Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29886 del 30/04/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29886 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Roveto Romano, n. a Cetraro il 23/09/1961;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano in data 19/06/2014;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale E. Delehaye, che ha concluso per il rigetto;
uditi i difensori di fiducia, Avv. ti M. Krogh e R. Giannini, che hanno concluso per
l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1.Roveto Romano ha proposto ricorso nei confronti della sentenza della Corte
d’Appello di Milano in data 19/06/2014 che ha ridotto ad anni sei e mesi due di
reclusione la pena irrogata dal Tribunale di Milano in data 19/12/2013 per i reati
di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 in relazione a plurimi episodi di
cessione di cocaina a Scorza Mario (segnatamente i fatti contestati ai capi c), d)
ed e) dell’imputazione essendo, per gli altri, intervenuta sentenza assolutoria già
in primo grado).

Data Udienza: 30/04/2015

2. Dopo avere premesso che la sentenza della Corte d’Appello di Brescia del
09/10/2013, divenuta definitiva 1’8/01/2014, che ha assolto Roveto in sede di
revisione per non avere commesso il fatto per la detenzione e cessione a Scorza
di gr. 298,68 contestato come commesso il 24/03/2009 ha accertato che tra i
due vi erano unicamente ragioni di collaborazioni e commissioni lavorative, che

nessun carattere criptico avevano avuto le comunicazioni tra Roveto, Scorza e
Serena Filippi, deduce in via pregiudiziale l’inosservanza di legge, la mancata
assunzione di prova decisiva e la mancanza di motivazione in relazione al rigetto
delle richieste di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale consistite
nell’acquisizione dell’attestazione del passaggio in giudicato della sentenza del
09/10/2013 della Corte d’Appello di Brescia, nella citazione, per l’esame o il
riesame, dell’Ing. Dezzani riguardo all’analisi del materiale fotografico e filmato,
nella citazione di testimoni a discarico vari, e nell’acquisizione di videoripresa
operata dalla polizia scientifica della Questura di Pavia con riferimento
all’episodio del capo e) d’imputazione, tanto più alla luce, per tale ultimo fatto,
della ritenuta inattendibilità, circa la dinamica del fatto, dei due operanti da parte
della Corte bresciana.

3.

Nel merito, con un primo motivo lamenta la mancanza o illogicità della

motivazione e l’erronea applicazione di legge con riferimento agli artt. 187 e
192, comma 3, c.p.p. in relazione all’art. 238

bis c.p.p.

in particolare

lamentando che la Corte milanese ha evitato di considerare la decisione della
Corte bresciana omettendo di motivare sulle relative doglianze espresse con
l’atto di appello.

4. Con un secondo motivo deduce la mancanza o illogicità della motivazione e
l’erronea applicazione di legge con riferimento agli artt. 187 e 192, comma 3,
c.p.p. non avendo la sentenza considerato gli elementi testimoniali integrativi
proposti con i nuovi motivi ed il contenuto della sentenza della Corte di Brescia
senza riuscire a trarre logiche conclusioni circa l’inattendibilità del cessionario
Scorza sulla base della assoluzione, già intervenuta in primo grado, dai fatti sub
a), b) e g) dell’imputazione; in altri termini, difetta una logica motivazione sul
fatto che i rapporti tra Roveto e Scorza non fossero esclusivamente consistenti in
leciti rapporti lavorativi a fronte dell’intervenuta assoluzione per i suddetti fatti e
la caducazione dello schema operativo d’indagine da parte della Corte d’Appello
di Brescia. Lamenta poi che i giudici di appello hanno travisato il testo delle

Scorza faceva riferimento ad un fornitore per nulla coincidente con Roveto, e che

dichiarazioni dei testimoni sentiti dalla Difesa ex art. 391 bis, comma 2, c.p.p.
limitandosi ad interpretare i fatti secondo una pretesa “logica comune” e senza
procedere alla riapertura completa dell’istruzione come richiesta sui fatti indicati.
Con riferimento poi al capo d) (rectius, e)) dell’imputazione lamenta come non si
sia data risposta alle doglianze difensive basate sull’analisi delle dichiarazioni
testimoniali da cui era emerso che nessuno scambio di oggetti tra Roveto e

sentenza si sarebbe in realtà limitata a valorizzare le asserite cautele di Roveto
nell’uscire dal parcheggio dopo l’incontro; ribadisce come la visione delle
videoriprese citate dai testimoni operanti e di cui si era richiesta l’acquisizione
avrebbero potuto risolvere i dubbi.

