Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29918 del 17/06/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29918 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: ZOSO LIANA MARIA TERESA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI PERUGIA
nei confronti di:
AFFATATO GIUSEPPE N. IL 05/02/1956
inoltre:
AFFATATO GIUSEPPE N. IL 05/02/1956
avverso l’ordinanza n. 48/2015 TRIB. LIBERTA’ di PERUGIA, del
10/02/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA
ZOSO;
kihtte/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 17/06/2015

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RITENUTO IN FATTO

1.11 gip presso il tribunale di Perugia, con ordinanza del 3 gennaio 2015, applicava a Giuseppe
Affatato e ad altri indagati la misura cautelare della custodia in carcere in relazione a vari
delitti di cui agli articoli 73, comma primo, del d.p.r. 309/90 ed al reato di cui all’articolo 74
d.p.r. 309/90. Proposta istanza di riesame avverso l’ordinanza applicativa della misura, il
tribunale di Perugia, con ordinanza del 10 febbraio 2015, accoglieva parzialmente l’istanza

l’applicazione della misura in relazione ad alcuni reati di detenzione e spaccio di sostanze
stupefacenti ed al reato associativo di cui all’articolo 74 d.p.r. 309/90 mentre confermava
l’ordinanza impugnata emessa nei confronti del medesimo imputato relativamente ad un
episodio di detenzione e cessione di cocaina, qualificato come reato di cui all’art. 73 d.p.r.
309/90, verificatosi in Perugia nel periodo agosto-settembre del 2013.
Osservava il tribunale che gli elementi a carico di Affatato Giuseppe erano evincibili dalle
dichiarazioni rese da Marca Luciana in data 8 settembre 2014 da cui si deduceva che
nell’agosto-settembre 2013 l’Affatato aveva portato a Perugia dalla Calabria un quantitativo di
cocaina confezionata in panetti e l’aveva consegnata ai cugini Antonio e Gregorio Procopio che
ne avevano confezionato varie palline e le avevano poi consegnate ad altri spacciatori.
Sosteneva la Marca di aver assistito a litigi tra Affatato ed i cugini Procopio poiché il primo
sosteneva che lui correva più rischi dei correi in quanto trasportava personalmente la cocaina
dalla Calabria ed era, dunque, giusto che guadagnasse di più. La Marca aveva riferito che in
seguito l’Affatato non era più tornato a Perugia ma la cocaina aveva continuato a viaggiare
dentro trolley presenti a bordo di pullman di linea provenienti dalla Calabria. All’arrivo a
Perugia della droga, Gregorio Procopio ed altri recuperavano lo stupefacente che veniva
successivamente diviso e consegnato agli spacciatori. La Marca, nel descrivere il primo arrivo
del carico di cocaina a Perugia non portato direttamente da Affatato, aveva riferito che
Gregorio Procopio l’aveva rilevata e poi consegnata ad altri spacciatori e che lei, in quella
occasione, aveva nascosto sotto gli abiti la cocaina per poi consegnarla agli spacciatori. Aveva
poi riferito di altre successive spedizioni di cocaina dalla Calabria nelle quali, tuttavia, ella non
aveva assunto un ruolo attivo.
Osservava il tribunale che, dal momento in cui Luciana Marca aveva dichiarato di aver aiutato
Antonio Procopio a trasportare la droga occultandola negli abiti, erano emersi elementi indiziari
ed, a tal punto, sarebbe stato necessario interrompere l’esame ai sensi dell’articolo 63, comma
1, cod. proc. pen.. Ne derivava che le dichiarazioni rese dalla Marca prima dell’emersione di
indizi di reità a suo carico non erano utilizzabili contra se ma lo erano contra alios e ciò
consentiva di configurare il reato di cui all’art. 73 d.p.r. 309/90 a carico dell’Affatato in
relazione al primo trasporto di cocaina effettuato nel periodo agosto-settembre 2013. Invero
dalla lettera dell’articolo 63 cod. proc. pen. si evinceva che le dichiarazioni precedentemente
rese da persona a carico della quale, nel corso dell’interrogatorio, emergevano indizi di reità /
1

proposta nell’interesse di Giuseppe Affatato ritenendo insussistenti i presupposti per

