Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29920 del 11/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29920 Anno 2013
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BUSACCA GIOVANNI N. IL 01/08/1977
CANNIZZO PAOLO N. IL 04/08/1964
DI MERCURIO ANGELO N. IL 22/04/1974
FEDE SALVATORE N. IL 18/10/1957
VENTURA FILIPPO N. IL 10/07/1954
avverso la sentenza n. 22/2011 CORTE ASSISE APPELLO di
CATANIA, del 23/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
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Data Udienza: 11/04/2013

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Propongono ricorso per Cassazione

Busacca Giovanni
2. Cannizzo Paolo
3. Di Mercurio Angelo
4. Fede Salvatore

avverso la sentenza della Corte di Assise d’Appello di Catania che in data 23 aprile 2012 in
riforma della sentenza emessa dalla Corte di Assise di Siracusa in data 10 dicembre 2010 ha
assolto Cannizzo Paolo dalla reato di cui al capo F) della rubrica perché il fatto non sussiste; Di
Mercurio Angelo dal reato a lui ha scritto al capo A) per non aver commesso il fatto e dal reato
di cui al capo G) perché il fatto non sussiste; Fede Salvatore dai reati a lui ha scritto ai capi E)
ed F) perché il fatto non sussiste;Ventura Filippo dai reati a lui ascritti al capo B) per non aver
commesso il fatto e al capo E) perché il fatto non sussiste; qualificato il fatto contestato al
capo A) come delitto di associazione per delinquere di cui all’articolo 416 comma due codice
penale per Busacca Giovanni, Cannizzo Paolo e Fede Salvatore e di cui all’articolo 416 commi
uno e tre codice penale per Ventura Filippo; qualificato il fatto contestato al capo D) relativo
alla richiesta della somma di euro 16.000,00 come reato di tentata estorsione; ritenuta
l’insussistenza della circostanza aggravante di cui all’articolo 7 legge numero 203/91, nonché
della circostanza aggravante di cui al combinato disposto degli articoli 629 comma due codice
penale e 628 comma tre numero tre codice penale contestate in ordine al reato di cui al capo
D); esclusa l’applicazione della recidiva, determinava la pena per Busacca Giovanni in altri 4
mesi 2 di reclusione ed euro 600,00 di multa, per Cannizzo Paolo in anni 10 di reclusione ed
euro 2300,00 di multa, per Di Mercurio Angelo in mesi 7 di arresto, per Fede Salvatore in anni
9 di reclusione ed euro 1500,00 di multa, per Ventura Filippo in anni 12 di reclusione ed euro
2500,00 di multa.

Rosami Giovanni deduce che la sentenza impugnata è incorsa in:
1. violazione di legge e il vizio della motivazione.
In particolare, con riguardo al capo A) sostiene che i giudici di secondo grado hanno
ritenuto raggiunta la prova della sua colpevolezza basando il proprio convincimento su
argomentazioni assolutamente illogiche, generiche e prive di riscontri. Sostiene che I
decidenti hanno motivato il proprio convincimento richiamando un’unica conversazione
intercettata, quella del 13/10/2007, dalla cui lettura integrale non emerge però nulla di

quanto ritenuto in sentenza. Lamenta che non vi sono elementi dai quali desumere la sua
effettiva volontà di partecipare all’associazione. Contesta l’interpretazione data alle
dichiarazioni di Doilo Giuseppe.

5. Ventura Filippo

Con riguardo al capo D) sostiene che le argomentazioni poste a fondamento della
condanna contraddicono palesemente quanto sostenuto dagli stessi giudici nella
trattazione del capo A) di imputazione con riguardo all’effettiva capacità di intimidazione
del gruppo. Contesta la valutazione delle prove operate dai giudice di secondo grado
sostenendo l’assenza di un comportamento minatorio nei confronti di Donzelli Giovanni
soggetto di caratura criminale, condannato per associazione a delinquere di stampo
mafioso, che non poteva essere vessato da soggetti malavitosi che si muovevano

concrete, le condizioni soggettive ed ambientali delle presunte vittime permettono di
escludere che le stesse abbiano potuto avere timore .
2. Violazione di legge con riguardo alla ritenuta aggravante del numero delle persone
3. violazione di legge e vizio della motivazione con riguardo alla diniego della concessione
delle attenuanti generiche in termini di prevalenza.

