Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29893 del 21/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29893 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MENGONI ENRICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Macoggi Anselmo, nato a Genova il 6/10/1958

avverso la sentenza pronunciata dalla Cot, di appello di Genova in data
12/2/2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Sante Spinaci, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio
della sentenza per prescrizione quanto alle condotte fino all’ottobre 2005;
inammissibilità nel resto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 12/2/2014, la Corte di appello di Genova, in parziale
riforma della pronuncia emessa dal locale Tribunale il 29/10/2010, dichiarava
non doversi procedere nei confronti di Alessandro Macoggi quanto alle condotte
contestategli fino al settembre 2003, perché estinte per prescrizione, e
quantificava la pena – quanto alle residue condotte tenute dall’ottobre 2003 al

Data Udienza: 21/05/2015

dicembre 2005 – ad un mese di reclusione e 180,00 euro di multa; allo stesso
era ascritto il reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen., 2, comma

1-bis, d.l. 12

settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla I. 11 novembre
1983, n. 638, per aver omesso – nella qualità di legale rappresentante della ditta
“Macoggi Anselmo SAPIM” – di versare all’Inps le ritenute assistenziali e
previdenziali operate sulle retribuzioni dei dipendenti in varie mensilità degli anni
2003 al dicembre 2005.
2. Ricorre per cassazione il Macoggi, a mezzo del proprio difensore,

– violazione di legge in tema di prescrizione. La Corte di appello avrebbe
dovuto dichiarare estinte per prescrizione le condotte fino al gennaio 2004,
atteso che il reato si consuma – e dallo stesso decorrere il termine ex art. 157
cod. pen. – al giorno 16 del mese successivo alla scadenza di ogni singolo
versamento;
– violazione della I. 5 dicembre 2005, n. 251. La Corte di appello avrebbe
dovuto applicare non già la disciplina di cui a questa legge, ma la previgente, in
quanto più favorevole; con conseguente declaratoria di estinzione per
prescrizione di tutte le condotte contestate.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato.
Occorre premettere che, per costante indirizzo di questa Corte, la fattispecie
di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali ha natura di
reato omissivo istantaneo, per il quale il momento consumativo coincide con la
scadenza del termine utile concesso al datore di lavoro per il versamento, ed
attualmente fissato al giorno sedici del mese successivo a quello cui si riferiscono
i contributi.
Ciò premesso, questa Sezione ha già affermato che, con riguardo alle
condotte commesse fino all’8 dicembre 2005, data di entrata in vigore della
legge n. 251 del 2005, é applicabile la previgente e più favorevole disciplina in
tema di prescrizione (Sez. 3, n. 10974 del 21/2/2012, Norelli, Rv. 252367; Sez.
3, n. 615 del 14/12/2010, Ciampi, Rv. 249164); questa, peraltro, trova
esecuzione per intero, e quindi anche in ordine al precedente testo dell’art. 158
cod. pen., che stabiliva, per il reato continuato, che la prescrizione decorresse
dal giorno in cui era cessata la continuazione. Orbene, poiché nel caso di specie
tutti i reati sono stati ritenuti legati proprio dal vincolo ex art. 81 cpv. cod. pen.,
per tutti i versamenti da effettuare fino all’ottobre 2005 il termine di prescrizione
decorreva dal 16 novembre 2005; di conseguenza, considerato il periodo di

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deducendo due motivi:

sospensione legale di tre mesi di cui all’art. 2 in esame, il termine ordinario di
prescrizione (cinque anni) scadeva il 16/2/2011, mentre quello “aggravato” dagli
atti interruttivi (sette anni e sei mesi) cessava il 16/8/2013.
Stesso esito estintivo si impone, poi, anche per le condotte contestate con
riguardo alle mensilità di novembre e dicembre 2005 (con obbligo di
versamento, quindi, entro il 16/12/2005 ed il 16/1/2006), la cui prescrizione
deve essere invece calcolata ai sensi dell’art. 157 cod. pen. come novellato dalla
legge n. 251 del 2005.

proceda per i reati di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, in nessun caso
l’interruzione della prescrizione può comportare l’aumento…di più di due terzi nel
caso di cui all’articolo 99, comma quarto” (quello in esame); ciò premesso, il
testo dell’art. 157, comma 1, cod. pen. stabilisce che “la prescrizione estingue il
reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale prevista
dalla legge”. Al fine del calcolo della prescrizione, dunque, occorre individuare
con esattezza quale sia il termine massimo della pena edittale; con riguardo al
reato in esame, lo stesso è pari a tre anni di reclusione, aumentati, ai sensi della
contestata recidiva ex art. 99, comma 4, cit., a cinque anni di reclusione
(conclusione avvalorata anche dal successivo comma 2, a mente del quale per
determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo alla pena stabilita
dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tener conto di attenuanti od
aggravanti, salvo che per le aggravanti ad effetto speciale – quale la recidiva
contestata – per le quali “si tiene conto dell’aumento massimo di pena previsto
per l’aggravante”) (Sez. 3, n. 3391 del 12/11/2014, Pollicoro, Rv. 262015).
Il termine edittale di 5 anni, dunque, è il tempo necessario a prescrivere;
conclusione che, poi, deve esser letta alla luce dell’ulteriore lettera dell’art. 157,
comma 1, cod. pen., a mente della quale, in caso di delitto, il tempo occorrente
alla prescrizione non può essere inferiore a sei anni, aggravato in caso di atti
interruttivi.
Orbene, tutto ciò premesso, osserva la Corte che – con riguardo alle
condotte contestate nei mesi di novembre e dicembre 2005 – il termine massimo
di cui agli artt. 157-161 cod. peri., pari a sette anni e sei mesi (oltre i tre mesi di
cui all’art. 2 in esame) cessava il 16/10/2013 e, pertanto, era ampiamente
decorso già alla data della sentenza di appello, pronunciata il 12/2/2014.
Ne segue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

Premesso che, ai sensi dell’art. 161, comma 2, cod. pen., “salvo che si

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P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati residui estinti
per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 21 maggio 2015

Il Presidente

Il Consigliere estensore

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