Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29933 del 13/01/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29933 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TALERICO PALMA

Data Udienza: 13/01/2016

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RENNA SALVATORE N. IL 09/07/1945
avverso la sentenza n. 21/2012 CORTE ASSISE APPELLO di LECCE,
del 28/05/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/01/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PALMA TALERICO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per Q.,
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RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 19 giugno 2012, il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di
Brindisi, dichiarava Renna Salvatore responsabile dei delitti allo stesso ascritti in rubrica e,
unificati disgiuntamente sotto il vincolo della continuazione quelli di cui ai capi A) e C) da un
lato [rispettivamente, omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi
ai danni di Maizza Renato e porto in luogo pubblico della pistola Beretta utilizzata per
l’azione delittuosa, commessi in Cellino San Marco il 7 febbraio 2011], e quelli di cui ai capi

L. n. 895/67; detenzione della suddetta pistola clandestina perché priva di matricola in
quanto cancellata ex art. 23, 3 0 e 10 comma n. 2, L. n. 110/75, commessi in Cellino San
Marco fino al 7 febbraio 211; ricettazione della predetta arma, commessa in località ignota,
in data antecedente e prossima al 7 febbraio 2011], concesse circostanze attenuanti
generiche equivalenti alle contestate aggravanti, operata la riduzione per la scelta del rito,
lo condannava alla pena complessiva di anni ventidue di reclusione ed €. 2.000,00 di multa
– di cui anni diciotto di reclusione per i reati di cui ai capi A) e C) e anni quattro di
reclusione ed €. 2.000,00 di multa per gli altri; condannava, altresì il Renna al risarcimento
dei danni in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi in separata sede, al pagamento di
una provvisionale, nonché alla rifusione in loro favore delle spese di lite; applicava, inoltre,
nei suoi confronti le pene accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e di quella
legale durante l’espiazione della pena e la misura di sicurezza della libertà vigilata per la
durata di anni tre.
2.

Con sentenza del 28 maggio 2014, la Corte di Assise di appello di Lecce, in parziale

riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava non doversi procedere nei confronti
dell’imputato in ordine al reato di ricettazione perché estinto per prescrizione; escludeva la
ricorrenza della circostanza aggravante della premeditazione in relazione al delitto di
omicidio e rideterminava la pena inflitta al Renna, in ordine ai delitti di cui ai capi A) e C)
della rubrica, in anni sedici di reclusione e quella inflitta per i reati di cui ai capi B) e D) in
anni due di reclusione ed €. 400,00 di multa e, quindi, complessivamente in anni diciotto di
reclusione ed €. 400,00 di multa; confermava nel resto la prima pronuncia e condannava
l’imputato alla rifusione delle spese processuali del grado, sostenute dalle costituite parti
civili, provvedendo alla loro liquidazione.
3. Entrambi i giudici di merito hanno ricostruito la vicenda, che si compose di tre distinti
episodi strettamente connessi sia sotto il profilo causale che temporale, nel modo seguente:
il primo litigio tra l’imputato e il Maizza intercorse immediatamente dopo che il Renna si era
portato presso l’abitazione della figlia che ne aveva invocato l’intervento stante la mancanza
di erogazione idrica; in questa prima fase il Renna aveva rivolto al Maizza una frase
offensiva, in quanto a suo dire, da quando questi si era trasferito in quel condominio,
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B), D) ed E) dall’altro [rispettivamente, detenzione illegale della pistola Beretta ex art. 2 e 7

l’erogazione dell’acqua potabile aveva subito inspiegabili interruzioni; ciò determinò una
reazione del Maizza nei confronti del Renna, il quale, in tale frangente, venne strattonato dal
primo, riportando una escoriazione sul mento; un secondo alterco sorse poco dopo,
allorquando il Renna, già allontanatosi, ritornò, richiedendo al Maizza la consegna delle
chiavi del vano in cui era allocata l’autoclave, ricevendo da questi un netto rifiuto; quindi, il
Renna, incitato dal Maizza a sporgere denuncia per quel primo episodio, rispose “non sono
persona da fare denunce, poi ne parliamo” e, nuovamente, si allontanò; dopo dieci quindici minuti e dopo avere prelevato dal garage della figlia una pistola, ritornò sul posto;

