Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29868 del 23/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29868 Anno 2016
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: AGOSTINACCHIO LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da

CASTELLUCCI Vincenzo nato a Palermo il 04/04/1946

CASTELLUCCI Mauro nato a Palermo 1’01/05/1959

avverso la sentenza del 12/02/2015 della Corte di Appello di Palermo;
PARTE CIVILE: Delizie di Sicilia s.r.l. (legale rappresentante Cataldo Angelo
Massimo)
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Luigi Agostinacchio;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Roberto Aniello, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per
prescrizione per il fatto commesso il 28/04/2005, inammissibilità nel resto con
rinvio per la rideterminazione della pena;
sentito il difensore dei ricorrenti, avv. Ripamonti, in sostituzione dell’avv. Mauro
Torti del foro di Palermo che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio
per prescrizione della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 12/02/2015 la Corte di Appello di Palermo, in parziale
riforma della decisione del Tribunale di Palermo del 03/10/2012, appellata dagli
imputati Castellucci Vincenzo e Castellucci Mauro Dimitri Lumina, disponeva la
non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale; confermava
nel resto la sentenza impugnata (la condanna alla pena di un anno di reclusione
ed € 1.000,00 di multa per il reato di truffa aggravata in concorso; la condanna

Data Udienza: 23/06/2016

in solido al risarcimento dei danni patrimoniali in favore della costituita parte
civile “Delizia di Sicilia s.r.l.”).
2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso in cassazione entrambi i
Castellucci, tramite il comune difensore di fiducia, articolando cinque motivi:

violazione degli articoli 129, 529 e 531 cod. proc. pen. in relazione
all’omessa declaratoria di estinzione del reato per intervenuta
prescrizione in conseguenza dell’erronea individuazione del tempus

contraddette dalle acquisizioni documentali;

violazione del principio della correlazione tra imputazione originaria e
fatto ritenuto in sentenza, con riferimento allo slittamento del tempus
commissi delicti;

erronea quantificazione della pena, in considerazione della prescrizione
quanto meno al primo degli episodi contestati e della ritenuta
continuazione fra reati; ingiustificato omesso riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche;

violazione dell’art. 606, primo comma lett. b) ed e) in relazione alla falsa
applicazione dell’art. 640 cod. pen. nonché per manifesta illogicità della
decisione;

omesso riconoscimento della particolare causa di non punibilità prevista
dall’art. 131 bis cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La sentenza impugnata va annullata senza rinvio perché il delitto di truffa
aggravata si è estinto per prescrizione il 02/05/2015, dopo la pronuncia della
sentenza di secondo grado, in conformità con la corretta valutazione effettuata
sul punto dalla corte territoriale, tenendo conto del dies a quo nel reato – come
quello in esame – a consumazione prolungata, del termine prorogato massimo di
prescrizione, del periodo complessivo di sospensione intervenuto in primo grado
(pag. 4 della sentenza impugnata).
2. Tale accertamento priva di qualsiasi rilevanza il primo, il secondo ed il terzo
motivo di ricorso tesi, per un verso, ad anticipare la data di prescrizione e per
altro a mitigare il trattamento sanzionatorio.
E’ appena il caso di rilevare inoltre – con riferimento al quinto motivo di ricorso che la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione prevale a priori sulla

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commissi delicti, sulla base delle dichiarazioni della parte offesa,

esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis
cod. pen. sia perché diverse sono le conseguenze che scaturiscono dai due
istituti, sia perché il primo di essi estingue il reato, mentre il secondo lascerebbe
comunque inalterato l’illecito penale nella sua materialità storica e giuridica
(Cass. sez. 3 sent. n. 27055 del 26/05/2015 – dep. 26/06/2015 – Rv. 263885).
3. Deve quindi esaminarsi se sussista il vizio motivazionale denunciato con il
quarto motivo di ricorso esclusivamente ai fini degli effetti civili della sentenza.

193033; S.U. 21 ottobre 1992-22 febbraio 1993, n. 1653, Marino, rv 192465;
Cass., Sez. 6, 7-31 marzo 2003, n. 15125, rv 225635) ha stabilito che in
presenza di una causa di estinzione del reato non sono rilevabili in cassazione
vizi di motivazione della sentenza, perché l’inevitabile rinvio della causa
all’esame del giudice di merito dopo la pronuncia di annullamento è incompatibile
con l’obbligo della immediata declaratoria di proscioglimento per l’intervenuta
estinzione del reato, stabilito dall’art. 129 c.p.p., comma 1.
Naturalmente il principio vale per gli effetti penali della sentenza, ma non per
quelli civili, cosicché qualora, in sede di legittimità, si riscontri – come nel caso di
specie – la sopravvenuta prescrizione del reato, l’indagine deve estendersi al
denunciato vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità
dell’imputato, condannato dal giudice di merito anche al risarcimento del danno
in favore della parte civile.
3.1 Tanto premesso, va detto che la motivazione impugnata risulta del tutto
congrua in ordine alla valutazione della attendibilità della parte civile nonchè al
ritenuto nesso di causalità tra la condotta truffaldina dei ricorrenti ed il
pregiudizio patrimoniale subito dalla società parte lesa, essendosi altresì il
giudice di appello fatto carico di tutte le obiezioni ed argomentazioni degli
appellanti, a tal rinviando anche all’ampia ed esaustiva motivazione del
tribunale.
Deve anzi rilevarsi che il motivo di ricorso in esame costituisce mera
riproposizione dei profili difensivi già esaminati dal primo giudice e posti a base
dell’appello.
In particolare è stata esclusa la buona fede dei Castellucci durante la fase
precontrattuale – questione centrale della tesi difensiva – essendo emerso anzi
che gli stessi avevano maliziosamente taciuto, all’atto della stipula dei due
contratti di locazione con la società Delizie di Sicilia, la circostanza di non aver
ottenuto, a seguito dell’abusivo frazionamento realizzato, i certificati di agibilità

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La Suprema Corte (Cass., sez. 4, 5 giugno 1992-15 febbraio 1993, n. 1340, rv

che avrebbero consentito di destinare gli immobili locati all’uso commerciale
pattuito, così percependo canoni del tutto sganciati dal sinallagma contrattuale e
causando alla parte civile un consistente danno anche da lucro cessante (si rinvia
a tal fine alle argomentazioni immuni da vizi logici contenute nella cd. doppia
conforme: pagg. da 5 a 9 della sentenza di appello; pagg. 27 e segg. di quella di
primo grado).
P.Q.M.

prescrizione; conferma le statuizioni civili.

Così deciso in Roma il giorno 23 giugno 2016
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati estinti reato per

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