. La
sentenza, ancora, non ha spiegato le ragioni per le quali è affermato che il ricorrente
fosse proprietario (fittizio) di un bene, la villa di c.da Grotte di Favara, invero di
pertinenza di una società, la Nova Edil Costruzioni s.n.c., della quale il ricorrente
non faceva parte. La sentenza ha poi illogicamente escluso la tesi, prospettata dalla
difesa, secondo cui la villa di c.da Lenzitti di Monreale, che prima aveva formato
oggetto di un preliminare di acquisto sottoscritto dal ricorrente non conclusosi con
l’atto definitivo di acquisto per mancato versamento dei pagamenti programmati, fu
oggetto di un’ipotesi di permuta a compensazione dei crediti, per prestazioni
lavorative, vantati da Castrenze Balsano, figlio di Giuseppe, nei confronti della
C.I.M. s.rI., da cui la Val Monica s.r.l. era partecipata.
Violazione di legge. La sentenza impugnata non ha in alcun modo argomentato
sull’affermata cointeressenza economica del sodalizio mafioso, tramite il ricorrente,
nelle Cooperative edilizie in cui questi era interessato con modesti capitali, sì da
farle ritenere espressione del reimpiego dei proventi delle condotte delittuose
compiute dal sodalizio. Ha affermato che l’attività imprenditoriale del ricorrente era
finalizzata al reimpiego dei proventi delle condotte criminose del sodalizio soltanto
sulla base della riconducibilità delle due ville al Balsano, sovrapponendo così la
condotta di riciclaggio a quella di partecipazione ad associazione di tipo mafioso. Né
la partecipazione associativa del ricorrente è probatoriamente supportata dalle
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pari difetto di motivazione ha inficiato il rigetto della richiesta di perizia tecnico-

dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, perché l’asserita conoscenza e
frequentazione con alcuni esponenti della famiglia mafiosa di Monreale non sono
indicative di un rapporto sodale.
Difetto di motivazione in riferimento all’affermazione di responsabilità per il reato di
fittizia intestazione, dal momento che la sentenza ha elevato il dato temporale
dell’arresto del Balsano ad unico parametro della fittizia attribuzione, trascurando
che il ricorrente fu tratto in arresto ben due anni dopo tali (irrisorie) cessioni e che
quindi non può logicamente ritenersi che fossero riconducibili ad una fittizia

la sentenza avrebbe dovuto motivare sulla partecipazione del sodalizio mafioso nelle
società, le cui quote furono cedute, perché soltanto in tale ipotesi la fittizia
attribuzione delle quote sociale poteva favorire il sodalizio salvaguardando le società
da un possibile sequestro.
Ha infine proposto ricorso, per mezzo del difensore avv.to Giovinco, la parte civile Nova Edil
Costruzioni s.n.c., deducendo:
Violazione di legge e difetto di motivazione, perché la sentenza non ha
puntualmente individuato i presupposti che dimostrerebbero la pretesa titolarità
formale, e non glià effettiva, dei suddetti beni immobili da parte della Nova Edil
Costruzioni s.n.c., così come l’assunta ingerenza e disponibilità

uti dominus del

Caramazza proprio di quelle due villette. Ed ha omesso di valutare e motivare circa
tutte le deduzioni difensive, dalle quali si evince come le sostanze necessarie alla
realizzazione delle villette nulla ebbero a vedere con il Caramazza. La parte civile
ricorrente ha dimostrato, con la sua produzione, non solo la titolarità effettiva su tali
beni, derivanti da capitali lecitamente realizzati, ma anche l’assenza di una qualsiasi
disponibilità dei suddetti beni da parte del Caramazza. La sentenza è peraltro
contraddittoria, perché da un lato ha riconosciuto l’esistenza di un danno risarcibile
in favore della ricorrente e a carico dell’imputato, e dall’altro le ha negato il diritto
alla restituzione dei beni oggetto del provvedimento ablatorio. Nel parlare poi di
operazione di riciclaggio compiuta in accordo tra il Caramazza e il Balsano, la
sentenza ha travisato il dato emergente dagli atti, e cioè che l’indicata operazione si
sarebbe, tutt’al più, realizzata per il tramite della C.I.M. s.r.I., socia al 50% della Val
Monica s.r.I., e non già attraverso tutte le altre aziende e i loro beni aziendali; ed è
così giunta ad un provvedimento ablatorio che ha colpito indiscriminatamente anche
beni appartenenti ad aziende diverse rispetto a quelle attraverso le quali si sarebbe
consumato il reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di Gioacchino Spinnato è fondato per le ragioni di seguito esposte, in