Cannizzo Paolo deduce che la sentenza impugnata è incorsa in:
1. violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al reato associativo. Contesta le
considerazioni espresse dal giudicante evidenziando che dei fatti contestati agli imputati
quali reati fine è rimasto il solo il capo D) che però non fornisce alcuno spunto per
ricostruire il ragionamento prospettato nella sentenza impugnata con riguardo alla
sussistenza del reato associativo. Considerato che, nel condannare gli imputati per i
presunti episodi estorsivi ai Donzelli, i giudici di secondo grado hanno affermato che
manca la prova certa della deliberazione unitaria delle singole richieste, ragion per cui
gli imputati venivano condannati in relazione alle sole estorsione ad essi attribuibili con
certezza, la condanna per tale reato non può essere considerata espressione del
programma operativo dell’associazione. Sostiene che le risultanze processuali mostrano
l’assoluta insussistenza di una struttura organizzativa nonché l’assenza di un’adeguata
predisposizione di mezzi necessari per attuare il suo programma criminoso.
2. Violazione di legge vizio della motivazione anche con riguardo alla condanna di cui al
capo D) sostiene che le richieste erano prive di un manifesto carattere minaccioso e che
l’esistenza di precedenti penali non è di per sé la manifestazione di una personalità
sopraffattrice, considerato anche che nessuna allusione è stata fatta dall’imputato ai
suoi trascorsi delinquenziali nelle due occasioni un cui chiese il cambio di alcuni assegni
al Donzelli e che non sussistono elementi dai quali desumere che l’imputato sapesse che
il Donzelli era a conoscenza dei suoi precedenti. Contesta la valutazione data dalla corte
alla conversazione intercettata in data 3 giugno 2006. Sul piano dell’elemento oggettivo
ritiene che la corte di merito sia incorsa in un palese travisamento della prova. Sostiene
che il Donzelli si sentì libero di non accettare la seconda proposta dell’imputato senza
temere alcuna ritorsione ed evidenzia come la corte di merito con riguardo al requisito
del danno si è limitata a richiamare la sentenza di primo grado senza fornire specifica
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nell’ambito dello stesso gruppo delinquenziale. Sostiene che proprio le circostanze

risposta ai rilievi avanzati nei motivi d’appello, considerato anche che gli assegni
postdatati sono stati impiegati dalle persone offese per pagare i debiti personali.
Evidenzia che mancano gli elementi costitutivi del reato : minaccia, ingiusto profitto e
danno.
3. Violazione di legge e vizio della motivazione con riguardo alla mancata concessione
delle attenuanti di cui all’articolo 62 numero sei codice penale considerato che
l’istruttoria dibattimentale ha offerto la prova dell’avvenuto pagamento di tutti gli
elementi che portano il ricorrente a ritenere che il danno è stato integralmente riparato
prima del giudizio, ovvero nel momento in cui gli assegni sono stati onorati,
4. Violazione di legge con riguardo alla ritenuta aggravante del numero delle persone
5. violazione di legge con riguardo all’aggravante di cui all’articolo 7 legge 575/65 non
contestata all’imputato nel decreto che dispone il giudizio
6. violazione di legge e vizio della motivazione con riguardo al mancato riconoscimento del
vincolo della continuazione con il delitto di cui all’articolo 416 bis per quale è
intervenuta sentenza di condanna numero 6999 del 27/11/1999 procedimento
cosiddetto “Piazza Pulita”;
7. violazione di legge vizio della motivazione con riguardo al diniego delle circostanze
attenuanti generiche e con riguardo alla entità della pena
Mercurio Angelo deduce che la sentenza impugnata è incorsa in violazione di legge e vizio
della motivazione in ordine alla valutazione degli elementi probatori e alla determinazione della
pena.
Fede Salvatore deduce che la sentenza impugnata è incorsa in
1. violazione di legge vizio della motivazione in relazione agli articoli 192 codice di
procedura penale 629 codice penale. Evidenzia che degli episodi contestati, raggruppati
nel capo D) dell’imputazione, la sentenza impugnata ha limitato l’affermazione della sua
responsabilità alla sola dazione di euro 5000,00. Sostiene che con riguardo a tale
episodio non sussiste l’elemento della minaccia. Contesta sul punto le argomentazioni
fornite dalla corte di merito evidenziando come i giudici di secondo grado non abbiano
tenuto in alcun conto il contenuto della intercettazione ambientale del 20 novembre
2007. Contesta la sussistenza dell’aggravante d del numero delle persone evidenziando
che in una sola occasione si presentò dal Donzelli accompagnato dal Ventura .
2. Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione all’articolo 597 commi 3 e 4
codice procedura penale. Sostiene che l’aumento della pena base stabilita per il capo D)
da anni 6 di reclusione ed euro 3000,00 di multa, pena fissata dal giudice di primo
grado, in anni 8 di reclusione ed euro 1500,00 di multa, quanto alla pena detentiva
costituisce violazione del divieto di reformatio in peius.
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assegni postdatati che erano stati immediatamente negoziati da parte del Donzelli ,

