Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29936 del 27/05/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 29936 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PIRROTTA SANTO N. IL 16/10/1976
BONACINA JACOBELLI XAVIER N. IL 29/08/1959
avverso la sentenza n. 2381/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
12/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv7
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 27/05/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Giuseppe Volpe, ha
concluso chiedendo l’annullamento con rinvio in relazione alle statuizioni civili ed
il rigetto nel resto;
il difensore degli imputati, avv. Adalberto Biffani, ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

1. Con sentenza del 13 marzo 2007, il Tribunale di Busto Arsizio condannava
Pirrotta Santo e Bonacina Jacobelli Xavier Luigi alla pena di giustizia, per la
contravvenzione di cui all’articolo 656 cod. pen., il primo come autore ed il
secondo come direttore responsabile, in relazione alla pubblicazione sul
quotidiano “Il Giorno” del 16 ottobre 2003 di un articolo contenente notizie false
e tendenziose circa la violabilità dei sistemi di sicurezza dell’aeroporto di
Malpensa, così ingenerando turbativa d’ordine; il solo Bonacina Jacobelli era
altresì condannato per un ulteriore ipotesi della contravvenzione e per tentata
violenza privata, per aver cercato di costringere il dirigente della Polaria di
Malpensa, Giovanni Gigliofiorito, a rilasciare un’intervista sui fatti descritti
nell’articolo.
2. La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 12 febbraio 2013, in riforma
della decisione di primo grado, dichiarava non doversi procedere per i reati in
considerazione del intervenuta prescrizione, confermando le statuizione in favore
della parte civile.
3.

Propongono ricorso per cassazione entrambi gli imputati, con atto del

difensore avv. Adalberto Biffani, affidato a due motivi.
3.1 Con il primo motivo si deduce violazione dell’articolo 606, lettera B ed E, cod.
proc. pen., per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in
relazione agli articoli 12, lettere A e C, e 16, comma 1, cod. proc. pen. ed
omessa motivazione in riferimento al motivo di appello con il quale si deduceva
l’incompetenza territoriale del Tribunale di Busto Arsizio, in favore di quella del
Tribunale di Milano; la censura è stata infatti respinta con motivazione
apparente, consistente nel mero richiamo e nella condivisione della decisione di
primo grado.
I ricorrenti trascrivono il contenuto del motivo di appello, riguardante
l’incompetenza, con il quale si escludeva che il criterio della connessione potesse
operare allorché non vi fosse identità soggettiva dei concorrenti nel reato e si
2

RITENUTO IN FATTO

richiamava la giurisprudenza secondo la quale lo spostamento della competenza
riguarda solo l’imputato al quale siano contestate le violazioni generanti la
connessione. Nel merito si riteneva che, non essendo “occultabile” il reato di cui
all’articolo 656 cod. pen., l’intervista richiesta dallo Jacobelli al Gigliofiorito
potesse al più essere finalizzata al conseguimento dell’impunità del precedente
reato, finalità la cui rilevanza, ai fini della connessione, è stata esclusa dal

A fronte di tale articolato motivo di appello, la sentenza impugnata manca di
qualsiasi considerazione.
2.2 Con il secondo motivo si deduce violazione dell’articolo 606, lettera B ed E,
cod. proc. pen., in relazione all’art. 578 cod. proc. pen. ed omessa motivazione
in riferimento ai motivi di appello, che pure la decisione qualifica come “plurimi”,
respinti con motivazione apparente, consistente nel mero richiamo e nella
condivisione della decisione di primo grado.
Anche a tal proposito i ricorrenti trascrivono il contenuto dei motivi di appello,
riguardanti l’affermazione di responsabilità di primo grado, con i quali si
contestava la falsità del reportage pubblicato sul quotidiano “il Giorno”, avendo
del resto la stessa sentenza riconosciuto la corrispondenza al vero del nucleo
essenziale dell’inchiesta giornalistica.
In particolare si contestava l’affermazione della decisione di primo grado,
secondo la quale l’imputato Pirrotta, autore dell’inchiesta, si sarebbe servito della
collaborazione di un dipendente della SEA per accedere alle aree sterili
dell’aeroporto, circostanza smentita dall’interessato Donà, sentito ai sensi
dell’articolo 197 bis cod. proc. pen.
Inoltre si contestava il carattere “falso, esagerato o tendenzioso” delle notizie
pubblicate nell’articolo e la conseguente turbativa dell’ordine pubblico.
2.3 Nello specifico ed ulteriore appello proposto solo dallo Jacobelli, poi, si
contestava il reato di violenza privata tentata, poiché in realtà c’era stato solo un
colloquio rispettoso e civile, nel quale il Gigliofiorito non aveva percepito alcuna
minaccia e che l’imputato aveva tenuto al solo scopo di garantire al dirigente
della Polaria, responsabile delle misure di sicurezza dello scalo, un diritto di
replica.
Il ricorrente richiama la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale il
giudice di appello nel dichiarare estinto per prescrizione il reato per il quale in
primo grado è intervenuta condanna, è tenuto a decidere sull’impugnazione agli
effetti civili ed, a tal fine, i motivi di impugnazione proposti dall’imputato devono
3

legislatore con la novella legislativa del 2001.