5. Con un terzo motivo lamenta la erronea applicazione della legge penale e la
mancanza di motivazione in relazione all’art. 62 bis c.p. posto che la Corte è
pervenuta ad escludere le attenuanti generiche unicamente sulla base della
gravità del fatto, ovvero di un elemento di per sé costitutivo del reato con
conseguente violazione del divieto di bis in idem. Quanto ai precedenti, la Corte
ha inammissibilmente valorizzato la applicazione della misura di prevenzione
che, però, è successiva alle condotte oggetto di contestazione e deriva dalla
sentenza del Tribunale di Milano poi travolta in sede di revisione dalla sentenza
della Corte di Brescia del 09/10/2013.

6. In data 8/4/15 sono stati presentati motivi nuovi.
Con un primo motivo si lamenta l’inutilizzabilità delle intercettazioni in quanto
originariamente attinenti a procedimenti non riguardanti Roveto, aggiungendosi
non esservi prova che i messaggi telefonici provenissero da un numero di
cellulare corrispondente a quello di Roveto.
Con un secondo motivo lamenta la contraddittorietà e carenza della motivazione
ribadendo che con l’assoluzione dai capi a), b) e g) l’impianto unitario, ovvero il
rapporto criminoso tra Scorza, Roveto e la figlia del primo, è venuto meno in
particolare quanto alla riconducibilità alla persona dell’imputato del ruolo di
fornitore di Scorza; ciò che è stato confermato dall’assoluzione in sede di
revisione dall’ultimo episodio di spaccio del 24/03/2009.
Con un terzo motivo lamenta la contraddittorietà e carenza della motivazione in
punto di intercettazioni e apparecchiatura Gps ribadendo che la condanna è stata
basata su alcuni indizi discutibilmente interpretati e senza riscontri a fronte di un
legittimo rapporto di lavoro trai due e della necessità di interpretare i mozziconi
di messaggi alla luce di ciò; e ciò, tanto più considerando che Scorza ha negato
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Scorza fosse stato visto, sussistendo sul punto mere presunzioni; sul punto la

di essere stato rifornito da Roveto e che gli operanti sono incorsi in molte
confusioni
Con un quarto motivo reitera il difetto di motivazione e la violazione di legge in
ordine al diniego di acquisizione dei filmati fondato su congetture secondo cui la
conformazione della strada oggetto dell’incontro sarebbe stata di agevole visuale
da ogni parte sulla base dello stradario informatico.

la violazione di legge laddove tutti i passaggi colloquiali telefonici, senza che mai
si parlasse di droga o si usassero termini criptici, sono stati interpretati come
una sorta di intercomunicazione rivelatrice di un consueto spaccio di droga.
Con un sesto motivo si lamenta la mancanza di motivazione, basata solo sul
quantitativo, peraltro non precisato, circa il diniego dell’ipotesi cui all’art.73
comma 5
Con un settimo motivo si ribadisce la richiesta di rinnovazione del dibattimento
tramite l’acquisizione delle testimonianze.
Con un ultimo motivo si lamenta il difetto di motivazione circa l’eccessività della
pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

7. Il motivo di ricorso pregiudiziale è inammissibile.
Quanto anzitutto alla mancata risposta in ordine all’acquisizione di attestazione
del passaggio in giudicato della sentenza assolutoria pronunciata dalla Corte di
Appello di Brescia in sede di revisione della sentenza del Tribunale di Milano con
riferimento ad episodio del 24/03/2009, non è comprensibile il senso della
doglianza; ciò che conta, al di là del dato della formale irrevocabilità della
pronuncia della Corte bresciana, è, invero, che della intervenuta sentenza, già
acquisita nella sua integralità nel giudizio di primo grado, e dei suo invocati
riflessi sulle condotte addebitate a Roveto nel presente processo la sentenza
impugnata abbia tenuto conto; sul punto, allora, vanno richiamate pagg.7 e ss. e
pag. 15 della sentenza da cui si desume come la Corte milanese abbia avuta ben
presente la sentenza assolutoria in questione e la abbia tuttavia ritenuta
inidonea a disarticolare il ragionamento probatorio circa l’affermazione di
responsabilità per i fatti contestati non già per la mancata attestazione del
passaggio in giudicato ma per le “profonde differenze” caratterizzanti l’episodio
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Con un quinto motivo lamenta la contraddittorietà e carenza della motivazione e

