Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29939 del 29/10/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29939 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AFELTRA GIUSEPPE, nato a Nocera Inferiore il 05/08/1966,
avverso l’ordinanza n. 185/2014 del TRIBUNALE di NOCERA
INFERIORE del 25/11/2014

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale dott. Sante Spinaci, che ha chiesto annullarsi
l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Nocera Inferiore per
nuovo esame limitatamente alla determinazione del trattamento
sanzionatorio.

Data Udienza: 29/10/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 25 novembre 2014 il Tribunale di Nocera Inferiore, in
funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto la richiesta avanzata da Giuseppe
Afeltra, volta all’applicazione della disciplina del reato continuato tra i reati
giudicati con le sentenze indicate nella premessa della stessa ordinanza, rese:
– dalla Corte di appello di Salerno 1’11 dicembre 2007, in parziale riforma

(irrevocabile il 22 novembre 2011), con condanna dell’istante alla pena di anni
due di reclusione in relazione ai delitti di cui agli artt. 81, comma 2, 99, comma
1, e 468 cod. pen.;
– dalla Corte di appello di Salerno il 27 maggio 2002, in parziale riforma
della sentenza del 18 giugno 2001 del G.u.p. del Tribunale di Nocera Inferiore
(irrevocabile il 13 luglio 2002), con condanna dell’istante alla pena di anni due,
mesi quattro e giorni venti di reclusione ed euro seicentodiciannove di multa in
relazione ai delitti di cui agli artt. 81-110-648, 8-110-640, 81-110-477, 81-110477-482, 81-110-494, 81-110-468, 81-110-477, 81-110-477-482, 81-110-624
cod. pen.;
– dalla Corte di appello di Salerno il 24 aprile 2007, a conferma della
sentenza del 14 gennaio 2002 del G.u.p. del Tribunale di Nocera Inferiore
(irrevocabile il 24 gennaio 2008), con condanna dell’istante alla pena di anni uno
e mesi nove di reclusione ed euro duecento di multa in relazione ai delitti di cui
agli artt. 640, 468, 477-482, 494, 99, comma 4, seconda ipotesi, cod. pen.
Con la stessa ordinanza il Tribunale, che ha rappresentato che il G.i.p. del
Tribunale di Nocera Inferiore aveva riconosciuto in sede esecutiva, con ordinanza
del 24 agosto 2012, il vincolo della continuazione tra i reati giudicati con la
seconda e la terza delle indicate sentenze, determinando per gli stessi la pena
complessiva di anni tre di reclusione ed euro quattrocento di multa, ha
rideterminato la pena finale a carico dell’istante, ritenuta più grave la pena di cui
alla sentenza della Corte di appello di Salerno del 27 maggio 2002, in anni
quattro e mesi undici di reclusione ed euro mille di multa.
Il Tribunale, in particolare, è pervenuto a tale quantificazione della pena
finale partendo dalla pena base di anni due, mesi quattro e giorni venti di
reclusione ed euro seicentodiciannove di multa, fissata con la indicata sentenza e
ritenuta più grave secondo i parametri di cui all’art. 187 disp. att. cod. proc.
pen., aumentata ex art. 81 cod. pen. in misura superiore al doppio, nel rispetto
delle disposizioni normative di cui all’art. 671, commi 2 e 2-bis, cod. proc. pen.,
avuto riguardo alla molteplicità dei reati commessi, al loro carattere seriale e al

2

“i

della sentenza del 27 settembre 2004 del Tribunale di Nocera Inferiore

loro inquadramento all’interno della operatività di un soggetto di notevole
spessore e pericolosità criminale.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, con atto
personale, l’interessato Afeltra, che ne chiede l’annullamento sulla base di due
motivi, con i quali denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod.
proc. pen., rispettivamente inosservanza o erronea applicazione di legge e
mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.

evidenzia che le sentenze della Corte di appello di Salerno del 27 maggio 2002 e
del 24 aprile 2007 sono state unificate per continuazione in sede esecutiva con
ordinanza del 24 agosto 2012 del G.i.p. del Tribunale di Nocera Inferiore e che al
Giudice dell’esecuzione si è chiesta la riunione con dette sentenze di quella
dell’Il dicembre 2007 della stessa Corte, il Giudice dell’esecuzione, in contrasto
con le richiamate previsioni normative degli artt. 81 cod. pen., 671 cod. proc.
pen. e 187 disp. att. cod. proc. pen. e i correlati principi di diritto, ha confuso la
pena stabilita per il reato più grave con la sentenza di condanna più gravosa, ha
aumentato la pena in misura superiore al doppio senza tenere conto dei singoli
elementi per ogni reato, delle relative circostanze e della riduzione della pena per
la scelta del rito abbreviato.
Né la recidiva, che il Giudice ha aggiunto nel riportare integralmente i capi
d’imputazione, può essere contestata in fase di esecuzione, se non risulta
contestata e applicata nella competente fase, facendosi seguire a tale aggiunta le
conseguenti determinazioni sul computo della pena.