;

non potevano essere utilizzate contro la persona che le aveva rese mentre, solo nel caso in cui
il dichiarante avrebbe dovuto essere sentito sin dall’inizio in qualità di persona sottoposta ad
indagini, le sue dichiarazioni non avrebbero potuto essere utilizzate in alcun modo. Nel caso di
specie le dichiarazioni rese dalla Marca prima dell’emersione di indizi di reità a suo carico
potevano essere utilizzate e, dunque, si doveva ritenere sussistessero elementi a carico
dell’Affatato con riguardo al trasporto dei tre panetti di cocaina dalla Calabria a Perugia ed alla
cessione ai cugini Procopio. Per contro le dichiarazioni successive non potevano essere

tribunale del riesame. Ne derivava che rimanevano travolti gli elementi di prova acquisiti a
carico degli imputati astrattamente idonei a configurare il delitto di associazione per delinquere
finalizzata al traffico di cocaina ai sensi dell’articolo 74 d.p.r. 309/90. E neppure erano
rinvenibili ulteriori acquisizioni probatorie in ordine alla posizione del ricorrente atti a costituire
gravi indizi di colpevolezza in ordine agli altri reati ascritti. Quanto alla attendibilità della Marta,
essa era evincibile dal fatto che aveva instaurato un rapporto di complicità personale con
Procopio Antonio tanto da diventarne l’amante e frequentare lo stesso ambiente criminale di
origine calabrese esistente a Perugia ed era, dunque, verosimile che avesse potuto conoscere i
fatti delittuosi in esame. Inoltre ella aveva rivelato circostanze relative ad altre vicende
criminali riguardanti i Procopio ed altri indagati che erano state ritenute attendibili in altro
procedimento. Ne derivava che sulla credibile dichiarazione della Marca poteva fondarsi un
giudizio di elevata attribuibilità dei delitti contestati a Giuseppe Affatato con riguardo al
trasporto ed alla cessione dei tre panetti di cocaina. Inoltre l’analisi del traffico telefonico
sull’utenza cellulare dell’indagato aveva rivelato che egli si trovava in Calabria fino al 6 agosto
2013, era giunto a Perugia il 7 agosto 2013, si era recato ad Empoli nei giorni dell’8 e 9
agosto, era ritornato a Perugia subito dopo ed era ripartito definitivamente il giorno 12 agosto;
ciò costituiva riscontro di quanto riferito da Luciana Marca, ovvero che il primo trasporto di
cocaina effettuato dall’ Affatato era avvenuto nell’agosto 2013, unitamente al fatto che era
emerso che in detto periodo di tempo l’Affatato stesso aveva conversato telefonicamente con i
cugini Procopio. Quanto alle esigenze cautelari, sussisteva il concreto ed elevato pericolo di
reiterazione di altri gravi delitti riguardanti gli stupefacenti, data l’elevata capacità
delinquenziale dell’indagato, che era persona stabilmente impegnata in Perugia nell’attività di
gestione di un traffico di droga trasportata dalla Calabria. Inoltre l’ Affatato era stato più volte
condannato per vari reati e nel 2011 gli era stata irrogata la pena di sei mesi di reclusione in
relazione al delitto di illegale acquisto, detenzione e vendita di sostanza stupefacente; infine al
momento della commissione del delitto egli stava espiando la pena definitiva, era stato affidato
in prova ai servizi sociali ed era stato autorizzato, un mese prima degli accadimenti, dal
tribunale di sorveglianza di Perugia a trasferire il proprio domicilio a Cirò Marina ma ciò non
aveva costituito ostacolo alla commissione di ulteriori reati di talché ciò rivelava la sua
personalità irriducibilmente incline al crimine. Dunque la custodia cautelare in carcere si
appalesava essere unica misura idonea ed adeguata a soddisfare le rilevanti esigenze cautelari
2

utilizzate e dovevano essere estromesse dal compendio indiziario posto a disposizione del

poiché l’applicazione della misura degli arresti domiciliari o di altra misura meno afflittiva non
avrebbe scoraggiato l’indagato dal reiterare l’attività di illegale detenzione, trasporto e spaccio
di droga.
2.

