Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29912 del 17/06/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29912 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: ZOSO LIANA MARIA TERESA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BALDONI STEFANO N. IL 21/06/1974
avverso la sentenza n. 1539/2013 CORTE APPELLO di ANCONA, del
06/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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Data Udienza: 17/06/2015

RITENUTO IN FATTO

1.La corte d’appello di Ancona, con sentenza in data 21 novembre 2013, confermava la
sentenza del tribunale di Ancona del 19 novembre 2012 con cui, a seguito di giudizio
abbreviato, Baldoni Stefano era stato condannato alla pena di mesi 8 di reclusione, giorni 20 di
arresto ed euro 8.000,00 di ammenda per i reati, avvinti dalla continuazione, di cui all’art. 116,
comma 13, del codice della strada per aver guidato un autoveicolo senza patente di guida in

strada per aver circolato alla guida di autoveicolo in stato di ebbrezza alcolica, con l’aggravante
di aver provocato un incidente stradale. L’imputato era stato condannato, altresì, alla pena di
euro 5.000,00 di multa per il delitto di cui all’articolo 590, comma 2, cod. pen. perché,
circolando alla guida di autovettura, aveva perso il controllo del mezzo invadendo l’opposta
corsia di marcia ed entrando in collisione con il mezzo condotto da Canonici Carlo con a bordo
Marasca Palmira, ai quali aveva cagionato lesioni personali guarite giorni 10. Il fatto era stato
commesso in Ancona il 28 marzo 2009.
2.Avverso la sentenza della corte d’appello proponeva ricorso per cassazione Baldoni Stefano,
a mezzo del suo difensore, svolgendo tre i motivi di doglianza.
2.1. Con il primo motivo deduceva violazione di legge e vizio di motivazione in quanto la corte
d’appello, errando, aveva rigettato l’eccezione relativa alla omessa notifica all’imputato
dell’estratto contumaciale della sentenza di primo grado sostenendo che era stata, comunque,
disposta la rinnovazione della notifica del decreto di citazione a giudizio d’appello per il che era
intervenuta la sanatoria della dedotta nullità.
2.2. Con il secondo motivo deduceva violazione di legge e vizio di motivazione per aver la corte
territoriale ritenuto che egli fosse stato alla guida dell’autovettura sulla base della dichiarazione
dei carabinieri, i quali erano giunti sul posto dopo che il sinistro si era già verificato mentre non
era da escludere che altri potessero aver utilizzato l’auto e causato l’incidente e che il Baldoni
fosse un terzo trasportato.
2.3. Con il terzo motivo deduceva violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla
mancata concessione delle attenuanti generiche, avuto riguardo anche all’avvenuto
risarcimento del danno ad opera della parte, ed alla quantificazione della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.0sserva la corte che il primo motivo di ricorso è inammissibile poiché manifestamente
infondato.
Le sezioni unite della corte di legittimità, con la sentenza n. 6026 del 2008 avevano affermato
il principio secondo cui la impugnazione proposta dal difensore di fiducia o di ufficio,
nell’interesse dell’imputato contumace, precludesse a quest’ultimo, una volta che fosse
intervenuta la relativa decisione, la possibilità di ottenere la restituzione nel termine per
1

quanto revocata e del reato di cui all’articolo 186, comma 2 lett.c e 2 bis del codice della

proporre impugnazione, osservando, fra l’altro, che l’astratta configurabilità di una duplicazione
di impugnazioni, promananti le une dal difensore, e le altre dall’imputato, rappresentasse una
opzione palesemente incompatibile con la esigenza di assegnare una ragionevole durata al
processo, in linea con quanto imposto dall’art. 111 Cost. e dall’art. 6 della CEDU ove il
procedimento di appello fosse stato promosso su impugnazione del difensore e non fosse stato
ritualmente notificato all’imputato contumace l’estratto della sentenza di primo grado.
La corte costituzionale, con sentenza n. 317 del 2009 ha demolito il principio di diritto

