Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29932 del 27/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29932 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA
if
sul ricorso proposto dai difensori di:
Alfano Donato, nato a Milano, 1’1/4/1974;

avverso la sentenza del 20/11/2012 della Corte d’appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Giuseppe
Volpe, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1.La Corte d’appello di Milano confermava la condanna di Alfano Donato per il reato di
lesioni gravi commesso ai danni di Bresciani Daniela nel corso di una lite insorta per
motivi connessi ad una pregressa relazione sentimentale intrattenuta dai soggetti
menzionati.

Data Udienza: 27/05/2014

2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato a mezzo dei propri difensori articolando
cinque motivi.
2.1 Con il primo deduce la nullità del decreto di citazione per il giudizio d’appello per il
difetto della indicazione del fatto contestato. Con il secondo si lamenta invece che il
provvedimento impugnato sarebbe privo di autonoma motivazione limitandosi a
richiamare quella della pronunzia di primo grado. Ulteriori vizi della motivazione
vengono denunciati con il terzo motivo in merito alla prova del nesso di causalità tra le

Corte distrettuale abbia ingiustificatamente trascurato il parere reso in proposito dal
consulente di parte. Con il quarto e quinto motivo viene infine eccepita l’omessa
applicazione della regola di giudizio dettata dall’art. 533 comma 1 c.p.p., rilevandosi
altresì l’illogicità dell’argomento tratto dai giudici d’appello dal comportamento

post

delictum dell’imputato e ribadendosi il difetto di motivazione in ordine alla ritenuta
prova del nesso di causalità e dell’elemento soggettivo del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.

2. L’eccezione processuale svolta con il primo motivo deve ritenersi manifestamente
infondata essendo in proposito sufficiente ricordare come non sia affetto da alcuna
nullità il decreto di citazione per il giudizio di appello che non contenga l’enunciazione
dei fatti per cui si procede o delle norme violate, atteso che l’art. 601 c.p.p., con
riferimento ai requisiti dell’atto fa esclusivamente rinvio alle disposizioni di cui all’art.
429 comma primo lett. a), b) e g) e non anche a quella di cui alla lett. c) dello stesso
articolo (Sez. 4, n. 24050 del 18 marzo 2004, Filella, Rv. 228584).

3. Largamente generiche e in parte parimenti manifestamente infondate sono poi le
doglianze svolte con gli altri motivi di ricorso.
3.1 La Corte distrettuale, con motivazione autonoma – contrariamente a quanto
sostenuto dal ricorrente – logica e coerente alle risultanze processuali, ha risposto in
maniera esauriente a tutte le questioni sottopostole con il gravame di merito. In
particolare, argomentando dalle obiettive risultanze dell’anamnesi svolta dai sanitari del
pronto soccorso, ha spiegato le ragioni per cui debba ritenersi realizzato l’evento del
reato contestato e come pertanto la condotta violenta tenuta dall’imputato – e pervero
ammessa dal medesimo – non possa essere eventualmente derubricata a quella delle
mere percosse. Non di meno la sentenza esplicita le ragioni per cui ha ritenuto
scarsamente attendibili le testimonianze degli ospiti dell’Alfano in ordine alla dinamica

lesioni accertate e la condotta contestata all’imputato, rilevandosi come in proposito la

dei fatti e comunque la loro ininfluenza ai fini della configurabilità del reato anche sotto
il profilo della sussistenza dell’elemento soggettivo che lo caratterizza.
3.2 Con tale apparato giustificativo il ricorrente sostanzialmente non si è confrontato,
limitandosi ad affermazioni totalmente assertive, culminate, nel quinto motivo, con la
contestazione della tenuta logica delle argomentazioni fondate sul comportamento post
delictum dell’imputato che in realtà sono contenute nella sentenza di primo grado, ma
non in quella impugnata. Né il ricorso ha acquisito maggiore specificità contestando la

sono state evocate in maniera frammentaria – tanto da non consentire a questa Corte
di apprezzarne l’effettivo contenuto – ed invero sono state implicitamente ritenute
ininfluenti dai giudici d’appello attraverso quegli stessi argomenti spesi a sostegno della
ritenuta causazione delle lesioni che il ricorrente ha trascurato di sottoporre a puntuale
critica. Quanto infine alla violazione della regola del ragionevole dubbio, al di là
dell’esposizione dei fondamenti del principio, il ricorso non ha saputo evidenziare quale
sarebbe la, per l’appunto, ragionevole spiegazione alternativa dei fatti concretamente
suggerita dal compendio probatorio con cui la Corte distrettuale avrebbe omesso di
confrontarsi.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 27/5/2014

mancata considerazione delle conclusioni del consulente di parte, atteso che queste

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