Avverso l’ordinanza del tribunale del riesame proponevano ricorso per cassazione il

procuratore della Repubblica presso il tribunale di Perugia e l’indagato Affatato Giuseppe a
mezzo del suo difensore.
3. Il procuratore della Repubblica svolgeva due motivi.

pen. in quanto il tribunale avrebbe dovuto interpretare la norma nel senso che nel caso in cui,
nel corso della verbalizzazione, fossero emersi elementi di reità a carico del dichiarante, da
quel momento non avrebbero più potuto essere utilizzate solamente le dichiarazioni rese
contra se mentre sarebbero rimaste pienamente utilizzabili quelle rese contra alios. La norma
prevedeva, invero, che, solo nel caso in cui le dichiarazioni fossero rese da colui che fin
dall’inizio avrebbe dovuto avere le prescritte garanzie difensive, esse non sarebbero state
utilizzabili in alcun modo mentre il tribunale, nel ritenere che le dichiarazioni rese dopo
l’emersione di elementi indizianti non potevano essere utilizzate nemmeno contra alios, aveva
creato un tertium genus non previsto.
3.2. Con il secondo motivo deduceva contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione
in quanto il tribunale aveva ritenuto che fossero emersi elementi di reità a carico della Marra
benché la stessa avesse dichiarato di aver nascosto la droga sotto gli indumenti per conto di
Procopio Antonio in quanto era minacciata dallo stesso, il quale in passato aveva organizzato
l’incendio dell’autovettura del di lei padre ed il lancio di bottiglie nel giardino del fratello, le
aveva preso i mobili da casa, i cani, i soldi ed aveva perfino minacciato il figlio Matteo sicché
ella si trovava in una condizione in cui non avrebbe potuto negare nulla ad Antonio Procopio.
Ne derivava che il tribunale avrebbe dovuto considerare che non erano emersi elementi di reità
a suo carico e da ciò sarebbe derivata l’utilizzabilità di tutte le dichiarazioni rese.
4. Il difensore di Affatato Giuseppe svolgeva, a sua volta, due motivi di ricorso, da ritenersi
all’evidenza riferibili esclusivamente alla contestazione di cui all’art. 73 d.p.r. 309/90, posto
che I”ordinanza cautelare emessa nei suoi confronti è stata annullata dal tribunale del riesame
in relazione all’addebito del reato associativo, statuizione quest’ultima oggetto del ricorso del
P.M. di cui si è appena detto.
4.1. Con il primo motivo sosteneva il ricorrente che le dichiarazioni di Marca Luciana erano
totalmente inutilizzabili in quanto la stessa avrebbe dovuto essere escussa con le garanzie
difensive fin dall’inizio della deposizione dato che aveva reso dichiarazioni auto indizianti ben
prima dell’8 settembre 2014 ed, in particolare, il 25 marzo 2014, avendo dichiarato in
quell’occasione di essersi recata per conto di Procopio Antonio a prendere dal complice
Mangialasche Diego alcune buste contenenti banconote false da 20 euro per controllare che lo
stesso avesse confezionato la cocaina secondo gli ordini impartiti dal Procopio. Dunque la
qualità di indagata era emersa già in tale circostanza e sin da quel momento si sarebbe dovuto
3

3.1. Con il primo motivo deduceva violazione di legge in relazione all’articolo 63 cod. proc.

proseguire con le garanzie di cui all’articolo 64 cod. proc. pen., con la conseguenza che tutte le
dichiarazioni successive erano viziate da inutilizzabilità assoluta e, quindi, anche quelle
riguardanti il ricorrente.
4.2. Con il secondo motivo deduceva violazione di legge in quanto il giudice aveva ritenuto
attendibili le dichiarazioni provenienti da Marca Luciana mentre sarebbero stati necessari
ulteriori elementi di prova che ne confermassero l’attendibilità. Ciò in quanto la chiamata in
correità poteva costituire prova della responsabilità penale esclusivamente nel caso in cui

