Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29915 del 09/07/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29915 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIUNTA DAVIDE N. IL 09/02/1970
avverso la sentenza n. 516/2014 CORTE APPELLO di TORINO, del
17/06/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/07/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI
Udito il Procuratore Geyierale in pepona del Dott.
G›.-2,— che ha concluso per itY tue
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Udito, per la parte civile, l’Avy,
Uditi difensor Aviv/
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Data Udienza: 09/07/2015

Ritenuto in fatto

GIUNTA DAVIDE ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che/ nel confermare quella
di primo grado/ lo ha riconosciuto colpevole dei reati di omicidio colposo aggravato dalla
violazione delle norme sulla circolazione stradale nonché dei reati omissivi di cui
all’articolo 189, commi 6 e 7, del codice della strada.

che si assume insussistente evocando una decisione di questa Corte secondo cui il reato
di omissione di assistenza di che trattasi “contempla tra gli elementi costitutivi della
fattispecie obiettiva la necessità di assistenza alle persone ferite sicché, ove insussistente,
non rileva che l’autore del fatto ne abbia avuto contezza o meno; peraltro, trattasi di
reato punibile esclusivamente a titolo di dolo, quantomeno eventuale, nel cui oggetto
deve rientrare dunque anche il bisogno di assistenza delle persone ferite” (Sezione IV, 30
gennaio 2014, Rossini, rv. 259216).

Considerato in diritto

Il ricorso è manifestamente infondato.

Il tema è stato adeguatamente e correttamente affrontato dal giudice di merito, che ha
anche considerato l’anzidetta decisione di legittimità, evidenziandone l’inapplicabilità
nella vicenda, sul rilievo fattuale [non qui rinnovabile] che nessun elemento autorizzava
a ritenere che la vittima, investita dal veicolo dell’imputato, fosse già deceduta al
momento dell’impatto, sì da poterne inferire, a seguire la tesi difensiva, la non necessità
dell’assistenza.

Vale osservare che il reato di cui al combinato disposto dell’articolo 189, commi 1 e 7, del
codice strada, che punisce la violazione dell’obbligo di fermarsi e di “prestare assistenza
alle persone ferite” da parte dell’ utente della strada, in caso di incidente con danno alle
persone comunque ricollegabile al suo comportamento, è punibile a titolo di “dolo”.

E’ cioè necessario

che ogni componente del fatto tipico (segnatamente il danno alle

persone e l’ esservi persone ferite, necessitanti di assistenza) sia conosciuta e voluta
dall’agente.

Peraltro, a tal fine, è sufficiente anche il dolo eventuale, che si configura normalmente in
relazione all’elemento volitivo, ma che può attenere anche all’elemento intellettivo,
quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in
2

Il ricorso riguarda solo il reato di cui all’articolo 189, comma 7, del codice della strada,

presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso il
rischio: ciò significa che, rispetto alla verificazione del danno alle persone eziologicamente
collegato all’incidente, è sufficiente (ma pur sempre necessario) che, per le modalità di
verificazione di questo e per le complessive circostanze della vicenda, l’agente si
rappresenti la probabilità – o anche la semplice possibilità- che dall’incidente sia derivato
un “danno alle persone” e che queste “necessitino di assistenza” e, pur tuttavia,

In questa prospettiva, è affermazione comune e condivisibile, che l’assenza delle
condizioni legittimanti la “necessità dell’assistenza” [intervento di altri, già intervenuta
morte della vittima, ecc.] non possono essere valutate ex post

ma devono essere

apprezzate ex ante riportandosi al momento del fatto (Sezione IV, 25 novembre 1999,
Sitia ed altri).

In questa prospettiva, risulta dalla ricostruzione del contesto fattuale della vicenda la
motivata insussistenza delle condizioni che avrebbe potuto escludere, ex ante , l’obbligo
di fermarsi e prestare la dovuta assistenza. Con la conseguenza correttezza
dell’affermazione di responsabilità.

Il ricorso, pertanto, non può essere accolto.

Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente (Corte Cost., sent. 713 giugno 2000, n. 186), consegue la condanna del ricorrente medesimo al pagamento
delle spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in mille euro, in
favore della cassa delle ammende.

P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 9 luglio 2105

Il Consigliere estensore

Il Pres ente

accettandone il rischio, ometta di fermarsi (cfr. Sezione IV, 5 novembre 2009, Bernardi).

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