Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29929 del 27/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29929 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Fino Giovnni, nato a Savignano Irpino, il 12/2/1963;
quale parte civile nel procedimento nei confronti di:
Maglione Antonio Augusto, nato a Savignano Irpino, il 30/9/1943;

avverso la sentenza del 2/5/2013 del Tribunale di Ariano Irpino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Giuseppe
Volpe, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza limitatamente alle
statuizioni relative alle spese e per l’inammissibilità del ricorso nel resto.
RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 27/05/2014

1.11 Tribunale di Ariano Irpino confermava la condanna di Maglione Antonio Augusto per
il reato di minacce commesso ai danni di Fino Giovanni, mentre, in parziale riforma
della pronunzia di primo grado, assolveva l’imputato per il concorrente reato di ingiuria
ritenendo per lo stesso configurabile l’esimente della reciprocità delle offese di cui
all’art. 599 c.p.
2. Avverso la sentenza ricorre il Fino nella sua qualità di parte civile articolando due
motivi. Con il primo deduce la manifesta illogicità della motivazione rilevando in

base di mere congetture prive di una base fattuale riscontrata dal compendio
probatorio di riferimento. Con il secondo lamenta invece la violazione dell’art. 541
c.p.p. e il difetto di motivazione in merito alla disposta compensazione delle spese tra
le parti in entrambi i gradi di giudizio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto dal difensore della parte civile privo della
necessaria procura speciale.
Come noto, nel processo penale, la parte civile, ai sensi dell’art. 100 comma 1 c.p.p.,
sta in giudizio col ministero di un difensore munito di procura speciale. Tale procura,
necessaria per volontà della norma citata, attribuisce al difensore la legitimatio ad litem
e cioè la rappresentanza processuale della parte, differenziandosi in tal senso da quella,
eventuale, con cui allo stesso difensore venga eventualmente trasferita ai sensi degli
artt. 76 e 122 c.p.p. la legitimatio ad processum e cioè lo stesso potere di esercitare
l’azione civile nel processo penale attraverso la sottoscrizione dell’atto di costituzione di
parte civile.
Per il consolidato insegnamento di questa Corte il mandato alle liti non richiede forme
sacramentali e trasferisce al difensore anche la facoltà di appellare la sentenza anche
se non contenente espresso riferimento al potere di interporre il suddetto gravame,
posto che la presunzione di efficacia della procura “per un solo grado del processo”,
stabilita dall’art. 100 comma 3 c.p.p., può essere vinta dalla manifestazione di volontà
della parte – desumibile dalla interpretazione del mandato medesimo – di attribuire
anche un siffatto potere. (Sez. Un., n. 44712 del 27 ottobre 2004, P.C. in proc.
Mazzarella, Rv. 229179).
Tale presunzione non vale però ai fini della legittimazione del difensore a proporre
ricorso per cassazione, che, se presentato in difetto di apposita procura speciale
rilasciata dalla parte civile, è dunque inammissibile. Va infatti ribadito che la
legittimazione a proporre ricorso per cassazione è riconosciuta al difensore di una parte
diversa dall’imputato, purché iscritto all’apposito albo (requisito sussistente nel caso di

proposito come il Tribunale abbia ritenuto la sussistenza della citata esimente sulla

specie), soltanto se questi sia munito di procura speciale (Sez. 5, n. 43982 del 15 luglio
2009, P.C. in proc. Di Benedetto, Rv. 245429).
Nel caso di specie non risulta che la menzionata procura speciale sia mai stata
rilasciata, nè in occasione della nomina del difensore, né all’atto della costituzione di
parte civile, né, infine, all’atto della proposizione del ricorso, che dunque è
inammissibile.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la

somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 27/5/2014

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della

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