Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29940 del 29/10/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29940 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI MARZO GIUSEPPE nato a Napoli il 21/09/1981
avverso l’ordinanza n. 232/2014 del TRIBUNALE di NOLA del
12/12/2014;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale dott. Aurelio Galaso, che ha chiesto il rigetto
del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Data Udienza: 29/10/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 12 dicembre 2014 il Tribunale di Nola, in funzione di
giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza proposta nell’interesse di Giuseppe
Di Marzo, volta alla declaratoria di temporanea inefficacia del provvedimento
emesso in data 8 maggio 2014 dalla Procura della Repubblica presso lo stesso
Tribunale, che, fissando la scadenza della pena complessivamente inflitta al 4

la sospensione dell’esecuzione della pena detentiva non superiore a tre anni,
nonostante la sussistenza dei presupposti di legge.
Il Tribunale rilevava in fatto, a ragione della decisione, richiamati i relativi
condivisi principi di diritto, che l’istante, come indicato nel provvedimento di
determinazione della pena emesso dal Pubblico ministero, esente da profili
d’illegittimità, si trovava già -al momento della emissione dell’ordine di
carcerazione- in stato di detenzione per espiazione di altra pena di anni quattro e
mesi otto di reclusione, irrogata, unitamente alla pena pecuniaria di euro
ventimila, con sentenza del 15 marzo 2011 del Tribunale di Torre Annunziata,
irrevocabile il 16 maggio 2012.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
del suo difensore avv. Nicola Monda, l’interessato Di Marzo, che ne chiede
l’annullamento sulla base di unico motivo, con il quale denuncia violazione
dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt.
125 n. 3 e 656, commi 5 e 9, cod. proc. pen.
2.1. Secondo il ricorrente, il Pubblico ministero, che ha emesso in data 8
maggio 2014 il provvedimento di cumulo n. 34/2014 nei confronti di esso
ricorrente, già detenuto in espiazione di un ordine di carcerazione emesso dalla
Procura di Torre Annunziata per una condanna ad anni quattro e mesi otto di
reclusione, inserendo nel cumulo, oltre a detta condanna quasi interamente
espiata, due condanne definitive a pena detentiva complessiva di mesi sei,
avrebbe dovuto sospendere l’esecuzione della pena non essendo il limite di pena
ostativo all’emissione del relativo provvedimento, secondo il principio generale
fissato dall’art. 656, comma 5, cod. proc. pen. e in assenza di ragioni di deroga
alla sua applicazione.
Né sul diritto di natura sostanziale del condannato alla sospensione della
pena può influire l’adempimento meramente amministrativo posto a carico del
pubblico ministero dall’art. 656, comma 2, cod. proc. pen., che stabilisce che, se
il condannato è già detenuto, l’ordine di esecuzione è comunicato al Ministro

2

febbraio 2016, aveva emesso contestuale ordine di carcerazione, senza disporre

della

giustizia

e

notificato all’interessato,

e

implicitamente utilizzato

dall’ordinanza impugnata, che ha rigettato la richiesta difensiva azionata con
l’incidente di esecuzione riportando in motivazione due massime di legittimità
senza indicare il ragionamento sotteso alla decisione.
2.2. Non è neppure corretta e conferente l’argomentazione offerta in alcune
sentenze della Corte di cassazione, secondo le quali l’istituto della sospensione
della pena di cui all’art. 656, comma 5, cod. proc. pen., introdotto dalla legge n.
165 del 1998, è ispirato alla ratio di impedire l’ingresso in carcere dei condannati

può, pertanto, essere invocato se sopravvenga altro titolo esecutivo nei confronti
di soggetto che stia espiando la pena per altra causa, dovendo solo provvedersi
all’adempimento di cui al predetto secondo comma dello stesso art. 656 cod.
proc. pen., avuto riguardo alla pronuncia di segno opposto (Sez. 5, n. 295 del
20/01/200), testualmente riportata.
Né il legislatore, introducendo una deroga alla sospensione dell’ordine di
carcerazione riguardo ai recidivi ex art. 99, comma 4, cod. pen. coli la legge n.
251 del 2005, poi soppressa con d.l. n. 78 del 2013, ha ritenuto di chiarire e
prevedere espressamente la deroga alla sospensione dell’ordine di carcerazione
per i soggetti in regime di espiazione pena per altro titolo, mentre il sussistente
contrasto giurisprudenziale impone la valutazione in via gradata della rimessíone
della questione alle Sezioni unite.

