Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29930 del 11/12/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29930 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TALERICO PALMA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIARDINA LUCA N. IL 17/12/1981
avverso la sentenza n. 1655/2010 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 03/06/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/12/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PALMA TALERICO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ?0_,› 1/4A, Q32.2_ti kA,LA1
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 11/12/2015

RITENUTO IN FATTO
1.

Con sentenza del 19 marzo 2015, il Tribunale di Palermo ha dichiarato Giardina Luca –

soggetto sottoposto, con provvedimento del Tribunale di Palermo del 12.3.2009 alla misura di
prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. per la durata di anni uno – responsabile delle
contravvenzioni al medesimo ascritte ai capi A (articolo 9, 1° comma, della legge n. 1423/56
per avere contravvenuto all’obbligo di vivere onestamente e rispettare le leggi e,
specificatamente, per essere stato trovato alla guida dell’autovettura AUDI, targata DR 277 XP

28.4.2009 – notificato il 22.5.2009) e B (articolo 116, comma 1 e 13, del codice della strada,
per avere circolato alla guida della suddetta autovettura nonostante la revoca della patente di
guida) della rubrica, accertate il 24.4.2010 e, conseguentemente, lo ha condannato alla pena
di mesi otto di arresto.
2. Incontestata la condotta del Giardina, trovato alla guida di un’autovettura nonostante gli
fosse stata revocata la patente di guida, in ragione della sua sottoposizione alla misura di
prevenzione della sorveglianza speciale di P.S., la Corte di Appello di Palerno, con decisione
resa il 3 giugno 2015, decidendo sull’appello proposto dall’imputato, ha proceduto – previa
esclusione del verificarsi dell’estinzione per prescrizione delle ritenute contravvenzioni a causa
dell’accertata sospensione dei relativi termini per un periodo complesivo di 56 giorni – in
accoglimento del quarto motivo di gravame, a ridurre la pena inflitta all’imputato
determinandola nella misura di mesi quattro di arresto, rigettando, nel resto le censure
difensive relative alla rilevata nullità della sentenza di primo grado per omessa indicazione del
reato più grave rispetto a quelli per cui è intervenuta condanna (primo motivo), alla dedotta
mancata declaratoria di assorbimento del reato di cui al capo B) in quello contestato al capo A)
della rubrica (secondo motivo) e al denegato riconoscimento delle circostanze attenuanti
generiche (terzo motivo).
3.

Avverso la suddetta pronuncia, ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia

dell’imputato, avvocato Tommaso De Lisi, deducendo, con atto depositato 1’8 giugno 2015, í
seguenti motivi.
3.1. Con il primo motivo di ricorso, il predetto difensore ha dedotto la “contraddittorietà della
motivazione ex art. 606 lett. e) cpp in relazione alla determinazione della pena base stabilita
per il reato più grave sulla quale operare l’aumento per la continuazione”, sostenendo che la
decisione impugnata incorrerebbe nel denunciato vizio, atteso che la Corte Territoriale, “pur
riconoscendo l’omessa indicazione della fattispecie più grave sulla quale operare l’aumento per
la continuazione” da parte del primo giudice e “pur cercando di colmare la predetta lacuna”
avrebbe ridotto “la sanzione inflitta all’odierno ricorrente ritenendola eccessiva, senza, tuttavia,
avere cognizione della pena base e del percorso logico matematico seguito dal giudice di primo
grado”.
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nonostante gli fosse stata revocata la patente di guida con decreto del Prefetto di Palermo del

3.2. Con il secondo motivo di ricorso è stata dedotta l’ “erronea applicazione della legge
penale di cui si deve tenere conto ex art. 606 lett. b) cpp in relazione al combinato disposto di
cui agli artt. 75, 1° comma, D. LGS. n. 159/11, 116, comma 1 e 13 C.D.S. e 15 cp”,
evidenziando che l’art. 75 del D. LGS. N. 159/11 avrebbe introdotto una fattispecie delittuosa
speciale rispetto a quella prevista dall’art. 116 C.D.S. con la conseguenza che quest’ultimo
reato (capo B della rubrica) rimarrebbe assorbito, in applicazione del principio di specialità di
cui all’art. 15 del codice penale, nella più grave fattispecie contravvenzionale di cui al capo A

