Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29877 del 19/03/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29877 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Serafino Agata, nata a Catania il 14-08-1951
Serafino Serafina, nata a Catania il 02-11-1944
avverso la sentenza del 29-10-2013 della Corte di appello di Catania;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giulio
Romano che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito per il ricorrente

Data Udienza: 19/03/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Agata Serafino e Serafina Serafino ricorrono per cassazione impugnando
la sentenza emessa in data 29 ottobre 2013 dalla Corte di appello di Catania che
ha parzialmente riformato la sentenza del tribunale della medesima città
concedendo alle ricorrenti il beneficio della non menzione della condanna nel
certificato del casellario giudiziario e confermando nel resto l’impugnata

Alle ricorrenti erano contestati i reati previsti dall’articolo 44 lettera c) d.p.r.
6 giugno 2001, numero 380 per avere, in concorso tra loro, realizzato senza la
prescritta concessione edilizia una sopraelevazione realizzata sul terrazzo
preesistente delle dimensioni di metri quadrati 20 circa su due piani per
un’altezza media di metri 2,10 realizzando la copertura con pannelli termo
coibentati a falda unica con accesso tramite due scale in cemento armato e ferro.
Unitamente al reato urbanistico venivano contestate le violazioni satelliti
(articoli 61, 64 e 65 nonché articoli 93 e 94 d.p.r. 380 del 2001) nonché la
violazione dell’articolo 734 codice penale per avere, in concorso tra loro,
mediante la realizzazione delle suddette opere alterato le bellezze naturali di un
luogo sottoposto a speciale protezione dell’autorità e il reato previsto dagli
articoli 146-163, decreto legislativo numero 490 del 1999 per avere, in concorso
tra loro, realizzato dette opere su beni ambientali senza la prescritta
autorizzazione. In Catania in epoca precedente prossima al 23 giugno 2004.
Il tribunale aveva affermato la penale responsabilità con riferimento al reato
urbanistico, a quello paesaggistico, alla violazione delle norme antisismiche e alla
alterazione delle bellezze naturali (capi a, b, c, g, ed h) assolvendo le imputate
perché il fatto non sussiste in relazione ai reati di cui ai capi d), e) ed f) con
riferimento alle collegate contestazioni di aver realizzato opere in cemento
armato.

2. Per l’annullamento dell’impugnata sentenza le ricorrenti sollevano tre
motivi di gravame, qui enunciati nei limiti strettamente necessari per la
motivazione (art. 173 disp. att. cod. proc. pen.) deducendo:
1) la violazione dell’articolo 606, comma 1, lettera c), codice di procedura
penale in relazione all’articolo 486 stesso codice sul rilievo che, per l’udienza del
29 ottobre 2013, l’avvocato di fiducia depositava istanza con la quale
comunicava che il cancelliere dell’ufficio gip lo informava che, essendo stato
nominato difensore di fiducia di altro imputato, il gip avrebbe proceduto quello
stesso giorno (alle ore 11,30) ad interrogare suo assistito presso la casa
circondariale di Messina perché raggiunto da ordinanza di custodia cautelare in

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decisione.

carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione e rapina. La
Corte di appello di Catania, erroneamente ritenendo che le imputate fossero
difese anche da altro difensore e che questi non aveva dedotto alcun
impedimento, rigettava l’istanza, incorrendo nella denunciata nullità;
2) violazione dell’articolo 606, comma 1, lettera b), codice di procedura
penale in relazione all’articolo 157 del codice penale sul rilievo che i fatti sono
stati accertati in epoca precedente prossima al giugno 2004 (data che coincide
infatti con il sequestro dell’opera).

era già maturato, pertanto la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare non
doversi procedere per prescrizione;
3) violazione dell’articolo 606, comma 1, lettera b), codice di procedura
penale in relazione all’articolo 734 codice penale.
Sostengono come sia del tutto evidente che la violazione del vincolo storico
– paesaggistico, con il relativo conseguente danno ambientale, risponde a
presupposti e condizioni differenti rispetto alla pura e semplice mancanza di un
provvedimento di nulla osta a costruire e ciò perché la lesione dell’interesse
protetto dall’articolo 734 codice penale è indipendente dal fatto che si sia
intervenuti con lavori assoggettati o meno all’esistenza di atti concessori. Ed
infatti, non ogni intervento non autorizzato sarebbe sufficiente ad integrare il
reato contestato con la conseguenza che, al fine dell’integrazione del reato de

quo, non sarebbe sufficiente una qualsiasi alterazione naturalistica o addirittura
un deturpamento del sito in questione ma è necessario che quella specifica
alterazione incida sulla bellezza naturale cosicché si realizzi quantomeno una
lesione o anche un semplice turbamento del godimento estetico dei visitatori o
degli utenti del luogo. Sul punto, la Corte di merito avrebbe anche omesso di
motivare incorrendo pertanto nel relativo vizio.