perché precise, coerenti e corredate di elementi di riscontro oggettivi ed individualizzati. Il
tribunale della libertà non aveva ricercato la sussistenza di riscontri obiettivi alle dichiarazioni
della Marca e l’attendibilità della stessa era stata desunta dal solo fatto che, nell’ambito di altro
procedimento, era stata ritenuta attendibile mentre ciò non poteva rilevare perché
l’attendibilità ritenuta in un procedimento non poteva far ritenere automaticamente
l’attendibilità anche in relazione a un diverso procedimento, valendo il principio della
frazionabilítà dell’attendibilità del dichiarante. Inoltre il tribunale avrebbe dovuto considerare
elementi che minavano profondamente l’attendibilità intrinseca di Marca Luciana quali le
contraddizioni in cui era incorsa e la genericità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.0sserva la corte che il primo motivo di ricorso svolto dal procuratore della Repubblica di
Perugia è infondato.
Invero è stato ritenuto che la correlazione tra le previsioni dell’ultimo inciso del comma 1 e
quella del comma 2 dell’art. 63 c.p.p., recanti le comminatorie di inutilizzabilità,
rispettivamente, relativa (nei confronti del solo dichiarante) e assoluta (erga omnes), e la ratio
delle suddette disposizioni sanzionatorie (nel bilanciamento tra le contrapposte esigenze di non
dispersione e di recupero degli elementi di prova, da un canto, e di garanzia del diritto di difesa
e/o della genuinità della acquisizione probatoria, dall’altro) accreditano la interpretazione, in
via estensiva, dell’art. 63 c.p.p., comma 2, nel senso che, quando (come nella specie),
nonostante la confessione del testimone della propria compartecipazione nel reato oggetto del
giudizio, l’esame orale – anziché essere interrotto come prescrive l’art. 63 c.p.p., comma 1, prosegua, le dichiarazioni rese dal teste a carico dell’imputato (o di terzi) sono inutilizzabili

erga omnes. La limitazione della inutilizzabilità, prevista dal secondo inciso dell’art. 63 c.p.p.,
comma 1, trae giustificazione dalla assenza di elementi di reità a carico della fonte di prova,
nel momento in cui l’esame è iniziato, e dalla salvaguardia della immediata interruzione della
escussione. Tuttavia, in difetto della interruzione, non può trovare applicazione la correlata
previsione della limitazione della inutilizzabilità per il solo dichiarante in quanto il regime di
inutilizzabilità di cui all’art. 63, comma primo, si riferisce all’ipotesi “fisiologica” nella quale
vengono rispettate le norme di garanzia, mentre nel secondo comma il legislatore ha introdotto
4

provenisse da persona attendibile che avesse rilasciato dichiarazioni intrinsecamente attendibili

un deterrente contro ipotesi “patologiche”, in cui deliberatamente si ignorano i già preesistenti
indizi di reità a carico dell’escusso, con pericolo di dichiarazioni accusatorie, compiacenti o
negoziate, a carico di terzi. (Sez. 6, 11 aprile 1994, n. 6425, Curatola, massima n. 198521).
Dunque va affermato il principio che la sanzione della inutilizzabilità assoluta (espressamente
comminata quando la persona doveva essere sentita sin dall’inizio in qualità di imputato o di
indagato) si estende alle dichiarazioni che il testimone renda nel corso dell’esame
illegittimamente proseguito dopo la emersione di indizi di reità a carico della fonte di prova

prova dal pericolo di dichiarazioni accusatorie, compiacenti o negoziate a carico di terzi (Sez. 1,
n. 25834 del 04/05/2012, P.G. in proc. Massaro, Rv. 253019; Sez. 6, n. 6425 del 11/04/1994,
n. 6425, Curatola, Rv. 198521 ).
2. Il secondo motivo di ricorso svolto dal procuratore della Repubblica di Perugia è fondato nei
termini che si vanno ad esporre. Il ricorrente assume che a carico della Marca non sarebbe
ravvisabile reato alcuno poiché ella avrebbe nascosto la droga sotto i propri indumenti per
conto di Procopio Antonio solo in quanto obbligata dal medesimo, al quale era soggiogata a
seguito di minacce ricevute.
Giova in proposito rammentare che, secondo consolidato indirizzo della Suprema Corte, la
verifica della sussistenza della qualità di indagato (che rende inutilizzabili

