Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29935 del 13/01/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29935 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TALERICO PALMA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CONDORELLI CALCEDONIO N. IL 09/10/1954
avverso la sentenza n.(2014CORTE APPELLO di TORINO, del
11/11/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/01/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PALMA TALERICO
Udito il Procuratore Generale in persona dei” Dott. a; Lo 74,
che ha concluso per 9ti
ry)
r-C.A‘

Udito, per la parte civile, l’Avv “,„.-Udit i difensor Avv.

o

Data Udienza: 13/01/2016

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza del 16 dicembre 2010, il Tribunale di Torino dichiarava Condorelli

Calcedonio responsabile, in concorso con Giorgio Antonino, Antoce Ione!, Roibu Iulian,
Santoro Domenico, Santoro Alessandro e La Barba Roberto, del reato di furto pluriaggravato
dell’autoarticolato TIR, targato CP 499 MA, di proprietà della cooperativa Eporedia Express e
del carico, in esso contenuto, di numerose bottiglie di champagne di pregio del valore di

quattro di reclusione ed €. 1.500,00 di multa, nonché al risarcimento dei danni nei confronti
delle parti civili (da liquidarsi in separata sede, con concessione di una provvisionale
immediatamente esecutiva nei confronti della 2 Emme s.r.I.) e alla rifusione degli onorari e
competenze in favore delle stesse; applicava, altresì, all’imputato la pena accessoria
dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.
2. Detta statuizione veniva parzialmente riformata, con sentenza della Corte di appello di
Torino del 25 maggio 2012 – che rideterminava la pena inflitta all’imputato nella misura di
anni tre di reclusione ed €. 1.000,00 di multa – e successivamente annullata dalla Corte di
cassazione in data 31 maggio 2013.
3.

La Corte di appello di Torino, investita della questione relativa alla qualificazione

giuridica del fatto attribuito al Condorelli, con pronuncia resa – nel giudizio di rinvio – 1’11
novembre 2014, procedeva alla sussunzione dello stesso sotto il paradigma del reato di
appropriazione indebita pluriaggravata, ai sensi degli artt. 61, n. 7 e 11 e 112, n. 1 del
codice penale, e, concesse al predetto imputato le circostanze attenuanti generiche con
giudizio di equivalenza rispetto alle citate aggravanti, rideterminava la pena nella misura di
anni due di reclusione ed €. 700,00 di multa, con esclusione della pena accessoria;
confermava nel resto l’impugnata sentenza e condannava l’imputato alla rifusione delle
spese sostenute dalla costituita parte civile 2 Emme s.r.I..
4. Avverso quest’ultima decisione ha proposto ricorso per cassazione il Condorelli, per il
tramite del suo difensore di fiducia, avvocato Wilmer Perga, deducendo “carenza e illogicità
della motivazione ex art. 606 lett. e) cpp in relazione al riconoscimento della circostanza
aggravante del danno di rilevante gravità ex art. 61 n. 7 c.p. e alla quantificazione della
pena ex art. 133 c.p.”.
Ha, in proposito, osservato che la Corte di appello di Torino non avrebbe compiutamente
e concretamente motivato in ordine alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 7 del
codice penale con riferimento al valore della merce e al danno espresso dalla persona
offesa, limitandosi a fare riferimento a “un valore molto elevato”; parimenti, non avrebbe
2

1.5000.000,00 euro di proprietà della 2 Emme s.r.l. e lo condannava alla pena di anni

logicamente e satisfattivamente motivato in ordine alla pena determinata in misura
prossima al massimo edittale.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito esplicitate.
2.

Quanto al dedotto vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza

dell’aggravante dell’avere cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità, va

25 maggio 2012, limitatamente alla qualificazione giuridica del fatto accertato; il giudice del
rinvio era stato, infatti, espressamente chiamato a integrare il suo ragionamento riguardo
all’elemento specificante del reato di furto rispetto a quello di appropriazione indebita,
sicché in ordine alla ritenuta sussistenza dell’aggravante in parola – che, peraltro, non
aveva costituito oggetto di censura alcuna in sede di legittimità – si era formato il giudicato.
3. Con riguardo al medesimo vizio dedotto in relazione alla quantificazione della pena,
risulta adempiuto l’obbligo di motivazione del giudice di merito sulla determinazione in
concreto della misura della pena.
In sentenza, infatti, sono stati indicati gli elementi ritenuti rilevanti e determinanti
nell’ambito della complessiva dichiarata applicazione di tutti i criteri di cui all’art. 133 cod.
pen..
In particolare, è stato evidenziato che “la pena deve essere determinata tenendo conto
del fatto che il reato è stato accuratamente programmato ed è stato commesso attraverso
organizzazione di mezzi anche tecnici (in particolare, l’apparecchio inverter utilizzato per
neutralizzare il dispositivo antirapina di cui era provvisto l’autoarticolato) e di persone e ha
portato alla sottrazione di merce di valore molto elevato” ed è stato, altresì, osservato che
la pena inflitta, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in rapporto di
equivalenza con le contestate aggravanti, è da ritenersi “congrua e proporzionata alla
rilevante offensività del fatto e alla personalità dell’imputato”.
4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali; valutato il grado di infondatezza del ricorso o, se si vuole, il grado della sua
“temerarietà”, ritiene il Collegio di condannare, ai sensi dell’ultimo inciso dell’art. 616 cod.
proc. pen., il Condorelli anche al versamento della somma di €. 500,00 in favore della cassa
delle ammende.

P.Q.M.
3

osservato che la Corte di cassazione aveva annullato la decisione dei giudici di appello del

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma di euro 500,00 alla cassa delle ammende.
Così deciso, il 13 gennaio 2016
Il Presidente

Il Consigliere estensore

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