3. La parte civile ha fatto pervenire una breve comparsa conclusionale
contenente la richiesta di rigetto del gravame senza alcuna considerazione di
merito al riguardo e di condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese
processuali sostenute nel grado.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e perché presentato
nei casi non consentiti.

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Essendo trascorsi quasi dieci anni, il termine massimo stabilito dalla legge

2. Quanto al primo motivo, va ricordato che il concomitante impegno
professionale del difensore non costituisce automaticamente un legittimo
impedimento.
È risalente la tesi secondo cui la concomitanza di altri impegni professionali
non costituisce un impedimento assoluto, comportando solo delle scelte da parte
del difensore, che può attuarle anche avvalendosi della facoltà di designare un
sostituto (Sez. 1, n. 4088 del 07/02/1994, Papotto, Rv. 197401; Sez. 5, n. 5164
del 12/03/1992, Marchese, Rv. 190074; Sez. 2, n. 9385 del 15/05/1991,
Vindice, Rv. 188187).

parte della Corte costituzionale, è stato ridefinito dalle Sezioni unite Fogliani e,
con gli affinamenti successivi, sono stati fissati i principi e i criteri selettivi per
evitare i possibili “espedienti dilatori” derivando da ciò che l’impegno
professionale del difensore in altro procedimento può essere assunto quale
legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire ai
sensi dell’art. 486 c.p.p., comma 5, (ora art. 420 ter c.p.p., comma 5) purché il
difensore prospetti l’impedimento e chieda il rinvio non appena conosciuta la
contemporaneità dei diversi impegni e non si limiti a comunicare e documentare
l’esistenza di un contemporaneo impegno professionale in altro processo, ma
esponga le ragioni che rendono essenziale l’espletamento della sua funzione in
esso per la particolare natura dell’attività a cui deve presenziare, l’assenza in
detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere
l’imputato, l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art. 102 c.p.p.,
sia nel processo a cui si intende partecipare sia in quello di cui si chiede il rinvio.
Il giudice di quest’ultimo processo deve valutare accuratamente, bilanciando
le esigenze di difesa dell’imputato da un lato e quelle di affermazione del diritto e
della giustizia dall’altro, le documentate deduzioni difensive, anche alla luce delle
eventuali necessità di un rapido esaurimento della procedura trattata, per
accertare che l’impedimento non sia funzionale a manovre dilatorie o non possa
nuocere all’attuazione della giustizia nel caso in esame. Il provvedimento di
accoglimento o di reiezione dell’istanza deve essere conseguentemente motivato
secondo criteri di logicità (Sez. U, n. 4708 del 27/03/1992, Fogliani, Rv.
190828).
Su queste basi, è stato condivisibilmente affermato che il legittimo
impedimento del difensore, per integrare una causa necessaria di rinvio
dell’udienza, deve implicare un’assoluta impossibilità a comparire, cosicché,
quando l’impedimento allegato consista in un impegno professionale
concomitante non solo presso la stessa sede giudiziaria ma anche presso una
sede giudiziaria diversa, ma non lontana da quella in considerazione, alla verifica
della possibile designazione di un sostituto processuale deve aggiungersi quella
4

Siffatto orientamento, attenuato per effetto di alcuni interventi in materia da

di una possibile variazione d’orario dell’udienza, utile a consentire la
partecipazione dell’interessato ad entrambi gli adempimenti cui è chiamato (Sez.
5^, n. 35469 del 04/06/2003, Daccò, Rv. 228325). Le ragioni che sottendono a
tali rigorosi oneri, che fanno capo al difensore affinché comprovi l’assoluto
impedimento a comparire per concorrente impegno professionale, sono state
ribadite delle Sezioni unite De Marino che hanno chiarito come spetti al giudice
effettuare una valutazione comparativa dei diversi impegni al fine di
contemperare le esigenze della difesa e quelle della giurisdizione, accertando se

rappresentate nell’istanza e da riferire alla particolare natura dell’attività cui
occorre presenziare, alla mancanza o assenza di un codifensore nonché
all’impossibilità di avvalersi di un sostituto a norma dell’art. 102 c.p.p., (Sez. U,
n. 29529 del 25/06/2009, P.G. in proc. De Marino, Rv. 244109) tanto sul
presupposto che la rilevanza dell’impegno difensivo, per assumere l’efficacia
impeditiva postulata dalla norma, deve assumere i connotati, non soltanto della
assolutezza, ma anche della obiettività, nel senso che la priorità della esigenza
difensiva nel procedimento “pregiudicante” deve trarre alimento, non dalla
soggettiva opinio del difensore, ma fondarsi su specifiche circostanze di fatto che
consentano di far reputare, per così dire, erga omnes, temporalmente “cedevole”
l’assistenza difensiva nel procedimento “pregiudicato”; sempreché non
sussistano, ovviamente, contrarie ragioni di urgenza, che il giudice deve valutare
con ponderata delibazione, nel necessario bilanciamento fra le contrapposte
esigenze (v. Sez. 3, n. 37171 del 07/05/2014, Di Mauro, nonché Sez. U, n. 4909
del 18/12/2014, dep. 02/02/2015. Torchio, Rv. 262913).
Ne consegue che, a prescindere da ogni altra considerazione del tutto
recessiva in proposito, non sussisteva alcun assoluto legittimo impedimento del
difensore e la Corte territoriale non aveva quindi alcun obbligo di rinviare il
processo posto che, attraverso normali accorgimenti organizzativi, il difensore
avrebbe potuto agevolmente attendere ad entrambi gli impegni tenuto conto
dell’ora in cui era stato fissato l’interrogatorio di garanzia e la distanza delle
rispettive sedi giudiziarie.

3. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato, oltre che formulato
in violazione del principio dell’autosufficienza del ricorso, perché le ricorrenti non
hanno tenuto conto dell’intervento dei numerosi eventi sospensivi della
prescrizione, che sarebbe perciò maturata in data 1 aprile 2014 ossia in epoca
successiva all’emanazione della sentenza di appello.
In siffatti casi, siccome con la declaratoria d’inammissibilità del ricorso
impedisce la costituzione un valido rapporto giuridico processuale nella fase
dell’impugnazione, il tempo trascorso tra la data di emanazione della sentenza

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sia effettivamente prevalente l’impegno privilegiato dal difensore per le ragioni

impugnata e quella che dichiara l’inammissibilità del ricorso, è tamquam non
esset ai fini del computi del tempo necessario a prescrivere perché preclude la
possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129
cod. proc. pen., essendosi già formato il giudicato stante, appunto, l’inidoneità
dell’atto di gravame a determinare la regolare costituzione del rapporto
processuale (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266).

4. Manifestamente infondato è anche il terzo motivo di gravame, atteso che

che le opere hanno certamente arrecato una lesione effettiva al vincolo essendo
l’immobile, sul quale era stata eseguita la sopraelevazione, ubicato nel centro
storico di Catania soggetto a speciale protezione.
Sul punto, infine, il motivo di ricorso deve ritenersi anche aspecifico non
avendo le ricorrenti preso alcuna posizione per contrastare criticamente le
ragioni della decisione impugnata.

5. Alcuna liquidazione è dovuta alla parte civile, posto che la stessa non è
comparsa.
L’assenza della parte civile nel giudizio di cassazione, pur non incidendo
sulla sua costituzione, per il principio dell’immanenza della stessa, impedisce che
l’imputato possa essere condannato a rimborsare le ulteriori spese di
rappresentanza e difesa perché, essendo la parte civile rappresentata nel
giudizio di cassazione dal difensore, il mancato intervento di questi, pur restando
ferma la costituzione della parte civile, comporta che quest’ultima deve
considerarsi assente ad ogni effetto di legge e pertanto l’imputato non può
essere condannato alla refusione delle spese del grado, presupponendo siffatta
declaratoria che la parte civile sia intervenuta nel giudizio di cassazione,
situazione, nella specie, non verificatasi in quanto la presentazione di una
“comparsa conclusionale” non vale a costituire regolarmente la parte civile nel
giudizio di cassazione.

6.

Sulla base delle precedenti considerazioni i ricorsi vanno dichiarati

inammissibili e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 136 della Corte
costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la parte
abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa
di inammissibilità, alla relativa declaratoria, segue, a norma dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al
versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro mille alla cassa delle
ammende.

6

la Corte territoriale, con adeguata motivazione, priva di vizi logici, ha accertato

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 19/03/2015

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