estrasse l’arma dal giubbotto ed esplose all’indirizzo della vittima cinque colpi, di cui tre
l’attinsero mortalmente.
4. Avverso la sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso per cassazione
l’imputato per il tramite del suo difensore di fiducia, avvocato Gianvito Lillo, deducendo:
4.1. “nullità della sentenza per mancata assunzione di una prova decisiva ex art. 606
comma lett. d) cpp, in relazione alla richiesta di espletamento di una perizia balistica,
reiterata ai sensi dell’art. 603, comma 1, cpp”: la decisione impugnata sarebbe affetta “da
un grave vizio di legittimità per la mancata assunzione di una prova decisiva”, richiesta dalla
difesa in primo grado e reiterata in appello; l’accertamento sollecitato sarebbe stato, infatti,
necessario avendo i giudici di merito ritenuto che le dichiarazioni testimoniali non erano
perfettamente sovrapponibili in ordine alla reciproca posizione dell’imputato e della vittima e
avendo il consulente del P.M. reputato compatibili sia la versione dei testimoni che quella
del Renna.
4.2. “Nullità della sentenza per violazione dell’art. 606 corna 1 lett. b) cpp per
inosservanza o erronea applicazione della legge penale in particolare dell’art. 61 n. 1 cp e
dell’art. 62 n. 2 cp”, nonché “per violazione dell’art. 606, comma 1 lett. e) cpp stante
l’evidente travisamento della prova in ordine all’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 61
n. 1 cp e al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 2 cp”.
Ha, in proposito, osservato che la sentenza impugnata non avrebbe correttamente
applicato il principio di diritto secondo cui “non ricorre la circostanza aggravante dei motivi
futili nel caso in cui l’agente per un errato apprezzamento della situazione di fatto, fondato
su una ragionevole e non pretestuosa rappresentazione della realtà, ritenga di agire per un
movente che non sarebbe obiettivamente futile se l’errore non si fosse verificato” e neppure
quello secondo cui “il giudizio di futilità non può essere riferito a un comportamento medio,
attesa la difficoltà di definire i contorni di un simile astratto modello di agire, ma va
ancorato agli elementi concreti tenendo conto delle connotazioni culturali del soggetto
giudicato, del contesto sociale di riferimento e del particolare momento in cui il fatto si è
verificato, nonché dei fattori ambientali che possono avere condizionato la condotta
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in tale fase il Renna invitò il Maizza a seguirlo perché avrebbe dovuto parlargli e, quindi,

criminosa”; la predetta aggravante avrebbe dovuto essere esclusa atteso che “il Renna,
anziano di modesta levatura sociale, privo di istruzione e fisicamente debole, dato il
contesto in cui si è sviluppata l’intera vicenda, le continue minacce e aggressioni fisiche
oltre che verbali subite, è stato certamente indotto a un errato apprezzamento della
situazione di fatto esistente […] e ha pensato di munirsi di un’arma per difendersi dalla
minaccia di morte concretizzatasi nella sua mente”; nel caso di specie, ricorrerebbero,
inoltre, tutti gli elementi costitutivi dell’attenuante della provocazione (lo stato d’ira; il fatto
ingiusto altrui; il rapporto di causalità psicologica tra l’offesa e la reazione,

di essere risentito con il Maizza che lo aveva aggredito davanti a numerose persone e per
ciò aveva “reagito a tale aggressione vissuta con profondo disagio oltre che con elevata
irritazione”; la decisione circa la sussistenza dell’aggravante dei futili motivi e l’esclusione
dell’attenuante della provocazione, sarebbe, altresì, censurabile anche sotto il profilo della
motivazione che “soffre di un evidente travisamento della prova, al punto che la
motivazione non fotografa fedelmente le prove acquisite nel processo”.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e, pertanto, va rigettato per le ragioni di seguito esplicitate.
2. Quanto al primo motivo, decisivo e assorbente è il rilievo che la mancata assunzione
della prova decisiva di cui all’art. 606, comma 1, lett. d cod. proc. pen. resta censurabile nel
giudizio di cassazione – quale vizio a cui è attribuito il rilievo di autonomo

