Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29910 del 27/05/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29910 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: ROMIS VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CICERI EMANUEL N. IL 19/12/1969
avverso l’ordinanza n. 5/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
12/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Do t. V NCE ZO ROM1S;
lette/s4~ le conclusioni del PG Dott.
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a3U /1,1‘e-0 iì/vD)

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Data Udienza: 27/05/2014

RITENUTO IN FATTO
Ciceri Emanuel, tratto in arresto per violazione della legge sugli stupefacenti, veniva poi
prosciolto con sentenza divenuta irrevocabile. Con domanda presentata alla Corte di
Appello di Milano il Ciceri chiedeva quindi l’equa riparazione per l’ingiusta detenzione
subita.
La Corte d’Appello adita rigettava la domanda ravvisando nel comportamento dell’istante
– alla luce di quanto acquisito agli atti – gli elementi di una condotta sinergica alla

territoriale riteneva ravvisabile nel comportamento del Ciceri gli estremi della colpa
grave, sulla scorta delle seguenti specifiche circostanze fattuali che, ad avviso della Corte
stessa, avevano legittimato l’intervento dell’Autorità nei confronti del Ciceri medesimo
con l’applicazione della misura restrittiva: 1) il Ciceri, già coinvolto in un procedimento di
rilievo per gravi fatti di droga per i quali le Forze dell’Ordine dovevano eseguire un
provvedimento restrittivo, all’arrivo degli Agenti aveva indugiato ad aprire la porta così
dando modo al fratello di disfarsi di ben 5 panetti di hashish lanciandoli dalla finestra; 2)
nascondeva nel comò della camera che occupava in via esclusiva alcuni sacchetti di
cellophane del cui possesso non aveva fornito alcuna spiegazione plausibile; 3) i suoi
precedenti penali, il procedimento pendente a suo carico, il suo stato di
tossicodipendenza, erano elementi tali da consentirgli di comprendere agevolmente la
portata delle condotte delittuose del fratello, poste in essere, in un’abitazione di piccole
dimensioni, in relaziona a consistenti quantitativi di droga in condizioni di assoluta
indigenza del nucleo familiare.
Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione il Ciceri, con atto di
impugnazione sottoscritto dal difensore, deducendo vizio motivazionale in ordine alla
ritenuta sussistenza della colpa grave, sostenendo che la Corte territoriale sarebbe
incorsa in errore di impostazione e prospettiva nel valutare le risultanze processuali ai fini
che in questa sede interessano, avendo attribuito al Ciceri un comportamento non
rilevabile dagli atti del giudizio di cognizione essendo emerso che il ritardo nell’apertura
del cancello dell’abitazione era scaturito dal cattivo funzionamento del citofono; il
ricorrente deduce anche censure in punto di entità del danno derivato dalla detenzione
ingiustamente subita.
Il Procuratore Generale presso questa Corte ha richiesto il rigetto del ricorso per
l’infondatezza dei motivi dedotti.
Ha depositato memoria di costituzione l’Avvocatura Generale dello Stato, per conto del
Ministero dell’Economia e delle Finanze, svolgendo pertinenti e diffuse argomentazioni,
anche in tema di rilevanza della connivenza nel giudizio di equa riparazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni di seguito indicate.

produzione dell’evento restrittivo della libertà personale; in particolare la Corte

Secondo i princìpi elaborati ed affermati nell’ambito della giurisprudenza di questa
Suprema Corte, nei procedimenti per la riparazione per l’ingiusta detenzione, in forza
della norma di cui all’art. 646, secondo capoverso, c.p.p. – da ritenersi applicabile per il
richiamo contenuto nel terzo comma dell’art. 315 c.p.p. – la cognizione della Corte
di Cassazione deve intendersi limitata alla sola legittimità del provvedimento impugnato,
ovviamente anche sotto l’aspetto della congruità e logicità della motivazione, e non al
merito. E, per quel che concerne la verifica dei presupposti e delle condizioni richieste

dolo o della colpa grave dell’interessato nella produzione dell’evento restrittivo della
libertà personale – le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza N. 43 del
13/12/1995-9/2/1996, hanno enunciato il principio di diritto secondo cui la Corte
territoriale deve procedere ad autonoma valutazione delle risultanze processuali rispetto
al giudice penale.
Nella fattispecie in esame, la Corte d’Appello di Milano, per quanto si evince
dall’impugnata ordinanza, ha motivato il proprio convincimento attraverso un adeguato
percorso argomentativo con le considerazioni sopra sinteticamente ricordate, da
intendersi qui integralmente richiamate onde evitare superflue ripetizioni; orbene appare
all’evidenza che trattasi di un “iter” motivazionale assolutamente incensurabile in quanto
caratterizzato da argomentazioni pienamente rispondenti a criteri di logicità ed
adeguatezza, nonchè in sintonia con i princìpi enunciati da questa Corte in tema di dolo e
colpa grave quali condizioni ostative al diritto all’equa riparazione: si ha colpa grave
allorquando il soggetto sia venuto meno all’osservanza di un dovere obiettivo di
diligenza, con possibilità di prevedere che, non rispettando una regola precauzionale,
venendo meno all’osservanza del dovere di diligenza, si sarebbe verificato l’evento
“detenzione” (cfr., fra le tante: Sez. 4, n. 3912/96 – cc. 29/11/95 – RV. 204286; Sez.
4, n. 596/96, RV. 204624); la sinergia, sulla custodia cautelare, del comportamento
dell’istante può riguardare “sia il momento genetico che Quello del permanere della

misura restrittiva”( così, “ex plurimis”, Sez. 4, n. 963/92, RV. 191834).
Giova evidenziare, ancora, che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 43 del
1995 già sopra ricordata, hanno sottolineato che: a) “deve intendersi dolosa non solo
la condotta volta alla realizzazione di in evento voluto e rappresentato nei suoi termini
fattuali, sia esso confliggente o meno con una prescrizione di legge, ma anche la
condotta consapevole e volontaria i cui esiti, valutati dal giudice del procedimento
riparatorio con il parametro dell’ «id quod plerumque accidit>> secondo le regole di
esperienza comunemente accettate, siano tali da creare una situazione di allarme sociale
e di doveroso intervento dell’autorità giudiziaria a tutela della comunità, ragionevolmente
ritenuta in pericolo”; b) “poichè inoltre, anche ai fini che qui interessano, la nozione di
colpa è data dall’art. 43 cod. pen., deve ritenersi ostativa al riconoscimento del diritto
alla riparazione quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, per

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perchè sussista in concreto il diritto all’equa riparazione – in particolare, l’assenza del

evidente, macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi,
regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma
prevedibile, ragione di intervento dell’autorità giudiziaria che si sostanzi nell’adozione di
un provvedimento restrittivo della libertà personale o nella mancata revoca di uno già
emesso”.
A quanto fin qui detto aggiungasi che il ricorrente ha valorizzato le considerazioni poste
dal giudice della cognizione a base della sentenza di assoluzione+ mentre i ai fini che in

genetico della detenzione onde verificare la sussistenza o meno del rapporto sinergico tra
la condotta dell’interessato e l’evento detenzione; rapporto sinergico sulla cui
sussistenza, nella concreta fattispecie, non possono esservi dubbi di sorta nel caso in
esame alla luce delle circostanze sopra richiamate.
Restano chiaramente assorbite le considerazioni svolte dal ricorrente in punto di
“quantum”: peraltro al riguardo non vi è stato alcun vaglio da parte della Corte di merito
una volta escluso l’ “an”.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento. Il ricorrente va altresì condannato, in quanto soccombente, alla rifusione
delle spese in favore del Ministero resistente che si liquidano in complessivi euro
1.000,00.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché
alla rifusione delle spese in favore del Ministero resistente che liquida in complessivi
euro 1.000,00.

Roma, 27 aggio 2014

Il Presidente

Il Consi iere estensore

(Carlo Gius pe Brusco)

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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
IV Sezione Penale

questa sede rilevano / occorre por mente alla situazione fattuale esistente nel momento

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