particolare per quel che attiene al primo motivo la cui natura assorbente rende ora superfluo
l’esame degli altri.
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intestazione. Quanto alla circostanza aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991,

La motivazione della sentenza impugnata è carente per la parte in cui non ha
adeguatamente approfondito quanto affermato con un consistente grado di apoditticità. In
particolare, si è attestato il pieno coinvolgimento del ricorrente nel sistema di illecita
aggiudicazione delle “gare” per il servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani nel

comune di

Monreale (fl. 13) e si è asserito che il sodalizio mafioso del Balsano si avvalse della condotta
dello Spinnato nel settore economico dell’illecita aggiudicazione dei servizi di raccolta dei rifiuti
solidi urbani, sfruttando la sua posizione di responsabile della cooperativa sociale “Nuovi
agevolazioni (fl. 13). A sostegno di queste conclusioni la sentenza impugnata ha però offerto
una motivazione che si è articolata nell’illustrazione di frammenti di conversazioni intercettate,
ritenuti di spiccata valenza accusatoria (fl. 10), tradendo qualche significativa lacuna. In
particolare, la sentenza impugnata ha fatto richiamo ad una conversazione del 19 gennaio
2000 tra lo Spinnato e Cristofaro Cascino (fl. 10-11), nel corso della quale il primo lamentò il
mancato intervento del suo interlocutore, che avrebbe dovuto, evidentemente con metodi
illeciti, “levargli di mezzo la Verde 2000″, società dei fratelli Maresca in concorrenza con quella
riconducibile appunto allo Spirmato. Il passo ora richiamato avrebbe però meritato un maggior
grado di approfondimento, capace di contestualizzare il riferimento alla società concorrente con
indicazione degli specifici episodi in cui si era rivelata la concorrenza, dell’esito di eventuali
gare, dell’andamento delle stesse, in buona sostanza di ogni altro utile elemento di fatto che
potesse dare consistenza alla tesi del coinvolgimento della società cooperativa dello Spinnato
negli affari criminali dell’associazione mafiosa operante in Monreale.
Gli altri brani di conversazioni, da cui si desume che lo Spinnato parlava con il Cascino
di armi (conv. del 28 ottobre 1999), o ancora che coltivava il proposito di compiere atti di
danneggiamento ai danni di un non identificato dottore, o meglio, più che danneggiamenti,
furti, forse qualche incendio, o addirittura una o più rapine (conv. del 13 ottobre 1999), non
esprimono una sufficiente forza persuasiva nell’ambito di un discorso giustificativo che ha
ritenuto sufficiente all’affermazione di responsabilità per il fatto associativo non già la
collocazione funzionale all’interno della compagine, ma l’indicazione di elementi da cui si trae
soltanto la consapevolezza di altrui fatti illeciti e il proposito di commissione di reati, che non si
sa se tradotto in azione.
Ed ancora, i brani di conversazioni intercettate durante le quali si commentava un
attentato incendiario, avvenuto il 4 giugno 1999 ai danni dell’imprenditore Carmelo Pupella (fl.
11), sono certo dati potenzialmente rilevanti, ma al contempo rivelano la necessità di un
approfondimento motivazionale, che dia ragione e conto della collocazione di tale episodio
criminoso nello svolgimento delle criminali attività del gruppo mafioso di asserita appartenenza
dello Spinnato. Il fatto che, durante la conversazione del 28 settembre 1999, il Cascino e lo
Spinnato parlarono degli autori dell’attentato, inserendoli nella compagine associativa, non è