del 24 marzo 2009 rispetto alle altre occasioni. Va aggiunto, sin d’ora
premettendosi quanto più specificamente si dirà oltre, che la sentenza di appello
ha in ogni caso proceduto a valutare gli elementi di prova emersi nel giudizio
ritenendone in maniera corretta e logica, con conseguente insuscettibilità di un
qualsivoglia sindacato in questa sede, la univocità nel senso della responsabilità
dell’imputato.

generiche. Il ricorrente, lamentando la assenza di motivazione in ordine alla
mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale da effettuarsi nel senso
dell’esame o riesame dell’Ing. Dezzani sull’analisi del materiale fotografico e
filmico, e nel senso dell’assunzione di testimoni a difesa, ha omesso di precisare,
a pagg. 8 e 9 del ricorso, quali fossero le circostanze su cui tali testi dovevano
essere chiamati a riferire e, con riguardo alla analisi del materiale, quale fosse la
rilevanza della stessa rispetto alle contestazioni mosse, sì che, del tutto
preliminarmente, non è neppure possibile valutare, nella complessiva economia
motivazionale della sentenza impugnata, l’incidenza dell’omessa risposta. Del
resto, questa Corte ha più volte affermato che può essere censurata la mancata
rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale qualora si dimostri
l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata,
di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento
e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state
presumibilmente evitate provvedendosi all’assunzione o alla riassunzione di
determinate prove in appello (da ultimo, Sez. 6, n. 1400/15 del 22/10/2014, Pr,
Rv. 261799; Sez. 6, n. 1256/14 del 28/11/2013, Cozzetto, Rv. 258236); e tale
esigenza si ricollega al fatto che la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nel
giudizio di appello costituisce un’evenienza eccezionale, subordinata ad una
valutazione giudiziale di assoluta necessità conseguente all’insufficienza degli
elementi istruttori già acquisiti, che impone l’assunzione di ulteriori mezzi
istruttori pur se le parti non abbiano provveduto a presentare la relativa istanza
nel termine stabilito dall’art. 468 c.p.p. (Sez. 2, n. 3458 del 01/12/2005, Di
Gloria, Rv. 233391).
Quanto infine alla necessità di acquisizione della videoripresa operata dalla
Polizia Scientifica della Questura di Pavia in data 04/03/2009, necessità non
condivisa dalla Corte territoriale, la ragione della stessa sarebbe da individuare,
secondo quanto implicitamente argomentato in ricorso, nella finalità di operare la
reale ricostruzione di quanto accaduto durante l’episodio appunto del
04/03/2009 contestato al capo e) dell’imputazione, posto che (anche se non lo si
afferma espressamente), il narrato sul punto dei testimoni operanti (tra cui
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Quanto alle ulteriori doglianze mosse con il motivo le stesse appaiono prima facie

Crotti Mauro) sarebbe non attendibile; e ciò, sostanzialmente, perché, in
relazione al successivo episodio del 24/03/2009, accaduto, come implicitamente
pare trarsi da pag. 10 del ricorso, nel medesimo luogo di verificazione
dell’episodio del 04/03/2009, e in presenza in particolare sempre di Crotti Mauro,
la Corte d’appello di Brescia è giunta a sentenza di assoluzione affermando non
potersi escludere che in ragione, sia della condizione dei luoghi, caratterizzati