4. Con atto depositato il successivo 10 giugno 2015 (nei termini dell’impugnazione), il
difensore del Giardina, ha proposto ricorso “integrativo del precedente ricorso depositato nella
Cancellera del giudice

a quo

in data 8.6.15”, sviluppando ulteriore motivo per

“contraddittorietà della motivazione quando il vizio risulta dal testo del provvedimento
impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei termini di gravame, ex
art. 606 lett. e) cpp”.
In proposito, ha evidenziato che aveva chiesto, all’udienza del 3.6.2015, che la Corte di
Appello di Palermo pronunciasse declaratoria di improcedibilità per essersi le contravvenzioni
(commesse in data 24.4.2010) ormai estinte per intervenuta prescrizione pur considerando
l’intervenuta sospensione del relativo termine per la durata di giorni venticinque a causa del
differimento del dibattimento per legittimo impedimento del difensore per motivi di salute (dal
22.1.2015 al 16.2.2015); che la Corte di Appello di Palermo del tutto erroneamente avrebbe
considerato un’ulteriore sospensione (quella verificatasi a causa del disposto differimento del
processo dall’udienza del 16.2.2015 al successivo 3.6.2015 su richiesta di parte) del
dibattimento e dei termini prescrizionali per altri trenta giorni, specificando che nel corso
dell’udienza del 16 febbraio sarebbe stata svolta regola attività processuale (esame
dell’imputato; acquisizione con il consenso delle parti dell’annotazione di P.G. del 24.4.2010 a
firma di Stancanelli con allegati; acquisizione del verbale di perquisizione, identificazione e
contestazione).
CONSIDERATO IN DIRITTO
5. Il primo motivo di ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
E in vero, costituisce principio consolidato quello secondo cui il giudice di appello, avendo
poteri di piena cognizione e valutazione, possa integrare la motivazione del primo giudice.
In tal senso si sono espresse anche le SS. UU. della Corte, che hanno affermato che “la
mancanza assoluta di motivazione della sentenza non rientra tra i casi, tassativamente previsti
dall’art. 604 cod. proc. pen., per i quali il giudice di appello deve dichiarare la nullità della
sentenza appellata e trasmettere gli atti al giudice di primo grado, ben potendo lo stesso
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t

della rubrica imputativa.

provvedere, in forza dei poteri di piena cognizione e valutazione del fatto, a redigere, anche
integralmente, la motivazione mancante” (Cass. SS.UU. 27.11.2008, n. 3287, RV 244118); più
in particolare, con riguardo alla mancanza di motivazione relativa al trattamento sanzionatorio,
è stato statuito che “il giudice di appello, in caso di conferma della sentenza di condanna di
primo grado, ne può integrare la motivazione, ove riscontri un difetto in ordine alla
individuazione della pena base e dell’aumento a titolo di continuazione, perché, da un lato,
l’omessa indicazione dei criteri di determinazione della pena, anche nel caso di reato