3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, concludendo,
alla luce della fondatezza del ricorso, per l’annullamento con rinvio della
ordinanza impugnata per il necessario nuovo esame con riguardo al trattamento
sanzionatorio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

2. Si premette in diritto che, secondo il costante indirizzo interpretativo di
questa Corte, nella determinazione, in sede esecutiva, della pena per la
continuazione tra reati separatamente giudicati con sentenze, una ovvero
ciascuna delle quali per più violazioni già unificate a norma dell’art. 81 cod. pen.,
il giudice deve dapprima scorporare tutti i reati che il giudice della cognizione

3

Secondo il ricorrente, che illustra le sentenze oggetto della richiesta ed

abbia riunito in continuazione, individuare quello più grave e solo
successivamente, sulla pena come determinata per quest’ultimo dal detto
giudice, operare autonomi aumenti per i reati-satellite, compresi quelli già riuniti
in continuazione c.d. interna con il reato posto a base del nuovo computo (tra le
altre, Sez. 1, n. 45161 del 27/10/2004, Esposito, Rv. 229822; Sez. 1, n. 4911
del 15/01/2009, Neder, Rv. 243375; Sez. 1, n. 49748 del 15/12/2009, Di
Stefano, Rv. 245987; Sez. 1, n. 38244 del 13/10/2010, Conte, Rv. 248299; Sez.
5, n. 8436 del 27/09/2013, dep. 2014, Romano, Rv. 259030).

determinazione del trattamento sanzionatorio, il giudice dell’esecuzione è
vincolato dal giudicato solamente per quanto riguarda la individuazione del reato
più grave, la cui sanzione deve prendere in considerazione quale base del
procedimento di computo, applicandovi gli aumenti di pena per i reati a esso
unificati, senza che analogo vincolo sussista quanto al trattamentc sanzionatorio
originariamente previsto per tali reati-satellite, potendo egli procedere,
nell’ambito di una valutazione dei fatti unificati nella continuazione, alla
rideterminazione della pena per gli stessi reati anche in misura superiore alla
pena originariamente inflitta per ogni reato, ancorché nei limiti di cui all’art. 671
cod. proc. pen. e previo ragguaglio tra le pene di genere diverso ai sensi dell’art.
135 cod. pen. (Sez. U, n. 4901 del 27/3/92, Cardarilli, Rv. 191129,

E,

tra le

successive, Sez. 1, n. 4862 del 06/07/2000, Basile, Rv. 216752; Sez. 1, n.
32277 del 25/02/2003, Mazza, Rv. 225742; Sez. 1, n. 28514 del 04/06/2004,
Giannone, Rv. 228849; Sez. 1, n. 15986 del 2/4/2009, Bellini, Rv. 243174; Sez.
1, n. 45256 del 27/09/2013, Costantini, Rv. 257722), e alla luce dei criteri
stabiliti dall’art. 133 cod. pen. (tra le altre, Sez. 5, n. 11587 del 10/02/2006,
Vudafieri, Rv. 233897).
Ne discende che il giudice dell’esecuzione, nel determinare la pena finale per
il reato continuato, incontra il solo limite, stabilito dall’art. 671, comma 2, cod.
proc. pen., del divieto di superamento della somma delle sanzioni inflitte in sede
cognitiva con ciascun titolo giudiziale (tra le altre, Sez. 1, n. 5826 del
22/10/1999, dep. 2000, Buonanno, Rv. 214839; Sez. 1, n. 31429 del
08/06/2006, Serio, Rv. 234887; Sez. 1, n. 48833 del 09/12/2009, dep. Galfano,
Rv. 245889; Sez. 1, n. 5832 del 17/01/2011, Razzaq, Rv. 249397; Sez. 1 n.
25426 del 30/05/2013, Cena, Rv. 256051), pacificamente prevalente sulla regola
del non superamento del triplo della pena relativa alla violazione più grave,
fissata, per il giudizio di cognizione, dall’art. 81, comma 2, cod. pen. (tra le altre,
Sez. 1, n. 5959 del 12/12/2001, dep. 2002, Franco M., Rv. 221100; Sez. 1, n.
24823 del 31/03/2005, Tanzi, Rv. 232000; Sez. 1, n. 39306 del 24/09/2008,
Cantori, Rv. 241145; Sez. 2, n. 22561 del 08/05/2014, Do Rosario Lopez, Rv.