osservazione dei due poliziotti e il luogo di incontro dei motociclisti la scena
percepita e consegnata in dibattimento dai due testi oculari “non fosse
esattamente quella realmente accaduta”.
Ora, già la stessa prospettazione del ricorso non spiega la decisività del mezzo dì
prova richiesto in rinnovazione posto che nulla è dato sapere (né lo stesso
ricorrente precisa alcunché sul punto) sulla coincidenza del punto di osservazione
degli operanti in data 24/03/2009 con quello del 04/03/2009 e della
conseguente distanza tra oggetto di osservazione e soggetto osservante,
evidentemente essenziale per potere assumere l’assoluzione, peraltro, come
appena visto, dubitativa, a metro di riscontro della non attendibilità dei
testimoni; anzi, a ben vedere, è lo stesso ricorso che pare escludere il necessario
carattere di decisività allorché, nel terzo motivo aggiunto, chiarisce (come in
effetti si desume dalla sentenza della Corte bresciana) come la possibile inesatta
osservazione degli operanti abbia avuto ad oggetto, nell’episodio del
24/03/2009, la consegna di zainetto contenente stupefacente da Roveto a
Scorza, quando invece ben diversa è la scena raccontata dagli operanti con
riguardo all’episodio del 04/03/2009, limitatisi a riferire dell’incontro tra Roveto
e Scorza, della salita per breve tempo del primo a bordo dell’auto del secondo, e,
una volta disceso, del successivo giro nel parcheggio di Roveto a bordo della
propria auto guardando intorno a sé, con lento allontanamento dopo avere
ancora una volta osservato la zona.
Sicché, tenuto conto anche del fatto che Roveto non ha mai negato essere egli
stato effettivamente presente sul posto in quel giorno (l’incontro risulta altresì
documentato fotograficamente : vedi pag. 6 della sentenza), del tutto adeguata
e logica, appare la motivazione sul punto resa dalla Corte milanese che
giustamente, attesa la scena da osservare, priva, in questo caso, dei dettagli
rappresentati da uno scambio di oggetto, ha ritenuto attendibili gli operanti; e
ciò tanto più sulla base della coincidenza tra le risultanze dello stradario
informatico, consistendo via Visconti di Modrone in una piccola via dotata di
piccolo posteggio su cui si affacciano piazzali di industrie e diverse siepi, e le
caratteristiche con quanto riferito dagli operanti della Questura; infatti, ha
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dalla presenza di una siepe, sia della distanza intercorrente tra il punto di

precisato la sentenza, l’operante Mauro Crotti ebbe a riferire che Roveto,
nell’allontanarsi dai luoghi dopo essere salito per breve tempo sulla vettura di
Scorza, ebbe, dapprima, a fare un giro intorno nel parcheggio e
successivamente, rallentando, ed imboccando via Milano, a guardare ancora una
volta nel “parcheggio”, ove erano presenti dei “cespugli” e delle aree aperte e
dove vi era ancora Scorza, al fine, evidentemente, di verificare possibili presenze

Peraltro non si comprende perché mai le riprese effettuate in quello stesso
momento dallo stesso personale che ebbe poi a riferire di quanto osservato
dovrebbero (salvo non si ipotizzi un deliberato mendacio,che tuttavia neppure il
ricorrente prospetta) dare un diverso risultato essendo il punto di vista di
osservazione il medesimo.

8. Anche il primo ed il secondo motivo nel merito, congiuntamente esaminabili,
sono inammissibili.
Il ricorrente lamenta invero anzitutto che la Corte milanese non avrebbe
motivato in ordine ai motivi di appello formulati in ordine alla “rilevanza della
pronuncia irrevocabile di revisione”; va aggiunto che, benché nello stesso motivo
le ragioni di tale rilevanza non vengano chiarite, può tuttavia ritenersi che le
stesse siano da individuare nella ritenuta incompatibilità logica di tale decisione
con l’epilogo condannatorio del presente processo giacché, nelle premesse del
ricorso (vedi pag.7), si afferma che dalla sentenza di revisione discenderebbe, ex
art. 238 bis c.p.p. piena prova della mancanza di alcuna consegna da parte di
Roveto a Scorza dello stupefacente poi sequestrato a quest’ultimo, della natura
del tutto lecita dei rapporti tra Scorza e Roveto, della circostanza che Scorza
faceva capo ad un fornitore non coincidente con Roveto, dell’assenza di ogni
carattere criptico delle comunicazioni a mezzo di messaggi telefonici intercorse
direttamente o indirettamente tra Roveto, Scorza e Filippi.
In altri termini, si lamenta implicitamente il fatto che la Corte territoriale sia
pervenuta immotivatamente a confermare la sentenza di primo grado quanto ai
fatti accaduti tra il 25/02/2009 ed il 04/03/2009 nonostante la decisione
adottata in sede di revisione di non commissione del fatto ultimo del
24/03/2009.
Tale assunto è tuttavia manifestamente infondato.
Va premesso che la Corte milanese ben si è posta la questione della lamentata
suddetta non compatibilità giacché, dopo avere, a pagg. 7-8, riepilogato il
contenuto della relativa doglianza, incentrata sul fatto che il reato contestato
come commesso il 24/03/2009 doveva costituire, secondo l’appellante, la chiave
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delle forze di polizia.

