Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29891 del 23/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29891 Anno 2016
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
GERMANO GIOVANNI, nato il 26/06/1973
avverso la sentenza del 06/12/2013 della Corte di Appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. G. Rago;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Roberto
Aniello, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità;

FATTO e DIRITTO

1. Giovanni GERMANO, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso
per cassazione contro la sentenza del 06/12/2013 della Corte di Appello di Napoli
– confermativa della responsabilità penale in ordine al delitto di appropriazione
indebita di una somma di denaro di spettanza della Clintex s.r.l. – deducendo i
seguenti motivi:
1.1. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 8-9 COD. PROC. PEN. per avere la Corte ritenuto la
competenza territoriale del Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere, nonostante
il /ocus commissi delicti fosse la sede della suddetta società ossia il luogo dove il
ricorrente aveva manifestato la propria volontà di trattenere le somme oggetto di
contestazione;

Data Udienza: 23/06/2016

1.2. VIOLAZIONE DELL’ART. 646 COD. PEN.

per avere la Corte ritenuto la

configurabilità del reato nonostante la mancanza dell’elemento psicologico.

2. Il ricorso è manifestamente infondato.

2.1. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 8-9 COD. PROC. PEN.:

la censura, meramente

reiterativa rispetto agli argomenti addotti nel giudizio di merito, è
manifestamente infondata.

sulla base della seguente testuale motivazione: «va rilevato come nel caso di
specie dal contratto di “Mandato di rappresentanza” in data 23.2.2002 tra Clintex
s.r.l. e l’odierno appellante Germano Giovanni (prodotto alla udienza del
6.7.2009) emerge (cfr. art. 5) che l’agente aveva facoltà di incassare dai clienti i
pagamenti eseguiti in favore della Clintex mediante assegni ovvero danaro
contante con obbligo da parte sua di “rimettere il giorno stesso alla società le
somme o gli effetti cambiari o gli assegni ottenuti”. Se ne deve concludere che,
essendo rimasto non pienamente dimostrato quale fosse il luogo ove il Germano
si sia di volta in volta trovato il medesimo giorno in cui ciascuna delle somme
venne da lui incassata, ed in cui l’obbligo di consegnarle alla committente veniva
a scadenza, correttamente il titolare della azione penale ha individuato il Giudice
competente, mediante il ricorso al criterio residuale di cui all’art. 9 co. 2 c.p.p.,
in quello del luogo di domicilio e o residenza del prevenuto».
La suddetta decisione è del tutto conforme alla giurisprudenza di questa
Corte di legittimità secondo la quale: «Il delitto di appropriazione indebita è
reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa, nel
momento in cui l’agente compie un atto di dominio sulla cosa con la volontà
espressa o implicita di tenere questa come propria, con la conseguenza che il
momento in cui la persona offesa viene a conoscenza del comportamento illecito
è irrilevante ai fini della individuazione della data di consumazione del reato e di
inizio della decorrenza del termine di prescrizione»: Cass. 17901/2014 Rv.
259715; Cass. 1670/2015 Rv. 261731; Cass. 35267/2007 Rv. 237850.
Di conseguenza, poiché l’incerto elemento fattuale evidenziato dalla Corte,
non è messo in discussione dal ricorrente, la censura è manifestamente
infondata.

2.2. VIOLAZIONE DELL’ART. 646 COD. PEN.: la censura dedotta è manifestamente
infondata in quanto meramente reiterativa rispetto a quella dedotta in appello e
disattesa dalla Corte Territoriale sulla base della seguente testuale motivazione:
«va rilevato che con l’odierno gravame la difesa del Germano, affermando che
quest’ultimo non aveva mai disconosciuto di aver trattenuto le somme per cui è

2

La Corte Territoriale, ha disatteso la medesima censura in punto di fatto,

processo, ne ha chiesto l’assoluzione sul presupposto secondo cui egli, in
relazione alle provvigioni già maturate, era creditore per importi di ammontare
ben superiore alle somme in contanti da egli trattenute. Ad avviso della Corte
tale rilievo non appare dirimente ai fini della valutazione della sussistenza della
penale responsabilità in ordine al delitto di appropriazione indebita, essendo
emerso non solo dal dato testuale rinvenibile nel contratto (cfr. art. 7 per i
pagamenti andati a buon fine ma anche dalle dichiarazioni rese dal teste
Gallotta, (cfr. trascrizione ud. 14.7.2009) che l’agente non aveva facoltà di

mese dalla ditta sulle provvigioni già maturate, avveniva soltanto una volta ogni
due mesi ed esclusivamente attraverso la modalità costituita dalla emissione di
assegni da parte della stessa ditta Clintex (cfr. pag. 9 trascr. cit.). Tanto fa
escludere che quello alla restituzione delle trattenute operate fosse un credito
liquido o quantomeno esigibile che l’appellante Germano potesse opporre in
compensazione trattenendone l’importo sulle somme da lui incassate dai clienti».
Si tratta di una incensurabile ricostruzione in fatto dalla quale la Corte ha
tratto le corrette conseguenze giuridiche (non compensabilità dei rispettivi crediti
che non poteva essere ignorata, stante la chiara pattuizione contrattuale,
neppure per errore): la censura è, quindi, manifestamente infondata.

3. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché
al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e
valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C
1.500,00.
La declaratoria di inammissibilità preclude la rilevabilità della prescrizione in
applicazione del principio di diritto secondo il quale «l’inammissibilità del ricorso
per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il
formarsi di un valido rapporto d’impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità
di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc.
pen.»: ex plurimis SSUU 22/11/2000, De Luca, Riv 217266 – Cass. 4/10/2007,
Impero; Sez. un., 2 marzo 2005, n. 23428, Bracale, rv. 231164; Sez. un., 28
febbraio 2008, n. 19601, Niccoli, rv. 239400; SSUU, 12602/2016, Ricci;

P.Q.M.
DICHIARA
inammissibile il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.500,00 in
favore della Cassa delle Ammende.

3

operare alcuna ritenuta, e che la restituzione delle trattenute operate di mese in

Sentenza a motivazione semplificata

Così deciso il 23/06/2016

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