bastevole per un giudizio di adeguatezza della motivazione, perché non è arricchito
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orizzonti” e di soggetto in condizioni di acquisire all’interno degli uffici pubblici notizie, favori ed

dall’indicazione degli elementi che possano far ritenere che quell’episodio debba essere
inscritto nelle attività del gruppo mafioso di appartenenza.
Infine, l’affermazione di vicinanza dello Spinnato ai fratelli Vito e Leonardo Vitale, noti
capimafia di Partinico, (fl. 12) non è di per sé, in assenza di ulteriori fatti e argomenti,
indicativo dell’intraneità alla organizzazione mafiosa di Monreale, che costituisce l’addebito per
il quale è processo.
Da nessuno dei dati probatori utilizzati nelle argomentazioni di motivazione si ricavano
elementi per sostenere la conclusione secondo cui lo Spinnato contribuì alla concreta
l’esigenza di risolvere controversie interne al gruppo o conflitti con terzi, e concorse
all’instaurazione di un intreccio di relazioni con altri imprenditori finalizzato all’illecita
aggiudicazione delle gare per l’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti (fl. 13).
La motivazione rivela allora una sostanziosa frattura logica tra le conclusioni e gli
argomenti probatori di premessa, che merita di essere colmata per mezzo di un annullamento
con rinvio alla Corte di appello, affinché provveda ad un nuovo giudizio.
È invece infondato il ricorso di Giuseppe Caramazza, che pertanto merita di essere
rigettato.
La Corte di appello ha adeguatamente motivato il rigetto della richiesta di rinnovazione
istruttoria, dal momento che non è stata posta di fronte a prove nuove sopravvenute o
scoperte successivamente al giudizio di primo grado, nel qual caso avrebbe dovuto consentire
la piena attuazione del diritto alla prova del ricorrente, ma a prove che ben sarebbero potute
essere oggetto dell’iniziativa di parte nel giudizio di primo grado. Si tenga a tal proposito conto
che «nel giudizio d’appello, la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, prevista dall’art. 603
comma primo cod. proc. pen., è subordinata alla verifica dell’incompletezza dell’indagine
dibattimentale e alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato
degli atti senza una rinnova•ione istruttoria; tale accertamento è rimesso alla valutazione del
giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata» – Sez. 4, n.
4981 del 5/12/2003 (dep. 6/V2004), P.G. in proc. Ligresti ed altri, Rv. 229666 -.
Il fatto che alcuni passi delle conversazioni intercettate siano incomprensibili, e che per
alcuni altri passi i periti abbiano manifestato dubbi nell’attribuzione delle frasi al chiamante o al
chiamato, ha sicuro rilievo al momento della valutazione di quel materiale intercettativo, ma
non si vede come possa giustificare la richiesta di rinnovazione delle operazioni di trascrizione,
atteso che i difetti evidenziati afferiscono a connotazioni strutturali della registrazione. In
questo senso si intende l’affermazione della sentenza impugnata, che riferisce di una manifesta
genericità della richiesta di rinnovo delle operazioni di trascrizione.
Per quel che poi attiene alla richiesta di perizia tecnico-contabile, la Corte di appello ha
fatto richiamo al complesso delle risultanze acquisite in esito all’istruzione dibattimentale di
primo grado e, quindi, con giudizio di merito non censurabile in questa sede, ha escluso
l’indispensabilità del mezzo di prova richiesto.
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attuazione del programma criminoso del sodalizio, proponendo soluzioni ogniqualvolta sorgeva

