Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29939 del 27/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29939 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CORCIONE CLAUDIO N. IL 01/12/1957
avverso la sentenza n. 15/2013 TRIBUNALE di NOLA, del 20/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 27/05/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Giuseppe Volpe, ha
concluso chiedendo In nulIamen to

– 1 rl

k

5.

,«Grmo
RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in data 6 dicembre 2012 del Giudice di pace di Noia, Corcione

Lucia, con condanna al risarcimento dei danni liquidati qualitativamente.
Il Tribunale di Noia, con sentenza del 20 giugno 2013, dichiarava estinti i reati
per intervenuta prescrizione, confermando le statuizione civili della sentenza di
primo grado.
2.

Propone ricorso per cassazione l’imputato, con atto sottoscritto

personalmente, affidato a cinque motivi.
2.1 Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 192
cod. proc. pen., vizio di motivazione e travisamento di prova in relazione alle
dichiarazioni rese dalla persona offesa, ritenute credibili nonostante l’evidente
intrinseca inattendibilità della stessa, per le molteplici discrasie segnalate ed in
assenza di altri elementi di prova di riscontro. Il ricorrente evidenzia che il
giudice di secondo grado, lungi dall’effettuare un controllo dell’attendibilità della
teste, come richiesto con l’atto d’appello, si limita a fare genericamente
riferimento ad una corretta valutazione delle sue dichiarazioni ed alla conferma
rappresentata dalle dichiarazioni dello stesso imputato e della teste Ardolino,
senza però spiegare quali siano effettivamente gli elementi di conferma.
Non è stata poi fornito alcuna risposta alla richiesta avanzata con l’appello di
compiere una valutazione complessiva e non “frazionata” delle dichiarazioni della
Lettieri.
2.2 Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo
603 cod. proc. pen., per il diniego della rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale, in assenza di motivazione.
2.3 Con il terzo motivo si deduce violazione e inosservanza della legge penale
con riferimento all’art. 52 cod. pen., per omessa motivazione sulla sussistenza
della scriminante della legittima difesa, esplicitamente richiesta con i motivi di
appello ed emergente dalle risultanze processuali (in particolare dalla
deposizione della teste Ardolino e dai referti medici dell’imputato).
2.4 Con il quarto motivo si deduce violazione e inosservanza della legge penale
con riferimento all’art. 599 cod. pen., commi 1 e 2, per omessa motivazione in
2

Claudio era condannato per i reati di percosse ed ingiuria, in danno di Lettieri

merito al mancato riconoscimento della scriminante della reciprocità delle
ingiurie, in relazione al capo B dell’imputazione, ed all’esimente della
provocazione, poiché fu la Lettieri a dare inizio agli improperi nei confronti
dell’imputato.
2.5 Con il quinto motivo si deduce erronea applicazione dell’articolo 129 cod.
proc. pen. e carenza di motivazione in ordine alle ragioni giustificatrici della

sensi dell’articolo 530, comma 2, cod. proc. pen..
Il ricorrente evidenzia che le risultanze dibattimentali sono insufficienti e
contraddittorie ed inidonee dimostrare la penale responsabilità dell’imputato
oltre ogni ragionevole dubbio, per cui in presenza di tale quadro probatorio il
Tribunale avrebbe dovuto pronunciare sentenza di assoluzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è parzialmente fondato.
2. Giova premettere che, in tema di sentenza di appello, non sussiste mancanza
o vizio della motivazione allorquando il giudice di secondo grado, in conseguenza
della completezza e della correttezza dell’indagine svolta in primo grado, nonché
della corrispondente motivazione, seguano le grandi linee del discorso del primo
giudice. Ed invero, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello,
fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico e
inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della
congruità della motivazione (Sez. 1, n. 8868 del 26/06/2000, Sangiorgi, Rv.
216906; Sez. 2, n. 5606 del 10/01/2007, Conversa, Rv. 236181).
2.1 Viceversa, sussiste vizio di motivazione in grado di appello non soltanto
quando vi sia un difetto grafico della motivazione, ma anche quando le
argomentazioni addotte a dimostrazione della fondatezza del suo convincimento
siano prive di completezza in relazione a specifiche doglianze formulate
dall’interessato con i motivi di appello e dotate del requisito della decisività; né
può ritenersi precluso al giudice di legittimità l’esame dei motivi di appello, al
fine di accertare la congruità e la completezza dell’apparato argomentativo
adottato dal Giudice di secondo grado, rientrando nei compiti attribuiti dalla
legge alla Corte di Cassazione la disamina della specificità o meno delle censure
formulate con l’atto di appello, quale necessario presupposto dell’ammissibilità
del ricorso proposto davanti alla stessa Corte (Sez. 6, n. 35918 del 17/06/2009,
3

pronuncia di estinzione, in luogo della più favorevole decisione di assoluzione, ai

