Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29893 del 13/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29893 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZAHRAOUI HAFID N. IL 01/01/1975
avverso la sentenza n. 689/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
29/11/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI
I Po le
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. F,
che ha concluso per

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Udito, pejÀ parte civile, l’Avv
Uditi dififsor Avv.

< A Data Udienza: 13/06/2014 Ritenuto in fatto 1. Zahraoui Hafid ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze del 29.11.2011, con la quale è stata confermata la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Prato in data 17.12.2009, in riferimento al reato di cui all'art. 73, comma V, d.P.R. n. 309/1990. Al prevenuto si contestano plurime cessioni di sostanza stupefacente del tipo cocaina, sino al 24.05.2005. ritenuto provata la natura della sostanza stupefacente di cui si tratta, in difetto di perizia. L'esponente reitera l'eccezione relativa alla inutilizzabilità della consulenza tossicologica acquisita agli atti, in difetto dell'esame del consulente. L'esponente ha depositato memoria, chiedendo in via subordinata la declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Considerato in diritto 2. Il ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono. 2.1 Osserva il Collegio che sussistono i presupposti per rilevare, ai sensi dell'art. 129, comma 1, cod. proc. pen., l'intervenuta causa estintiva del reato per il quale si procede, essendo spirato il relativo termine di prescrizione massimo pari ad anni sette e mesi sei. Deve rilevarsi che il ricorso in esame non presenta profili di inammissibilità, per la manifesta infondatezza delle doglianze ovvero perché basato su censure non deducibili in sede di legittimità, tali, dunque, da non consentire di rilevare l'intervenuta prescrizione. Pertanto, sussistono i presupposti, discendenti dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. pen. maturate, come nel caso di specie, successivamente rispetto alla sentenza impugnata. E' poi appena il caso di rilevare che risulta superfluo qualsiasi approfondimento al riguardo, proprio in considerazione della maturata prescrizione: invero, a prescindere dunque dalla fondatezza o meno degli assunti del ricorrente, è solo il caso di sottolineare che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, qualora già risulti una causa di estinzione del reato, non rileva la sussistenza di eventuali nullità (addirittura pur se di ordine generale) o di vizi di motivazione, in quanto l'inevitabile rinvio al giudice di merito è incompatibile con il principio dell'immediata applicabilità della causa estintiva (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 1021 del 28.11.2001, dep. 11.01.2002, Rv. 220511). 2.2 Ed invero, deve osservarsi che nel caso di specie è stata applicata l'ipotesi di cui all'art. 73, comma V, d.P.R. n. 309/1990, fattispecie interessata dalle modifiche introdotte all'art. 73, comma V, cit., dall'art. 2, comma 1, d.l. 23 dicembre 2013 n. 146, convertito con modificazioni dall'art. 1, comma 1, della 2 La parte deduce il vizio motivazionale, laddove la Corte territoriale ha legge 21 febbraio 2014, n.10. La norma in esame, per effetto delle modifiche introdotte dalla novella ora richiamata, stabilisce che: "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presene articolo che, per i mezzi, le modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 3.000 a euro 26.000". Ai fini di interesse, ci si limita a ribadire che la fattispecie di cui all'art. 73, comma V, d.P.R. n. 309/1990, per effetto delle richiamate modifiche, deve qualificarsi come autonoma ipotesi di 10514 del 28.02.2014, Verderamo, n.m.). La disposizione, pertanto, integra una autonoma fattispecie di reato, rispetto alle più gravi ipotesi previste dal medesimo art. 73, d.P.R. n. 309/1990. Occorre poi considerare che la materia di interesse è stata oggetto di un ulteriore intervento correttivo, ad opera della legge 16 maggio 2014, n. 79, di conversione, con modificazioni, del decreto legge 20 marzo 2014, n. 36, recante Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale (pubblicata in G.U. n.115 del 20.05.2014). Per effetto del richiamato intervento normativo, il tenore dell'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, è oggi il seguente: "5. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, e' di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329". La cornice sanzionatoria, per la fattispecie di cui al V comma, dell'art. 73, cit., pertanto, risulta compresa - sia per le droghe leggere che per le droghe pesanti - tra il minimo di sei mesi ed il massimo di quattro anni di reclusione, oltre la multa. reato, come già chiarito da questa Corte regolatrice (Cass. Sez. 4, sentenza n. 2.3 Ebbene, in riferimento ai limiti di pena applicabili al caso di specie, rispetto all'autonomo reato di cui al V comma, dell'art. 73, d.P.R. n. 309/1990, si ha che il termine di prescrizione risulta ormai decorso. Invero, il termine di prescrizione, ai sensi del vigente disposto di cui all'art. 157, comma 1, cod. pen., risulta pari, per la richiamata ipotesi di reato, ad anni sei, aumentabile di un quarto, ai sensi dell'art. 161, comma 2, cod. pen. Il termine prescrizionale, rispetto al fatto di reato per il quale si procede, commesso in data 24.05.2005, risulta pertanto spirato in data 24.11.2012. 2.4 In assenza dei presupposti legittimanti una pronuncia liberatoria ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., alla luce delle conformi valutazioni espresse dai 3 ii, giudici di merito in ordine alla rilevanza penale della condotta ed alla conseguente affermazione di penale responsabilità dell'imputato, si impone l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, essendo il reato estinto per prescrizione. Come noto, ai fini della eventuale applicazione della norma da ultimo citata occorre che la prova della insussistenza del fatto o della estraneità ad esso dell'imputato, risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle medesime valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata; e nella sentenza della Corte di Appello non dell'imputato, ma sono contenute, anzi, valutazioni di segno opposto. 3. Alla luce delle considerazioni che precedono, si dispone l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il reato in addebito risulta estinto per prescrizione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la impugnata sentenza perché il reato è estinto per prescrizione. Così deciso in Roma, in data 13 giugno 2014. sono riscontrabili elementi di giudizio indicativi della prova evidente dell'innocenza

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