Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29916 del 09/07/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29916 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FORMA GIUSEPPE N. IL 27/01/1987
avverso la sentenza n. 438/2014 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del
11/11/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/07/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI
Udito il Procuratore Gqnerale in persona del Dott.
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che ha concluso per )
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Data Udienza: 09/07/2015

Udito, per la parte civile, l’Avv.<7/2 Udit i difensor 4_ Ritenuto in fatto FORMA Giuseppe ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, confermando quella di primo grado, lo ha riconosciuto colpevole del reato di cui all'articolo 186, lettera b), del codice della strada [tassi alcolemici: 1,01 g/I e 1,03 g/I; condanna alla pena sospesa di mesi tre di arresto e 1500 euro di ammenda e applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di un anno]. Con il ricorso si duole della quantificazione della pena principale e della sanzione amministrativa accessoria, nonché del diniego delle attenuanti generiche e della mancata sostituzione della pena principale con il lavoro di Considerato in diritto Il ricorso è fondato nei soli termini di cui infra. Sulla pena principale, corrispondendo alla doglianza, la Corte di merito ha giustificato la misura di quella irrogata valorizzando la gravità del fatto e un precedente specifico riportato sul certificato penale. Analogamente, è stata giustificata la misura della sanzione amministrativa. Sono valutazioni che il giudice ha effettuato motivando in modo non illogico, e qui non possono essere censuratse f Lo stesso deve dirsi quanto al diniego delle attenuanti generiche, giustificato in ragione della reiterazione della condotta, senza che tale circostanza potesse essere neutralizzata considerando la giovane età e il riferito comportamento collaborante. Del resto, vale il principio secondo cui, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (da ultimo, Sezione III, 4 dicembre 2014, M. ed altro). Detto altrimenti, ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche, e' sufficiente che il giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello (o quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare o meno la concessione del beneficio; e il relativo apprezzamento discrezionale, laddove supportato da una motivazione idonea a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l'adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo, non è censurabile in sede di legittimità se congruamente motivato. Ciò vale, a fortiori, anche per il giudice d'appello, il quale, pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive dell'appellante, non è tenuto ad un'analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti, ma, in una visione globale di ogni particolarità del caso, è sufficiente che dia l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in carenza di stretta contestazione (Sezione III, 8 ottobre 2009, Esposito). Va soggiunto che la determinazione giudiziale regge al vaglio di legittimità anche laddove in ipotesi il precedente - come sostenuto in ricorso- fosse riferito a fatto poi depenalizzato. A tanto voler concedere [la questione è stata affrontata dal giudicante], vale il principio secondo cui, in tema di determinazione della misura della pena [e quindi anche ai fini della concessione delle generiche], il giudice deve attenersi al disposto dell'articolo 133 c.p., che impone di tenere conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del colpevole: a tale ultimo riguardo, assumendo rilievo, per espresso dettato del numero 2 del comma 2 dell'articolo 133, i precedenti penali e giudiziari e, in genere, la condotta e la vita del reo antecedenti al reato. Ne deriva che anche una condanna per "reato depenalizzato" può essere utilizzata dal giudice nella determinazione della pena, in quanto 2 pubblica utilità. fatto significativo della personalità del reo e della sua capacità a delinquere; così come di tale condanna può tenersi conto ai fini della sostituzione delle pene detentive brevi, la cui determinazione è rimessa, giusta il disposto dell'articolo 58 della legge 24 novembre 1981 n. 689, ad una valutazione discrezionale che deve essere condotta proprio in osservanza dei criteri di cui all'articolo 133 c.p. (cfr. Sezione IV, 9 dicembre 2010, Sgura). Quanto al motivo sulla concessione del lavoro di pubblica utilità, la sentenza merita invece censura. In effetti, occorre partire dal rilievo che, in tema di trattamento sanzionatorio della contravvenzione di guida sotto l'influenza dell'alcool, il beneficio della sospensione condizionale della pena è incompatibile con la condizionalmente sospesa. Ciò comporta che la richiesta della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità avanzata con i motivi di appello necessita della richiesta di rinuncia al beneficio della sospensione condizionale della pena eventualmente concesso in precedenza, stante la incompatibilità tra i due istituti (Sezione IV, 19 novembre 2013, Caputo). In proposito, approfondendosi la questione e proprio in linea con la rilevata incompatibilità tra i due istituti, si è ulteriormente precisato che, allorquando l'imputato abbia in primo grado ottenuto il beneficio della sospensione condizionale della pena, l'eventuale sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità richiesta in appello comporta per il condannato una rinuncia implicita al beneficio medesimo, proprio stante la rilevata incompatibilità tra i due istituti (Sezione IV, 27 gennaio 2015, Avondo). Ne deriva, in sostanza, che l'introduzione in appello della richiesta di sostituzione con il lavoro di pubblica utilità, doveva intendersi come di implicita rinuncia all'alternativo beneficio della sospensione condizionale. Ha quindi errato la Corte di merito nella determinazione reiettiva della richiesta. Il giudice di appello sarà ovviamente libera nel merito dell'apprezzamento in ordine alla accoglibilità in concreto della richiesta. Si impone l'annullamento solo limitatamente a tale ultimo profilo. P. Q. M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla questione concernente la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità e rinvia per nuovo esame sul punto alla Corte di appello di Cagliari, altra Sezione; rigetta il ricorso nel resto. Così deciso in data 9 luglio 2015 10 ' sostituzione della pena detentiva e pecuniaria inflitta con il lavoro di pubblica utilità (articolo 186, comma 9 bis, del codice della strada), non potendosi pervenire all'applicazione di una sanzione sostitutiva a sua volta

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