Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29891 del 13/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29891 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

Data Udienza: 13/05/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DIOUF MAMADOU N. IL 18/03/1988
avverso la sentenza n. 505/2011 CORTE APPELLO di LECCE, del
07/07/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ?odo 6.,-kadzt:
che ha concluso per fa 9€41
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U o, per la parte civile, l’Avv
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pe,<__Lg, ~ RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di Appello di Lecce, pronunciando nei confronti dell'odierno ricorrente DIOUF MAMADOU, con sentenza del 7.7.2014, confermava la sentenza con cui il Tribunale di Brindisi sezione distaccata di Francavilla Fontana il 23.11.2010 lo aveva condannato — unificati i reati per continuazione e considerate le circostanze attenuanti generiche - alla pena di mesi 6 di reclusione ed euro 600 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali, con pena sospesa, confisca e distruzione di tutto il materiale in sequestro, pubblicazione su "Il Quoti- ridiche e delle imprese per anni 5, avendolo riconosciuto colpevole del reato di cui; A) agli artt. e 474 c.p.; C) 171ter co. 4 L. 22.4.1941 n° 633 avvinti dal nesso della continuazione ai sensi dell'art. 81 cpv. cod. pen., per avere detenuto per la vendita prodotti industriali con marchi contraffatti, ricevuti da terzi non identificati, nella consapevolezza della loro provenienza illecita, consistiti in diverse paia di occhiali indicati nel verbale di sequestro del eseguito dalla Guardia di Finanza di, sui quali erano apposti i marchi contraffatti RAYBAN, DIOR, FERRE', GIORGIO ARAMANI, CAVALLI, D&G e CHANEL e per avere detenuto per la vendita 24 CD audio e video, reati commessi in Ceglie Messapica, il 13.6.2007. Già il giudice di primo grado aveva assolto l'imputato dal reato di cui all'art. 648 cod. pen. (originario capo B dell'imputazione) perché il fatto non costituisce reato. 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, DIOUF MAMADOU, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.: a. Violazione dell'art. 530 cod. proc. pen. in relazione all'art. 474 cod. pen. Motivazione assente, comunque illogica e contraddittoria (art. 606 lett. e cod. proc. pen.). Il ricorrente deduce che la Corte di Appello di Bari avrebbe motivato illogicamente sulla doglianza difensiva relativa all'assenza di prova dell'effettiva contraffazione degli occhiali. I giudici della Corte territoriale avrebbero presunto una competenza ed una esperienza tale nei testi di p.g. escussi da giustificare l'inutilità di qualsiasi ulteriore accertamento tecnico sulla ritenuta falsificazione. Certamente, a prescindere dalla concreta verifica dell'attività abitualmente svolta dagli agenti, se anche le ragioni di ufficio giustifichino una competenza in fatto di sequestri, lo stesso non può dirsi in relazione alla conoscenza dell'originalità dei marchi. 2 diano", a spese dell'imputato e interdizione dagli uffici direttivi delle persone giu- Tenuto conto dell'innumerevole diversificazione di marchi e merce è impensabile, secondo il ricorrente, che un operatore di p.g. possa emettere un giudizio certo sull'originalità di qualsiasi marchio esistente. E anche alla carenza di prova sulla registrazione dei marchi non sì può sopperire sopperita con la notorietà degli stessi. La normativa in materia prevede estremo rigore nella specificazione delle caratteristiche del marchio ed una validità territorialmente limitata. La notorietà di un marchio a livello internazionale non ha nulla a che vedere - ci si duole ancora in ricorso-con l'estensione territoriale della registrazione del mar- b. Violazione dell'art. 530 cod. proc. pen. in relazione all'art. 171 ter L. 633/41. Difetto probatorio e motivazione assente, comunque illogica e contraddittoria (art. 606 lett. e cod. proc. pen.). La motivazione della sentenza impugnata sarebbe illogica e contraddittoria nella parte in cui ritiene integrato il reato di cui all'art. 171 ter L.633/41, in mancanza dì qualsiasi riscontro probatorio sulla sussistenza dell'elemento oggettivo. Il mancato accertamento della natura