Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29892 del 21/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29892 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MENGONI ENRICO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
Ancona Luciano, nato a Fasano (Br) 1’11/9/1979
Argento Andrea, nato a Fasano (Br) 1’11/4/1980
Alò Giovanni, nato a Monopoli (Ba) il 28/11/1968
Pistoia Quintiliano, nato a Fasano (Br) il 22/5/1978

avverso la sentenza pronunciata dalla Corte di appello di Bari in data
4/4/2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Sante Spinaci, che ha chiesto dichiarare inammissibilt i
ricorsi;
sentite le conclusioni del difensore di Alò, Avv. Vittoriano Bruno, anche in
sostituzione degli Avv. Gentile e Sforza, che ha chiesto l’accoglimento dei ricorsi

Data Udienza: 21/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 4/4/2013, la Corte di appello di Bari, in parziale riforma
della pronuncia emessa dal locale Tribunale il 20/1/2005, rideterminava la pena
inflitta ad Andrea Argento, Quintiliano Pistoia, Giuseppe Sisto, Armando Virgili,
Luciano Ancona e Giovanni Alò in ordine ai reati di concorso in contrabbando
aggravato di tabacchi lavorati esteri (capo a) e – quanto all’ultimo imputato anche al reato di ricettazione; la Corte, al contempo, dichiarava estinte per

2. Propongono separati ricorsi per cassazione Argento, Luciano Ancona, Alò
e Pistoia – a mezzo dei propri difensori – deducendo i seguenti motivi:
Inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 192 cod. proc. pen.,
mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione. La
Corte di appello avrebbe affermato la responsabilità dei ricorrenti pur
difettando indizi gravi, precisi e concordanti, e pur in difetto di
qualsivoglia quantitativo di tabacco caduto in sequestro od anche solo
avvistato; agli atti, inoltre, non sussisterebbe alcun riscontro
all’esistenza stessa del tabacco medesimo, ben potendo avere avuto il
traffico illecito sulla costa diverso oggetto, quale droga od armi. Del pari,
l’istruttoria non avrebbe fornito alcuna indicazione circa le caratteristiche
del natante visto avvicinarsi alla costa (Argento, Ancona e Pistoia);
Inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 295, comma 1, lett. b),
d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, vizio motivazionale. La Corte di merito
avrebbe riconosciuto la circostanza aggravante in oggetto pur in assenza
dei presupposti di cui alla norma (Argento, Ancona e Pistoia);
Mancanza, contraddittorietà ed illogicità manifesta della motivazione. La
Corte avrebbe motivato in punto di responsabilità dell’Alò soltanto per
relationem,

senza curarsi affatto delle doglianze difensive. La

colpevolezza del ricorrente, inoltre, sarebbe stata desunta da una
circostanza di fatto – la disponibilità di uno dei furgoni – mai riscontrata
dagli atti, al pari del necessario elemento soggettivo del reato di
ricettazione;
Violazione di legge e vizio motivazionale con riguardo al diniego delle
circostanze attenuanti generiche; queste sarebbero state negate in
assenza di adeguata motivazione (Argento, Ancona e Pistoia)

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prescrizione tutte le ulteriori condotte ascritte.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. I ricorsi sono manifestamente infondati.
Con riguardo ai motivi in punto di responsabilità, occorre innanzitutto
ribadire che il controllo del Giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene
alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il
profilo logico-argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto
posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi

del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247). Si richiama, sul punto, il
costante indirizzo di questa Corte in forza del quale l’illogicità della motivazione,
censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett e), cod. proc. pen., è soltanto
quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu ocu/i; ciò in
quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un
orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione
limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un
logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza
della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U., n. 47289 del 24/9/2003,
Petrella, Rv. 226074).
In altri termini, il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene alla
ricostruzione dei fatti né all’apprezzamento del Giudice di merito, ma è limitato
alla verifica della rispondenza dell’atto impugnato a due requisiti, che lo rendono
insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo
hanno determinato; b) l’assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o
di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine
giustificativo del provvedimento. (Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e
altri, Rv. 255542; Sez. 2, n. 56 del 7/12/2011, dep. 4/1/2012, Siciliano, Rv,
251760).
Se questa, dunque, è l’ottica ermeneutica nella quale deve svolgersi il
giudizio della Suprema Corte, le censure che i ricorrenti muovono al
provvedimento impugnato con riguardo alla responsabilità si evidenziano come
manifestamente infondate; ed invero, dietro l’apparenza di un difetto
motivazionale o di una violazione di legge, gli stessi sollecitano al Collegio una
nuova e diversa valutazione delle medesime risultanze istruttorie già esaminate
dai Giudici di merito, analiticamente riportate (deposizione degli operanti,
circostanze di fatto in tema di veicoli presenti in loco e di natante in mare,
verbale di sequestro dei mezzi), invocandone una lettura alternativa e più
favorevole.
Il che, come riportato, non è consentito in questa sede.

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parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 3, n. 12110

I ricorsi, inoltre, obliterano del tutto le motivazioni stese dalla Corte di
merito, la quale – pronunciandosi sulle stesse questioni qui riproposte – ha
confermato il giudizio di colpevolezza (quanto al capo residuo) con percorso
logico.argonnentativo solido, coerente e privo di contraddizioni. In particolare,
quanto al contrabbando, la sentenza ha evidenziato plurimi elementi indiziari,
quali: 1) la presenza di oltre 20 persone all’interno di due furgoni, o nelle
immediate adiacenze, sulla costa di Monopoli, in piena notte; 2) l’avvicinamento
di uno scafo (di dimensioni e caratteristiche imprecisate) che aveva prima

alla vista della Guardia di Finanza, dandosi a precipitosa fuga; 3) la condotta dei
soggetti fermati, i quali avevano avuto immediata cura di bloccare i telefoni
cellulari in loro possesso. Ancora, la sentenza ha sottolineato la mancanza agli
atti di una qualsivoglia difforme spiegazione alle circostanze appena indicate,
giammai fornita dai ricorrenti, neppure in questa sede; di seguito, ha motivato il
verosimile riferimento al tabacco quale oggetto del traffico illecito, specie alla
luce dell’elevato numero di persone presenti, alle cautele impiegate ed alla
frequenza del fenomeno sui litorali pugliesi (numero che, peraltro, avrebbe
consentito di superare le asperità della costa, qualora effettivamente rocciosa
come affermato dagli appellanti); 4) il successivo passaggio, nella zona
medesima, di automezzi blindati, poi allontanatisi alla vista degli operanti,
«ordinariamente utilizzati in quel contesto storico per assicurare le operazioni di
trasbordo e successivo trasferimento dei carichi di t.l.e.»; 5) l’irrilevanza, in
questo contesto indiziario, di un eventuale sequestro.
Una motivazione, quindi, ispirata per un verso alle specifiche ed oggettive
risultanze istruttorie, per altro verso ai rigorosi criteri di logica che debbono
presiedere un processo indiziario, così pervenendo a conclusioni coerenti e
sostenute da un solido percorso argomentativo; in tal modo, quindi, la Corte di
merito ha fatto buon governo del principio secondo cui gli indizi devono
corrispondere a dati di fatto certi – e, pertanto, non consistenti in mere ipotesi,
congetture o giudizi di verosimiglianza – e devono, ex art. 192, comma secondo,
cod. proc. pen., essere gravi – cioè in grado di esprimere elevata probabilità di
derivazione dal fatto noto di quello ignoto – precisi – cioè non equivoci – e
concordantì, cioè convergenti verso l’identico risultato. Requisiti tutti che devono
rivestire il carattere della concorrenza, nel senso che in mancanza anche di uno
solo di essi gli indizi non possono assurgere al rango di prova idonea a fondare la
responsabilità penale (per tutte, Sez. 5, n. 4663 del 10/12/2013, Larotondo, Rv.
258721).
Una motivazione, da ultimo, che i ricorrenti – come accennato intenderebbero contestare in questa sede sol riproponendo le medesime