di lettura riguardo alla natura di tutti i contatti intercorsi con Scorza con
conseguente ricaduta dell’assoluzione sul giudizio relativo agli altri precedenti
episodi, ha, a pag. 15, dato invece atto, in senso contrario alle pretese
dell’imputato, delle “profonde differenze” riscontrabili nei fatti appena
menzionati.
Ed in effetti la lettura della complessiva motivazione appare dare ragione di tale

senso logico della attribuzione all’imputato delle contestate cessioni di
stupefacente nelle date del 25/02, 27/02 e 4/03/09 senza che gli stessi possano
trovare ostacolo nella pronuncia di assoluzione in sede di revisione più volte
ricordata e nella intervenuta assoluzione, nel presente procedimento, per i
contestati fatti del 12/02, 19/02 e 10/03/09.
Va subito detto, con riguardo a tale secondo aspetto, che la spiegazione data
dalla Corte circa il diverso epilogo decisorio non si presta ad alcuna censura : in
sentenza vengono evidenziati, in adesione a quanto già argomentato dal giudice
di primo grado, gli indiscutibili elementi differenzianti essenzialmente dati dalla
riscontrata presenza dell’imputato, negli stessi giorni delle pretese cessioni sub
a) e b) dell’imputazione, in Calabria e, per quanto riguardante il capo g), dalla
assenza, nel contenuto delle telefonate e degli sms precedenti l’incontro
effettivamente avvenuto tra Roveto e Scorza, di un tenore chiaramente ed
univocamente collegato alla predisposizione dello stesso per fini di acquisto di
sostanze stupefacenti.
Al contrario, per gli episodi per i quali è intervenuta condanna, la sentenza ha
posto in evidenza, secondo uno schema di ragionamento del tutto logico, gli
elementi che conducono a ritenere che negli incontri in tali occasioni avvenuti tra
i due (e riconosciuti dallo stesso Roveto) sia avvenuta la consegna di
stupefacente.
Va anzitutto precisato che dalla stessa sentenza risulta accertato come nelle date
di cui alle imputazioni Scorza abbia acquistato sostanza stupefacente, avendolo
affermato lo stesso Scorza, seppure indicando i propri fornitori in due
nordafricani; risulta altresì, quale ulteriore dato oggettivo incontestato, che il
giorno 23/02/2009, subito dopo l’incontro tra Roveto e Scorza avvenuto a
Rodano tra le 16,48 e le 17,25, il secondo ebbe a telefonare a Lichtenberger
Mario concordando con questi di vedersi e che, alle ore 18,10, lo stesso
Lichtenberger venne arrestato, tra le altre ragioni, per avere acquistato dallo
stesso Scorza sostanza stupefacente cocaina del peso di gr. 151,89.
Ciò posto, la sentenza ha posto anzitutto fondamentalmente in evidenza, nel
senso di individuare nell’imputato l’autore delle condotte di vendita, le costanti
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valutazione, ponendo in rilievo gli elementi ritenuti univocamente indicativi in

caratteristiche e modalità dei contatti intervenuti, per tutti gli episodi contestati,
tra i due, del tutto incompatibili con l’esistenza di pretesi leciti rapporti finalizzati
a null’altro che all’esecuzione di lavori edili commissionati da Roveto a Scorza,
sia con riguardo ai momenti precedenti gli incontri sia nei momenti successivi.
Esemplificativamente vanno quindi segnalate, tra le altre circostanze evidenziate
dalla sentenza : la grande cautela di Roveto nel comunicare in data 22/02/2009,