sentenze di primo e di secondo grado, ai fini del controllo di congruità della motivazione, si
integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico e inscindibile” (Cass. Sez. V, 7.3.2014
n. 40005, RV 260303).
In applicazione di detti principi non sussiste il vizio denunciato, tanto più che, nel caso di
specie, la Corte di appello di Palermo ha proceduto motivatamente a ridurre la pena inflitta
all’imputato dal primo giudice.
6. Parimenti inammissibile, per manifesta infondatezza, è il secondo motivo di ricorso.
La giurisprudenza della Suprema Corte, è, infatti, costante nel ritenere che i reati di cui all’art.
6 della legge n. 575 del 1965 e 9 della legge n. 1423 del 1956 concorrono tra di loro (in tal
senso, ex pluribus, Cass. Sez. I, 9.6.2010, n. 25122, RV 247724, secondo cui “il reato di guida
senza patente commesso da soggetto sottoposto con provvedimento definitivo alla misura di
prevenzione della sorveglianza speciale di p.s. concorre con il delitto previsto dall’art. 9,
comma secondo, della legge n. 1423 del 1956”).
E detto principio è stato costantemente affermato anche a seguito dell’entrata in vigore del
decreto legislativo n. 159 del 2011 (c.d. codice antimafia), laddove ha statutito la concorrenza
tra i reati di cui agli artt. 73 e 75 della citata novella legislativa, ritenendo che la specialità
deve, unicamente, ravvisarsi tra la norma di cui all’art. 73 del decreto legislativo n. 159 del
2011 e quella di cui all’art. 116 delcodice della strada [in tal senso, ex pluribus, Cass. Sez. I,
13.6.2013, n. 27828, RV 255992, secondo cui: “il D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 73 non ha
affatto sostituito la L. n. 1423 del 1956, art. 9 (come è noto la L. n. 1423 del 1956 è stata
abrogata dall’art. 120 cod. antim., lett. a) dappoiché sostanzialmente diverse le condotte
rispettivamente tipizzate e la ratio legis a sostegno delle disposizioni, ma ha viceversa
introdotto una fattispecie delittuosa speciale rispetto all’art. 116 C.d.S., punendola in termini
ben più gravi, di guisa che, a far tempo dal 13 ottobre 2011, giorno dell’entrata in vigore del
D.Lgs. n. 159 del 2011 (c.d. Codice Antimafia), il sottoposto a misura di prevenzione al quale
sia stata sospesa, revocata o negata la patente di guida il quale venga colto alla guida di
automezzi o motocicli, è punito con la pena dell’arresto da sei mesi a tre anni, mentre la
sanzione per l’analoga contravvenzione prevista in via generale dall’art. 116 C.d.S. è punita
con la sola pena dell’ammenda (da 2257,00 a 9032,00 Euro)”].
3

continuato, non dà luogo ad una nullità ma ad una lacuna di motivazione e, dall’altro, le

Ciò è stato costantemente affermato poiché le norme citate tutelano diversi interessi giuridici:
quella di cui all’art. 9 L. n. 1423/56 (ora, art. 75 D.Lgs. n. 159 del 2011) è diretta per vero a
far sì che il soggetto si conformi agli obblighi tipici della sorveglianza speciale impostagli
(sicché il parametro normativo di riferimento è proprio della misura in questione), mentre la
norma di cui all’art. 6 L. n. 575/65 (ora, art. 73 D.Lgs. n. 159 del 2011) è volta a far si che il
soggetto, senza patente, o dopo che la patente sia stata negata, sospesa o revocata,
trovandosi nella condizione di sorvegliato speciale, guidi senza titolo abilitativo, sicché il

6.

Manifestamente infondato è anche il terzo motivo di ricorso, atteso che la circostanza

secondo cui nel corso dell’udienza dibatimentale del 16.2.2015 è stata effettivamente svolta
attività istruttoria non determina la non connputabilità, ai fini della sospensione dei termini
prescrizionali, del periodo (ulteriori giorni trenta) intercorrente con la successiva udienza del 3
giugno 2015, poiché il differimento risulta avvenuto su richiesta difensiva.
7.

L’inammissibilità del ricorso impedisce la declaratoria di estinzione dei reati per

sopraggiunta prescrizione alla data odierna e determina la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle ammende,
congruamente determinata nella misura di C. 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di C. 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deciso, in Romani dicembre 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

parametro normativo di riferimento è quello del Testo unico sul codice della strada.

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