4

2.1. Si è, infatti, rimarcato che, nella sequenza delle operazioni per la

259349), senza essere vincolato dal divieto della reformatio in peius, di cui
all’art. 597, comma 3, cod. proc. pen. (tra le altre, Sez. 1, n. 12704 del
06/03/2008, D’Angelo, Rv. 239376).
In ogni caso, il giudice dell’esecuzione deve dare conto dei criteri adottati
per la determinazione della pena per l’applicazione della continuazione, in modo
da rendere noti all’esterno non solo gli elementi che sono stati oggetto del suo
ragionamento, ma anche i canoni adottati, sia pure con le espressioni concise
caratteristiche dei provvedimenti esecutivi (tra • e altre, Sez. 1, n. 23041 del

Rv. 243168; Sez. 1, n. 32870 del 10/06/2013, Sardo, Rv. 257000), e, in
particolare, nel determinare la pena complessiva, non solo deve iiídividuare il
reato più grave, stabilendo la pena base applicabile per tale reato, ma deve
anche calcolare l’aumento di pena per la continuazione in modo distinto per i
singoli reati-satellite, anziché unitariamente (tra le altre, Sez. 3, n. 4209 del
16/12/208, dep. 2009, Pandolfi, Rv. 242873; Sez. 1, n. 27198 del 28/05/2013,
Margherito, Rv. 256616; Sez. 3, n. 6828 del 17/12/2014, dep. 2015, Seck, Rv.
262527; Sez. 5, n. 16015 del 18/02/2015, Nuzzo, Rv. 263591).
2.2. Sotto concorrente profilo deve rilevarsi che l’art. 671, comma

2-bis,

cod. proc. pen. rinvia, estendendone l’applicabilità in sede esecutiva, alle
disposizioni di cui all’art. 81, comma 4, cod. pen., alla cui stregua “(…) se i reati

in concorso formale o in continuazione con quello più grave sono commessi da
soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall’art. 99, quarto
comma, l’aumento della quantità di pena non può essere comunque inferiore ad
un terzo della pena stabilita per il reato più grave”.
A tal fine, secondo riaffermati principi, è sufficiente che la recidiva indicata
sia stata riconosciuta dal giudice, anche se poi in concreto non applicata per
effetto del giudizio di comparazione di cui all’art. 69 cod. pen.
Le Sezioni unite, invero, nel puntualizzare che la recidiva, in quanto opera
come circostanza aggravante inerente alla persona del colpevole, deve essere
obbligatoriamente contestata dal pubblico ministero in ossequio al principio del
contraddittorio, hanno affermato che, quando la contestazione concerna una
delle ipotesi previste dai primi quattro commi dell’art. 99 cod. pen., la recidiva
può non essere ritenuta configurabile dal giudice, cui compete (rimanendo
esclusa l’ipotesi di recidiva reiterata prevista dal quinto comma, nel qual caso va
anche obbligatoriamente applicata) verificare in concreto se la reiterazione
dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità
del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi
sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla
distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro,

5

14/05/2009, De Risio, Rv. 244115; Sez. 1, n. 16691 del 22/01/2009, Santaiti,

all’eventuale occasionalità della ricaduta e a ogni altro parametro
individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di
colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di
precedenti penali (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Calibè, Rv. 247838).
In coerenza con tali premesse si è rimarcato che, una volta contestata la
recidiva nel reato, anche reiterata, purché non ai sensi dell’art. 99, comma 5,
cod. pen., qualora la verifica effettuata dal giudice si concluda nel senso della
sua esclusione non solo non ha luogo l’aggravamento della pena, ma non

divieto del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti, di cui all’art. 69,
comma 4, cod. pen., dal limite minimo di aumento della pena per il cumulo
formale di cui all’art. 81, comma 4, stesso codice, dalla inibizione all’accesso al
cosiddetto patteggiamento allargato e alla relativa riduzione premiale di cui
all’art. 444, comma 1-bis, cod. proc. pen. Tali effetti, invece, si determinano
integralmente, qualora la recidiva stessa non sia stata esclusa per essere stata
ritenuta sintomo di maggiore colpevolezza e pericolosità (Sez. U, n. 35738 del
27/05/2010, citata, Rv. 247839).
In tale ultima ipotesi la recidiva, senza che occorra una sua pregressa
dichiarazione giudiziale al pari di ogni altra circostanza aggravante, deve
intendersi, oltre che “accertata” nei suoi presupposti, “ritenuta” dal giudice e

