Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29937 del 27/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29937 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FLORO MICHELE N. IL 01/01/1950
avverso la sentenza n. 2/2012 TRIBUNALE di LAMEZIA TERME, del
21/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 27/05/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Giuseppe Volpe, ha
concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per prescrizione; inammissibile
nel resto.

RITENUTO IN FATTO

confermata dal Tribunale di Lamezia Terme in data 21 novembre 2012, Floro
Michele era condannato alla pena di giustizia ed al risarcimento dei danni per il
reato di minaccia in danno di Menniti Daniele, per avergli detto che sarebbe
andato in municipio e gli avrebbe spaccato la faccia, con l’aggravante di essere
commesso il fatto contro un pubblico ufficiale, essendo il querelante sindaco del
comune di Falerna.
2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, con atto sottoscritto anche dal
difensore, avv. Francesco Stella, affidato a tre motivi.
2.1 Con il primo motivo si deduce intervenuta prescrizione del reato, commesso
1’11 aprile 2005, essendo questo estinto già alla data della sentenza di appello,
per cui il Tribunale avrebbe dovuto pronunciare sentenza di improcedibilità.
2.2 Con il secondo motivo si deduce la mancanza e contraddittorietà della
motivazione, nonché la violazione ed errata applicazione degli articoli 4 e 6 del
decreto legislativo 274/2000, poiché il fatto, che andava qualificato come
minaccia grave ai sensi dell’articolo 612, comma 2, cod. peri., rientra nella
competenza per materia del Tribunale, come si era tempestivamente eccepito in
primo grado.
Alla luce di quanto affermato dal Menniti, infatti, secondo cui l’imputato avrebbe
cercato di investirlo con la propria autovettura, l’ipotesi di reato andava
ricondotta appunto alla minaccia grave. La motivazione del Tribunale sul punto
viene giudicata mancante, poiché il giudice d’appello si limita ad osservare che
all’imputato non è contestata alcuna ipotesi di minaccia grave.
2.3 Con il terzo motivo si deduce mancanza e contraddittorietà della
motivazione, in relazione alla doglianza formulata con l’atto di appello di omessa
considerazione dei testi a discarico, secondo i quali l’imputato ebbe con la
persona offesa una telefonata tranquilla e breve, senza minacciare nessuno.

CONSIDERATO IN DIRITTO

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1. Con sentenza del 5 luglio 2011 del Giudice di pace di Nocera Terinese,

1. Il primo motivo di ricorso è fondato, poiché dalla data di commissione dei fatti
(11 aprile 2005) è integralmente decorso il termine di prescrizione di cui agli art.
157 e 160 c.p., il cui calcolo consente di individuare il temine finale nell’Il
ottobre 2012.
1.1 Pur dovendosi ritenere manifestamente infondati i residui motivi, a giudizio
di questo Collegio il motivo con il quale venga eccepita la prescrizione maturata

ritenersi ammissibile.
1.2 Non si ignora, ovviamente, che le Sezioni Unite di questa Corte hanno
enunciato il principio per cui l’inammissibilità genetica del ricorso per cassazione,
per difetto di specificità o manifesta infondatezza delle censure, interdice la
possibilità di far valere o di rilevare di ufficio ex art. 129, comma 1, cod. proc.
pen., l’estinzione del reato per prescrizione, pur se maturata in data precedente
la pronuncia della sentenza di appello, ma non dedotta nè rilevata dal giudice di
secondo grado (Cass. S.U., 22.3.2005 n. 23428, Bracale, rv. 231164). Tuttavia il
principio in questione deve considerarsi circoscritto al caso in cui, pur essendo
maturata la prescrizione prima della sentenza impugnata e pur non essendo
stata la stessa rilevata dal giudice, con il ricorso il ricorrente si limiti a formulare
censure generiche senza rimarcare la mancata applicazione a cura del giudice di
merito dell’art. 129 cod. proc. pen., comma 1, in punto di declaratoria di
estinzione del reato. Giova mettere in rilievo, infatti, che nell’ipotesi di omessa
applicazione da parte del giudice di merito del disposto dell’art. 129 cod. proc.
pen., comma 1, pur ricorrendone i presupposti, l’imputato acquista contezza di
tale omissione solo a seguito della sentenza pronunciata, sì da non poter dedurre
tale violazione di legge se non con il ricorso per cassazione (cfr. Cass. Sez. 4,
15.1.2009 n. 6835, Casadei, rv. 243649; Cass. Sez. 5, 11.7.2011 n. 47024,
Varone, rv. 251209), come appunto è avvenuto nel caso del procedimento
oggetto dell’odierno ricorso.
1.3 Inoltre poiché la disposizione del codice di rito, significativamente rubricata
“obbligo del giudice della immediata declaratoria di determinate cause di non
punibilità” obbliga il giudice a rilevare di ufficio la prescrizione, nel caso che ciò
non avvenga, come ben può accadere anche per mero errore materiale, il ricorso
per Cassazione, anche se si limita a dedurre una tale situazione, non è
inammissibile per genericità, ma fondato, poiché deduce una violazione di legge,
che può essere anche implicitamente formulata, di non aver fatto applicazione