erga omnes le

dichiarazioni rese dalla persona che fin dall’inizio avrebbe dovuto essere come tale sentita) va
condotta non secondo un criterio formale (esistenza della notitia criminis, iscrizione nel registro
degli indagati), ma secondo il criterio sostanziale della qualità oggettivamente attribuibile al
soggetto in base alla situazione effettiva e conoscibile al momento in cui le dichiarazioni sono
state rese (Sez. 6, n. 23776 del 22/04/2009 – dep. 09/06/2009, Pagano e altri, Rv. 244360;
Sez. U, n. 15208 del 25/02/2010, Mills, Rv. 246584); in tale prospettiva anche dell’operatività
di eventuali cause di giustificazione può e deve tenersi conto se siano di evidente ed immediata
applicazione senza sia necessaria la conduzione di particolari indagini o verifiche (Sez. 5, n.
747 del 28/09/2012, P.G. in proc. T. e altri, rv. 25459; Sez. 4, n. 22402 del 8.5.2015, Holter,
n.m. ). Nel caso che occupa la Marca, sentita a sommarie informazioni testimoniali il giorno
8.9.2014, ha sì ammesso di aver occultato i panetti di cocaina sotto gli indumenti ma ha
dichiarato, altresì, di averlo fatto su richiesta di Procopio Antonio al quale non era in grado di
opporre un rifiuto per lo stato di soggezione in cui si trovava, dovuto a precedenti minacce
ricevute e compiutamente descritte nei verbali. Il tribunale della libertà avrebbe dovuto,
quindi, considerare se fossero ravvisabili i requisiti della scriminante di cui all’art. 54 cod. pen.
e se lo fossero con i caratteri di evidenza ed immediata percepibilità che rileverebbero ai fini
del succitato principio. Per tale ragione si impone l’annullamento con rinvio dell’ordinanza
impugnata nella parte in cui ha escluso la sussistenza degli elementi del reato di cui all’art. 74
d.p.r. 309/90 in conseguenza della ritenuta inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalla Marca.
3. Il primo motivo di ricorso svolto dal difensore di Affatato Giuseppe è infondato. Invero il
ricorrente sostiene che fin dalla deposizione resa da Marca Luciana in data 25 marzo 2014
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ricorrendo la medesima ratio legis, volta a preservare la genuinità della acquisizione della

emergevano indizi di reità a suo carico giacché aveva dichiarato in quell’occasione di essersi
recata per conto di Procopio Antonio a prendere dal complice Mangialasche Diego alcune buste
contenenti banconote false da 20 euro per controllare che lo stesso avesse confezionato la
cocaina secondo gli ordini impartiti dal Procopio. Da ciò derivava, secondo il ricorrente, che
nella deposizione resa il giorno 8.9.2014 la Marca fin dall’inizio avrebbe dovuto essere sentita
in qualità di imputata e le sue dichiarazioni non potevano essere utilizzate.
Sennonché va considerato che l’inutilizzabilità assoluta delle dichiarazioni rese da chi doveva