delle opere dell'ingegno non avrebbe permesso di stabilire se le stesse fossero coperte dal diritto di autore. La sentenza riterrebbe la natura illecita delle riproduzioni dall'attività posta in essere dall'appellante. Il ragionamento non può condividersi perché in tal modo si legittimerebbe una presunzione di sussistenza di tutela economica nei confronti di qualsiasi opera musicale, con un'inaccettabile inversione dell'onere della prova a carico dell'imputato. Non tutte le opere dell'ingegno darebbero adito a possibilità di proventi economici, se non prima pubblicate e timbrate. Nessuna verifica sarebbe stata svolta per accertare se le opere registrate sui supporti sequestrati fossero opere tutelabili. Sul punto la Corte distrettuale non avrebbe motivato nulla pur in presenza di uno specifico motivo di gravame. c. Eccessività della pena irrogata. Violazione degli artt. 3 e 27 Cost. Motivazione carente ed illogica, violazione di legge, mancata concessione dell'attenuante di cui all'art. 62, n.4 cod. pen., violazione dell'art. 36 cod. pen. (art. 606 cod. proc. pen.) Si lamenta l'eccessività della pena applicata a la mancata concessione dell'attenuante di cui all'art. 62 cod. pen. La quantità esigua del materiale sequestrato, l'esiguo vantaggio conseguito o da conseguire con il reato, le condizioni economiche e il comportamento dell'imputato extracomunitario, proveniente da un paese povero, in stato di difficoltà avrebbe dovuto far propendere per un trattamento sanzionatorio più mite e per l'applicazione dell'attenuante. 3 chio che deve essere accertata nel caso specifico. I giudici non avrebbero svolto alcuna indagine sulla lesione del bene tutelato dalla norma penale né hanno valutato le circostanze significative che avrebbero consentito di mitigare la pena. Inoltre l'art. 36 cod. pen., sarebbe stato modificato con la L. 106/2011, che non prevede più la pubblicazione su i quotidiani, ma sul sito del Ministero della Giustizia. Pertanto la Corte distrettuale avrebbe dovuto rideterminare di ufficio la pena accessoria, estremamente onerosa per l'imputato. Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata, con ogni conse- CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Ad avviso del Collegio appare fondato il solo motivo relativo alla motivazione circa la sussistenza del reato di cui all'art. 171ter I. 633/1941, con le sue conseguenze anche in punto di trattamento sanzionatorio, dovendosi il ricorso rigettare nel resto. 2. Infondato è il motivo di doglianza riferito alla motivazione circa l'affermazione di penale responsabilità per il reato di cui all'art. 474 cod. pen. La Corte territoriale ricorda in sentenza, il luogo ed il contesto in cui e avvenuto il controllo da cui ha preso avvio il presente procedimento, tale da non lasciare dubbi sulla destinazione alla vendita da parte dell'appallante dei prodotti descritti nel capo di imputazione. DIOUF MAMADOU, infatti, veniva sorpreso dai finanzieri "nel corso di una festa paesana ... con alcune custodie di occhiali in mano" che esibiva ai passanti e "con uno zaino a tracolla" nel quale era custodita tutta la restante merce indicata nel capo di imputazione che veniva sottoposta a sequestro in parte (gli occhiali) perché recava evidenti marchi contraffatti (come rilevato dal teste Dugo in ragione dell'infimo livello qualitativo dei materiali e delle finiture e delle modalità di vendita) ed in parte (i CD audio e video) perché riprodotti abusivamente e comunque privi del marchio SIAE. Proprio perché sorpreso ad offrire in vendita la merce l'uomo cercava di sottrarsi al controllo dandosi alla fuga. Corretto in punto di diritto appare il rilievo che l'art. 474 cod. pen. tuteli principalmente non l'acquirente, ma la pubblica fede intesa come affidamento delle persone nei marchi e nei segni distintivi, derivandone che, ai finì della valutazione della grossolanità della falsificazione, l'attitudine di questa ad ingenerare confusione deve essere apprezzata non con riferimento al momento dell'acquisto, ma in relazione alla visione degli oggetti nel loro successivo uso da parte di un numero indistinto di individui (così la richiamata sez. 5, n. 33324 del 4 guenza di legge. 