Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29894 del 13/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29894 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TRAPANESE ANTONIO N. IL 16/08/1950
avverso la sentenza n. 12265/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
28/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

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Data Udienza: 13/06/2014

Ritenuto in fatto
1.

Trapanese Antonio ha proposto ricorso per cassazione avverso la

sentenza della Corte di Appello di Napoli del 28.05.2012, con la quale è stata
confermata la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Sant’Angelo dei
Lombardi in data 26.02.2009, in riferimento al reato di cui all’art. 590, cod. pen. Al
prevenuto si contesta, nella sua qualità di direttore dello stabilimento di Nusco, di
proprietà della società Almec s.p.a., di avere cagionato lesioni personali gravi al
lavoratore Salvatore Esposito; ciò in quanto l’imputato consentiva lo svolgimento

Esposito fosse scivolosa in quanto ricoperta di liquidi derivanti dalla lavorazione, di
modo che la parte offesa, posizionata nella predetta zona, scivolava, perdendo
l’equilibrio e riportava trauma contusivo alla regione iliaca destra, con incapacità di
attendere alle ordinarie occupazioni per n. 124 giorni.
Con il primo motivo la parte deduce il vizio motivazionale, in riferimento alla
ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 583, comma 1, cod. pen., in
riferimento alla procedibilità di ufficio del reato in oggetto. L’esponente osserva di
avere contestato la durata della malattia conseguente all’infortunio di che trattasi.
E rileva che la Corte di Appello, con motivazione apparente ha confermato la durata
per oltre quaranta giorni. Osserva che dall’incarto acquisito in atti risultavano
elementi che quantomeno indubbiavano la riconducibilità della patologia, come
successivamente certificata, all’infortunio occorso all’Esposito, oggetto della
contestazione elevata nei confronti dell’odierno imputato.
Con il secondo motivo viene dedotta l’illogicità della motivazione, in
riferimento alla quantificazione della pena.
Con il terzo motivo l’esponente si duole della mancata applicazione
dell’indulto, ai sensi della legge n. 241 del 2006.
Considerato in diritto
2. Il ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.
2.1 Osserva il Collegio che sussistono i presupposti per rilevare, ai sensi
dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., l’intervenuta causa estintiva del reato per il
quale si procede, essendo spirato il relativo termine di prescrizione massimo pari ad
anni sette e mesi sei.
Deve rilevarsi che il ricorso in esame non presenta profili di inammissibilità,
per la manifesta infondatezza delle doglianze ovvero perché basato su censure non
deducibili in sede di legittimità, tali, dunque, da non consentire di rilevare
l’intervenuta prescrizione. Pertanto, sussistono i presupposti, discendenti dalla
intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per
rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen.
maturate, come nel caso di specie, successivamente rispetto alla sentenza
2

della attività lavorativa ancorché la pavimentazione ove stazionava l’operatore

impugnata. E’ poi appena il caso di rilevare che risulta superfluo qualsiasi
approfondimento al riguardo, proprio in considerazione della maturata prescrizione:
invero, a prescindere dunque dalla fondatezza o meno degli assunti del ricorrente, è
solo il caso di sottolineare che, secondo il consolidato orientamento della
giurisprudenza di legittimità, qualora già risulti una causa di estinzione del reato,
non rileva la sussistenza di eventuali nullità (addirittura pur se di ordine generale) o
di vizi di motivazione, in quanto l’inevitabile rinvio al giudice di merito è

Cass. Sez. U, Sentenza n. 1021 del 28.11.2001, dep. 11.01.2002, Rv. 220511).
2.2 Ebbene, il termine di prescrizione relativo al reato in addebito risulta
ormai decorso. Invero, il termine di cui si tratta, ai sensi del vigente disposto di cui
all’art. 157, comma 1, cod. pen., risulta pari ad anni sei, aumentabile di un quarto,
ai sensi dell’art. 161, comma 2, cod. pen. Del resto, anche applicando la disciplina
in materia di prescrizione dettata dall’art. 157 cod. pen., nella versione
antecedente alla novella del 2005, in forza delle disposizioni di diritto transitorio di
cui all’art. 10, commi 2 e 3, legge 5 dicembre 2005, n. 251, si ha che il termine di
prescrizione risulta pari ad anni cinque, aumentabile della metà, per gli intervenuti
atti interruttivi.
In conclusione, il termine prescrizionale, rispetto al fatto di reato per il quale
si procede, commesso in data 8.02.2005, risulta spirato in data 8.08.2012.
2.3 In assenza dei presupposti legittimanti una pronuncia liberatoria ex art.
129, comma 2, cod. proc. pen., alla luce delle conformi valutazioni espresse dai
giudici di merito in ordine alla rilevanza penale della condotta ed alla conseguente
affermazione di penale responsabilità dell’imputato, si impone l’annullamento senza
rinvio della sentenza impugnata, essendo il reato estinto per prescrizione.
Come noto, ai fini della eventuale applicazione della norma da ultimo citata
occorre che la prova della insussistenza del fatto o della estraneità ad esso
dell’imputato, risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle medesime
valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata; e nelle conformi
valutazioni espresse dai giudici di merito, di primo e di secondo grado, non sono
riscontrabili elementi di giudizio indicativi della prova evidente dell’innocenza
dell’imputato, ma sono contenute, anzi, valutazioni di segno opposto.
3. Alla luce delle considerazioni che precedono, si dispone l’annullamento
senza rinvio della sentenza impugnata, perché il reato in addebito è estinto per
prescrizione.

3

incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa estintiva (cfr.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la impugnata sentenza perché il reato è estinto per
prescrizione.

Così deciso in Roma, in data 13 giugno 2014.

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