Ventura Filippo deduce che la sentenza impugnata è incorsa in :

1. erronea applicazione degli articoli 629, 628 numero uno codice penale in ordine al ruolo
da lui ha avuto nell’estorsione ai danni della ditta Donzelli ed erroneo mancato
riconoscimento dell’attenuante dl cui all’articolo 62 numero sei codice penale nonché
mancanza e manifesta illogicità della motivazione. Contesta la valutazione delle prove
operate dalla corte territoriale In ordine al suo apporto causale sottolineando l’assenza
di qualsivoglia comportamento attivo, nonché il fatto che la vittima non lo conosceva in
sussistenza della minaccia, del danno e lamenta il mancato riconoscimento
dell’attenuante di cui all’articolo 62 numero sei codice penale, sottolineando come gli
assegni siano stati tutti pagati.
2. Violazione di legge e vizio della motivazione con riguardo alla sussistenza del reato
associativo e al ruolo di capo a lui attribuite. Sostiene che la sentenza è contraddittoria
con riguardo alla sussistenza dell’associazione considerato che vi è un contesto
motivazionale nel quale non è possibile rinvenire alcun riferimento ad un concreto
programma operativo o all’adozione di una particolare metodologia operativa di modo
da poter ricondurre le ipotesi di estorsione contestate ad una progettualità comune che
sia espressione dell’esistenza di un sodalizio criminale. Viene altresì contestato il
riconosciuto ruolo apicale dell’imputato all’interno del gruppo. Sostiene che il ruolo di
leader promana da una sorta di atto di fede contenuto nella sentenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Osserva il Collegio che devono essere accolti solo i motivi sub 5 del ricorso Cannizzo e il motivo
sub 2 del ricorso Fede.
L’aggravante di cui all’art. 7 L. n. 575/65 non è infatti stata contestata al ricorrente con la
conseguenza che la sentenza con riguardo al CannIzzo deve essere annullata limitatamente al
riconoscimento di detta aggravante che deve essere eliminata . Così come per Fede Salvatore
la sentenza deve essere annullata con riguardo al trattamento sanzionatorio. La pena base per
il reato sub D) è stata fissata in violazione dell’art. 597 c.p.p, con riguardo alla pena detentiva,
considerato che in primo grado la pena base per l’estorsione Donzelli, ritenuta più grave, era
stata fissata in anni 6 di reclusione mentre in appello la pena base è stata fissata in anni 8 di
reclusione.
Nessuno degli altri motivi di ricorso può invece trovare accoglImento.
I motivi sub 2 e 3 del ricorso Busacca sono inammissibili ai sensi dell’art. 606 c. 3 C.P.P. posto
che le violazioni denunziate In questa sede di legittimità non sono state dedotte innanzi alla
Corte di Appello avverso la cui sentenza è ricorso e sono quindi questioni nuove.
Questa Corte (Cass. Sez. 4^, 18/05/1994 – 13/07/1994, n. 7985) ha infatti affermato che
sussiste violazione del divieto di “novum” nel giudizio di legittimità quando siano per la prima
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alcun modo. Contesta la motivazione della corte catanese anche con riguardo alla

