Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29916 del 10/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29916 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ALI SYED SHABS N. IL 15/08/1989
avverso la sentenza n. 5443/2013 TRIBUNALE di BRESCIA, del
21/01/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. 6’010(210( p 5c..0-1 d cclo
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Data Udienza: 10/06/2014

Ritenuto in fatto
1. Ali Syed Shahbaz ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
del Tribunale di Brescia in data 21.01.2014, con la quale, ai sensi dell’art. 444 cod.
proc. pen., è stata applicata la pena concordata dalle parti, in ordine al reato di cui
all’art. 73, d.P.R. n. 309/1990, per la detenzione di gr. 293,90 di sostanza
stupefacente di tipo hashish.
L’esponente non deduce alcun motivo di censura.
Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha chiesto che la

Suprema Corte annulli senza rinvio la sentenza impugnata, con trasmissione degli
atti al Tribunale per l’ulteriore corso. L’esponente ha considerato che sussistono i
presupposti per annullare la sentenza in oggetto, per effetto della sentenza della
Corte Costituzionale n. 32 del 2014, che ha determinato una favorevole modifica
del trattamento sanzionatorio.
Considerato in diritto
3. Il ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.
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Il ricorso

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inammissibile. Il deducente, invero, non propone alcuno specifico

motivo di censura, che attinga l’apparato motivazionale posto a fondamento della
sentenza impugnata. E questa Suprema Corte ha chiarito che è inammissibile il
ricorso per cassazione i cui motivi siano generici, ovvero non contenenti la precisa
prospettazione delle ragioni in fatto o in diritto da sottoporre a verifica (vedi, da
ultimo, Cass. Sezione 3, Sentenza n. 16851 del 02/03/2010, dep. 04/05/2010, Rv.
246980).
4. Non di meno, osserva il Collegio che sussistono i presupposti per rilevare
d’ufficio l’illegittimità della pena applicata al prevenuto, in riferimento al reato per
cui si procede.
L’inammissibilità del ricorso, infatti, non impedisce a questa Corte
regolatrice di annullare la sentenza impugnata, in ragione delle modifiche
normative che sono intervenute dopo il deposito del presente ricorso. Deve in
questa sede ribadirsi che per il caso di modifiche normative sopravvenute,
l’inammissibilità del ricorso non impedisce l’adozione di una pronuncia di
annullamento da parte della Corte regolatrice (cfr. Cass. Sez. VI, sentenza n.
21982, del 16 maggio 2013, n. 21982, Rv 255674, ove l’inammissibilità del ricorso
non ha impedito l’annullamento della sentenza impugnata, in conseguenza della
declaratoria di illegittimità costituzionale della norma applicata al caso di giudizio).
Ciò posto, deve considerarsi che, per effetto della sentenza della Corte
Costituzionale del 12 febbraio 2014 n. 32, la disciplina in materia di sostanze
stupefacenti che viene in rilievo è quella prevista dal d.P.R. n. 309/1990, nella
versione antecedente alle modifiche introdotte dal d.l. 30 dicembre 2005, n. 272,
convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, di talché la pena
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2.

per le sostanze di cui alle tabelle II e IV dell’art. 14, risulta ricompresa dal minimo
di due anni al massimo di sei anni di reclusione, oltre la multa.
Come noto, la Corte Costituzionale, con sentenza del 12.02.2014 n. 32 ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter, del decretolegge 30 dicembre 2005, n. 272 (Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i
finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità
dell’Amministrazione dell’interno. Disposizioni per favorire il recupero di

disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e
riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), convertito, con modificazioni, dall’art. 1,
comma 1, della legge 21 febbraio 2006, n. 49. Le disposizioni colpite dalla
declaratoria illegittimità costituzionale avevano introdotto significative modifiche
nell’ordinamento, apportando una innovazione sistematica alla disciplina dei reati in
materia di stupefacenti, sia sotto il profilo delle incriminazioni sia sotto quello
sanzionatorio. Il fulcro della novella, infatti, era costituito dalla parificazione dei
delitti riguardanti le droghe cosiddette “pesanti” e di quelli aventi ad oggetto le
droghe cosiddette “leggere”, fattispecie differenziate invece dalla precedente
disciplina, di cui al d.P.R. n. 309/1990.
Occorre allora considerare che, a causa della intervenuta declaratoria di
illegittimità costituzionale ad opera della citata sentenza n. 32 del 2014, la pena
edittale relativa all’ipotesi delittuosa di cui all’art. 73, d.P.R. n. 309/1990, rispetto
alla detenzione a fine di spaccio di sostanze rientranti nelle tabelle II e IV, è quella
della reclusione da due a sei anni, oltre la multa, laddove il testo oggetto della
declaratoria di incostituzionalità, stabiliva un più grave trattamento sanzionatorio,
compreso da un minimo di sei ad un massimo di venti anni di reclusione, oltre la
multa.
Orbene, nel caso di specie, al prevenuto, per la detenzione di gr. 290 di
hashish è stata applicata la pena di anni due e mesi otto di reclusione, oltre la
multa, muovendo dalla pena base pari ad anni sei di reclusione, oltre la multa. Si
tratta di una misura di pena calcolata sulla base del limite edittale massimo che
risulta applicabile al caso di giudizio, per le spiegate ragioni. Come si vede,
l’accordo concluso dalle parti e ratificato dal giudice concerne, cioè, l’applicazione di
una pena che non può ritenersi congrua, rispetto al mutato scenario sanzionatorio,
in considerazione dei richiamati termini di fatto della condotta addebitata.
5. Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata, giacché l’evidenziata illegittimità della pena applicata ai sensi dell’art.
444 cod. proc. pen., rende invalido il patto concluso dalle parti. Deve disporsi la
trasmissione degli atti al Tribunale di Brescia, perché proceda a nuovo giudizio. La
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tossicodipendenti recidivi e modifiche al testo unico delle leggi in materia di

giurisprudenza di legittimità ha infatti chiarito che, in tali ipotesi, le parti sono
reintegrate nella facoltà di rinegoziare l’accordo sulla pena su altre basi e che, in
mancanza, il giudizio deve proseguire nelle forme ordinarie (cfr. Cass. Sez. 1,
Sentenza n. 16766 del 07/04/2010, dep. 03/05/2010, Rv. 246930).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al
Tribunale di Brescia per l’ulteriore corso.

Così deciso in Roma, in data 10 giugno 2014.

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