“applicata” ai reati in relazione ai quali è contestata (Sez. U, n. 35738 del
27/05/2010, citata, Rv. 247840), determinando essa, anche quando svolga
semplicemente la funzione di paralizzare, con il giudizio di equivalenza, l’effetto
alleviatore di una circostanza attenuante, l’effetto tipico di aggravamento della
pena (Sez. U, n. 17 del 18/06/1991, Grassi, Rv. 187856), oltre a tutte le
conseguenze di legge sul trattamento sanzionatorio e, dunque, nella ipotesi di
recidiva reiterata, il limite minimo per l’aumento previsto dall’indicato art. 81,
comma 4, cod. pen. (tra le altre, Sez. 3, n. 431del 28/09/2011, Guerreschi, Rv.
251883; Sez. 6, n. 49766 del 21/11/2012, Khelifa, Rv. 254032; Sez. 5, n. 48768
del 07/06/2013, Caziuc, Rv. 258669; Sez. F, n. 53573 del 11/09/2014, PG. e
altro, Rv. 261887; Sez. 4, n. 36247 del 28/05/2015, Zerbino, Rv. 264402).
2.3. Si rileva ulteriormente e conclusivamente in diritto che, in tema di
determinazione del reato più grave ai fini dell’applicazione della continuazione
nella fase dell’esecuzione, che la specifica regola dettata dall’art. 187 disp. att.
cod. proc. pen., diversa da quella operante nella fase di cognizione -dove si ha
riguardo alla gravità in astratto di ciascun reato da comparare sulla base della
valutazione del titolo di reato e dei limiti edittali di pena (Sez. U, n.748 del
12/10/1993, dep. 1994, Cassata, Rv. 195805; Sez. U, n. 15 del 26/11/1997,
dep. 1998, Varnelli, Rv. 209485; tra le successive, Sez. 6, n.34382 del

6

operano neanche gli ulteriori effetti commisurativi della sanzione, costituiti dal

14/07/2010, Azizi Aslan detto Filippo, Rv. 248247)- è ancorata alla sanzione
applicata in concreto, e cioè alla quantificazione della pena finale risultante dai
calcoli intermedi, indipendentemente dagli stessi e anche dalla gravità dei singoli
reati.
In coerenza con il necessario riferimento alla pena inflitta in concreto “anche
quando per alcuni reati si è proceduto con giudizio abbreviato”,

ai sensi

dell’indicato art. 187, la giurisprudenza di legittimità ha anche chiarito che ogni
aumento della pena base per reati giudicati con il rito abbreviato deve essere, a

Rv. 227929; Sez. 1, n. 48204 del 10/12/2008, Abello, Rv. 242660; Sez. 1, n.
49981 del 19/11/2009, Scalas, Rv. 245966; Sez. 1, n. 5480 del 13/01/2010,
Perrone, Rv. 245915), e che, quando è riconosciuta in fase esecutiva la
continuazione tra reati, oggetto, alcuni, di condanna all’esito di un giudizio
abbreviato e, altri, di condanna all’esito di un giudizio ordinario, la riduzione
spettante per la scelta del rito abbreviato va applicata, ove il reato più grave
risulti quello giudicato con il rito ordinario, soltanto sull’aumento coi pena per i
reati-satellite giudicati con il rito abbreviato (tra le altre, Sez. 1, n. 44477 del
04/11/2009, Modeo, Rv. 245719; Sez. 3, n. 9038 del 20/11/2012, dep. 2013,
Micheletti, Rv. 254977), in quanto la riduzione del trattamento sanzionatorio è
subordinata, tassativamente e senza eccezioni, al fatto che la condanna sia
intervenuta a seguito di un giudizio abbreviato (tra le altre, Sez. 6, n. 33856 del
09/07/2008, Capogrosso, Rv. 240798), e la trasformazione in aumento ex art.
81 cod. pen., ridotto di un terzo, della pena autonomamente determinata per il
reato giudicato con il rito speciale, sulla quale è stata operata la diminuzione ai
sensi dell’art. 442, comma 2, cod. proc. pen., corrisponde al vantaggio acquisito
dal condannato sotto il profilo sanzíonatorio come corrispettivo di quello ottenuto
dallo Stato sotto il profilo dell’economia processuale, in conseguenza della scelta
del rito, senza che vi sia ragione logica e giuridica né alcun ostacolo di carattere
tecnico, per cui il predetto debba perdere tale vantaggio per effetto
dell’applicazione in fase esecutiva di un istituto ispirato al favor rei, quale la
continuazione (Sez. 1, n. 40448 del 02/10/2007, Valentino, Rv. 238049).
Pertanto, la riduzione prevista dal citato art. 442 precede (e non segue), sia
relativamente al delitto base, che ai reati satelliti, la somma degli addendi della
sanzione finale da irrogare per il reato continuato e, per l’efi’etto e
necessariamente, pure precede l’eventuale applicazione del criterio moderatore
di cui all’art. 78 cod. pen. nel caso che la somma ecceda il limite del cumulo
giuridico (tra le altre, Sez. 1, n. 42316 del 11/11/2010, dep. Cutaia, Rv.
249027; Sez. 1, n. 733 del 02/12/2010, dep. 2011, Pullia, Rv. 249440).