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prima della sentenza di appello, ancorchè non eccepita in secondo grado, deve

dell’art. 129 (Sez. 4, n. 49817 del 06/11/2012 – dep. 21/12/2012, Cursio, Rv.
254092).
1.4 Infine si è osservato che l’omessa declaratoria della causa estintiva
determinerebbe, ove non se ne consentisse l’azionabilità in sede di legittimità,
l’assoggettamento dell’imputato alla condanna e alla correlativa esecuzione di
pena, laddove in presenza della medesima situazione di fatto e di diritto,

imputato si avvalga della prescrizione, con conseguente disparità di trattamento,
in virtù di un evidente error judicis (Sez. 5, n. 595 del 16/11/2011 – dep.
12/01/2012, Rimauro, Rv. 252666).
1.5 In conclusione esiste una sostanziale differenza tra la prescrizione maturata
prima della sentenza di appello, da un lato, e quella maturata dopo di essa o,
addirittura, dopo la proposizione del ricorso per cassazione, dall’altro.
La prima è oggettivamente venuta ad esistenza prima della conclusione della
fase di merito e il giudicante avrebbe dovuto rilevarla.
Negli altri due casi, conclusosi il giudizio di merito, il successivo spirare del
tempo necessario per determinare (in astratto) la prescrizione del reato può non
aver rilievo, se l’imputato non è in grado di sottoporre al giudice di legittimità
una impugnazione che sia tale da “mantenere in vita” il rapporto processuale.
Per i motivi sopra esposti la sentenza impugnata va annullata senza rinvio.
2. Il secondo ed il terzo motivo sono manifestamente infondati e comportano il
rigetto del ricorso agli effetti civili, attesa l’ammissibilità e fondatezza del primo
motivo.
2.1 La doglianza riguardante l’incompetenza del giudice di pace, considerato il
tentativo di investimento riferito dalla persona offesa, che imponeva di
qualificare il fatto come minaccia “grave”, oltre che meramente assertiva, non
essendo indicata la sede di tale dichiarazione, è del tutto destituita di
fondamento, poiché l’imputato era chiamato a rispondere esclusivamente della
frase pronunciata, sicchè è ineccepibile il rilievo del Tribunale secondo cui
l’imputazione non prospetta alcuna ipotesi di gravità della minaccia.
2.2 La censura di vizio motivazionale per la mancata alla valutazione dei testi a
discarico è parimenti manifestamente infondata, poiché costituisce principio
consolidato quello secondo cui non può formare oggetto di ricorso per
Cassazione la valutazione di contrasti testimoniali, la scelta tra divergenti
versioni ed interpretazioni dei fatti e l’indagine sull’attendibilità dei testimoni,
salvo il controllo sulla congruità e logicità della motivazione che, nella fattispecie,
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l’immediata dichiarazione dell’estinzione del reato comporterebbe che altro

appare coerente e logica (Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv. 250362);
infatti il giudizio sulla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova è devoluto
insindacabilmente ai giudici di merito e la scelta che essi compiono, per giungere
al proprio libero convincimento, con riguardo alla prevalenza accordata a taluni
elementi probatori, piuttosto che ad altri, ovvero alla fondatezza od attendibilità
degli assunti difensivi, quando non sia fatta con affermazioni apodittiche o

Nel caso di specie il Tribunale ha giudicato “puntuali e genuine” le dichiarazioni
della persona offesa, oltretutto confermate da quelle dei testi Costanzo, Mercuri
e Mendicino, che hanno ascoltato la telefonata “in viva voce”.
3. In conclusione la sentenza va annullata senza rinvio, per essere il reato
estinto per prescrizione. Il ricorso va invece rigettato agli effetti civili.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per
prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili.
Così deciso in Roma, il 27 maggio 2014
Il consigliere estensore

Il Presidente

illogiche, si sottrae al controllo di legittimità della Corte Suprema.

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