error in

procedendo, distinto dall’orbita del vizio di motivazione – limitatamente ai casi previsti
dall’art. 495, comma 2°, stesso codice e non con riferimento alla mancata assunzione di
ogni prova ammissibile.
Nel caso, di specie, il ricorrente sostanzialmente si duole della mancata rinnovazione
dell’istruttoria dibattimentale in appello mediante l’espletamento di una perizia balistica.
Orbene, considerato che nel giudizio di appello la rinnovazione dell’istruzione
dibattimentale, postulando una deroga alla presunzione di completezza della indagine
istruttoria svolta in primo grado, ha caratteristica di istituto eccezionale, nel senso che a
essa può farsi ricorso quando appaia assolutamente indispensabile, cioè nel solo caso in cui
il giudice ritenga di non poter decidere allo stato degli atti, ritiene il Collegio che, da un lato,
il giudice di merito ha dimostrato in positivo, con spiegazione immune da vizi logici e
giuridici, la sufficiente consistenza e l’assorbente concludenza delle prove già acquisite e,
dall’altro, il ricorrente non ha dimostrato l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a
base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del
medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state

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indipendentemente dalla proporzionalità tra esse): l’imputato avrebbe avuto, infatti, ragione

presumibilmente evitate qualora si fosse provveduto all’assunzione di determinate prove in
sede di appello, idonee a svalutare il peso del materiale probatorio raccolto e valutato.
Merita peraltro, di essere ribadito il principio ripetutamente affermato da questa Corte
secondo cui tanto la perizia ( Cass. Sez. 4, 17.1.2013, n. 744, rv. 255152; Cass. Sez. 6,
3.10.2012, n. 43526, rv. 253707; Cass. Sez. 4, 22.1.2007, n. 14130, rv. 236191; Cass.
Sez. 5, 6.4.1999, n. 12027, rv. 214873; Cass. Sez. 3, 28.10.1998, n. 13086, rv. 212187;
Cass. Sez. 5, 30.4.1997, n. 6074, rv. 208090; Cass. Sez. 6, 26.11.1996, n. 275, rv.

199913), quanto l’ispezione dei luoghi soprattutto se tardiva (Cass. Sez. 1, 26.6.2000, n.
8868, rv. 216908; Cass. Sez. 5, 28.11.1997, n. 1582, rv. 209991; Cass. Sez. 6, 28.4.1993,
n.6861, rv. 195139; Cass. Sez. 6, 19.12.1991, n. 2516, rv. 189480) sfuggono alla disciplina
dettata dagli artt. 495 comma 2 e 606 comma 1 lett. d) c.p.p, sulla c.d. prova contraria
negata – e perciò il rifiuto opposto dal giudice di merito di procedere al loro espletamento,
se adeguatamente motivato, è insindacabile in cassazione -, perché, da un lato, la perizia è
un mezzo di prova per sua natura neutro, non classificabile a carico né a discarico
dell’accusato oltre che sottratto al potere dispositivo delle parti, e, dall’altro, l’ispezione dei
luoghi non è una prova ma un mezzo di ricerca della prova”.
3. Destituiti di fondamento sono i motivi indicati sub 4.2. della presente pronuncia.
3.1. Non ricorre la denunciata violazione di legge né sotto il profilo dell’inosservanza che
dell’erronea applicazione dell’art. 62 n. 2 cod. pen. in quanto la decisione ha correttamente
applicato la norma come interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte.
L’esclusione di detta attenuante è stata fondata dalla Corte territoriale sull’accertamento
che il fatto apparentemente ingiusto del Maizza (l’escoriazione al mento del Renna
provocato nel primo alterco), cui l’imputato reagì, era stato a sua volta determinato dal
precedente comportamento dell’imputato che accusò ingiustamente e con parole offensive
la vittima di essere il responsabile dell’interruzione dell’erogazione idrica, a lui non
oggettivamente addebitabile, nonché di avere creato turbativa con il suo arrivo presso quel
condominio.
Sul punto, la giurisprudenza della Corte di legittimità è costante nell’affermare che “la
circostanza attenuante della provocazione non può essere riconosciuta in favore di chi abbia
a sua volta provocato con il proprio pregresso comportamento la reazione della persona
offesa del reato” (Cass. Sez. 2, 26.1.2010, n. 7573, rv. 246291; conformi: Cass. Sez. 1,
13.11.1986, n. 1775, rv. 175127; Cass. Sez. 1, 9.5.1985, n. 9305, rv. 170744).
Inoltre, sempre secondo la Suprema Corte, “l’accettazione di una sfida, come anche il
portare una sfida, per la risoluzione di una contesa o per dare sfogo ad un risentimento,
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206894; Cass. Sez. 1, 17.6.1994, n. 9788, rv. 199279; Cass. Sez. 1, 8.6.1994, n. 9370, rv.

