Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29925 del 05/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29925 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MUNOZ RICARDO N. IL 10/07/1971
avverso la sentenza n. 6886/2014 TRIBUNALE di MILANO, del
03/06/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 05/06/2015

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’art. 444 c.p.p., fu
applicata a MUNOZ RICARDO per il reato di cui all’art. 497-bis cod. pen., la pena
_ concordata con la pubblica accusa nella misura di 8 mesi di reclusione;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, con

della motivazione, in ordine alla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. ed in
relazione alla qualificazione giuridica del fatto, data nell’accordo delle parti;_.

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto con riferimento alla sentenza
di patteggiamento secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (a partire da
Sez. U, n. 5777 del 27/3/1992, Di Benedetto, Rv. 191135) “la motivazione della
sentenza che applica la pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 comma
secondo cod. proc. pen. si esaurisce in una delibazione ad un tempo positiva e
negativa. Positiva a quanto all’accertamento: 1) della sussistenza dell’accordo delle
parti sull’applicazione di una determinata pena; 2) della correttezza della
qualificazione giuridica del fatto nonché della applicazione e della comparazione
delle eventuali circostanze; 3) della congruità della pena patteggiata, ai fini e nei
limiti di cui all’art. 27, terzo comma, Cost.; 4) della concedibilità della sospensione
condizionale della pena, qualora l’efficacia della richiesta sia stata subordinata alla
concessione del beneficio. Negativa quanto alla esclusione della sussistenza di
cause di non punibilità o di non procedibilità o di estinzione del reato. Le delibazioni
positive debbono essere necessariamente sorrette dalla concisa esposizione dei
relativi motivi di fatto e di diritto, mentre, per quanto riguarda il giudizio negativo
sulla ricorrenza di alcuna delle ipotesi previste dall’art. 129 cod. proc. pen.,
l’obbligo di una specifica motivazione sussiste, per la natura stessa della
delibazione, soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle dichiarazioni delle parti
risultino elementi concreti in -ordine alla non ricorrenza delle suindicate ipotesi. In
caso contrario, è sufficiente la semplice enunciazione, anche implicita, di aver
effettuato, con esito negativo, la verifica richiesta dalla legge e cioè che non
ricorrono gli estremi per la pronuncia di sentenza di proscioglimento ex art. 129
cod. proc. pen.”;

2

e

atto redatto personalmente, con il quale deduce mancanza o manifesta illogicità

- che la sentenza impugnata rispetta questo principio, poiché si dà espressamente
atto della ritenuta sussistenza delle condizioni tutte, positive e negative, previste
dall’art. 444 c.p.p. per l’applicazione della pena su richiesta, ivi compresa quella
costituita dall’assenza dei presupposti per la pronuncia di sentenza assolutoria ai
sensi dell’art. 129 c.p.p.; il che basta ad escludere ogni violazione di legge ed a
soddisfare le esigenze di motivazione proprie delle pronunce del genere di quella

elementi, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento o indicati nell’atto di
gravarne, dai quali. possa invece_desumersi che taluna delle suddette condizioni _
fosse mancante (si vedano in proposito, fra le altre: Sez. 4, n. 7768 del
11/05/1992, Longo, RV 191238; Sez. 3, n. 1693 del 19/04/2000, Petruzzelli, RV
216583; Sez. 2, n. 27930 del 21/05/2003, Lasco, Rv. 225208; Sez. 4, n. 34494 del
13/07/2006, Koumya, Rv. 234824; Sez. 1, n. 4688 del 10/01/2007, Brendolin, Rv.
236622; Sez. 2, n. 6455 del 17/11/2011 – dep. 17/02/2012, Alba, Rv. 252085);
– che con riferimento alla qualificazione del fatto, nel procedimento di applicazione
della pena le parti non possono prospettare con il ricorso per cassazione questioni
incompatibili con la richiesta di patteggiamento formulata per il fatto contestato e
per la relativa qualificazione giuridica risultante dalla contestazione, in quanto
l’accusa come giuridicamente qualificata non può essere rimessa in discussione.
L’applicazione concordata della pena, infatti, presuppone la rinuncia a far valere
qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla
richiesta di patteggiamento e al consenso a essa prestato. Cosicché, in questa
prospettiva, l’obbligo di motivazione del giudice è assolto con la semplice
affermazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini dell’accordo
intervenuto tra le parti e dell’effettuato controllo degli elementi di cui all’art. 129
c.p.p. conformemente ai criteri di legge (Sez. U, n. 20 del 27/10/1999, Fraccari,
Rv. 214637; Sez. 5, n. 21287 del 25/03/2010, Legari, Rv. 247539);
– che la censura in punto di qualificazione giuridica del fatto è inammissibile anche
sotto il profilo della mancanza di motivazione, ricorrendo in proposito un dovere di
specifica argomentazione solo per il caso che l’accordo abbia presupposto una
modifica dell’imputazione originaria, evenienza che nel caso di specie deve
escludersi (Sez. 6, n. 32004 del 10/04/2003, Valetta, Rv. 228405);
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere
ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui
importo stimasi equo fissare in euro millecinquecento;
3

impugnata, qualora facciano difetto (come si verifica nel caso di specie) specifici

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro millecinquecento in favore delle cassa delle
ammende.

Il consigliere estensore

Il presidente

Così deciso in Roma, il 5 giugno 2015

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