Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29941 del 11/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29941 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TOMASSETTI ANDREA, nato a Roma il 03/06/1968,
avverso l ‘ordinanza n. 62/2014 GIP TRIBUNALE di CIVITAVECCHIA
del 24/09/2014;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale dott. Pasquale Fimiani, che ha chiesto annullarsi il provvedimento
impugnato con rinvio al giudice a quo.

Data Udienza: 11/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1.

Con ordinanza del 24 settembre 2014 il G.i.p. del Tribunale di

Civitavecchia, decidendo, in funzione di giudice dell’esecuzione, sulla istanza
avanzata nell’interesse di Tomassetti Andrea, depositata il 23 giugno 2014:
– ha riconosciuto il vincolo della continuazione tra i reati giudicati con le
sentenze indicate nella premessa della stessa ordinanza, rese dalla Corte di
appello di Roma il 26 maggio 2011, con condanna alla pena di anni uno e mesi

reclusione, ritenuta la riconducibilità delle reiterate violazioni a un medesimo
progetto criminoso;
– ha rideterminato la pena complessiva a carico dell’istante, riducendo la
pena di complessivi anni quattro e mesi dieci di reclusione ad anni quattro e mesi
otto di reclusione in ragione della gravità dei comportamenti e della personalità
dell’istante.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
del suo difensore avv. Fabio Santaniello, l’interessato Tomassetti, che ne
denuncia la nullità, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) , cod. proc.
pen., in relazione all’art. 81 cod. pen., nella parte relativa alla individuazione
della pena a seguito della riconosciuta continuazione tra i due titoli in esecuzione
e per la mancanza di motivazione del calcolo della pena come rideterminata.
Secondo il ricorrente, il Giudice dell’esecuzione, pur riconoscendo la
continuazione tra i titoli oggetto della richiesta, ha omesso di fornire alcuna
motivazione del calcolo della pena rideterminata, cui è pervenuto senza dare
conto della pena individuata per il reato più grave e senza indicare gli aumenti
operati per gli altri reati, giudicati tutti con il rito abbreviato.

3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, concludendo per
l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, che non ha adeguatamente
motivato in ordine ai singoli aumenti di pena, non ricavabili implicitamente dal
suo contenuto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

2. Si premette in diritto che, secondo il costante indirizzo interpretativo di
questa Corte, nella determinazione, in sede esecutiva, della pena per la
continuazione tra reati separatamente giudicati con sentenze, una ovvero

2

,

dieci di reclusione, e il 27 settembre 2013, con condanna alla pena di anni tre di

ciascuna delle quali per più violazioni già unificate a norma dell’art. 81 cod. pen.,
il giudice deve dapprima scorporare tutti i reati che il giudice della cognizione
abbia riunito in continuazione, individuare quello più grave e solo
successivamente, sulla pena come determinata per quest’ultimo dal detto
giudice, operare autonomi aumenti per i reati satelliti, compresi quelli già riuniti
in continuazione c.d. interna con il reato posto a base del nuovo computo (tra le
altre, Sez. 1, n. 45161 del 27/10/2004, Esposito, Rv. 229822; Sez. 1, n. 4911
del 15/01/2009, Neder, Rv. 243375; Sez. 1, n. 49748 del 15/12/2009, Di

