Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29927 del 27/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29927 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sui ricorsi presentati dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Viterbo e
dal difensore di:
Ermete Giusti, nato a Ischia di Castro, il 4/9/1965;
quale parte civile nel procedimento nei confronti di:
De Simone Marcus, nato a Laupheim, il 26/11/1970;

avverso la sentenza del 21/3/2013 del Tribunale di Viterbo sez. distaccata di
Montefiascone;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Giuseppe
Volpe, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza;
udito per la parte civile l’avv. Paolo Tassini, che ha concluso chiedendo l’accoglimento
dei ricorsi;

Data Udienza: 27/05/2014

udito per l’imputato l’avv. Marco Valerio Mazzatosta, che ha concluso chiedendo
dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi e comunque per il rigetto dei medesimi.

RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Viterbo sez. distaccata di Montefiascone, in riforma della pronunzia di
primo grado, assolveva De Simone Marcus dal reato di lesioni ai danni di Giusti Ermete

2. Avverso la sentenza ricorrono il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Viterbo e il Giusti nella sua qualità di parte civile, lamentando l’omessa valutazione di
una prova decisiva, prova costituita dalla querela proposta dall’imputato in altro
procedimento ed acquisita agli atti del processo, nella quale il De Simone avrebbe
ammesso di aver percosso la persona offesa. Con memoria depositata il 12 maggio
2014 il difensore della parte civile ha poi ribadito le illustrate doglianze.
3. Il 20 maggio 2014 il difensore dell’imputato ha infine a sua volta presentato
memoria con cui ha chiesto dichiarasi inammissibili i ricorsi, rilevando come la querela
che il giudice d’appello avrebbe omesso di valutare era stata invero surrettiziamente
inserita nel fascicolo processuale mediante la sua allegazione ad una memoria della
parte civile, ma senza che il documento venisse formalmente acquisito ai sensi dell’art.
603 c.p.p. e nel contraddittorio delle parti, talchè correttamente il Tribunale non ne
avrebbe tenuto conto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi sono inammissibili.

2. E’ innanzi tutto da escludersi la rilevanza ai fini dell’art. 606 lett. d) c.p.p. del vizio
dedotto dai ricorrenti, atteso che la richiamata disposizione riguarda esclusivamente
l’ipotesi dell’omessa “assunzione” di una prova decisiva e non anche quella della
mancata valutazione della medesima, omissione che attiene alla motivazione della
sentenza e che è dunque deducibile esclusivamente ai sensi della lett. e) del
menzionato art. 606. Né risulta dagli atti che la parte civile o il pubblico ministero
abbiano proposto formale istanza di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale tesa ad
ottenere l’acquisizione della prova di cui si discute.

3. I ricorrenti hanno comunque lamentato la tenuta argomentativa della motivazione
della sentenza in ragione dell’avvenuto travisamento della prova sotto il profilo, per

ritenendo l’insussistenza del fatto.

l’appunto, della mancata considerazione di un dato probatorio acquisito al patrimonio
processuale.
3.1 In tale ottica deve allora ricordarsi come questa Corte, alla luce delle modifiche
apportate all’art. 606 comma 1, lett. e) c.p.p. dalla I. n. 46/2006, abbia da tempo
riconosciuto la deducibilità del travisamento della prova, ammettendo che il vizio di
motivazione rilevante possa risultare, oltre che dal testo del provvedimento impugnato,
anche “da altri atti del processo”, purché siano “specificamente indicati nei motivi di

comporta, in altre parole, che all’illogicità intrinseca della motivazione (cui è
equiparabile la contraddittorietà logica tra argomenti della motivazione), caratterizzata
dal limite della rilevabilità testuale, si è affiancata la contraddittorietà tra la
motivazione e l’atto a contenuto probatorio.
3.2 L’informazione “travisata” (la sua esistenza – inesistenza) o non considerata deve,
peraltro, essere tale da inficiare la struttura logica del provvedimento stesso. Inoltre, la
nuova disposizione impone, ai fini della deduzione del vizio di motivazione, che ratto
del processo” sia, come già ricordato, “specificamente indicato nei motivi di gravame”.
Sul ricorrente, dunque, grava, oltre all’onere di formulare motivi di impugnazione
specifici, anche quello di individuare ed indicare gli atti processuali che intende far
valere (e di specificare le ragioni per le quali tali atti, se correttamente valutati,
avrebbero dato luogo ad una diversa pronuncia decisoria), onere da assolvere nelle
forme di volta in volta adeguate alla natura degli atti in considerazione. In definitiva il
ricorso per cassazione con cui si lamenta la mancanza, contraddittorietà o manifesta
illogicità della motivazione per l’omessa valutazione di circostanze acquisite agli atti
non può limitarsi, pena l’inammissibilità, ad addurre l’esistenza di atti processuali non
esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato
ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, ma deve,
invece: a) identificare l’atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l’elemento
fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la
ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o
del dato probatorio invocato, nonchè della effettiva esistenza dell’atto processuale su
cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in
modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo
profili di radicale “incompatibilità” all’interno dell’impianto argomentativo del
provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 45036 del 2 dicembre 2010, Damiano, Rv.
249035).
3.3 In applicazione di tali principi è allora evidente il difetto di specificità dei ricorsi, che
nel far riferimento ad una prova documentale asseritamente ignorata dal Tribunale, si
sono limitati ad evocarla in maniera del tutto generica (così il pubblico ministero)
ovvero ad estrapolarne un brano, senza assolvere all’onere di allegare il documento

gravame” (ex multis Sez. 5 n. 18542 del 21 gennaio 2011, Carone, rv 250168). Ciò

nella sua interezza, come invece necessario per consentire a questa Corte di
apprezzare compiutamente il significato probatorio dello stesso e, quindi, di valutare
l’effettiva portata del vizio dedotto.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la
condanna della parte civile ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento della somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna la parte civile ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro mille in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 27/5/2014

P.Q.M.

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