volta prospettate in detta sede questioni, come quella In esame, coinvolgenti valutazioni in
fatto, mai prima sollevate.
Analoga considerazione deve essere fatta con riguardo alla richiesta di applicazione
dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. avanzata da Ventura e Cannizzo in questa sede.
Per il resto le censure avanzate dai ricorrenti ricalcano prospettazioni che risultano già
sostanzialmente confutate con la sentenza impugnata. Molte delle doglianze potrebbero
ritenersi già per tale ragione generiche, perché non considerano le risposte date limitandosi a
riferimento alle intercettazioni, devono essere respinte le censure volte a contestare il
significato attribuito dai giudici alle conversazioni. Infatti, l’interpretazione del linguaggio
adoperato nelle conversazioni intercettate, anche quando sia criptico o cifrato, è questione di
fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito ( Cass n. 17619/2008 RV 239724 N. 3643
del 1997 Rv. 209620, N. 117 del 2006 Rv. 232626, N. 15396 del 2007 Rv. 239636) e si
sottrae al giudizio di legittimità se tale valutazione risulta logica in rapporto a massime di
esperienza. Nella specie, i giudici hanno offerto una ricostruzione del significato delle
conversazioni oggetto di intercettazione – in alcuni casi particolarmente esplicite – del tutto
coerente. Ne consegue che le critiche mosse al senso e al significato dato ai colloqui registrati
devono ritenersi del tutto infondate. Così come questione in fatto, inammissibile in questa
sede, è la generica contestazione sollevata dal Busacca con riguardo alla valutazione operata
dai giudici d’appello In ordine alle dichiarazioni di Doilo Giuseppe che offrono una conferma di
quanto era già emerso dalle numerose conversazioni telefoniche richiamate (cfr. p. 101
sentenza Impugnata). Deve aggiungersi che questa, del sindacato di legittimità, non è la sede
dove possa essere rimesso in discussione l’apprezzamento fattuale, riservato ai giudici del
merito, sulle circostanze caratterizzanti la credibilità soggettiva e l’intrinseca affidabilità del
racconto del collaboratore. Compito della Corte di cassazione verificare se sia stata fatta, o
non, corretta applicazione del criterio stabilito dall’art. 192 co 3 c.p.p. ai fini della valutazione
dell’effettiva consistenza probatoria delle chiamate in reità. Valutazione che nel caso di specie
risulta ampiamente effettuata. Deve altresì rilevarsi che, al di là delle valutazioni giuridiche
ritenute in sentenza, l’aggravante del numero di persone è stata ritenuta con riguardo ai
ricorrenti Fede e Cannizzo che ne avevano chiesto l’esclusione con i motivi d’appello, sul
presupposto che alla richiesta estorsiva parteciparono contemporaneamente due persone ( cfr.
pag. 115 sentenza impugnata). Così come con motivazione logica, coerente e giuridicamente
corretta e , come tale incensurabile in questa sede, è stata esclusa la richiesta di continuazione
con pena irrogata in altro procedimento conclusosi con sentenza definitiva.
Così come con riguardo ai gravissimi precedenti penali è stato confermato il diniego delle
circostanze attenuanti generiche a Cannizzo . Le doglianze in punto pena avanzate da Cannizzo
e Di Mercurio sono generiche perché si limitano a contestare l’eccessività della pena senza
considerare che il giudice ha indicato in sentenza tutti gli elementi ritenuti rilevanti o
determinanti nell’ambito della complessiva applicazione dl tutti i criteri di cui all’art. 133 c.p.
5

riproporle. Deve comunque ribadirsi richiamando la giurisprudenza di questa Corte che, con