17.4.2008, Gueye, rv. 241347, ma anche le successive sez. 2, n. 22133 del 19.2.2013, Ye ed altro, rv. 255933). E' stato precisato da questa Corte di legittimità, in più occasioni, che ai fini del delitto dì cui all'art. 474 cod. pen. non ha rilievo la configurabilità della cosiddetta contraffazione grossolana, considerato che l'art. 474 cod. pen. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell'acquirente, ma la pubblica fede, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi o segni distintivi, che individuano le opere dell'ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la non occorre la realizzazione dell'inganno e nemmeno ricorre l'ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno (così sez. 2, n. 20944 del 4.5.2012, P.G. in proc. Diasse, rv. 252836; conf. sez. 5, n. 21049 del 26.4.2012, Pascale, rv. 252974; sez. 5, n. 5260 dell'11.12.2013 dep. il 3.2.2014, Faje, rv. 258722) 3. Correttamente la Corte territoriale rileva che la norma intende tutelare l'identità del prodotto industriale che sarebbe svilita ad un'osservazione superficiale di coloro che indossino o portino con sé prodotti apparentemente di quel marchio. Dunque, la grossolanità del falso, che esclude il reato, si determina solo quando le caratteristiche de/ prodotto sono tali da eliminare immediatamente, a priori, la possibilità che una persona di comune avvedutezza e discernimento sia tratta in inganno (così la richiamata sez. 2, n. 16821 del 3.4.2008, Diop Mamadou, rv. 239783). Nel caso di specie - si ricorda nella motivazione del provvedimento impugnato- i marchi non presentavano caratteristiche tali da consentire di coglierne ad un loro esame superficiale la non originalità. Sul punto viene evidenziato, infatti, che il teste Dugo (finanziere che ha operato il controllo ed il sequestro della merce), non ha affermato di avere riconosciuto la contraffazione del marchio della merce sequestrata all'imputato sulla base della sua conformazione, ma di altri particolari (la qualità scadente dei prodotti, le modalità di vendita e il fatto che l'imputato non fosse in grado di esibire documentazione non solo fiscale comprovante il lecito acquisto della merce) su cui legittimamente può deporre un teste qualificato come un militare della polizia municipale addetto al controllo dei venditori ambulanti. Va qui riaffermato il principio che la prova della falsificazione del marchio di un bene può essere fornita anche dalla testimonianza del soggetto operante, laddove, come nel caso che ci occupa, si tratti di un soggetto qualificato aduso a tale genere di controlli e lo stesso spieghi in maniera logica attraverso quali indici 5 circolazione; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione rivelatori egli è pervenuto alla conclusione che si trattasse di un prodotto contraffatto. La sentenza impugnata, in proposito, opera dunque una corretta applicazione del principio costantemente affermato da questa Corte regolatrice secondo cui in tema di prova testimoniale, il divieto di esprimere apprezzamenti personali, posto in via generale dall'art. 194 comma terzo cod. proc. pen., non vale qualora il testimone sia una persona particolarmente qualificata, che riferisca su fatti caduti sotto la sua diretta percezione sensoriale ed inerenti alla sua abituale e par- (così questa sez. 3, n. 11938 del 1.10.1998, Russo, rv. 212173; conf. sez. 5, n. 38221 del 12.6.2008, Kofilova, rv. 241312; sez. 2, n. 22343 del 4.5.2010, Valgimigli, rv. 247526; sez. 2, n. 44326 dell'11.11.2010, Tavernari, rv. 249180 relativa proprio ad un caso in cui la Corte ha rilevato che la contraffazione di marchi, modelli e segni distintivi ben può essere accertata in via testimoniale mediante escussione di soggetti qualificati, in virtù delle conoscenze acquisite nel corso di abituale e specifica attività). 