7

sua volta, ridotto di un terzo (tra le altre, Sez. 1, 15409 del 17/02/004, Pennisi,

3.

Di tali condivisi principi non si è fatta corretta interpretazione e

applicazione.
3.1. Il Giudice dell’esecuzione, invero, pur movendo dall’esatto rilievo che,
una volta riconosciuto il vincolo della continuazione tra i fatti giudicati dalle
sentenze oggetto della richiesta, occorreva individuare la pena più grave secondo
i parametri valutativi di cui all’art. 187 dìsp. att. cod. proc. pen., ha individuato
detta pena per relationem alla sentenza del 27 maggio 2012 della Corte di
appello di Napoli, che, in sede di cognizione, aveva unificato i plurimi reati

in anni due, mesi quattro e giorni venti di reclusione, e si è limitato -nella
rideterminazione della pena per il reato continuato riconosciuto in executivis- a
enunciare l’entità della pena, calcolata in aumento rispetto alla detta pena base,
in misura superiore al doppio, richiamando le disposizioni normative di cui agli
artt. 671, commi 2 e 2-bis, cod. pen. e apprezzando il carattere seriale dei
molteplici reati commessi e la pericolosità del loro autore.
3.2. In tal modo, l’ordinanza impugnata, seguendo un iter argomentativo
viziato in diritto e carente e, per l’effetto, inidoneo a consentire alcun controllo
sulla dosimetria sanzionatoria adottata, non ha proceduto allo scorporo dei reati
già unificati ai sensi dell’art. 81, comma 2, cod. pen. a titolo di continuazione
interna da ciascuna delle sentenze oggetto della richiesta; né ha individuato la
(singola) violazione più grave fra i reati unificati alla luce della pena inflitta dal
giudice della cognizione (ex art. 187 disp. att. cod. proc. pen.) e assunta quale
pena base del procedimento di determinazione della pena finale per il nuovo
reato continuato; né ha assolto all’obbligo di apprezzare gli elementi valorizzati
per ciascun degli altri reati in continuazione, sì come ritenuti nei titoli esecutivi, e
di esplicare le ragioni poste a fondamento del disposto aumento -ex art. 81 cod.
pen. e artt. 671, comma 2 e 2-bis, cod. pen.- nella misura superiore al doppio,
giudicata congrua, in correlazione con il presupposto dell’essere stata la recidiva,
prevista dall’art. 99, comma 4, cod. pen., “accertata, ritenuta e applicata” dal
giudice della cognizione, ovvero di indicare gli aumenti di pena operati -sulla
pena base- per ciascun reato-satellite (compresi quelli già riuniti in continuazione
in sede di cognizione ovvero di esecuzione con il reato, più grave, posto a base
del nuovo computo), dando conto della eseguita decurtazione per tutti i reati
giudicati con rito alternativo della correlata riduzione premiale.

4. Alla stregua degli svolti rilievi e dei principi di diritto sopra richiamati e
riaffermati, l’ordinanza impugnata -ferma restando la statuizione in punto di
riconoscimento della continuazione- deve essere, conclusivamente, annullata per
quanto attiene alla pena, con rinvio al Tribunale di Nocera Inferiore, in funzione

8

giudicati, ai sensi dell’art. 81, comma 2, cod. pen., fissando la pena complessiva

di giudice dell’esecuzione, che, in diversa composizione soggettiva (Corte cost.,
sent. n. 183 del 2013), procederà -in piena libertà di giudizio e in coerenza con
quanto rilevato- a nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla pena e rinvia per nuovo
esame al Tribunale di Nocera Inferiore

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma in data 29 ottobre 2015

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