cod. proc. pen., nella parte in cui non consente la restituzione dell’imputato, che non abbia
avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento, nel termine per proporre
impugnazione contro la sentenza contumaciale, nel concorso delle ulteriori condizioni indicate
dalla legge, quando analoga impugnazione sia stata proposta in precedenza dal difensore dello
stesso. Dall’affermazione di tale principio deriva che deve essere dichiarata la nullità del
decreto che ha disposto il giudizio di appello e della conseguente sentenza nel caso in cui
all’imputato non sia stata data facoltà di formulare autonoma impugnazione avverso la
sentenza di primo grado di cui non sia venuto a conoscenza ( Sez. 2, n. 49408 del
14/12/2012, Porcino, Rv. 253917 ).
Nel caso che occupa la corte d’appello, nel disporre la rinnovazione della notifica del decreto di
citazione nei confronti dell’imputato presso il domicilio eletto, ha determinato la conoscenza da
parte dell’imputato stesso della sentenza di primo grado, per il che questi avrebbe avuto
facoltà di chiedere di essere rimesso in termini ai fini di formulare l’autonoma impugnazione
della sentenza. Ne deriva che, non avendo l’imputato formulato istanza in tal senso, non
ricorre il dedotto profilo di nullità, non essendo derivato pregiudizio alcuno al suo diritto di
difesa. Peraltro va anche considerato che il comportamento inerte dell’imputato, il quale non
ha formulato istanza di rimessione in termini, evidenzia l’approvazione implicita dell’appello
proposto dal difensore.
2. Il secondo motivo è inammissibile in quanto il ricorrente propone una diversa ed ipotetica
ricostruzione del fatto, basata sul fatto che egli avrebbe potuto non trovarsi alla guida del
mezzo, introducendo una rivisitazione del giudizio di merito che è preclusa in questo giudizio;
peraltro non sussistono profili di illogicità della sentenza impugnata, avendo considerato la
corte d’appello che gli agenti intervenuti sul luogo del sinistro avevano rinvenuto il solo
imputato e non altre persone che avrebbero potuto trovarsi alla guida del veicolo.
3. Il terzo motivo è parimenti inammissibile. Invero la graduazione della pena rientra nella
discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in
aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile
la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della
pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia
sorretta da sufficiente motivazione (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv.
245929;Sez. 5, Sent. n. 5582 del 30/09/2013 Ud. (dep. 04/02/2014 ) Rv. 259142).
2

affermato dalle sezioni unite dichiarando la illegittimità costituzionale dell’art. 175, comma 2,

In ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche, si osserva, poi, che non è
necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli
dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli
ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale
valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899 ; Sez. 6, 16 giugno 2010, n.
34364, rv. 248244; Sez. 2, 11 ottobre 2004, n. 2285, rv. 230691). Nel caso che occupa la
corte d’appello ha esaustivamente motivato la negazione delle attenuanti generiche in

pena base nel massimo edittale per la dimostrata pervicacia nelle violazioni di norme di legge,
sicché non assume rilievo il non aver la corte considerato il risarcimento del danno che
l’imputato assertivamente sostiene di aver effettuato.
L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non
consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di
rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen.. Dunque
l’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo della prescrizione con riguardo ai reati
contravvenzionali ascritti (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266).
4. Un’ultima considerazione per completezza argomentativa.
Non sfugge a questa Corte l’erronea denominazione della pena detentiva inflitta al Baldoni;
quest’ultimo è stato condannato (oltre che alla pena della multa per il reato di lesioni personali
colpose), anche alla pena di “mesi otto di reclusione” e giorni venti di arresto per due reati
contravvenzionali, dai giudici di merito ritenuti avvinti dal vincolo della continuazione: dunque
appare evidente l’erronea denominazione della pena detentiva come “reclusione” trattandosi di
reati contravvenzionali (erronea denominazione in ordine alla quale peraltro il ricorrente non
ha svolto alcuna censura).
Orbene, osserva il collegio che nella concreta fattispecie si è in presenza di un mero errore
materiale della decisione nella qualificazione della pena detentiva; errore che, dunque, può
essere corretto – e deve essere corretto, di ufficio o su sollecitazione di parte – dallo stesso
giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, con la procedura prevista dall’art. 130 del
codice di rito, non potendo a ciò provvedere questo collegio stante l’inammissibilità del ricorso
(art. 130, comma primo, cod. proc. pen.).
5. Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente (Corte Cost., sent. 7-13
giugno 2000, n. 186), consegue la condanna del ricorrente medesimo al pagamento delle
spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in mille euro, in favore
della cassa delle ammende.

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.
3

considerazioni di precedenti condanne per le stesse violazioni ed ha ritenuto di determinare la

Così deciso il 17 giugno 2015.

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