impedisce l’applicazione della circostanza attenuante della provocazione, per la illiceità del
comportamento di sfida, seppure esso sia stato occasionato da un precedente fatto
dell’avversario” (Cass. Sez. 1, 12.4.2012, n. 16123, rv. 253210).
E invero, in punto di fatto, i giudici di merito hanno accertato che il Renna, già
allontanatosi, ritornò richiedendo al Maizza la consegna delle chiavi del vano in cui era
allocata l’autoclave e, ricevuto da questi un netto rifiuto, si allontanò nuovamente per
andare ad armarsi della pistola.

trova conforto nella giurisprudenza di legittimità che, al contrario, ha costantemente
affermato che, ai fini della configurabilità dell’attenuante della provocazione, è necessario
che il fatto commesso dalla vittima sia oggettivamente ingiusto (anche con riferimento a
norme sociali e di costume), a nulla rilevando l’erroneo convincimento del reo al riguardo
(cfr. Cass. Sez. 1, 14.11.2013, n. 47480, rv. 258454; Cass. Sez. 1,1.7.1996, n. 7943, rv.
205584; Cass. Sez. 1, 28.10.1993, n. 759, rv. 196226).
3.2. Non ricorre neppure la denunciata violazione di legge né sotto il profilo
dell’inosservanza che dell’erronea applicazione dell’art. 61 n. 1 cod. pen. in quanto la
decisione ha correttamente applicato la norma come interpretata dalla giurisprudenza di
questa Corte.
La Corte territoriale ha accertato che il Renna si determinò alla azione in ragione di
causale non congrua e cioè del fatto che il Maizza lo incitò a sporgere denuncia per il primo
episodio nel quale aveva riportato un’escoriazione al mento e che a tale stimolo l’imputato
rispose “non sono persona da fare denunce, poi ne parliamo”, allontanandosi subito dopo
per andare ad armarsi della pistola.
E ha reputato che detta sequenza cronologica tra l’accadimento di un fatto idoneo a
integrare un movente sproporzionato e l’azione criminosa è sufficiente a raffigurare,
secondo la costante giurisprudenza di legittimità, l’aggravante in parola.
E, infatti, la circostanza aggravante dei motivi futili sussiste quando la determinazione
criminosa sia stata causata da uno stimolo esterno così lieve, banale e sproporzionato
rispetto alla gravità del reato, da apparire, secondo il comune modo di sentire,
assolutamente insufficiente a provocare l’azione criminosa, tanto da potersi considerare, più
che una causa determinante dell’evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso
criminale.
3.3. Il denunciato vizio di “travisamento della prova in ordine all’applicazione
dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 1 c.p. e al mancato riconoscimento del’attenuante di cui

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La tesi difensiva del convincimento putativo della sussistenza della provocazione non

al’art. 62 n. 2 c.p.”, da intendersi, più propriamente, come censura, di tipo logico, al
ragionamento giustificativo del giudice sul punto, è del tutto destituito di fondamento.
Le osservazioni del ricorrente, infatti, non scalfiscono l’impostazione della motivazione e
non fanno emergere profili di manifesta illogicità della stessa; nella sostanza, esse svolgono
considerazioni in fatto, tendenti a sostituire la logica motivazione del giudice di merito con
argomentazioni di tipo diverso.
4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese

liquidate, per ciascuna, come da dispositivo; va, infine disposto il versamento di tale somma
all’Erario per le parti civili ammesse al patrocinio a spese dello Stato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché
dosTriviTE

alla rifusione a favore delle parti civili gélle spese del presente giudizio, che liquida in euro
tremila, oltre accessori come per legge, per ciascuna, disponendo il versamento all’Erario
per le parti civili costituite ammesse al patrocinio a spese dello Stato.
Così deciso, il 13 gennaio 2016
Il Consigliere estensore

Il Presidente

processuali, nonché alla rifusione a favore delle parti civili delle spese del presente giudizio,

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