Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29913 del 10/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29913 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
ROMA
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
nei confronti di:
CONTE MARCO N. IL 02/08/1981
avverso l’ordinanza n. 24/2013 CORTE APPELLO di ROMA, del
24/09/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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4.en,

Uditi difrfor Avv.;

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Data Udienza: 10/06/2014

Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza in data 24 settembre 2013 la Corte di Appello di Roma
liquidava in favore di Conte Marco la somma di € 14.500,00, a titolo di riparazione
per l’ingiusta detenzione sofferta dal predetto, il quale era stato tratto in arresto in
data 18.03.2010 e quindi sottoposto al regime degli arresti domiciliari sino al
16.11.2010, in quanto indiziato di due rapine aggravate in concorso con altri,
ipotesi dalle quali Conte era stato di poi assolto dal Tribunale di Roma, con
sentenza del 16.11.2010.

perpetrazione delle rapine di cui si tratta, si registravano i seguenti elementi
indizianti: la positiva individuazione fotografica effettuata da una parte offesa,
nell’immediatezza del fatto, cui peraltro faceva seguito la ricognizione formale con
esito negativo, da parte della medesima testimone; e la circostanza che Conte, alla
vista dei Carabinieri, nella notte del 18.03.2010, avesse tentato di darsi alla fuga.
Nel vagliare i predetti elementi di fatto, in riferimento all’oggetto del presente
giudizio riparatorio, il Collegio osservava che dalla sentenza assolutoria risultava
che non poteva escludersi che i Carabinieri, nel corso dell’inseguimento, avessero
perso di vista il soggetto fuggitivo e che Conte fosse stato intercettato, solo in
quanto occasionalmente presente sul luogo dell’inseguimento. In riferimento al
secondo dei richiamati elementi, la Corte territoriale considerava che il mancato
riconoscimento del Conte, da parte della persona offesa, in sede di ricognizione
formale, non connotava colposamente il comportamento del richiedente. Sulla
scorta di tali rilievi, la Corte di Appello riconosceva la sussistenza in capo al Conte
del diritto all’equo indennizzo; nella liquidazione del quantum, peraltro, il Collegio
effettuava una riduzione di circa il 50%, rispetto alla somma ottenuta secondo il
calcolo aritmetico, rispetto ai 238 giorni di arresti domiciliari ai quali era stato
sottoposto il richiedente, osservando che al Conte era riferibile una colpa lieve
sinergica, rispetto alla adozione ed al mantenimento del provvedimento restrittivo.
Al riguardo, la Corte sottolineava che Conte, alla vista dei Carabinieri, come riferito
dal giudice della cognizione, si era effettivamente dato a precipitosa fuga, perché in
possesso, a suo dire, di sostanza stupefacente destinata ad uso personale.
2. Avverso la richiamata ordinanza della Corte di Appello di Roma ha
proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la
medesima Corte di Appello.
Con il primo motivo l’esponente deduce la mancanza della motivazione,
osservando che la Corte di Appello ha escluso la sussistenza di profili di colpa grave
riferibili al richiedente, limitandosi a richiamare il mancato riconoscimento da parte
della persona offesa.

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La Corte territoriale rilevava che, a carico del Conte, rispetto alla

Con il secondo motivo la parte denuncia la manifesta illogicità della
motivazione. Osserva che la Corte di Appello nega la sussistenza di comportamenti
del Conte connotati da colpa grave, mentre la sentenza di merito ne evidenzia una
congrua serie, in riferimento alla fuga posta in essere alla vista dei Carabinieri.
Rileva, inoltre, che la Corte territoriale non nega che Conte si sia materialmente
dato alla fuga; e sottolinea che il Collegio, illogicamente, ha affermato che il
richiedente sia da ritenersi incolpevole, trattandosi di persona probabilmente
inseguita per errore. L’esponente osserva che dalla sentenza di merito emerge che

Conte, al momento dell’arrivo dei militari, stava assumendo sostanze stupefacenti;
sul punto, rileva che si tratta di comportamento che implica conseguenze punitive
sul piano amministrativo, idoneo ad integrare la colpa grave, ostativa al
riconoscimento dell’indennizzo.
3. Avverso la richiamata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il
Ministero dell’Economia e delle Finanze. La parte denuncia violazione di legge e
vizio motivazionale. Osserva che la Corte territoriale ha omesso di considerare
circostanze che integrano la colpa grave, ostative all’indennizzo, quali il
riconoscimento, effettuato da una delle vittime, a carico del Conte; ed il fatto che
quest’ultimo ebbe a darsi alla fuga, ingenerando nei Carabinieri l’apparenza di un
suo coinvolgimento nella vicenda criminosa. La parte rileva che la Corte di Appello
ha erroneamente valutato tali circostanze solo rispetto alla colpa lieve, incidente
sull’ammontare dell’indennizzo.
4.

Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha chiesto che la

Suprema Corte rigetti i ricorsi. La parte rileva che entrambi i ricorsi si fondano sulla
non consentita rivalutazione del compendio probatorio, acquisito in sede di
cognizione, in riferimento alla dinamica della fuga che ha coinvolto il Conte. Sul
punto, l’esponente sottolinea che la Corte di Appello ha sottolineato che dalla
sentenza assolutoria emerge che non è possibile escludere che i Carabinieri abbiano
perso di vista il fuggitivo e che abbiano fermato il Conte, casualmente presente sul
posto.
4.1 L’Avvocatura Generale ha depositato note di udienza, insistendo per
raccoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
5. I ricorsi che occupano, che è dato esaminare congiuntamente, sono
destituiti di fondamento.
5.1 Come è noto, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice
di merito, per valutare se chi l’ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi
causa con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti
gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di
condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione
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A

di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito una motivazione che,
se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità. Al riguardo, il giudice
deve fondare la sua deliberazione su fatti concreti e precisi, esaminando la condotta
tenuta dal richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà personale, al fine
di stabilire, con valutazione “ex ante” – e secondo un iter logico motivazionale del
tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di cognizione – non se tale
condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia
ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa

apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla
detenzione con rapporto di “causa ad effetto” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 34559 del
26/06/2002, dep. 15/10/2002, Rv. 222263).
Condotte rilevanti, in tal senso, possono essere di tipo extraprocessuale
(grave leggerezza o trascuratezza tale da avere determinato l’adozione del
provvedimento restrittivo) o di tipo processuale (autoincolpazione, silenzio
consapevole sull’esistenza di un alibi) che non siano state escluse dal giudice della
cognizione.
5.2 Nel caso di specie, la Corte di Appello di Roma ha indicato le ragioni in
base alle quali ha escluso la sussistenza di fattori colposi ostativi al riconoscimento
dell’equo indennizzo, sviluppando un ragionamento che risulta immune dalle
denunziate aporie di ordine logico, che non presenta lacune motivazionali e che si
colloca, del tutto coerentemente, nell’alveo dell’orientamento interpretativo sopra
richiamato.
Ed invero, il Collegio ha considerato che dalla motivazione della sentenza
assolutoria risultava che gli stessi giudici della cognizione non avevano escluso, in
punto di fatto, che i Carabinieri, nel corso dell’inseguimento, avessero perso di vista
il soggetto fuggitivo e che Conte fosse stato intercettato, solo perché
occasionalmente presente sul posto, in quel preciso momento. Sulla scorta di tale
decisivo rilievo, i giudici della riparazione hanno quindi logicamente considerato che
la circostanza relativa alla fuga intrapresa dal Conte non risultava idonea a fondare
g
il riconoscimento di un profilo di colpa grave a carico del richiedente, idonea creare
la falsa apparenza del suo coinvolgimento nella perpetrazione delle rapine, giacché
non poteva escludersi che Conte fosse incappato per puro caso, sul cammino dei
Carabinieri, intenti ad inseguire l’autore delle rapine. Deve poi considerarsi che del
tutto conferentemente la Corte di Appello ha evidenziato che il mancato
riconoscimento del Conte, da parte della persona offesa, in sede di ricognizione
formale, non connotava in alcun modo il comportamento del richiedente,
trattandosi di evenienza affatto estranea dalla sfera di influenza del soggetto
indiziato.

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A..)

5.2.1 Approfondendo la disamina del percorso motivazionale sviluppato
dalla Corte territoriale, deve poi considerarsi che l’ordinanza impugnata risulta
immune dalle dedotte censure, laddove ha escluso che il mero stato di
tossicodipendenza del Conte valesse ad integrare un fattore colposo, ostativo al
riconoscimento dell’indennizzo. Giova, al riguardo, ricordare che la Corte regolatrice
ha ripetutamente affermato che, in tema di riparazione per ingiusta detenzione, la
colpa grave che osta alla riparazione non è integrata dal mero stato di

comportamento del tossicodipendente, che si attivi al fine di procurarsi le sostanze
dalle quali dipende, in presenza cioè di elementi ulteriori, che lascino
ragionevolmente ritenere che si tratti di attività finalizzata non solo al consumo
personale, ma anche allo spaccio (cfr. Cass.

Sez. 4, Sentenza n. 31973 del

29/04/2010, dep. 18/08/2010, Rv. 248195).
Ciò posto, deve allora di riflesso osservarsi che neppure merita censura la
valutazione espressa dalla Corte territoriale, laddove ha considerato che
l’atteggiamento di fuga assunto dal Conte una volta incappato nell’operazione che i
Carabinieri stavano conducendo – in assunto a causa della disponibilità di sostanza
stupefacente da parte del prevenuto, secondo quanto riferito dallo stesso
richiedente – valesse di converso ad integrare un profilo di colpa lieve, incidente
sulla liquidazione dell’indennizzo. La giurisprudenza di legittimità risulta, infatti,
consolidata nel ritenere che in tema di riparazione per ingiusta detenzione, solo il
dolo o la colpa grave dell’istante costituiscono cause ostative al sorgere del diritto
all’indennizzo; e che ciò non toglie che il giudice possa valutare, ai fini della
riduzione della sua entità, eventuali condotte dallo stesso prevenuto poste in
essere, che abbiano comunque concorso a determinare lo stato di detenzione e che
siano caratterizzate da colpa lieve (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 27529 del
20/05/2008, dep. 07/07/2008, Rv. 240889).
6. Si impone, in conclusione, il rigetto dei ricorsi; e la condanna
dell’Amministrazione finanziaria ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna il Ministero dell’Economia al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma in data 10 giugno 2014.

tossicodipendenza; e che il fattore ostativo può essere ravvisato nel

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