Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29919 del 17/06/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29919 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: ZOSO LIANA MARIA TERESA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
REGAZZONI CARLO N. IL 21/04/1956
avverso l’ordinanza n. 4/2015 TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA, del
02/02/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA
ZOSO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Uditei ifensoreAvv.;e’rcoug_e_,Ct.43-1

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Data Udienza: 17/06/2015

RITENUTO IN FATTO

1.11 tribunale di Bologna, decidendo sull’istanza di riesame proposta nell’interesse di Regazzoni
Carlo, confermava l’ordinanza di sequestro conservativo emessa dal giudice dell’udienza
preliminare presso il tribunale di Bologna in data 22 dicembre 2014 ed avente ad oggetto beni
mobili e/o immobili fino all’ammontare di euro 12 milioni. Rilevava il tribunale che, all’esito
dell’udienza preliminare, in data 24 novembre 2014 era stato disposto il rinvio a giudizio

aggravati e 6 lesioni personali gravi, eventi subìti da lavoratori dipendenti della società
Casaralta S.p.A., del cui consiglio di amministrazione Reagazzoni Carlo era componente con
decorrenza dal 1977. Secondo l’accusa il Regazzoni, nella sua qualità, aveva adibito i lavoratori
a mansioni che comportavano la lavorazione dell’amianto senza aver adottato sistemi di
protezione collettivi ed individuali contro le polveri e senza aver dato informazioni ai lavoratori
in ordine ai rischi per la loro salute in relazione alle attività comportanti l’utilizzo dell’amianto.
La Guardia di Finanza, con nota del 22 luglio 2014, aveva segnalato l’avvenuta sospensione
per il termine di cinque giorni, ai sensi dell’articolo 6, comma 7 lett. c, decreto legislativo
231/07, di operazione sospetta attribuita a Regazzoni Carlo, consistente nella disposizione di
bonifico bancario per l’importo di euro 10.040.000 e nel trasferimento di titoli per l’importo di
euro 6.280.000 da accreditare presso un istituto di credito svizzero. Avuta notizia di tale
operazione, i difensori delle parti civili formulavano istanza di sequestro conservativo fino alla
somma di euro 16.300.000. Il giudice dell’udienza preliminare presso il tribunale di Bologna,
con l’ordinanza del 22 dicembre 2014, accoglieva l’istanza di sequestro conservativo di beni
mobili e/o immobili fino al valore di euro 12 milioni osservando che il patrimonio del debitore
era inadeguato in rapporto all’entità del credito, dato il consistente numero delle parti civili
costituite, mentre il reddito medio annuo denunciato da Regazzoni Carlo era di poco superiore
a € 10.000,00 ed era ragionevole presumere un depauperamento del patrimonio dell’imputato
che stava trasferendo all’estero l’importo complessivo di più di 16 milioni di euro. Infine la
somma, il cui pagamento la misura cautelare era destinata a garantire, poteva considerarsi
pari ad euro 300.000,00 per ciascuna delle 40 parti civili.
Il tribunale del riesame osservava che, essendo intervenuto il decreto che disponeva il rinvio a
giudizio del soggetto attinto dal vincolo reale, non era proponibile in sede di riesame la
questione relativa alla sussistenza del fumus commissi delicti. Quanto al periculum in mora,
sussistevano i presupposti di cui all’articolo 316 cod. proc. pen. consistenti nella mancanza
delle garanzie per soddisfare le parti civili, intesa come insufficienza o inadeguatezza del
patrimonio del debitore, e nella dispersione delle stesse; e sussisteva la condizione necessaria
e sufficiente per l’adozione del sequestro conservativo, dato il fondato motivo che mancassero
le garanzie del credito in considerazione dell’insufficienza del patrimonio, tenuto conto che
l’art. 316, comma 2, cod. proc. pen. prevedeva l’inadeguata consistenza del patrimonio ed il
depauperamento del patrimonio del debitore con formula disgiuntiva sicché il pericum in mora
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dell’imputato per rispondere, in concorso con altri, della causazione di 37 omicidi colposi

poteva essere integrato autonomamente da uno dei due presupposti considerati. Peraltro il
patrimonio del debitore appariva insufficiente, dato che mancava la stima degli immobili di sua
proprietà e che il patrimonio mobiliare, dopo il trasferimento all’estero del residuo, ammontava
a 4 milioni e mezzo di euro. Osservava, poi, il tribunale che l’importo del sequestro indicato in
euro 12 milioni appariva del tutto congruo, per difetto, a corrispondere all’ammontare del
danno risarcibile, pur tenendo conto che il risarcimento avrebbe dovuto essere corrisposto in
relazione a 20 soggetti danneggiati e non già 40, come indicato dal GUP. Invero si doveva

