Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29932 del 13/01/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29932 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FOTI ROBERTO N. IL 15/11/1975
avverso la sentenza n. 1868/2013 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 08/07/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/01/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE SANDRINI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. e truo h N G-eu u_t
che ha concluso per Z,t
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Data Udienza: 13/01/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 8.07.2014 la Corte d’appello di Reggio Calabria ha
confermato la sentenza pronunciata il 9.07.2013 con cui il Tribunale in sede
aveva condannato Foti Roberto alla pena di anni 5 di reclusione e € 2.800 di
multa, oltre pene e statuizioni accessorie, per i reati, unificati in continuazione,
di ricettazione e detenzione illegale di due fucili da caccia cal. 12, entrambi con
matricola punzonata e perciò costituenti armi clandestine, di cui ai capi A, B e D
della rubrica, nonché di detenzione illegale delle cartucce per fucili cal. 12 e cal.

perquisizione eseguita dalla p.g. nel fondo dell’imputato, dove, occultate nel
terreno circostanze l’abitazione, erano state rinvenute le armi e le munizioni.
Entrambe le sentenze di merito avevano ritenuto provata l’appartenenza dei
fucili e delle cartucce all’imputato – presente sul fondo, dove si recava
quotidianamente ad accudire gli animali, al momento della perquisizione, insieme
alla madre, alla convivente e al proprio figlio – sulla scorta della signoria di fatto
esercitata in via continuativa e abituale sul luogo di occultamento delle armi,
nonché sulla base del contenuto delle conversazioni intercettate in carcere tra il
prevenuto e il fratello (detenuto per analoghi titoli di reato a seguito del
precedente rinvenimento di altro materiale balistico nella casa materna), aventi
per inequivoco oggetto la manutenzione delle armi e del tubo modificato in cui
esse erano custodite.
2. Ricorre per cassazione Foti Roberto, a mezzo del difensore, deducendo vizio
della motivazione e violazione di legge della sentenza impugnata sotto i seguenti
profili:
– travisamento della prova testimoniale sulla circostanza relativa all’accessibilità
del luogo in cui erano state rinvenute le armi, rilevando il deficit motivazionale
sull’esclusione dell’accessibilità del fondo da parte di chiunque, sulla relativa
titolarità e sulla disponibilità delle armi e delle munizioni in capo all’imputato, la
cui responsabilità era stata affermata in violazione delle regole legali sulla
formazione e sulla valutazione della prova presuntiva, ex art. 192 comma 2 del
codice di rito;
– insussistenza dell’elemento psicologico del reato di cui all’art. 23 legge n. 110
del 1975, non ricavabile dal contenuto della conversazione del 7.01.2012;
– omessa riduzione della pena nella misura di un terzo, in violazione degli artt.
438 comma 5 e 442 del codice di rito, a fronte dell’illegittimo diniego del giudizio
abbreviato condizionato all’escussione di due testimoni, richiesto dall’imputato,
che aveva costituito oggetto di specifico motivo d’appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è complessivamente infondato e deve essere rigettato, per le ragioni,
1

20 indicate al capo C, accertati il 23.03.2012 in Condofurí a seguito di

che seguono.
2. Il primo motivo di doglianza si risolve in una censura di merito che non supera
la soglia dell’ammissibilità.
La sentenza impugnata ha fondato la prova della colpevolezza dell’imputato in
ordine ai reati concernenti le armi, rinvenute occultate nel terreno adiacente la
casa di campagna di Condofuri, sulle convergenti risultanze degli elementi di
prova indiziaria tratti dalla signoria di fatto esercitata dal Foti sul fondo nel quale
le armi e le munizioni erano custodite, da un lato, e del contenuto dei colloqui

