Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29890 del 05/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29890 Anno 2013
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) FOCARDI GIULIO, N. L’8.5.1973
avverso la sentenza n. 2294/2012 pronunciata dalla Corte di Appello di Milano
5/12/2012;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;
udite le conclusioni del P.G. Dott. Francesco Mauro Iacoviello, che ha concluso
per l’annullamento con rinvio limitatamente al punto relativo alla sanzione del
lavoro sostitutivo;
RITENUTO IN FATTO
1.1 Ricorre per cassazione Focardi Giulio avverso la sentenza indicata in
epigrafe con la quale la Corte di Appello di Milano ha parzialmente riformato
quella in data 20.7.2011 del Tribunale di Monza che aveva riconosciuto il
predetto colpevole del reato di cui all’art. 186, commi 1 e 2, lett. c) C.d.S.
(commesso il 16.1.2009), e l’aveva condannato alla pena di mesi due di arresto
ed Euro 1000,00 di ammenda, con la sospensione condizionale della pena e la
non menzione della condanna.
La Corte di Appello ha disposto la conversione della pena detentiva inflitta
all’imputato in quella di euro 2280 di ammenda.

1.2. Deduce violazione di legge e vizio motivazionale in ordine al diniego
della sostituzione della pena inflitta con il lavoro di pubblica utilità ex art. 186,

Data Udienza: 05/04/2013

comma 9bis C.d.S., avendo la Corte di Appello erroneamente ritenuto più
favorevole la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria ai sensi
degli artt. 53 e ss. L. n. 689/81; laddove la giurisprudenza di legittimità ha
affermato che la disciplina approntata con l’introduzione dell’art. 186, co. 9bis ad
opera della I. 120/2010 è di maggior favore per il reo, rispetto alla previgente.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è infondato e pertanto non merita accoglimento.
186, comma 9bis C.d.S. (che prevede la pena sostitutiva del lavoro di pubblica
utilità, con l’aggiunta, in caso di esito positivo, dell’estinzione del reato, della
riduzione alla metà della sanzione della sospensione della patente e della revoca
della confisca del veicolo sequestrato) e, dall’altro, è stata inasprita la pena
detentiva prevista (dal previgente D.L. 23 maggio 2008, n. 92, art. 4) per il
reato di cui al comma 2, lett. c) dell’art. 186 C.d.S., con introduzione del minimo
edittale di sei mesi ed innalzamento del massimo ad un anno di arresto (ferma
restando la congiunta pena dell’ammenda da euro 1.500,00 ad euro 6.000,00).
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, anche ai fatti commessi sotto la
vigenza del precedente regime può essere applicata siffatta pena sostitutiva.
Infatti è stato ritenuto che, nel complesso, la nuova disposizione, alla luce dei
vantaggi introdotti a fronte del contestuale inasprimento della sanzione, laddove
sia intervenuta la specifica scelta dell’imputato ovvero la sua mancata
opposizione, divenga per lui oggettivamente ed in concreto più favorevole
rispetto a quella previgente. Infatti, per un primo aspetto, “l’individuazione, tra
una pluralità di disposizioni succedutesi nel tempo, di quella più favorevole al
reo, va eseguita non in astratto, sulla base della loro mera comparazione, bensì
in concreto, mediante il confronto dei risultati che deriverebbero dall’effettiva
applicazione di ciascuna di esse alla fattispecie sottoposta all’esame del giudice”
(Sez. 1, n. 40915 del 2.10.2003, Rv. 226475 ed altre conformi). Per altro, il
principio della doverosa applicazione del trattamento più favorevole all’imputato
non permette di combinare un frammento normativa di una legge a frammento
normativa di altra legge, perché in tal modo si verrebbe ad applicare una terza
fattispecie di carattere intertemporale non prevista dal legislatore, violando così
il principio di legalità (cfr. Cass. Sez. 4, n. 36757 del 4.6.2004, Rv. 229687).
2.2. Nel caso in esame il giudice di primo grado, pur avendo pronunciato la
sentenza in data posteriore al 30.7.2010, ha inflitto una pena pari a mesi due di
arresto ed euro 1000,00 di ammenda, senza peraltro esplicitare le ragioni per le

quali non ha trovato applicazione la disciplina recata dalla legge n. 120/2010.

2

2.1. Con la L. 29 luglio 2010, n. 120 da un canto è stato introdotto l’art.

Ancorchè non esplicitato, appare chiaro che motivo di ciò è nella ritenuta
Impossibilità di dare applicazione alla nuova previsione ove l’imputato non ne
chieda l’integrale osservanza. Ed invero, con l’atto di appello l’imputate)” si era
limitatzra richiedere la sostituzione della pena, facendo cioè riferimento a quella
determinata dal primo giudice alla stregua del regime previgente alla I.
120/2010; pertanto non alla diversa pena principale derivante dall’applicazione
del combinato disposto agli artt. 186, co. 2 C.d.s. e 2 cod. pen.
In tal modo si è preteso che la Corte di Appello facesse applicazione di una
principio sopra richiamato.
La sentenza di secondo grado, quindi, perviene correttamente alla reiezione
della richiesta, sia pure attraverso un percorso motivazionale non del tutto
esplicitato (in ordine alle condizioni perché la motivazione implicita sia
ammissibile cfr. Sez. 6, n. 20092 del 04/05/2011, Schowick, Rv. 250105).
3. Segue, al rigetto del ricorso, la condanna del a/ ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna dft ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5/4/2013.

disciplina costituita da frammenti di distinti complessi normativi, in violazione del

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