nuovo numero telefonico con richiesta di confermare la ricezione a mezzo di altro
telefono; la successiva ingiunzione, sempre a mezzo s.m.s., fatta a Scorza, che
l’aveva cercato subito dopo al telefono per ben sette volte, di desistere dal
cercarlo; le modalità del viaggio del 23/02/2009 di Scorza da Voghera a
Rodano, non compatibili con il luogo della cessione da lui affermata come
intervenuta ad opera di due nordafricani non meglio generalizzati (dato che
l’unica sosta significativa era quella avvenuta in Rodano, in via Visconti di
Modrone dalle 16.57 alle 17.25); le mancate risultanze di alcun contatto
l’adozione, a partire dal 27/02/2009, ovvero, significativamente, dopo che era
avvenuto l’arresto di Lichtenberger, del generale metodo di comunicare tra i due,
in prossimità delle trasferte di Scorza da Voghera a Rodano, solo a mezzo di
s.m.s. e non direttamente ma per il tramite della figlia di Scorza Filippi Serena
(che utilizzava a tal fine significativamente a propria volta un telefono diverso da
quello usato per chiamare il padre); le richieste fatte da Roveto alla Filippi,
sempre dopo l’arresto di Lichtenberger, di non dare a nessuno i numeri di
telefono 3890954311 e 3475743585; le rassicurazioni date a Roveto, dopo il
rientro di Scorza a Voghera (in particolare il 04/03/2009), che tutto era andato
bene.
Né la sentenza ha trascurato di evidenziare l’inattendibilità della spiegazione
fornita da Filippi Serena in ordine alla sua veste di intermediaria tra il padre e
Roveto e dovuta, secondo la donna, alla circostanza che Scorza non era
assolutamente in grado di utilizzare alcun telefono cellulare : i giudici della Corte
hanno infatti spiegato che «Mario Scorza non aveva certo bisogno di chiedere
alla figlia di fungere da amministratore di sostegno nelle sue molteplici attività
essendo benissimo in grado di gestire ogni contatto telefonico tanto che durante
i viaggi verso Rodano e poi nei ritorni a Voghera, era perfettamente in grado di
tenere il controllo della vettura senza neppure fermarsi per effettuare, di volta in
volta, le chiamate alla figlia e al fratello soltanto regolando opportunamente la
velocità, come ben si evidenzia dai tabulati del GPS… e_,dal loro raffronto con gli
orari delle conversazioni e dei messaggi. Senza alcun bisogno di servirsi di

Serena, Mario Sorza conosceva benissimo, di volta in volta, cosa dire nelle
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con s.m.s., a Scorza e il 23/02/2009, alla figlia di questi, Filippi Serena, il proprio

comunicazioni e quanto fosse essenziale la brevità e la prudenza, soprattutto
quando gli interlocutori dimostrassero tardi a comprendere per evitare che
ponessero inutili domande e che egli dovesse dare informazioni ad orecchie
indiscrete», citando ad esempio per tale ultima affermazione la conversazione
del 27 febbraio 2009 delle ore 19,37 nella quale AZorza ebbe a rimproverare
Francesco, lento a capire il reale significato sotteso all’innocente richiesta di

guasto.
La sentenza ha poi evidenziato, con riguardo -in particolare – all’incontro
direttamente osservato dagli operanti di p.g. il 04/03/2009, le peculiari
caratteristiche dell’atteggiamento tenuto da Scorza che, una volta disceso
dall’auto di Roveto, aveva compiuto un giro nel parcheggio di Roveto a bordo
della propria auto guardando intorno a sé, e si era poi lentamente allontanato
dopo avere ancora una volta osservato i luoghi.