della relazione parentale oltre che del danno biologico trasmissibile iure successionis e del
danno patrimoniale.
2. Avverso l’ordinanza del tribunale proponeva ricorso per cassazione Ragazzoni Carlo, a
mezzo dei suoi difensori, svolgendo due motivi di doglianza.
2.1. Con il primo motivo deduceva violazione di legge per inosservanza ed erronea
applicazione dell’articolo 316 cod. proc. pen.. Sosteneva il ricorrente che, pur avendo le sezioni
unite della corte di cassazione, con sentenza 25 settembre 2014 numero 51660 , affermato il
principio secondo cui i presupposti richiesti dall’articolo 316 cod. proc. pen. per procedere al
sequestro conservativo possono essere alternativamente l’inadeguata consistenza o il pericolo
di dispersione del patrimonio del debitore, essendo ciascuno di tali presupposti di per sè
sufficiente a legittimare la misura, tuttavia tale interpretazione della norma snaturerebbe la
ratio del sequestro conservativo perché la mera incapienza patrimoniale del debitore rispetto
all’entità del credito preteso dalle parti civili costituirebbe una situazione oggettiva ed
immutabile che prescinderebbe dalla volontà e dall’agire dell’imputato sicché, ove mancasse un
concreto pericolo di dispersione, non potrebbe concretizzarsi la necessità di sottrarre beni alla
libera disponibilità del prevenuto. Dunque la semplice insufficienza del patrimonio del debitore
non poteva legittimare l’apprensione coattiva dei suoi beni, trattandosi di una condizione
preesistente. Nel caso che occupa il sequestro dell’intero patrimonio del debitore in virtù della
sua inadeguatezza rispetto ai danni lamentati dalle parti civili provocherebbe un eccessivo e
ingiustificato sacrificio dei diritti del primo per soddisfare potenziali, future e non ancora
dimostrate pretese. Diversamente opinando si porrebbe un problema di costituzionalità della
norma per disparità di trattamento, posto che soggetti parimenti imputati ma titolari di
ricchezze differenti verrebbero ad essere giudicati in maniera diversa pur a fronte delle
medesime pretese risarcitorie avanzate dalla parte civile.
2.2. Con il secondo motivo deduceva violazione di legge per inosservanza ed erronea
applicazione delle norme in materia di competenza funzionale del tribunale del riesame e per
inosservanza del generale divieto di reformatio in peius. Sosteneva il ricorrente che il giudice
dell’udienza preliminare aveva disposto il vincolo del sequestro sulla somma di euro 12 milioni
sul presupposto che le parti civili fossero circa 40 e che per ognuna di esse il risarcimento
dovesse essere di circa C 300.000,00. Il tribunale del riesame aveva condiviso la doglianza
difensiva circa il diverso numero delle parti civili, circa 20, ma aveva mantenuto il vincolo sulla
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tener conto, per ciascuna delle parti civili, delle voci di danno da perdita della vita e da perdita

somma di euro 12 milioni ritenendo che per ognuna delle parti civili dovesse prevedersi un
risarcimento maggiore; ciò facendo aveva, di fatto, disposto un nuovo sequestro conservativo
celato sotto la falsa veste di conferma dell’ordinanza genetica. Neppure poteva ritenersi che la
decisione si giustificasse in considerazione del potere, riconosciuto dalle norme di cui agli artt.
309 e 324 cod. proc. pen., di confermare il provvedimento impugnato per ragioni diverse da
quelle indicate nella motivazione del provvedimento, dato che ciò avrebbe significato attribuire
al tribunale del riesame la facoltà di disporre ex officio il sequestro conservativo di somme

