Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29898 del 24/05/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29898 Anno 2016
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: AIELLI LUCIA

Di Bitonto Antonio nato a Cerignola il 29/12/1988
Traversi Marco nato a Cerignola il 6/5/1981
avverso la sentenza n. 34 del 24/4/2015
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
sentita la relazione del consigliere Lucia Aielli;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza in data 24/4/2015 la Corte d’Appello di Genova dichiarava
1

Data Udienza: 24/05/2016

,

inammissibile l’impugnazione di Bitonto Antonio e Traversi Marco avverso la sentenza
di primo grado, avendo i ricorrenti rinunciato all’impugnazione.
Avverso tale ordinanza propongono ricorso per cassazione i predetti Di Bitonto e
Traversi, personalmente, evidenziando il primo la non riferibilità alla sua persona,
dell’atto di rinunzia all’appello, firmato per ignoranza incolpevole, ed il Traversi
l’erroneità della sentenza di secondo grado con riferimento alla valutazione delle
circostanze aggravanti di cui all’art. 99 c. 4 c.p. e 628 c. 3 c.p., non effettuata ai sensi
dell’art. 69 c.p., argomento che avrebbe dovuto condurre la Corte, d’ufficio, a

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili per essere manifestamente infondati i motivi proposti.
2. Deve premettersi che la richiesta di rinvio inoltrata dai difensori avv. Giovanni Dellacroce
difensore di Marco Traversi e avv. Giuseppe Stefano Perrone per Antonio Di Bitonto, per
adesione all’astensione proclamata dall’Unione Camere Penali, sono inammissibili in quanto
trattandosi di udienza camerale non partecipata di cui all’art. 611 c.p.p., la presenza del
difensore non rileva.
3. Nel merito va poi rilevato, quanto ad Antonio Di Bitonto che questi ha proposto un motivo di
impugnazione generico oltre che manifestamente infondato deducendo di aver sottoscritto
personalmente l’atto di rinunzia all’appello, ma di non averne compreso il contenuto versando
in errore. Va ribadito che la rinuncia all’impugnazione è un atto processuale a carattere formale
a cui la legge ricollega l’effetto della inammissibilità dell’impugnazione stessa. Le eventuali
divergenze tra la dichiarazione resa e la volontà del dichiarante sono irrilevanti e non valgono
ad invalidare l’atto: non possono infatti applicarsi agli atti processuali di natura negoziale i
principi che regolano la rilevanza dell’ errore nei negozi di diritto sostanziale (in cui l’errore può
essere causa di annullamento) in quanto il regime delle nullità degli atti processuali è
informato al criterio della tassatività (art. 177 cod. proc. pen.). Ne consegue che una
dichiarazione di volontà negoziale ( asseritamente) affetta da errore, non essendo soggetta ad
alcuna sanzione di nullità, produce sul rapporto processuale l’effetto che le è proprio ( Sez. 6,
n. 100 del 14/1/1994, rv. 197939) .
4. Quanto al ricorrente Traversi che denuncia la violazione di legge per l’applicazione di una
pena illegale determinata dalla mancata applicazione, nel concorso della circostanza
aggravante di cui all’art. 628 c. 3 c.p. con la recidiva di cui all’art. 99 c. 4 c.p., del criterio di
cui all’art. 63 c.p. (in tal senso deve intendersi il richiamo normativo e non all’art. 69 c.p.,
erroneamente indicato) come tale emendabile dalla Corte d’appello, anche d’ufficio, nonostante
l’intervenuta rinuncia, il ricorso propone una censura avverso la sentenza di primo grado non
ammissibile in questa sede atteso che per effetto della rinuncia all’appello, che è atto negoziale
processuale abdicativo e recettizio, si è prodotto l’effetto dell’estinzione del gravame, sicché i

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rivalutare il trattamento sanzionatorio, risultato illegale .

vizi eventualmente presenti nell’atto oggetto dell’impugnazione rinunciata, non possono essere
nuovamente proposti in sede di legittimità così producendo l’effetto di una revoca implicita
della rinuncia stessa. E’ stato affermato da questa Corte con orientamento consolidato nel cui
solco ci si intende porre, che è inammissibile l’impugnazione relativa a questioni, anche
rilevabili d’ufficio, alle quali l’interessato abbia espressamente rinunciato, il che ha effetti
preclusivi sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità,
analogamente a quanto avviene nella rinuncia all’impugnazione o all’analoga ipotesi
dell’accordo sulla pena in appello in forza del previgente art. 599 c.p.p., comma 4, poi

in L. 24 luglio 2008, n. 125 ( Sez. 2, n. 3593, del 1/2/2011, rv. 249369; Sez. 5 n. 2791 del
22/10/2014, rv. 262682; Sez. 2 n. 46053 del 21/11/2012, rv. 255069).
5. Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p. , la
condanna dei ricorrenti che li hanno proposti, al pagamento delle spese del procedimento,
nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al
pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della
Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo
determinare in C 1.500,00 ciascuno .

P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
ciascuno al versamento della somma di C 1.500,00 alla Cassa delle ammende.

COSI’ DECISO IL 24.5.2016

Il consigliere estensore
Lucia Aielli

abrogato dal D.L. 23 maggio 2008; n. 92, art. 2, comma 1, lett. i), convertito con modificazioni

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