nel corso della deposizione sussiste solo se al momento delle dichiarazioni il soggetto che le ha
rese non sia estraneo alle ipotesi accusatorie allora delineate, in quanto l’inutilizzabilità
richiede che a carico di detto soggetto risulti l’originaria esistenza di precisi, anche se non
gravi, indizi di reità, senza che tale condizione possa automaticamente farsi derivare dal solo
fatto che il dichiarante risulti essere stato in qualche modo coinvolto in vicende potenzialmente
suscettibili di dar luogo alla formulazione di addebiti penali a suo carico, occorrendo invece che
tali vicende, per come percepite dall’autorità inquirente, presentino connotazioni tali da non
poter formare oggetto di ulteriori indagini se non postulando necessariamente l’esistenza di
responsabilità penali a suo carico ( Sez. 5, n. 24953 del 15/05/2009, Costa e altri, Rv.
243891; Sez. 1, n. 4060 del 08/11/2007 – dep. 25/01/2008, Somrner e altri, Rv. 239195).
In applicazione di tale principio si deve ritenere che l’avere la Marca dichiarato di essere stata
testimone del confezionamento delle dosi di cocaina da parte di Mangialasche Diego per conto
di Procopio Antonio e di averlo riferito a quest’ultimo non evidenziava responsabilità alcuna
della stessa in relazione allo specifico reato di cui all’art. 73 d.p.r. 309/90 contestato
all’Affatato – fatto diverso e collocato in altro ambito temporale – consistito nell’aver egli
trasportato la cocaina dalla Calabria a Perugia nel periodo agosto-settembre 2013.
4. Il secondo motivo di ricorso svolto dal difensore di Affatato Giuseppe è parimenti infondato.
Va rilevato, invero, che costituisce principio più volte affermato dalla corte di legittimità quello
secondo cui, ai fini di una corretta valutazione della chiamata in correità, a mente del disposto
dell’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen., il giudice deve in primo luogo sciogliere il
problema della credibilità del dichiarante (confidente e accusatore) in relazione alla sua
personalità, alla vita anteatta, ai rapporti con l’accusato, alla genesi ed ai motivi della
chiamata; in secondo luogo deve verificare l’intrinseca consistenza e le caratteristiche delle
dichiarazioni del chiamante, alla luce di criteri come precisione, coerenza, costanza,
spontaneità; infine deve esaminare i riscontri cosiddetti esterni. Questo esame deve essere
compiuto seguendo l’indicato ordine logico perché non si può procedere a una valutazione
unitaria della chiamata in correità e degli altri elementi di prova che ne confermano
l’attendibilità se prima non si chiariscono gli eventuali dubbi che si addensino sulla chiamata in
sè, indipendentemente dagli elementi di verifica esterni ad essa. In presenza di tutti i suddetti
requisiti, la chiamata di correo ha valore di prova diretta contro l’accusato ( Sez. 2, n. 2350 del

essere sentito sin dall’inizio come indagato o imputato o da chi ha reso dichiarazioni indizianti

21/12/2004 – dep. 26/01/2005, Papalia ed altri, Rv. 230716; Sez. 2, n. 15756 del 12/12/2002
– dep. 03/04/2003, PG in proc. Contrada, Rv. 225565 ).
Nel caso che occupa il tribunale ha ritenuto la credibilità della teste sulla base dei suoi rapporti
con Procopio Antonio, del quale era diventata amante, e con gli altri imputati a lui collegati nel
traffico di stupefacenti; inoltre ha ravvisato la sussistenza dei riscontri individualizzanti del
fatto che nel mese di agosto 2013 l’Affatato aveva portato a Perugia la droga proveniente dalla
Calabria avendo dato conto della circostanza che dalle celle telefoniche era emerso che

periodo di tempo egli aveva conversato telefonicamente con i cugini Procopio.
Il motivo di ricorso è, poi, inammissibile nella parte in cui il ricorrente deduce le asserite
contraddizioni e genericità in cui sarebbe incorsa la teste, dato che si tratta di questione di
merito che è preclusa in questo giudizio e che attiene alla valutazione della credibilità della
teste.
Al rigetto del ricorso dell’Affatato segue la condanna dello stesso al pagamento delle spese
processuali.

P. Q. M.

In accoglimento del ricorso del PM del Tribunale di Perugia, annulla la impugnata ordinanza e
rinvia per nuovo esame, con integrale trasmissione degli atti, al Tribunale di Perugia ( sezione
per il riesame delle misure coercitive ).
Rigetta il ricorso dell’Affatato quanto alla contestazione del reato di cui all’art. 73 del d.p.r. n.
309/90 e condanna lo stesso al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore
dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’art. 94 c.
disp. att. c.p.p..
Così deciso il 17 giugno 2015.

1 ter

l’Affatato stesso era presente a Perugia nel mese di agosto 2013 ed, inoltre, che in detto

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