5, n. 8436 del 27/09/2013, dep. 2014, Romano, Rv. 259030).
2.1. Si è, infatti, rimarcato che, nella sequenza delle operazioni per la
determinazione del trattamento sanzionatorio, il giudice dell’esecuzione è
vincolato dal giudicato solamente per quanto riguarda l’individuazione del reato
più grave, la cui sanzione deve prendere in considerazione quale base del
procedimento di computo, applicandovi gli aumenti di pena per i reati a esso
unificati, senza che analogo vincolo sussista quanto al trattamento sanzionatorio
originariamente previsto per tali reati satelliti, potendo egli procedere,
nell’ambito di una valutazione dei fatti unificati nella continuazione, alla
rideterminazione della pena per gli stessi reati anche in misura superiore alla
pena originariamente inflitta per ogni reato, ancorché nei limiti di cui all’art. 671
cod. proc. pen. e previo ragguaglio tra le pene di genere diverso ai sensi dell’art.
135 cod. pen. (Sez. U, n. 4901 del 27/3/92, Cardarilli, Rv. 191129, e, tra le
successive, Sez. 1, n. 4862 del 06/07/2000, Basile, Rv. 216752; Sez. 1, n.
32277 del 25/02/2003, Mazza, Rv. 225742; Sez. 1, n. 28514 del 04/06/2004,
Giannone, Rv. 228849; Sez. 1, n. 15986 del 2/4/2009, Bellini, Rv. 243174; Sez.
1, n. 45256 del 27/09/2013, Costantini, Rv. 257722), e alla luce dei criteri
stabiliti dall’art. 133 cod. pen. (tra le altre, Sez. 5, n. 11587 del 10/02/2006,
Vudafieri, Rv. 233897).
Ne discende che il giudice dell’esecuzione, nel determinare la pena finale per
il reato continuato, incontra il solo limite, stabilito dall’art. 671, comma 2, cod.
proc. pen., del divieto di superamento della somma delle sanzioni inflitte in sede
cognitiva con ciascun titolo giudiziale (tra le altre, Sez. 1, n. 5826 del
22/10/1999, dep. 2000, Buonanno, Rv. 214839; Sez. 1, n. 31429 del
08/06/2006, Serio, Rv. 234887; Sez. 1, n. 48833 del 09/12/2009, dep. Galfano,
Rv. 245889; Sez. 1, n. 5832 del 17/01/2011, Razzaq, Rv. 249397; Sez. 1 n.
25426 del 30/05/2013, Cena, Rv. 256051), pacificamente prevalente sulla regola
del non superamento del triplo della pena relativa alla violazione più grave,
fissata, per il giudizio di cognizione, dall’art. 81, comma 2, cod. pen. (tra le altre,
Sez. 1, n. 5959 del 12/12/2001, dep. 2002, Franco M., Rv. 221100; Sez. 1, n.
24823 del 31/03/2005, Tanzi, Rv. 232000; Sez. 1, n. 39306 del 24/09/2008,

3

Stefano, Rv. 245987; Sez. 1, n. 38244 del 13/10/2010, Conte, Rv. 248299; Sez.

Cantori, Rv. 241145; Sez. 2, n. 22561 del 08/05/2014, Do Rosario Lopez, Rv.
259349), senza essere vincolato dal divieto della reformatio in peius, di cui
all’art. 597, comma 3, cod. proc. pen. (tra le altre, Sez. 1, n. 12704 del
06/03/2008, D’Angelo, Rv. 239376).
In ogni caso, il giudice dell’esecuzione deve dare conto dei criteri adottati
per la determinazione della pena per l’applicazione della continuazione, in modo
da rendere noti all’esterno non solo gli elementi che sono stati oggetto del suo
ragionamento, ma anche i canoni adottati, sia pure con le espressioni concise

14/05/2009, De Risio, Rv. 244115; Sez. 1, n. 16691 del 22/01/2009, Santaiti,
Rv. 243168; Sez. 1, n. 32870 del 10/06/2013, Sardo, Rv. 257000), e, in
particolare, nel determinare la pena complessiva, non solo deve individuare il
reato più grave, stabilendo la pena base applicabile per tale reato, ma deve
anche calcolare l’aumento di pena per la continuazione in modo distinto per i
singoli reati satelliti, anziché unitariamente (tra le altre, Sez. 3, n. 4209 del
16/12/208, dep. 2009, Pandolfi, Rv. 242873; Sez. 1, n. 27198 del 28/05/2013,
Margherito, Rv. 256616; Sez. 3, n. 6828 del 17/12/2014, dep. 2015, Seck, Rv.
262527; Sez. 5, n. 16015 del 18/02/2015 Nuzzo, Rv. 263591).
2.2. Sotto concorrente profilo, si è anche rappresentato, in tema di
determinazione del reato più grave ai fini dell’applicazione della continuazione
nella fase dell’esecuzione, che la specifica regola dettata dall’art. 187 disp. att.
cod. proc. pen., diversa da quella operante nella fase di cognizione -dove si ha
riguardo alla gravità in astratto di ciascun reato da comparare sulla base della
valutazione del titolo di reato e dei limiti edittali di pena (Sez. U, n.748 del
12/10/1993, dep. 1994, Cassata, Rv. 195805; Sez. U, n. 15 del 26/11/1997,
dep. 1998, Varnelli, Rv. 209485; tra le successive, Sez. 6, n.34382 del
14/07/2010, Azizi Aslan detto Filippo, Rv. 248247)- è ancorata, “anche quando
per alcuni reati si è proceduto con giudizio abbreviato”, alla sanzione applicata in
concreto, e cioè alla quantificazione della pena finale risultante dai calcoli
intermedi, indipendentemente dagli stessi e anche dalla gravità dei singoli reati.