4. La Corte territoriale fa buon governo anche della giurisprudenza ormai univoca di questa Corte di legittimità secondo cui l'affermazione di responsabilità per l'acquisto o la ricezione di beni con marchi contraffatti o alterati non richiede che sia provata l'avvenuta registrazione dei marchi, condizione essenziale per affermare l'esistenza del delitto presupposto, se si tratta di marchi di largo uso e di incontestata utilizzazione da parte delle società produttrici (cfr. ex plurimis sez. 2, n. 22693 del 13.5.2008, Rossi, rv. 240414, ove questa Corte ha precisato che, in tali casi, è onere difensivo la prova della dedotta mancanza di registrazione del marchio). In un caso assolutamente speculare rispetto a quello all'odierno esame è stato condivisibilmente affermato che, ai fini della sussistenza del delitto previsto dall'art. 474 cod. pen, allorché si tratti di marchio di larghissimo uso e di incontestata utilizzazione da parte delle relative società produttrici, non è richiesta la prova della sua registrazione, gravando in tal caso l'onere di provare la insussistenza dei presupposti per la sua protezione su chi tale insussistenza deduce. (sez. 5, n. 5215 del 24.10.2013 in una fattispecie relativa ai marchi "Armani", "Dior", "Lacoste", "Richmond"). Correttamente viene ricordato nel provvedimento impugnato che la salvaguardia apprestata dall'art. 474 c.p. ricorre non solo se ci si trovi in presenza della riproduzione abusiva del marchio ma anche nel caso di una mera imitazione del marchio medesimo, che tuttavia concerna gli elementi essenziali dello stesso. 6 ticolare attività, giacché in tal caso l'apprezzamento diventa inscindibile dal fatto Sul punto vale il richiamo al dictum di questa Suprema Corte, laddove si è precisato che il reato previsto dall'art. 474 cod. pen. è configurabile qualora la falsificazione, anche imperfetta e parziale, sia idonea a trarre in inganno i terzi, ingenerando confusione tra contrassegno e prodotto originali e quelli non autentici e quindi errore circa l'origine e la provenienza del prodotto. Si è di fronte al reato di cui all'art. 474 cod. pen., in altri termini, purché la falsificazione sia idonea ad ingenerare confusione, con riferimento non solo ai momento dell'acquisto, bensì alla loro successiva utilizzazione, a nulla rilevando che il marchio, se un marchio identico o simile ad altro notorio anteriore utilizzato per prodotti o servizi sia omogenei o identici, sia diversi, allorché al primo derivi un indebito vantaggio dal carattere distintivo a dalla notorietà del secondo (cfr. sul punto la richiamata sez. 2 sent. 25073/2010). 5. Fondato, invece, è il motivo che attiene alla mancanza di motivazione, tanto nella sentenza di primo grado che in quella di appello, circa la sussistenza dell'elemento oggettivo del reato di cui all'art. 171ter co. 1 lett. c) I. 633/1941. In particolare, non si dà conto in alcuna motivazione di come si sia pervenuti alla prova che i contenuti registrati sui 24 cd sequestrati corrispondessero alle opere coperte da diritto d'autore di cui alle copertine. Sui punto, peraltro, vi era uno specifico motivo di appello (cfr. pag. 26 dell'appello del 18.2.2011 a firma dell'avv. Salvatore Centonze). Trattandosi di registrazioni che gli stessi giudici del merito indicano essere assolutamente artigianali tale corrispondenza, evidentemente, non può presumersi e necessita che i supporti sequestrati vengano, almeno a campio- ne, visionati o ascoltati attraverso gli appositi riproduttori dagli operatori, che potranno poi riferirne circa l'effettività dei contenuti ed eventualmente anche circa la loro qualità. In difetto di tale prova, di cui il giudice dovrà dare conto in motivazione pare evidente- non può dirsi che ci si trovi di fronte al reato in contestazione. La sentenza impugnata va perciò annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Lecce per una nuova valutazione in ordine al reato di cui all'art. 171ter I. 633/1941. Conseguentemente dovrà essere rivalutato il trattamento sanzionatorio complessivo, ivi compresa una nuova valutazione circa la concepibilità della circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 4 cod. pen. (che tenga conto dell'illogicità della motivazione in punto di diniego a fronte di occhiali che vengono definiti a pag. 3 di "qualità scadente" e di 24 cd), e l'adeguamento dell'irrogata pena accessoria al nuovo disposto di cui alla I. 106/2011. 7 notorio, risulti o non, registrato, data l'illiceità dell'uso, senza giusto motivo, di P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all'art. 171ter I. n. 633/41 con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Lecce. Rigetta il ricorso nel resto. Così deciso in Roma il 13 maggio 2015 Il Presidente 92 Ilsigliere e ktensore

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