Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29907 del 26/05/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29907 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: IMPERIALI LUCIANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ESPOSITO MASSIMO, nato a Napoli il 15/03/1971
ESPOSITO RITA, nata a Napoli il 01/07/1976

avverso il decreto n. 20/2012 della CORTE di APPELLO di SALERNO
del 15/04/2015

sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. LUCIANO IMPERIALI;
lette le conclusioni del P.G. dott. PIERO GAETA, che ha chiesto annullarsi
con rinvio il decreto impugnato.

1

Data Udienza: 26/05/2016

,

RITENUTO IN FATTO
Con il decreto in epigrafe la Corte dì Appello di Salerno rigettava i ricorsi presentati da
Esposito Massimo ed Esposito Rita avverso il decreto applicativo della misura di sicurezza
personale della sorveglianza speciale per anni tre con obbligo di soggiorno, nei confronti del
primo, e di confisca di immobili e di altre attività, nei confronti di entrambi, Esposito Rita quale
terza interessata, emesso dal Tribunale di Salerno – sezione misure di prevenzione, il 27 aprile
2012.

Massimo, a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento e sollevando, a tal fine, i
seguenti motivi di impugnazione:
1. violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza del requisito della sproporzione tra
i beni acquistati dai ricorrenti e le loro risorse lecitamente acquisite, e violazione dell’art. 4 I.
1423/1956 per carenza di motivazione del decreto, assumendosi che questo poggerebbe su
una “motivazione fittizia”, fondata su dichiarazioni dell’Esposito nel novembre 2010 e nel
dicembre 2011 che si assumono mai rese, lasciando invece senza risposta, nemmeno implicita,
una pluralità di argomentazioni addotte con l’atto di appello;
2. carenza di motivazione in ordine alla ritenuta provenienza illecita dei beni oggetto di
prevenzione reale e di sproporzione rispetto alle risorse lecitamente acquisite, con particolare
riferimento all’immobile sito in Eboli, alla via Pio XII;
3. violazione di legge in punto di ritenuta sussistenza della pericolosità sociale dell’Esposito
e carenza di motivazione del decreto a tal riguardo, lamentandosi, in particolare, che il decreto
si fonderebbe su dichiarazioni dell’Esposito che non esistono in atti, asseritamente rilasciate in
un procedimento nel quale la condanna dell’Esposito è stata annullata con rinvio da questa
Corte di Cassazione, sez. III, con sentenza del 16/7/2015.
Il Procuratore Generale ha chiesto l’annullamento del decreto impugnato, con rinvio per
nuovo esame, assumendo doversi ritenere “meramente apparente la motivazione con la quale
la Corte di Appello di Salerno ha superato le doglianze prospettate dal proposto in sede di
appello”.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento.
Giova ricordare che nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso
soltanto per violazione di legge, secondo il disposto dell’art. 4 legge 27 dicembre 1956, n.
1423, richiamato dall’art. 3 ter, secondo comma, legge 31 maggio 1965, n. 575; ne consegue
che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di
legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., potendosi
esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell’obbligo di
2

Avverso il provvedimento della Corte territoriale propone ricorso per cassazione Esposito

.,

provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello dal nono comma del predetto
art. 4 legge n.1423 del 56, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. U.
n. 33451 del 29/05/2014, Rv. 260246).
E’ proprio tale vizio che è stato denunciato con il ricorso in esame, con deduzioni che
debbono ritenersi fondate, in relazione al profilo della riconosciuta sussistenza della pericolosità
sociale dell’Esposito: il provvedimento impugnato, a fronte della contestazione, da parte del
ricorrente, dell’inquadrabilità di questo nelle categorie di soggetti che possono essere
destinatari di misure di prevenzione, non risulta aver tenuto in alcun conto le allegazioni

richiamare condanne riportate dall’Esposito nel 1995 e nel 2004, affermando che lo stesso
avrebbe continuato a “mantenere contatti con l’ambiente degli spacciatori, con esponenti della
criminalità organizzata locale” e sarebbe stato, poi, “attinto da misura cautelare, seguita da
sentenza di condanna in secondo grado, attualmente soggetta ad impugnazione in
Cassazione”.
Con riferimento alle pregresse condanne, però, il provvedimento impugnato non indica né
la natura dei reati per i quali le stesse sono state riportate, né l’entità delle condanne
medesime, sicché non offre, a tal proposito, alcun elemento significativo ai fini di un giudizio di
pericolosità sociale. Anche i contatti del ricorrente con l’ambiente degli spacciatori di
stupefacenti non risultano in alcun modo esplicitati, né risultano individuati gli esponenti della
criminalità organizzata locale oggetto di perdurante frequentazione da parte dell’Esposito, e
nemmeno vengono specificati i modi, i tempi ed i luoghi di tali frequentazioni, sicché non viene
reso in alcun modo possibile comprendere il percorso motivazionale che ha portato la Corte
territoriale a ritenere tali frequentazioni sintomatiche di una perdurante pericolosità sociale del
proposto.
Quanto, poi, alla misura cautelare seguita da sentenza di condanna dell’Esposito in
secondo grado, non può ritenersi determinante la circostanza che tale sentenza sia stata
appellata, in quanto notoriamente non sussiste alcuna pregiudizialità tra il procedimento
penale e quello di prevenzione ed è dunque possibile utilizzare in quest’ultimo, ai fini del
giudizio di pericolosità sociale del prevenuto, elementi di prova o indiziari tratti da
procedimenti penali non ancora conclusi (sez. 1, n. 47764 del 6/11/2008, Rv. 242507) e
perfino da procedimenti conclusisi con sentenze di assoluzione per insufficienza o
contraddittorietà della prova, potendo porre a fondamento del giudizio di pericolosità
circostanze fattuali che, seppur insufficienti a dimostrare la sussistenza del reato, siano invece
sufficienti di per sé ad evidenziare la pericolosità sociale del proposte. Deve, invece, ritenersi
determinante la circostanza che nel decreto impugnato non sia stato indicato alcun elemento
concreto, desunto da tale sentenza, che possa ritenersi sintomatico di pericolosità sociale. In
coerenza con tale lacuna, del resto, è stata prodotta dal Procuratore Generale, a sostegno della
richiesta di accoglimento del ricorso, la sentenza n. 42687/2015 con la quale questa Corte di
Cassazione in data 16/7/2015 ha annullato con rinvio la sentenza condanna di cui si tratta
3

difensive sul punto e, con motivazione meramente apodittica ed apparente, si è limitato a

proprio in considerazione delle carenze motivazionali in ordine agli elementi di prova a carico
dell’Esposito.
Deve, riconoscersi, pertanto, nel provvedimento impugnato, l’assoluta mancanza di
argomentazioni idonee ad esplicitare il presupposto applicativo della pericolosità sociale del
ricorrente, in quanto le apodittiche e generiche affermazioni della Corte di Appello sul punto
rendono meramente apparente la motivazione al riguardo e, giacché il profilo della pericolosità
sociale del prevenuto è presupposto indefettibile tanto della misura personale quanto di quella
patrimoniale, nell’accoglimento del terzo motivo del ricordo debbono ritenersi assorbiti anche

Il decreto della Corte di Appello di Salerno deve essere, quindi, annullato con rinvio alla
Corte di Appello di Napoli per nuovo esame.

P.Q.M.
Annulla il decreto impugnato con rinvio alla Corte di Appello di Napoli per nuovo esame .

Così deciso nella camera di consiglio del 26 maggio 2016

Il Consigliere estensore

Il Presidente

gli altri motivi.

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