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azionato dispositivi di illuminazione di grossa portata, quindi disattivato gli stessi

questioni in fatto già sottoposte alla Corte di merito, e senza curarsi della
motivazione redatta dalla stessa.
4. Con riguardo, poi, alla circostanza aggravante di cui all’art. 295, comma
1, lett. b), d.P.R. n. 43 del 1973, la Corte osserva quanto segue.
La norma stabilisce che, con riguardo a taluni delitti di cui al decreto
medesimo (compreso il contrabbando in oggetto), alla multa è aggiunta la
reclusione da tre a cinque anni quando “nel commettere il reato, o
immediatamente dopo nella zona di vigilanza, tre o più persone colpevoli di

ostacolo agli organi di polizia”. Questa aggravante è comunemente interpretata
nel senso che non è necessario che sia posta in pericolo l’incolumità degli agenti,
né che la condotta dei responsabili sia caratterizzata da elementi dinamici
particolari, essendo sufficiente che i colpevoli si avvantaggino di condizioni tali da
costituire un ostacolo per gli agenti stessi, come nel caso in cui ricorrano
particolari situazioni ambientali (ora notturna, mezzi adoperati, facilità per i
responsabili di confondere la propria posizione con quella degli altri). In
sostanza, assume rilievo la oggettiva potenzialità di ostacolo che una
determinata situazione logistica, ambientale o soggettiva può determinare per
l’azione di polizia, a nulla rilevando che questa, in concreto, abbia effettivamente
subito intralci (Sez. 3, n. 19504 del 16/3/2004, De Cicco, Rv. 228690; Sez. 6, n.
12530 del 24/9/1999, Tinnirello, Rv. 216392).
Quel che ha riconosciuto la Corte di appello con riguardo al caso di specie,
nel quale sono state evidenziate – come già dal primo Giudice, la cui motivazione
si lega all’altra in un continuum argomentativo, attesa la cd. doppia conformità le circostanze di tempo e di luogo in cui la condotta era stata tenuta e, quindi,
l’ora notturna, il numero di soggetti ed i mezzi disponibili.
5. Infondato, poi, è il motivo in punto di responsabilità formulato dall’Alò.
Ed invero, la Corte di appello ha richiamato una pacifica risultanza
istruttoria, quale il verbale di sequestro, che dava conto del fatto che lo stesso
ricorrente – al momento dell’intervento – si trovava alla guida dell’Iveco Turbo
Daily tg. AN 505 SE, di sicura provenienza illecita, dal quale accennava un
tentativo di fuga; circostanza in fatto – la disponibilità del mezzo – alla quale
l’Alò non aveva opposto alcuna deduzione, non esibendo alcun documento del
furgone né fornendo alcuna indicazione circa il (lecito) possesso dello stesso. Sì
da pervenire ad un giudizio di responsabilità in ordine al delitto di ricettazione.
In tal modo, quindi, la sentenza ha sviluppato un argomento logico e
coerente e, inoltre, ha fatto buon governo del principio, più volte affermato da
questa Corte, per cui, ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione, la
mancata giustificazione del possesso di una cosa proveniente da delitto

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contrabbando siano sorprese insieme riunite e in condizioni tali da frapporre

costituisce prova della conoscenza della illecita provenienza (per tutte, Sez. 1, n.
13599 del 13/3/2012, Pomella, Rv. 252285).
6. Da ultima, la doglianza in tema di circostanze attenuanti generiche.
Al riguardo, occorre premettere che, per costante indirizzo di legittimità, nel
motivare il diniego della concessione delle circostanze ex art. 62-bis cod. pen.,
non è necessario che il Giudice prenda in considerazione tutti gli elementi
favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente
che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti,

del 19/3/2014, Lule, Rv. 259899). Ciò premesso, rileva il Collegio che la Corte di
merito si è attenuta ha questo orientamento, negando le circostanze generiche in
considerazione della «personalità negativa, perché gravati da precedenti
condanne o per reati in materia di contrabbando o contro il patrimonio, ed in
difetto di qualsivoglia elemento positivo rinvenibile dagli atti processuali».
Una motivazione, dunque, nient’affatto carente o generica, ma adeguata e
fondata su specifici elementi.
I ricorsi, pertanto, debbono essere dichiarati inammissibili. Alla luce della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen. ed a carico di ciascun ricorrente, l’onere delle
spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore
della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 maggio 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535

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