essere esaminati compiutamente, non potendosi trovare conferma della
condanna al risarcimento del danno dalla mancanza di prova dell’innocenza degli
imputati, secondo quanto previsto dall’art. 129 cod. proc. pen..
3. Con atto di motivi nuovi, depositato il 12 maggio 2014, viene sviluppato il
secondo motivo di ricorso, richiamando una serie di dichiarazioni della parte
civile che di fatto confermavano la bontà del

reportage

del Pirrotta e

immagine in capo alla persona offesa; si ripropongono infine le censure in ordine
alla condanna al pagamento della provvisionale ed al suo eccessivo importo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Le censure di mancanza di motivazione proposte con i motivo di appello sono
fondate; le Sezioni Unite penali di questa Corte (Sez. U, n. 35490 del
28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244273), risolvendo un contrasto di giurisprudenza,
hanno affermato che “all’esito del giudizio, il proscioglimento nel merito, in caso
di contraddittorietà o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla
dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, salvo che, in sede di
appello, sopravvenuta una causa estintiva del reato, il giudice sia chiamato a
valutare, per la presenza della parte civile, il compendio probatorio ai fini delle
statuizioni civili, oppure ritenga infondata nel merito l’impugnazione del P.M.
proposta avverso una sentenza di assoluzione in primo grado ai sensi dell’art.
530, comma secondo, c.p.p..”.
2. È noto il principio generale secondo cui, in presenza di una causa di estinzione
del reato, il giudice può pronunciare sentenza di proscioglimento nel merito solo
quando la evidenza della innocenza sia lampante, così che la valutazione che
deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di
percezione “ictu ocu/i”, che a quello di “apprezzamento”, ovverosia quando sia da
escludere qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento,
incompatibili col concetto di mera constatazione. Hanno ulteriormente precisato
le Sezioni Unite che, qualora in sede di appello sopravvenga una causa di
estinzione del reato, il proscioglimento nel merito in caso di contraddittorietà o
insufficienza della prova non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una
causa di non punibilità, nel senso che il giudice non è tenuto a svolgere un
esame compiuto e approfondito delle risultanze probatorie già assunte, ma deve
dichiarare l’estinzione del reato.
4

riscontravano quelle del Donà; inoltre si contesta la sussistenza di un danno di

Le cose stanno diversamente laddove il giudizio si sia concluso con una
pronuncia di condanna in primo grado e vi sia anche condanna in favore della
parte civile: in tal caso, infatti, il giudice dell’appello – nel prendere atto di una
causa estintiva del reato verificatasi nelle more del giudizio di secondo grado – è
tenuto a pronunciarsi, ai sensi dell’art. 578 cod. proc. pen., sull’azione civile.
In questo caso, allora, il proscioglimento nel merito prevale sulla causa estintiva,

giudice di appello è chiamato a valutare il compendio probatorio ai fini delle
statuizioni civili per la presenza della parte civile.
La pronuncia ex art. 578 cod. proc. pen. fa infatti stato tra le parti e dunque si
impone, pur in presenza della causa estintiva, un esame approfondito di tutto
quanto rilevi ai fini della responsabilità civile, mentre ciò che riguarda
esclusivamente la responsabilità penale non deve essere oggetto di esame,
quando ricorre la causa estintiva.
3. Ha ancora precisato questa Corte che la declaratoria di estinzione dei reati per
prescrizione non può comportare un’automatica conferma delle statuizioni civili,
dovendosi verificare la sussistenza dei presupposti per affermare la
responsabilità civile del ricorrente con conseguente condanna dello stesso al
risarcimento dei danni cagionati alla costituita parte civile (Sez. 6, n. 3284 del
25/11/2009 – dep. 26/01/2010, Mosca, Rv. 245876). In tal senso questa Corte
ha avuto modo di precisare (Sez. 6, n. 16155 del 20/03/2013, Galati, Rv.
255666) ed il Collegio ritiene di condividere il principio, che, nella evidenziata
situazione processuale, il giudice di appello è tenuto a decidere
sull’impugnazione agli effetti delle disposizioni dei capi della sentenza che
concernono gli interessi civili e ciò comporta che i motivi di impugnazione devono
essere esaminati compiutamente, non potendosi dare conferma alla condanna al
risarcimento del danno in ragione della mancanza di prova dell’innocenza
dell’imputato, secondo il parametro fissato dall’art. 129 cod. proc. pen., comma
2.
3. Nel caso di specie la Corte territoriale, rilevato che i reati erano prescritti (la
contravvenzione alla data del 15 ottobre 2008 ed il delitto in data 29 aprile
2011), ha dichiarato l’improcedibilità dei reati ed ha confermato le statuizioni
civili, senza procedere ad un vaglio concreto delle censure proposte, ma
limitandosi, con formula di stile, ad affermare di condividere l’esauriente
motivazione del giudice di primo grado, da intendersi richiamata.

5

pur nel caso di accertata contraddittorietà o insufficienza della prova, perché il

Risulta allora evidente la fondatezza della censura proposta dai ricorrenti, in
punto di motivazione della decisione, sia in ordine all’affermazione di
responsabilità, sia con riferimento alla dedotta incompetenza territoriale del
Tribunale di Busto Arsizio.
4. Il primo motivo, riguardante l’incompetenza territoriale del Tribunale di Busto
Arsizio, è superato dall’intervenuta prescrizione dei reati, perché l’eventuale

precluso dalla intervenuta estinzione dei reati.
5. La sentenza impugnata deve in conclusione essere annullata, con rinvio al
giudice civile competente in grado di appello.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore
in grado di appello.
Così deciso in Roma, il 27 maggio 2014

dichiarazione di annullamento comporterebbe un rinvio al giudice di merito,

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA