Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29892 del 09/04/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 29892 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LOPORCARO DOMENICO N. IL 26/05/1964
nei confronti di:
LAUTA VITO MICHELE N. IL 29/04/1940
D’AMATO GIUSEPPE N. IL 28/09/1957
CARONE DOMENICO N. IL 08/01/1963
avverso la sentenza n. 347/2011 CORTE APPELLO di BARI, del
10/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA VITELLI CASELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. P Gtt-&4-4-0 2a- V f
che ha concluso per ee I

Data Udienza: 09/04/2013

AS4 C e1/4‘ 01.-t„.4

de< 4..c.„.„4.2....„....... -ir' )( ( fd<41-_,Ax., Udito, p2r la parte civile, l'Avv.., ( 9'"---<-X Udigi difensor 'Avv. 4- 5 " 6{ /44zete Cra,t, 7,4t_t„cr- Pew,z,,,,,,,\:C.‘-- CérviAt i e 4,k4;_t ( Ricorrente LOPORCARO Domenico parte civile Ritenuto in fatto Con sentenza 13 luglio 2010, il GIP del Tribunale di Bari, in esito a giudizio abbreviato, assolveva LAUTA yilt2 Michele e CARONE Domenico dal delitto di cui all'art. 589 cod. pen. commesso in danno di Loporcaro Filomena in Bari ed in Castellana Grotte a partire dal 26 marzo 2001, fino al decesso sopravvenuto in Dichiarava D'AMATO Giuseppe responsabile dello stesso delitto, condannandolo, per l'effetto, alla pena di giustizia nonché al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile Loporcaro Domenico. Al Lauta,in qualità di medico curante della donna in servizio all'Unità operativa di malattie infettive del Policlinico di Bari, si imputava di aver contribuito, per imperizia e negligenza, a cagionarne la morte per aver erroneamente diagnosticato, a fronte di un quadro clinico inequivocamente indicativo di una patologia linfoproliferativa, una linfoadenopatia a carattere reattivo, non permettendo in tal modo un tempestivo ed adeguato intervento. Agli imputati D'Amato e Carone, in qualità di medici in servizio presso l'Istituto " Saverio De Bellis " di Castellana Grotte si muoveva l'addebito di aver negligentemente ed imprudentemente sottovalutato,senza procedere ad adeguata anamnesi, il dato di laboratorio costituito dal valore elevato del marcatore " CA 125 " riscontrato nella paziente, di guisa da averla poi sottoposta, con superficiale frettolosità operativa, alla Fivet,così ostacolando la diagnosi di linfoma non Hodgkin che ne determinava la morte. La Corte d'appello di Bari, investita dalle impugnazioni del Procuratore della Repubblica nei confronti degli imputati assolti Carone e Lauta e di quella dell'unico imputato condannato D'Amato, confermava le statuizioni assolutorie e pronunziava l'assoluzione anche del D'Amato, per non avere commesso il fatto. Propone ricorso per cassazione la parte civile LOPORCARO Domenico articolando un unico motivo per vizio motivazionale. Sostiene il ricorrente che la Corte d'appello di Bari avrebbe mandato assolti gli imputati Lauta, Carone e D'Amato,grazie ad una motivazione carente ed illogica. In particolare, quanto al posizione del Carone e del D'Amato, i Giudici d'appello, applicando il c.d. giudizio controfattuale, avrebbero ritenuto che la Fivet, ove non effettuata, non avrebbe impedito l'evento morte ovvero non l'avrebbe ritardatckd i in difetto di qualsivoglia plausibile argomentazione di carattere logico / scientifico ed in contrasto con l'opposta conclusione cui erano pervenuti i periti secondo i quali la negligenza che connotò la condotta degli imputati Carone e D'Amato ebbe a Perugia il 14 agosto 2004, con la formula: " per non aver commesso il fatto ". contribuire al ritardo con cui fu formulata la diagnosi di linfoma non Hodgkin a sua volta causa della morte della paziente cui non furono tempestivamente somministrate le adeguate terapie. La Corte d'appello infine avrebbe immotivatamente condiviso la tesi difensiva del D'Amato che,sulla base di quanto riportato nella cartella clinica, sostenne di non aver partecipato alla Fivet, disattendendo il contrario assunto del denunziante che chiarì che l'imputato non ebbe formalmente a figurare tra gli operatori indicati nella cartella clinica nel primo intervento del marzo 2001, molto verosimilmente perché,essendo l'attività professionale esercitata in una struttura privata. Con memoria 22 marzo 2013, depositata in cancelleria, il difensore dell'imputato Lauta ha eccepito l'inammissibilità del ricorso della parte civile, per genericità dei motivi dedotti, instando per la condanna della parte civile alla rifusione delle spese. Con ulteriore memoria difensiva - note d'udienza,depositata in cancelleria in data 8 aprile 2013, lo stesso imputato ha altresì eccepito l'inammissibilità del ricorso della parte civile in quanto proposto avverso statuizioni civili già coperte da giudicato. L'imputato D'Amato ha altresì depositato in cancelleria in data 2 aprile 2013 memoria difensiva redatta a ministero del difensore, con la quale ha conclusivamente richiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso della parte civile. Anche l'imputato Carone, con apposita memoria in data 27 marzo 2013, redatta dal difensore ex art. 121 cod.proc. pen. ha insistito