3. Di tali condivisi principi non è stata fatta corretta applicazione.
3.1. Il Giudice dell’esecuzione, infatti, dopo aver riconosciuto la sussistenza
della unicità del disegno criminoso tra i reati giudicati con i due titoli definitivi di
condanna, oggetto della richiesta, argomentando che essi riguardavano il
medesimo reato, posto in essere con reiterate condotte illecite dall’istante, quale
legale rappresentante della Emme Supercar S.r.l., nel periodo temporale
compreso tra il 2003 e il 31 marzo 2007, si è limitato -nella rideterminazione
della pena per il reato continuato riconosciuto in executivis- a enunciare l’entità
della pena irrogata con ciascuno dei predetti titoli, in riforma o a conferma delle
4

caratteristiche dei provvedimenti esecutivi (tra le altre, Sez. 1, n. 23041 del

sentenze di primo grado rese dal medesimo Ufficio G.i.p. di Civitavecchia, e a
ridurre la pena complessiva da anni quattro e mesi dieci di reclusione (pari alla
sommatoria delle pene inflitte con ciascuna sentenza nella rispettiva misura di
anni uno e mesi dieci di reclusione e di anni tre di reclusione) ad anni quattro e
mesi otto di reclusione.
3.2. In tal modo, l’ordinanza impugnata, seguendo un iter argomentativo
viziato in diritto e carente e, per l’effetto, inidoneo a consentire alcun controllo
sulla dosimetria sanzionatoria adottata, né ha precisato quali e quanti reati,

ciascuna sentenza; né ha proceduto allo scorporo dei reati eventualmente già
unificati ai sensi dell’art. 81, comma 2, cod. pen. in sede di cognizione a titolo di
continuazione interna; né ha individuato la (singola) violazione più grave fra i
reati unificati alla luce della pena inflitta dal giudice della cognizione (ex art. 187
disp. att. cod. proc. pen.) e assunta quale pena base del procedimento di
determinazione della pena finale per il nuovo reato; né ha assolto all’obbligo di
rendere conto degli aumenti di pena operati per l’altro reato ovvero per ciascuno
degli altri reati unificati (compresi quelli, eventuali, già riuniti in continuazione in
sede di cognizione con il reato, più grave, posto a base del nuovo computo),
apprezzando, invece, la congruità della sola pena complessiva, ottenuta
attraverso la detrazione di due mesi di reclusione dalla precedente sommatoria
finale dei due addendi rappresentati dalle pene inflitte con le due separate
sentenze, “in ragione della gravità dei comportamenti e della personalità del

prevenuto”.

4. Alla stregua degli svolti rilievi e dei principi di diritto sopra richiamati e
affermati, l’ordinanza impugnata -ferma restando la statuizione in punto di
riconoscimento della continuazione- deve essere, conclusivamente, annullata per
quanto attiene al calcolo della pena, con rinvio al G.i.p. del Tribunale di
Civitavecchia, in funzione di giudice dell’esecuzione, che, in diversa composizione
soggettiva (Corte cost., sent. n. 183 del 2013), procederà -in piena libertà di
giudizio e in coerenza con quanto rilevato- a nuovo esame.

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