Non v’è poi la denunciata contraddizione tra l’affermazione della titolarità sostanziale
delle due ville in capo al Balsano e della finalità di agevolazione mafiosa delle connesse
operazioni di reimpiego del denaro di provenienza illecita, seppure detto denaro fosse di
spettanza esclusiva del singolo associato e non già dell’intero gruppo.
Le criminose condotte di reimpiego del denaro nella titolarità di un associato, specie se
questi è collocato in posizione apicale all’interno dell’organizzazione mafiosa, ridondano
necessariamente a vantaggio dell’associazione medesima, nella misura in cui consentono a
realizzazione essa è votata.
Non occorre, allora, perché possa affermarsi la finalità di agevolazione del gruppo, che il
denaro sia non già del singolo associato ma di una ipotizzata cassa comune, una volta che si
provi che il denaro medesimo sia il provento delle illecite attività dell’associazione, e che il
singolo ne sia proprietario proprio in forza della sua posizione all’interno del gruppo.
Le condotte di reimpiego hanno, in tal caso, una immanente finalità di agevolazione
dell’intero gruppo, consentendo agli appartenenti di concretizzare le finalità criminose che sono
sottese alla loro adesione, pena altrimenti la sperimentazione di una sostanziale inutilità e
inefficacia dell’associazione al perseguimento degli scopi che le sono propri, con inevitabile
compromissione delle ragioni stesse dell’esistenza dell’associazione.
La sentenza impugnata, ancora, ha dato adeguata motivazione delle ragioni per le quali
si è affermata la titolarità fittizia della villa di c.da Grotte di Favara in capo al ricorrente (fl. 19
ss.). Nei colloqui di Giuseppe Balsano con la nuora Paola Brusca del 2 novembre 2002, oggetto
di intercettazione, vi fu il chiaro riferimento a due ville, indicate cripticamente con il termine
“bicchieri”, di cui il Balsano affermò di essere il reale proprietario: l’una facente parte di un
complesso edilizio sito nei pressi dell’area cimiteriale, e sul punto la sentenza ha
opportunamente precisato che all’epoca l’unico cantiere edilizio posto nei pressi del cimitero
era quello della Val Monica s,r.I., impegnata nella realizzazione in c.da Lenzitti di dodici ville;
l’altra, situata “là sotto”, “vicino al ristorante Sceriffo”, come da espresse indicazioni del
Balsano, e che la sentenza ha, con logica argomentazione, individuato in una delle ville in
corso di costruzione ad opera della Nova Edil costruzioni s.n.c., che a quel tempo, proprio nei
pressi del ristorante “Lo Sceriffo”, stava costruendo ventisette ville, in c.da Grotte di Favara. La
sentenza, ancora, ha chiarito il senso dell’espressione “là sotto”, precisando che il Balsano non
potette che far riferimento alla posizione del luogo rispetto alla sede stradale principale, la s.p.
186, in quanto posto a valle (e quindi, sotto) di detta strada.
Per quel che concerne la villa di c.da Lenzitti, la sentenza ha adeguatamente spiegato le
ragioni per le quali ha negato fondatezza alle deduzioni difensive circa una compensazione di
crediti, per prestazioni lavorative, vantati da Castrenze Balsano nei confronti della C.I.M. s.r.l.
(fl. 26). Ha in tal senso valorizzato il fatto che il Balsano non parlò mai, nel corso delle
conversazioni in cui affermò che anche questa villa era di sua proprietà, a compensazioni dei
crediti vantati dal figlio, ed ha evidenziato che non v’è alcuna traccia documentale dell’asserita
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questa, e per essa pro quota ai suoi appartenenti, di assicurarsi gli illeciti profitti alla cui

compensazione, anche perché la prima fattura emessa da Castrenze Balsano fu del luglio 2002
e i pagamenti furono immediati e complessivamente regolari fino al saldo. Ulteriore logico
argomento addotto dalla sentenza è che, al momento in cui il Balsano disse di essere il reale
proprietario anche di questa villa, il credito del figlio Castrenze nei confronti della C.I.M. s.r.l.
era di molto inferiore (fl. 27).
Circa poi il ruolo attribuito al Caramazza, di gestore degli interessi economici del gruppo
mafioso facente capo al Balsano, la sentenza ha logicamente argomentato con il richiamo ai
contenuti delle conversazioni intercettate, nel corso delle quali più volte il Balsano fece