8.1. Appare quindi logicamente giustificata, e dunque non sindacabile in questa
sede, l’affermazione della Corte territoriale secondo cui le modalità furtive e
anomale dei contatti e degli appuntamenti concordati, le richieste di Roveto di
non fare circolare il proprio numero, le rassicurazioni date a questi da Filippi e da
Scorza circa il fatto che fosse andato tutto bene, le preoccupazioni denotate dallo
stesso Scorza di verificare che sul tragitto o sui luoghi dell’incontro non vi fosse
nulla di strano dimostrate dalla richiesta a Scorza Francesco di controllare che
(in occasione dell’incontro ) e dall’attenzione a perlustrare visivamente i luoghi
(in occasione) non potevano certo essere riferite alla preparazione di incontri di
lavoro banalmente consistiti, secondo il ricorrente, nella effettuazione di lavori di
sistemazione di un bagno in favore di Roveto. E ciò tanto più attesa l’enorme
risalenza nel tempo della conoscenza tra i due ancor più denotante l’anomalia di
simili contatti ove rapportati a mere ragioni di lavoro.
Di qui, dunque, la simmetrica logicità dell’individuazione, invece, delle reali
ragioni degli incontri tra i due nella compravendita dello stupefacente che Scorza
rivendeva poi, come avvenuto il 23/02/2009, a terzi.
Sicché, laddove il secondo motivo di ricorso lamenta la natura congetturale
dell’affermazione appena sopra richiamata nel senso della non conciliabilità di tali
modalità con la natura lavorativa dei rapporti intrattenuti tra i due, lo stesso non
solo non appare cogliere nel segno ma si caratterizza per la sua manifesta
infondatezza; così come gli ulteriori specifici rilievi in particolare esposti nel
secondo motivo di ricorso, in parte peraltro riproponentì le doglianze già
disattese sopra sub § 7., oltre a sindacare aspetti niente affatto determinanti
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andare a prendere .prena a dire di Mario rimasto senza macchina per via di un

nella decisione della Corte (le illogicità nella ricostruzione dei fatti da parte di
Scorza, pur affermate dalla sentenza, o la valutazione delle testimonianze a
discarico), finiscono per proporre una lettura alternativa dei fatti di per sé
inammissibile (si pensi al fatto che durante l’incontro del 04/03/2009 non
sarebbe stato osservato dagli operanti uno scambio di qualcosa o al fatto che la
perlustrazione riferita dagli operanti ben potrebbe coincidere con una mera

motivazionale, formalmente attaccato dal ricorso, le conclusioni logiche tratte dai
giudici sulla base di fatti non controversi e comunque non controvertibili.
Del resto, alla Corte di cassazione è preclusa la possibilità non solo di
sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta
nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia
portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo
che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno
(Sez. Un., n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260); resta dunque esclusa, pur
dopo la modifica dell’art. 606 lett. e) c.p.p., la possibilità di una nuova
valutazione delle risultanze da contrapporre a quella effettuata dal giudice
di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati
processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di
rilevanza o attendibilità delle fonti di prova (Sez. 2, n. 7380 dell’ 11/01/2007,
Messina ed altro, Rv. 235716).
Né, per tornare ancora una volta al tema già trattato sopra, tali conclusioni si
pongono sul piano logico in termini inconciliabili con la sentenza di assoluzione in
sede di revisione e con le assoluzioni già adottate in primo grado; le ragioni di
tali decisioni danno conto, come esattamente rilevato dalla Corte milanese, del
differente epilogo (che anzi, dimostra, per quanto riguardante le assoluzioni
pronunciate nel presente processo, la capacità dei giudici di valutare con
attenzione il compendio probatorio in atti) e al tempo stesso manifestano
l’infondatezza dell’assunto di un riversamento a cascata delle decisioni sugli
episodi per i quali è intervenuta invece doppia conforme sentenza di condanna.

9. Anche il terzo motivo è manifestamente infondato.
Va ricordato che per costante affermazione di questa Corte, nel motivare il
diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il
giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti
dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a
quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti
gli altri da tale valutazione (tra le altre, da ultimo, Sez. 3, n. 28535 del
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manovra di immissione nel traffico) senza dunque riuscire a scardinare, sul piano

19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane e
altri, Rv. 248244).
Nella specie, nel motivare la insussistenza dei presupposti per la concessione
delle circostanze attenuanti generiche, la Corte territoriale appare essersi basata
non solo sulla misura di prevenzione derivante dalla sentenza di condanna poi
fatta oggetto di revisione, ma anche sulle plurime condanne riportate anche per

in sentenza sulle modalità clandestine di una condotta che per ovvie ragioni non
poteva certo essere perpetrata alla luce del sole, resta comunque l’elemento
della negativa personalità dell’imputato, del tutto trascurato nell’argomentazione
del ricorrente, di per sé sufficiente a negare le attenuanti suddette.
10.

Sono infine inammissibili i motivi nuovi posto che, ai sensi dell’art. 585,

comma 4, c.p.p., l’inammissibilità dell’impugnazione si estende ai motivi nuovi.

11.

In definitiva il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, il 30 aprile 2015.

fatti gravi; sicché, anche escludendo la pertinenza logica delle affermazioni fatte

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