3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, concludendo per
il rigetto del ricorso per la sua infondatezza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Questa Corte ha già reiteratamente chiarito che la sospensione dell’ordine
di esecuzione di una pena detentiva breve, prevista dall’art. 656, comma 5, cod.
proc. pen., non opera nei confronti del condannato che, al momento
dell’esecuzione di tale pena, si trovi già detenuto in carcere in espiazione di pena
irrogata per altro titolo, essendo tale istituto volto, in sostanza, a impedire
l’ingresso in carcere di quanti possano aspirare a uno dei regimi alternativi alla
detenzione ed essendo detta esigenza all’evidenza insussistente nei riguardi di
condannato che già si trovi ristretto in carcere, ancorché per titolo diverso da
quello da eseguire (tra le altre, Sez. 1, n. 52197 del 29/10/2014, Romano, Rv.

3

in grado di ottenere l’ammissione a una misura alternativa alla detenzione e non

261458; Sez. 1, n. 24918 del 27/05/2009, Di Marzo, Rv. 244E52; Sez. 4, n.
18362 del 22/03/2007, Guarnieri Rv. 236413; Sez. 5, n. 12620 del 02/03/2006,
Casula, Rv. 234547; Sez. 1, n. 6779 del 25/01/2005, Salvatore, Rv. 232938;
Sez. 1, n. 4845 del 27/01/2005„ Errico, Rv. 230963; Sez. 1, n. 8720 del
03/12/2003, dep. 2004, Raffio, Rv. 228157; Sez. 4, n. 1524 del 03/03/2000,
Costanza S, Rv. 216477).
2.1. Tale orientamento ermeneutico, che qui si condivide e riafferrra, è da
ritenere ormai consolidato rispetto al diverso minoritario indirizzo di legittimità in

Sez. 6, n. 8498 del 09/01/2001, Natchev, Rv. 219096; Sez. 3, n. 8880 del
08/02/2001, Aspromonte, Rv. 218625; Sez. 5, n. 295 del 20/01/2000, Salvatore
M., Rv. 216220), e che -correlato alla interpretazione restrittiva delle eccezioni
all’automatica sospensione dell’ordine di carcerazione per le condanne a pene
detentive brevi, contenuta nell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen., nella
formulazione introdotta con la legge 27 maggio 1998, n.165 e alla prevalenza di
detta disposizione, quale norma più favorevole, sul principio di esecuzione
unitaria delle pene concorrenti fissato dall’art. 663 cod. proc. pen. con
provvedimento di natura amministrativa, è insuscettibile di acquisire il carattere
della definitività- è stato superato dalle contrarie argomentazioni di dissenso,
motivatamente rimarcate da questa Corte (Sez. 1, n. 6779 del 25/01/2005, in
parte motiva) e reiterate nelle suddette decisioni, precisandosi i confini di
operatività del meccanismo di sospensione dell’ordine di esecuzione anche sulla
base dei richiamati lavori preparatori della indicata novella legislativa e delle
ragioni che l’hanno ispirata, oltre che su considerazioni logico-sistematiche,
fondate sulla lettura del secondo comma dell’art. 656 cod. proc. pen. e sul
principio della unitarietà dell’esecuzione.
2.2. Nell’indicato contesto, che non registra alcun contrasto in atto,
limitandosi lo stesso ricorrente a valorizzare, in contrapposizione argomentativa,
i rilievi già ritenuti non pertinenti o sub valenti da questa Corte e a riprodurre in
modo acritico i passi di una decisione del minoritario e superato indirizzo
(Sez. 5, n. 295 del 20/01/2000, citata), ed emergendo al contrario (come
rilevato anche nella relazione n. 45/15 del 1 giugno 2015 dell’Ufficio del
Massimario penale sull’orientamento di giurisprudenza pertinente ai limiti della
sospensione dell’ordine di esecuzione delle pene detentive brevi) conformità
nell’affermazione dei suindicati principi di diritto, esattamente interpretati e
correttamente applicati nell’ordinanza impugnata, sono prive di giuridico pregio
le doglianze e le deduzioni del ricorrente e non vi è spazio per la sollecitata
rimessione della questione dedotta alle Sezioni unite.

4

passato espresso (Sez. 3, n. 22500 del 12/03/2003, Buonomo, Rv. 224976;

3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma in data 29 ottobre 2015

Il Presidente

Il Consigliere estensore

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