fratello ivi detenuto per analoghi titoli di reato, dall’altro.
In particolare, la Corte territoriale ha valorizzato il dato certo, acquisito sulla
scorta delle risultanze della prova testimoniale, della disponibilità di fatto
effettiva, continuativa e abituale del fondo da parte del Foti, che vi si recava e
tratteneva quotidianamente ad accudire gli animali, e che si trovava in loco coi
propri familiari (la madre, la convivente e il figlio) anche in occasione della
perquisizione del 23.03.2012, per inferirne la prova della riconducibilità
all’imputato della detenzione e della disponibilità dei fucili e delle munizioni ivi
custoditi, escludendo per converso che le armi potessero appartenere ad altri
occasionali frequentatori del fondo, all’insaputa di colui (l’imputato) che, a
prescindere dalla titolarità formale del diritto di proprietà, vi esercitava di fatto
una signoria di tipo esclusivo.
Tale conclusione, che costituisce frutto di un ragionamento probatorio munito di
intrinseca logicità, che è stato congruamente motivato in termini conformi ai
criteri legali di validazione della prova indiziaria stabiliti dall’art. 192 comma 2
del codice di rito, risulta insindacabile in sede di legittimità, e si salda all’ulteriore
elemento di prova che i giudici di merito hanno tratto dal contenuto della
conversazione ambientale captata in carcere il 7.01.2012, ritenuto univocamente
riferibile alle armi di cui il fratello (detenuto) aveva raccomandato all’imputato la
manutenzione, ricevendo rassicurazioni sulla loro avvenuta pulizia (vedi Sez. Un.
n. 22471 del 26/02/2015, Rv. 263715, che hanno definitivamente affermato il
principio per cui, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni,
l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando
sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del
giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di
esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità).
La sentenza impugnata non è dunque incorsa in alcuna violazione di legge o vizio
di motivazione, e le argomentazioni con cui il ricorrente lamenta l’omessa
valorizzazione della circostanza relativa al potenziale accesso al fondo, attraverso
la strada interpoderale esistente, di altri soggetti in grado di portarvi e occultarvi (

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intercettati in carcere in epoca immediatamente precedente tra l’imputato e il

le armi, lungi dal dedurre un travisamento della prova – che postula
l’apprezzamento errato di un risultato probatorio incontestabilmente diverso da
quello immediatamente emergente dagli atti, e dunque un errore di natura
revocatoria al quale è estraneo ogni discorso confutativo sul significato della
prova o di mera contrapposizione dimostrativa (Sez. 5 n. 39048 del 25/09/2007,
Rv. 238215) – si risolvono nell’inammissibile sollecitazione di un diverso e
alternativo apprezzamento del merito delle acquisizioni probatorie, che esula dal
sindacato demandato alla Corte di cassazione, che è giudice della motivazione e

3. Il secondo motivo di ricorso, diretto a contestare la sussistenza dell’elemento
psicologico del reato di cui all’art. 23 (comma 3) legge n. 110 del 1975, è
infondato, avendo la sentenza gravata dato puntualmente atto della circostanza
relativa alla cancellazione del numero di matricola dei fucili illegalmente detenuti
dall’imputato, costituente un dato oggettivo di immediata rilevabilità in grado di
rendere edotto il detentore della natura clandestina delle armi e della loro
intrinseca natura delittuosa, secondo un giudizio di fatto incensurabile in sede di
legittimità.
4. Parimenti infondata è la censura dedotta nel terzo motivo di ricorso, risultando
insindacabile la motivazione in forza della quale la Corte territoriale ha
confermato la legittimità del provvedimento con cui il Tribunale aveva rigettato
la richiesta di giudizio abbreviato condizionato formulata dall’imputato, sul
presupposto dell’irrilevanza e dell’incompatibilità con le finalità di economia
processuale del rito speciale dell’esame dei due testimoni (Latella e Denisi) ai
quali la difesa aveva subordinato l’accesso al rito speciale.
Dal testo della sentenza di primo grado (pagine 19 e 20) risulta che all’esame del
teste Latella la difesa del Foti aveva addirittura rinunciato nel corso del
dibattimento, mentre l’escussione del consulente di parte Denisi non aveva
apportato alcun elemento determinante ai fini dell’accertamento probatorio,
essendosi egli limitato a confermare il contenuto della relazione tecnica da lui
redatta e già acquisita agli atti: la correttezza della valutazione, compiuta dal
Tribunale necessariamente ex ante, in ordine all’insussistenza dei presupposti
richiesti dall’art. 438 comma 5 cod.proc.pen., è stata dunque confermata anche
a posteriori dall’esito del giudizio, celebrato in un contesto di evidenza oggettiva
della prova che, tra l’altro, aveva giustificato l’instaurazione del rito direttissimo.
Sul punto, questa Corte ha chiarito che il giudice deve ammettere il rito
abbreviato condizionato dopo avere accertato non solo la rilevanza probatoria
della richiesta integrazione – che non può riguardare fatti e circostanze già
risultanti dagli atti e non contraddetti dagli elementi acquisiti – ma anche
l’indispensabilità della stessa ai fini della decisione, con conseguente legittimità

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dell’osservanza della legge, e non del contenuto e del significato della prova.

del diniego del rito speciale, anche nell’ipotesi in cui l’integrazione istruttoria
richiesta sia stata poi effettuata nel corso del dibattimento, allorché debba
escludersene l’idoneità a fornire un supporto probatorio decisivo per la
definizione del processo a carico dell’imputato, già gravato di fonti di prova
plurime e convergenti (Sez. 2 n. 18745 del 15/01/2013, in motivazione).
5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.

Così deciso il 13/01/2016

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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