Greco, Rv. 244763).
2.1 Come è noto le Sezioni Unite penali di questa Corte (Sez. U, n. 35490 del
28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244273), risolvendo un contrasto di giurisprudenza,
hanno affermato che “all’esito del giudizio, il proscioglimento nel merito, in caso
di contraddittorietà o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla
dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, salvo che, in sede di

valutare, per la presenza della parte civile, il compendio probatorio ai fini delle
statuizioni civili, oppure ritenga infondata nel merito l’impugnazione del P.M.
proposta avverso una sentenza di assoluzione in primo grado ai sensi dell’art.
530, comma secondo, c.p.p.”.
Le cose stanno diversamente laddove il giudizio si sia concluso con una
pronuncia di condanna in primo grado e vi sia anche condanna in favore della
parte civile: in tal caso, infatti, il giudice dell’appello – nel prendere atto di una
causa estintiva del reato verificatasi nelle more del giudizio di secondo grado – è
tenuto a pronunciarsi, ai sensi dell’art. 578 cod. proc. pen., sull’azione civile.
In questo caso, allora, il proscioglimento nel merito prevale sulla causa estintiva,
pur nel caso di accertata contraddittorietà o insufficienza della prova, perché il
giudice di appello è chiamato a valutare il compendio probatorio ai fini delle
statuizioni civili per la presenza della parte civile.
La pronuncia ex art. 578 cod. proc. pen. fa infatti stato tra le parti e dunque si
impone, pur in presenza della causa estintiva, un esame approfondito di tutto
quanto rilevi ai fini della responsabilità civile, mentre ciò che riguarda
esclusivamente la responsabilità penale non deve essere oggetto di esame,
quando ricorre la causa estintiva.
2.3 Ha ancora precisato questa Corte che la declaratoria di estinzione dei reati
per prescrizione non può comportare un’automatica conferma delle statuizioni
civili, dovendosi verificare la sussistenza dei presupposti per affermare la
responsabilità civile del ricorrente con conseguente condanna dello stesso al
risarcimento dei danni cagionati alla costituita parte civile (Sez. 6, n. 3284 del
25/11/2009 – dep. 26/01/2010, Mosca, Rv. 245876). In tal senso questa Corte
ha avuto modo di precisare (Sez. 6, n. 16155 del 20/03/2013, Galati, Rv.
255666) ed il Collegio ritiene di condividere il principio, che, nella evidenziata
situazione processuale, il giudice di appello è tenuto a decidere
sull’impugnazione agli effetti delle disposizioni dei capi della sentenza che
concernono gli interessi civili e ciò comporta che i motivi di impugnazione devono
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appello, sopravvenuta una causa estintiva del reato, il giudice sia chiamato a

essere esaminati compiutamente, non potendosi dare conferma alla condanna al
risarcimento del danno in ragione della mancanza di prova dell’innocenza
dell’imputato secondo il parametro fissato dall’art. 129 cod. proc. pen., comma
2. Nella specie, di converso, l’impugnata sentenza non ha dato risposta alle
doglianze avanzate dall’imputato con l’atto di appello, con particolare riferimento
ai motivi primo, terzo e quarto, con i quali si contestava l’attendibilità delle

anche rispetto agli altri testi, si chiedeva il riconoscimento della scrinninante della
legittima difesa o, in subordine, della scriminante della reciprocità delle ingiurie o
della provocazione.
3.1 II Tribunale ha dato atto dell’intervenuta prescrizione per decorso del termine
massimo di sette anni e sei mesi, a far data dal 10 aprile 2005, escludendo che
potessero valere agli effetti della sospensione della prescrizione le udienze nelle
quali secondo i verbali, pur essendo il rinvio causato da una richiesta della
difesa, non risultava la presenza dei testi; di conseguenza ha dichiarato
l’improcedibilità del reato ed ha confermato le statuizioni civili, senza procedere
ad un vaglio concreto delle censure proposte.
3.2 Ciò comporta l’annullamento della sentenza, con rinvio al giudice civile
competente per valore in grado di appello.
4. Le residue doglianze sono assorbite.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore
in grado di appello.
Così deciso in Roma, il 27 maggio 2014
tensore

Il Presidente

dichiarazioni della teste Lettieri, evidenziandone una serie di contraddizioni

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