Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29924 del 12/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29924 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CARRA’ SALVATORE N. IL 07/07/1963
avverso la sentenza n. 1718/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del
27/09/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GERARDO SABEONE
Udito il Procuratore Generale in persona jelDott. Id./4/1110
121
che ha concluso per

/1~,

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 12/05/2014

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Milano, con la sentenza del 27 settembre 2013
ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano del 19 novembre 2009 con la
quale Carrà Salvatore era stato condannato per il delitto di cui all’articolo 489
cod.pen. perchè quale gestore dell’autosalone Motorshow aveva utilizzato falsi

dell’agenzia di pratiche automobilistiche Zeus s.n.c..
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato,
personalmente, lamentando quale unico motivo la manifesta illogicità della
motivazione circa l’affermazione della propria penale responsabilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Deve affermarsi l’inammissibilità del ricorso.
2. La dedotta illogicità della motivazione si sostanzia, in effetti, in una
rilettura degli accadimenti processuali e alla luce di considerazioni personali del
ricorrente che non solo non sono ammissibili avanti questa Corte di legittimità,
che non è Giudice del fatto/ ma neppure valgono a scalfire il corretto
convincimento espresso dalla Corte di Appello circa l’effettiva commissione da
parte del ricorrente stesso dell’ascritto reato.
Inoltre, quando ci si trovi dinanzi a una “doppia pronuncia conforme” e
cioè a una doppia pronuncia (in primo e in secondo grado) di eguale segno (vuoi
di condanna, vuoi di assoluzione), l’eventuale vizio di travisamento possa- essere
rilevato in sede di legittimità, ex articolo 606 cod.proc.pen., comma 1, lett. e),
solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che
l’argomento probatorio asseritamente travisato sia stato per la prima volta
introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di
secondo grado (v. Cass. Sez. IV 10 febbraio 2009 n. 20395).
Per quel che concerne, infine, il significato da attribuire alla locuzione
“oltre ogni ragionevole dubbio”, già adoperata dalla giurisprudenza di questa
Corte Suprema (v. per tutte, Cass. Sez. Un. 10 luglio 2002 n. 30328) e
successivamente recepita nel testo novellato dell’articolo 533 cod.proc.pen.
quale parametro cui conformare la valutazione inerente all’affermazione di
responsabilità dell’imputato, è opportuno evidenziare che, al di là dell’icastica
espressione, mutuata dal diritto anglosassone, ne costituiscono fondamento il
1

permessi di circolazione alla guida con intestazione, firma apocrifa e timbri

principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza e la cultura della
prova e della sua valutazione, di cui è permeato il nostro sistema processuale.
Si è, in proposito, esattamente osservato che detta espressione ha una
funzione meramente descrittiva più che sostanziale, giacché, in precedenza, il
“ragionevole dubbio” sulla colpevolezza dell’imputato ne comportava pur sempre
il proscioglimento a norma dell’articolo 530 cod.proc.pen., comma 2, sicché non
si è in presenza di un diverso e più rigoroso criterio di valutazione della prova

il principio, immanente nel nostro ordinamento costituzionale ed ordinario,
secondo cui la condanna è possibile soltanto quando vi sia la certezza
processuale assoluta della responsabilità dell’imputato (v. da ultimo, Cass. Sez.
H 9 novembre 2012 n. 7035).
Certezza che i Giudici a quo hanno logicamente espresso, sottraendo la
loro motivazione, pertanto, al lamentato vizio di legittimità.
4. Dall’inammissibilità del ricorso deriva la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della
Cassa delle Ammende.

P.T.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2014.

rispetto a quello precedentemente adottato dal codice di rito, ma è stato ribadito

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