per la declaratoria di inammissibilità del ricorso della parte civile, con condanna alla rifusione delle spese processuali. Deve inoltre darsi atto che la parte civile LOPORCARO Domenico trasmetteva in cancelleria in data 8 aprile 2013, dichiarazione in egual data,di rinunzia all'impugnazione proposta, limitatamente alle posizioni degli imputati Lauta Vito Michele e Carne Domenico, recante in calce la firma autenticata dal cancelliere del Tribunale di Bari - Sezione staccata di Altamura. Considerato in diritto Il ricorso proposto dalla parte civile è inammissibile; quanto agli imputati Lauta e Carone, ex art. 591 comma 1° lett. d) codice di rito in presenza di rituale dichiarazione di rinunzia all'impugnazione;quanto all'imputato D'Amato, ex art.603, comma 3° codice di rito, perché basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità. Come sopra evidenziato, il ricorso, sotto l'apparente deduzione di vizi motivazionali della sentenza impugnata, enuncia in realtà censure non deducibili 2 dipendente di una struttura sanitaria pubblica, non avrebbe potuto far figurare dinanzi a questa Corte, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché l'apprezzamento del materiale probatorio: profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, immune da vizi logico - giuridici, perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento rigorosamente ancorato alle incontestabili risultanze probatorie. Hanno invero ritenuto i Giudici di seconda istanza la posizione del D'Amato sostanzialmente sovrapponibile a quella del Carone, avendo entrambi dell'esclusione del nesso di causalità, che non era certo che la Fivet, ove non effettuata, avrebbe impedito l'evento morte con elevato grado di credibilità razionale ovvero lo avrebbe ritardato,avendo peraltro i periti affermato in termini generici che la stessa Fivet " contribuì al ritardo con cui si giunse alla diagnosi di linfoma non Hodgkin ". Né era possibile obiettivamente addebitare a negligenza, secondo la Corte d'appello, la sottovalutazione del dato di laboratorio costituito dall'elevato valore del marcatore CA 125, protrattosi per oltre un anno, ascritta sia al Carone che al D'Amato giacchè il primo operatore specialista in patologia della riproduzione umana - fece del tutto legittimamente, affidamento sulle rassicurazioni del medico curante della paziente dr.Vizziello e sulla professionalità degli altri sanitari, specialisti, in servizio al Policlinico di Bari oltreché sugli esiti degli esami istologici su di un linfonodo prelevato mediante biopsia, stimando detto quadro clinico non ostativo all'esecuzione della Fivet. Ciò posto in relazione ai tratti comuni delle posizioni degli imputati Carone e D'Amato, la Corte distrettuale ha altresì confutato, per mancanza di riscontri probatori, la tesi sostenuta dal Primo Giudice che affermò che il D'Amato ebbe a "prendere in carico " la paziente ed a rivestire quindi una posizione di garanzia nei suoi confronti, nella doppia veste di medico privato e di responsabile dell'unità operativa di fisiopatologia della riproduzione umana durante il ricovero della donna presso l'Ospedale "S. De Bellis" di Castellana Grotte, tanto emergendo unicamente da quanto riferito nella denunzia sporta dal coniuge. Con motivazione del tutto congrua ed aderente alle risultanze di fatto, sottoposte a sistematico e coordinato vaglio critico, la Corte d'appello ha escluso che il D'Amato fosse uno degli esecutori della Fivet eseguita presso l'Ospedale di Castellana Grotte e che avesse compiuto qualsivoglia atto medico sulla donna nello stesso nosocomio, come dimostrato dal contenuto delle cartelle cliniche e dell'altra documentazione sanitaria in atti. Era invece emerso, quale elemento pacifico ed incontestabile, che il ginecologo dr. Viziello aveva rivestito il ruolo di "medico privato" di Lopurcaro Filomena, avendola da molto tempo in cura per i problemi di sterilità. Conseguentemente non era possibile ritenere legittimamente dimostrata una relazione terapeutica tra la paziente ed 3 contribuito a sottoporre la paziente alla Fivet, sul rilievo assorbente, agli effetti il D'Amato tale da costituire fonte della posizione di garanzia e quindi dell'obbligo giuridico di impedire l'evento sul quale s'impernia la sussistenza del nesso di causa nei reati omissivi impropri. Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna della ricorrente parte civile al pagamento delle spese processuali nonché ( trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente:cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 - 13 giugno 2000 ) al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo Sussistono giustificati motivi per far luogo alla integrale compensazione delle spese del presente giudizio tra le parti, attesa l'incontestabile complessità della vicenda processuale. PQM Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a favore della cassa delle ammende. Compensa integralmente le spese tra le parti del presente giudizio. Così deciso in Roma,lì 9 aprile 2013. determinare in euro 1.000,00.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA