Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29885 del 23/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29885 Anno 2016
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: SGADARI GIUSEPPE

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
Guerra Vito, nato a Foggia 1’01/11/1969,
avverso la sentenza del 08/07/2015 della Corte di Appello di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere Giuseppe Sgadari;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale
Roberto Aniello, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso;
udito il difensore, avv. Clara De Alexandris, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Torino confermava la
sentenza del Tribunale di Torino, Sezione Distaccata di Moncalieri, che aveva
condannato l’imputato per il reato di estorsione consumata e di estorsione
tentata di cui al capi A) e B) della rubrica.
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Data Udienza: 23/06/2016

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v

La Corte riteneva provato che l’imputato avesse ottenuto da Sandrone Maria
Grazia, madre della sua convivente, la somma di denaro di 200 euro attraverso
dirette minacce di morte alla persona offesa ed altre minacce alla di lei figlia
Fernanda.
Del pari, l’imputato aveva minacciato di morte ed insultato quest’ultima ed il di
lei marito, con il mezzo del telefono, al fine di ottenere, senza riuscirvi, la
consegna di una somma di danaro di 5.000 euro.
2. Ricorre per cassazione il Guerra, a mezzo del suo difensore, deducendo, con i
primi due motivi di ricorso:
1) violazione di legge e vizio di motivazione, dal momento che la Corte avrebbe
travisato le testimonianze acquisite;
2)

violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego della

concessione delle circostanze attenuanti generiche, dell’attenuante di cui all’art.
62 n. 4 cod.pen. ed in ordine alla determinazione della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
1.Quanto ai primi due motivi, con i quali si deduce un vizio di travisamento della
prova, deve sottolinearsi che nessuna delle argomentazioni difensive – tutte
attinenti ad una ricostruzione alternativa delle vicende in punto di fatto,
attraverso una rilettura globale del materiale probatorio – era stata sottoposta
all’attenzione della Corte territoriale con l’atto di appello.
Con il quale, censurando il giudizio di responsabilità dell’imputato adottato dal
Tribunale, si dubitava esclusivamente della capacità delle condotte imputate ad
essere considerate estorsive per le loro scarse connotazioni minacciose, stante
l’asserita assenza di pressione psicologica sulle vittime.
Non si metteva, però, in discussione l’attendibilità di queste ultime, tanto che la
Corte di Appello riteneva non contestate dal ricorrente le dichiarazioni delle
persone offese.
Così saltando la sede naturale nella quale le censure, solo oggi proposte in
ricorso, avrebbero dovuto essere poste ed approfondite in punto di fatto (Sez.6
n.9478 del 10/11/2009, Amante).
Ne consegue l’inammissibilità dei motivi.
2. Quanto all’ultimo motivo, la Corte di Appello negava la concessione delle
circostanze attenuanti generiche e di quella del danno di speciale tenuità, con
motivazione esente da censure logico-giuridiche rilevabili in questa sede,
richiamando le gravi modalità del fatto e la loro reiterazione, i precedenti penali
dell’imputato, l’assenza di resipiscenza, le misere condizioni economiche della
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persona offesa e la grave minaccia subita, che non potevano permettere di
ritenere il danno lieve, inteso anche in senso morale e non solo materiale, avuto
riguardo alla plurioffensività del reato di estorsione.
Con espresso riferimento, quindi, quanto alle circostanze attenuanti generiche,
ad alcuni parametri di cui all’art. 133 cod. pen., dovendosi rammentare che ai
fini della concessione o del diniego di queste è sufficiente che il giudice di merito
prenda in esame quello, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., che

anche un solo elemento che attiene alla personalità del colpevole o all’entità del
reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente per negare o
concedere le attenuanti medesime (Cass. Sez. 2^ sent. n. 4790 del 16.1.1996
dep. 10.5.1996 rv 204768).
Infine, deve sottolinearsi che la pena è stata calcolata nel minimo edittale per il
reato base, sicché non può darsi luogo ad alcuna censura.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro nnillecinquecento/00
alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso
ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1500,00 alla Cassa delle Ammende.
Sentenza a motivazione semplificata.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 23.06.2016.
Il Consigliere estensore
Giuseppe Sgadari

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Il Presidente
Piercamillo Davigo

ritiene prevalente ed atto a determinare o meno la concessione del beneficio; ed

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