edilizio. Non è da trascurare, in tale prospettiva, che il Balsano, arrestato dopo un lungo
periodo di latitanza, sin dal primo colloquio carcerario con i congiunti ebbe cura di raccomandar
loro di prendere contatto con il Caramazza, così dando prova del rilevante inserimento di
questi in seno all’organigramma mafioso. A tal proposito è di consistente significato probatorio
il passo del colloquio del Balsano con il figlio durante il quale il primo impartì le direttive alle
quali il Caramazza avrebbe dovuto attenersi nelle scelte di tipo societario (fl. 20). E di sicuro
rilievo sono anche le dichiarazioni rese da Giovanni Brusca, reggente del mandamento di San
Giuseppe Jato dal 1989 fino all’arresto del 20 maggio 1996, che hanno fatto emergere la figura
del Caramazza quale soggetto di cui il Balsano si serviva nel portare avanti gli interessi
economici del suo gruppo nel settore edilizio (fl. 21ss.). La sentenza ha pure ben spiegato
come il ruolo effettivo del Caramazza fosse più importante di quello desumibile dal dato
formale della composizione societaria, perché, se pure amministratore unico della C.I.M. s.r.l.
e della Val Monica s.r.l. fosse formalmente Maria Grazia Madonia, dai risultati intercettativi si è
desunto che il pieno controllo della Vai Monica s.r.l. era del Caramazza (fl. 23). Deve poi
essere considerato che la C,I.M. s.r.I., costituita tra il Caramazza e il cognato Indemburgo,
svolse attività di intermediazione per l’acquisto di uno dei lotti di terreno su cui edificare le
villette dell’intero complesso,rdi c.da Grotte di Favara, e si occupò della vendita di undici delle
ventisette villette, una delle quali fu riservata al Caramazza stesso, come da preliminare di
acquisto del 10 marzo 1997 con la Nova Edil Costruzioni s.n.c. (fl. 24). Questo dato è posto
dalla sentenza in relazione con i risultati intercettativi delle conversazioni da cui è emerso che
la moglie del ricorrente riferì ad un’interlocutrice, che si informava circa le possibilità di
acquisto di un immobile, che il marito poteva cederne una edificata in c.da Grotte di Favara,
del valore di circa ottocento/novecento milioni di lire, precisando che proprio il marito aveva
l’anno precedente ultimato i lavori di realizzazione della struttura. Ed è, così, ben argomentata
la conclusione che il Cararnazza si interessò all’edificazione dell’intero complesso abitativo per
opera della Nova Edil Costruzioni s.n.c.
Ancora, sempre per quel che attiene al complesso immobiliare di c.da Grotte di Favara,
la sentenza ha fatto riferimento ad ulteriori dati intercettativi, e specificamente a quelli da cui
si trae che il Caramazza fu destinatario delle lamentele di Angelo Reres, indicato come altro
esponente della famiglia mafiosa di Monreale, per un mancato pagamento in suo favore, e fu
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riferimento al Caramazza in riguardo a questioni concernenti gli interessi del gruppo nel settore