tribunale del riesame avrebbe potuto aumentare l’importo indicato nelle singole ordinanze
genetiche che prevedevano la garanzia per ciascuna parte civile in euro 300.000,00.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.0sserva la corte che il primo motivo di ricorso è infondato. Invero, perché possa disporsi il
sequestro conservativo è necessario che vi sia il periculum in mora che consiste nel fondato
timore che possano essere sottratti i beni che debbono garantire il credito. Occorre dunque che
sussistano elementi concreti e specifici riguardo alla probabile entità del credito, alla natura e
al valore dei beni da sequestrare, alla situazione patrimoniale del debitore ed al rischio di
dispersione dei beni. Le garanzie mancano quando sussista la certezza, allo stato, dell’attuale
inettitudine del patrimonio del debitore a far fronte interamente all’obbligazione nel suo
ammontare presumibilmente accertato; si disperdono quando l’atteggiamento assunto dal
debitore è tale da far desumere l’eventualità di un depauperamento di un patrimonio
attualmente sufficiente ad assicurare la garanzia a causa di un comportamento del debitore
idoneo a non adempiere l’obbligazione. I due eventi, come chiaramente espresso dall’art. 316,
con la formula disgiuntiva rilevano (o possono rilevare) autonomamente. Nel caso che occupa
il tribunale ha dato adeguata motivazione in ordine al fatto che il patrimonio del debitore, dopo
il trasferimento dei beni all’estero, non avrebbe avuto adeguata consistenza per il
soddisfacimento dei creditori, tenuto conto che non era dato conoscere il valore dei beni
immobili del Ragazzoni, che il reddito annuo del medesimo era di circa C 10.000,00 e che la
liquidità residua dopo il trasferimento all’estero della somma oggetto del sequestro era pari a
circa 4 milioni e mezzo di euro. Ciò posto, mette conto considerare che, come precisato dalla
corte di legittimità ( Sez. U, n. 51660 del 25/09/2014, Zambito, Rv. 261118 ) con decisione
criticata dal ricorrente, è presente il periculum in mora non solo quando si disperdano ma
anche quando manchino le garanzie delle obbligazioni nascenti da reato sicché per l’adozione
del sequestro conservativo è sufficiente che vi sia il fondato motivo per ritenere che manchino
le garanzie del credito, ossia che il patrimonio del debitore sia attualmente insufficiente per
l’adempimento delle obbligazioni di cui all’art. 316, commi 1 e 2, cod. proc. pen., non
occorrendo invece che sia simultaneamente configurabile un futuro depauperamento del
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ulteriori e diverse da quelle indicate dal primo giudice. E si doveva considerare che mai il

debitore. Orbene, nel caso che occupa sussistono entrambi i presupposti indicati dalla corte
suprema in via alternativa per l’ottenimento del sequestro conservativo, posto che con il
trasferimento all’estero dei capitali, operazione evitata con il sequestro adottato, si sarebbe
realizzato il depauperamento del patrimonio che, per l’effetto, sarebbe divenuto incapiente a
fronte delle richieste risarcitorie delle parti civili. Appare irrilevante, oltre che manifestamente
infondata, poi, la questione di costituzionalità della norma di cui all’art. 316 cod. proc. pen.
nell’interpretazione che di essa ha dato la corte suprema a sezioni unite con la citata sentenza,

debitore che agisce al fine di sottrarre i suoi beni alla garanzia patrimoniale, essendo
ravvisabile il periculum in mora sia in elementi oggettivi concernenti la capacità patrimoniale
del debitore in rapporto all’entità del credito sia in elementi soggettivi, rappresentati dal
comportamento del debitore.
2. Il secondo motivo di ricorso è parimenti infondato. Invero può affermarsi l’illegittimità
dell’ordinanza con cui il tribunale, in sede di riesame del sequestro preventivo disposto su
conforme richiesta del pubblico ministero, confermi la misura cautelare reale per finalità del
tutto diverse, perché in tal modo verrebbe ad adottare un diverso provvedimento
di sequestro in pregiudizio del diritto al contraddittorio dell’interessato ( Sez. 6, n. 30109 del
12/07/2012, Minuzzo, Rv. 252998 ). Nel caso di specie, invece, non si ravvisano elementi di
illegittimità nel provvedimento impugnato, posto che il tribunale ha integrato la motivazione
del provvedimento del GUP ritenendo che l’ammontare del risarcimento presumibilmente
dovuto a ciascuna delle parti civili fosse maggiore rispetto a quello stimato dal primo giudice,
con ciò fornendo un argomento ulteriore a sostegno della adottata misura. Neppure è
ravvisabile violazione del generale divieto di reformatio in peius, tenuto conto che l’ammontare
della somma oggetto del sequestro conservativo è rimasto immutato, come pure la finalità cui
esso era preordinato.
Il ricorso va, dunque, rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P. Q. M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17 giugno 2015.

in considerazione del fatto che sono posti sullo stesso piano sia il debitore incapiente che il

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