Le uniche deduzioni che potrebbero essere riferite ad aspetti di diritto sono quelle che, più o
meno esplicitamente, presuppongono la non configurabilità del delitto di estorsione in
operazioni di “cambio” (monetizzazione) di assegni. Ma la tesi secondo cui non ricorrerebbe in
dette ipotesi l’ingiustizia del profitto con altrui danno appare infondata solo che si ponga mente
all’opinione consolidata secondo cui detto elemento è implicito nel fatto stesso che il
contraente-vittima sia costretto al rapporto economico in violazione della propria autonomia
negoziale, e privato pertanto del diritto di perseguire i propri interessi economici nel modo e
Russo, e ivi citate). Va comunque ribadito che la monetizzazione di assegni , come indicato
dalla Corte territoriale, non può certamente ritenersi operazione economicamente neutra, tanto
più in situazioni quali quelle in esame, nelle quali la richiesta del “cambio” al di fuori dei circuiti
ufficiali bancari presuppone che i titoli non siano immediatamente presentabili all’incasso e
onorabili. Sicché lo sconto imposto, ingiustamente addossa al monetizzatore anche un “costo”
che corrisponde al valore nel tempo del denaro e/o al rischio di mancanza di provvista.
Sez. 1, Sentenza n. 18722 del 31/03/2010 Ud. (dep. 18/05/2010) Rv. 247450 N. 10463 del
2001 Rv. 218433, N. 46058 del 2008 Rv. 241924
È pacifico che l’estorsione patrimoniale si realizza quando – come nella specie – al soggetto
passivo sia imposto di porsi in rapporto negoziale di natura patrimoniale con l’agente o con
altri soggetti. In tale evenienza, contrariamente agli assunti difensivi, l’elemento dell’ingiusto
profitto, con altrui danno, è implicito nel fatto stesso che il contraente-vittima venga indotto e
costretto al rapporto, in violazione alle scelte naturali, espressione della sua intangibile
autonomia negoziale, nella misura in cui gli è di fatto impedito di perseguire i propri interessi
economici, nel modo e nelle forme da essa vittima ritenute più confacenti ed opportune (Cass.
Penale sez. 6^, 10463/2001 Rv. 218433, Brancaccio).
In sintesi tutti i motivi di ricorso, con la sola esclusione di quelli per cui vi è una pronuncia di
annullamento, prospettano una scansione ed una lettura degli eventi contraria a quella ritenuta
dalla Corte territoriale e le considerazioni proposte tendono ad offrire una propria ricostruzione
dei fatti con riguardo al ritenuto reato associativo e alle estorsioni, deducendo, in sostanza, vizi
rapportabili alla motivazione del provvedimento impugnato, il quale si presenta invece privo
degli accampati vizi logico giuridici nella struttura argomentativa della decisione impugnata. è
infatti noto che la mancanza o manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo
del provvedimento stesso e l’indagine di legittimità è necessariamente circoscritta a riscontrare
l’esistenza di un logico apparato argomentativo svolto dal giudice di merito. Esula, infatti, dai
poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto già vagliati e posti
a fondamento della decisione impugnata, non potendo integrare il vizio di legittimità soltanto
una diversa ricostruzione delle risultanze processuali, magari prospettata in maniera più utile
per il ricorrente (Cass. Penale sez. 2^, 15077/2007, Toffolo).

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nelle forme ritenute più confacenti ed opportune (da ultimo Sez. 6, n. 46058 del 14/11/2008,

I ricorsi di Busacca Giovanni, Di Mercurio Angelo, e Ventura Filippo devono pertanto essere
dichiarati inammissibili e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese
processuali e ciascuno della somma dl C 1000,00 da versare alla Cassa delle Ammende.
La sentenza impugnata deve invece essere annullata nel confronti di Cannizzo Paolo
limitatamente all’aggravante di cui all’art. 7 L. n. 575/65 contestata per il capo D), aggravante
ch elimina e nei confronti di Fede Salvatore quanto al trattamento sanzionatorio con rinvio ad
altra Sezione della Corte di Assise d’Appello di Catania per nuovo giudizio su detti punti, con
Busacca Giovanni, Cannizzo Paolo, Fede Salvatore e Ventura Filippo devono essere condannati
Tr
in solido, alla rifusione , in favore della parte civile Comune diji, delle spese del grado che
liquida in C 1.400,00 oltre accessori di legge

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Cannizzo Paolo limitatamente all’aggravante di
cui all’art. 7 L. n. 575/65 contestata per 11 capo D), aggravante che elimina e nei confronti di
Fede Salvatore quanto al trattamento sanzionatorio con rinvio ad altra Sezione della Corte di
Assise d’Appello di Catania per nuovo giudizio su detti punti, rigetta nel resto i ricorsi.
Dichiara Inammissibili i ricorsi di Busacca Giovanni, Di Mercurio Angelo e Ventura Filippo che
condanna al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di C 1000,00 da
versare alla Cassa delle Ammende. Condanna Busacca Giovanni, Cannizzo Paolo, Fede
Salvatore e Ventura Filippo in solido, alla rifusione , in favore della parte civile Comune di
tyro,
I
delle spese del grado che liquida in C 1.400,00 oltre accessori di legge
Così deliberato in Roma 1’11.4.2013
Il Consigliere estensore
Giov nna VERGA

rigetto nel resto.

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