Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29931 del 27/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29931 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PIAMPIANO SANTI DANIELE N. IL 02/09/1976
NAPOLITANO DOMENICO N. IL 07/11/1970
avverso la sentenza n. 4456/2010 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 26/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 27/05/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Giuseppe Volpe, ha
concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

d’appello di Palermo il 26 novembre 2012, il Tribunale di Termini Imerese
condannava Piampiano Santi Daniele e Napolitano Domenico, insieme ad
altri due imputati, alla pena di giustizia per il delitto di lesioni personali
volontarie, in danno di Fadale Luigi, escludendo la ricorrenza delle sevizie e
e delle attenuanti generiche e riconoscendo la recidiva a ciascuno
contestata.
In particolare l’appello di Piampiano era dichiarato inammissibile per
genericità e quello di Napolitano era rigettato per infondatezza.
2. Contro la sentenza hanno proposto ricorso per Cassazione entrambi gli
imputati.
2.1 Piampiano Santi Daniele, con atto sottoscritto dal difensore, avv.
Giuseppe Minà, deduce violazione di legge, in relazione agli articoli 581,
comma 1, lettera C e 591, comma 1, lettera C cod. proc. pen., in
riferimento alla dichiarazione di inammissibilità dell’appello, poiché con
l’atto di gravame aveva richiesto il riconoscimento delle attenuanti
generiche e l’esclusione della recidiva, specificando i motivi di dissenso
dalla decisione appellata e l’oggetto della diversa deliberazione sollecitata
presso il giudice del gravame.
2.2 Napolitano Domenico deduce vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606,
lettera E, cod. proc. pen., sotto il profilo della mancanza, poiché la
decisione impugnata si limita a richiamare quella di primo grado, senza di
fatto spiegare l’iter logico seguito ai fini della qualificazione dei fatti,
unificati sotto il vincolo della continuazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili.
2. La doglianza di Piampiano Santi Daniele è manifestamente infondata,

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1. Con la sentenza resa in data 21 giugno 2010, confermata dalla Corte

poiché correttamente la Corte d’appello di Palermo aveva dichiarato
inammissibile l’atto di appello, nel quale egli si era limitato a chiedere il
riconoscimento delle attenuanti generiche e l’esclusione della recidiva,
richiamando semplicemente le modalità complessive del fatto, la tenuità
dei fatti e la lieve entità del danno cagionato. In tal modo egli si è limitato

senza riempirle di alcun contenuto specifico, a fronte di una precisa
motivazione del Tribunale di Termini Imerese, che aveva sottolineato i
gravi e reiterati precedenti penali e la determinazione criminosa,
espressione di una chiara indole criminale.
3. Il ricorso di Napolitano Domenico è invece all’evidenza generico, poiché
egli si limita a dedurre una mancanza di motivazione, senza precisare quale
o quali doglianza la Corte territoriale avrebbe ignorato.
In tal modo è stata omessa la necessaria “indicazione specifica delle ragioni
di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”, imposta
dall’art. 581, comma 1, lettera C, richiesta a pena di inammissibilità per
ogni impugnazione dall’art. 591, lettera C, cod. proc. pen..
3.1 n vizio di mancanza motivazione, che secondo questa Corte si ha non
solamente in caso di mancanza grafica della stessa, ma anche quando le
argomentazioni addotte dal giudice a dimostrazione della fondatezza del
suo convincimento siano prive di completezza in relazione a specifiche
doglianze formulate dall’interessato con i motivi di appello, dotate del
requisito della decisività, implica l’onere del ricorrente di precisare tali
doglianze, al fine di consentire al Giudice di legittimità, anche attraverso
l’esame dei motivi di appello, di accertare la congruità e la completezza
dell’apparato argomentativo adottato dal Giudice di secondo grado,
rientrando nei compiti attribuiti dalla legge alla Corte di Cassazione la
disamina della specificità o meno delle censure formulate con l’atto di
appello, quale necessario presupposto dell’ammissibilità del ricorso
proposto davanti alla stessa Corte (Sez. 6, n. 35918 del 17/06/2009,
Greco, Rv. 244763).
4. In conclusione i ricorsi degli imputati vanno dichiarati inammissibili. Alla
declaratoria di inammissibilità segue per legge, in forza del disposto
dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle

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a riproporre formule normative riprese dall’art. 133 del codice penale,

spese processuali nonché (trattandosi di causa di inammissibilità
riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte
Costituzionale sent. n. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento, a favore
della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo

P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 maggio 2014
Il consigliere estensore

Il Presidente

determinare in € 1.000 per ciascuno.

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