informato da Gioacchino Lascari, titolare della Nova Edil Costruzioni s.n.c., del fatto che questi,
il giorno in cui si intercettarono le conversazioni, si trovava in ufficio, in compagnia di Giuseppe
Di Maria, socio occulto e padre di Angelo, formale contitolare della società, proprio con Angelo
Reres, evidentemente interessato alle attività della società a cui però era formalmente
estraneo (fl. 25).
La sentenza ha dato adeguata e logica motivazione circa il ruolo associativo svolto dal
Caramazza, che bene è stato delineato anche alla luce della non trascurabile considerazione
che il Balsano, proprietario effettivo di immobili di notevole valore di mercato e titolare di
leciti proporzionati, e che svolse l’attività di fabbro sino al 1993, anno in cui si rese latitante (fl.
27).
La sentenza, ancora, ha ben motivato anche sugli episodi di fittizia intestazione delle
quote sociali della Quadrifoglio s.r.l. e dell’Arte di costruire s.r.I., dando conto delle ragioni del
trasferimento e della permanenza in capo al Caramazza, pur dopo le cessioni delle quote, di
ogni potere decisionale (fl. 27-28). Pienamente logica è la ricostruzione offerta, restando
altrimenti incomprensibile Il trasferimento delle quote della Arte di costruire s.r.l. appena pochi
mesi dopo la costituzione della società e a venti giorni dall’arresto di Giuseppe Balsano, e ciò lo
stesso in giorno della cessione delle quote della Quadrifoglio s.r.I., e spiegabile soltanto con la
finalità di sottrarre quei beni a possibili misure di prevenzione patrimoniali, della cui adozione
ben poteva avvertire il pericolo per la sua vicinanza a Giuseppe Balsano e ad altri appartenenti
al gruppo mafioso, come indicati prima nella parte del “ritenuto in fatto” (fl. 29). In tale
direzione ricostruttiva non ha rilievo l’osservazione di ricorso circa il momento, di due anni
successivo, dell’arresto del ricorrente, perché la finalità elusiva ben può logicamente essere
radicata sul solo timore di essere potenzialmente destinatario di una misura di prevenzione, al
di là della sottoposizione anche alle più gravi misure cautelar’ di un procedimento penale.
L’affermazione della circostanza aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991 è stata ben
motivata, non essendo necessaria, a tal fine, la prova che le due società fossero state
impiegate specificamente nel perseguimento delle illecite attività del gruppo mafioso, una volta
che si è ben dimostrato il coinvolgimento associativo del Caramazza quale gestore delle attività
economiche e degli illeciti interessi nel settore edilizio.
Infine, anche il ricorso della parte civile Nova Edil Costruzioni s.n.c. è infondato, per le
ragioni di seguito esposte. La sentenza, come peraltro si è già avuto modo di apprezzare
nell’esame del ricorso del Caramazza, ha ampiamente ed esaustivamente motivato il dato della
reale appartenenza delle due ville, oggetto di confisca, a Giuseppe Balsano, e ciò al di là di
possibili argomenti difensivi volti a dimostrare l’appartenenza reale e non fittizia alla società
costruttrice; ed ha pertanto dato conto, in modo sufficiente, dei presupposti della misura
ablatoria ex art. 12 sexies d.l. n. 306 del 1992. Ha precisato, in aggiunta, che è stato

accertato che le due ville furono oggetto di un’operazione di riciclaggio, ponendosi come frutto
del reimpiego degli illeciti proventi tratti dal Caramazza nello svolgimento dell’attività
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consistenti somme di denaro, non aveva – computando anche quelli dei suoi familiari – redditi

criminosa, ed ha giustificato la confisca anche in riferimento ad altri parametri normativi, q uelli
del combinato disposto di cui agli artt. 240 e 416-bis comma 7 c.p. (fl. 30). La motivazione sul
punto è immune da censure, sì come non si sono rilevati vizi di violazione di le gg e, e il ricorso
deve pertanto essere rigettato.
Al ri g etto del ricorso del Caramazza e della parte civile se g ue la condanna degli stessi al
pagamento delle spese processuali; e però, il ri g etto del ricorso della parte civile in punto di
richiesta di revoca della confisca delle due ville non incide sul riconoscimento del diritto della

del Caramazza, che è stato rigettato, e che si liquidano nella somma indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Spinnato Gioacchino e rinvia per un
nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo.
Ri g etta i ricorsi della Nova Edil Costruzioni s.n.c. e di Caramazza Giuseppe e li condanna
al pagamento delle spese processuali; condanna inoltre Caramazza Giuseppe a rifondere le
spese sostenute in q uesto giudizio dalla parte civile Nova Edil Costruzioni s.n.c., che li q uida in
€ 3000,00, oltre accessori come per legge.
Così deciso, il 24 aprile 2013.

stessa alla rifusione delle spese sostenute nel grado in relazione alle attività di replica al ricorso

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