Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29866 del 23/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29866 Anno 2016
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
IMPROTA VINCENZO, nato il 27/09/1959,
avverso la sentenza del 19/12/2014 della Corte di Appello di Perugia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. G. Rago;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Roberto
Aniello, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità;

FATTO e DIRITTO

1. Vincenzo IMPROTA, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso
per cassazione contro la sentenza pronunciata in data 19/12/2014 dalla Corte di
Appello di Perugia – confermativa della sentenza di primo grado relativamente al
reato di ricettazione – deducendo i seguenti motivi:
1.1.

MANIFESTA ILLOGICITÀ DELLA MOTIVAZIONE

in ordine

alla

sussistenza

dell’elemento psicologico e della mancata concessione delle attenuanti
generiche;
1.2.

VIOLAZIONE DELL’ART.

157

COD. PEN .

per avere la Corte erroneamente

applicato la normativa sulla prescrizione e, quindi, per non avere dichiarato
prescritto il reato.

Data Udienza: 23/06/2016

2. Il ricorso è manifestamente infondato.

2.1.

MANIFESTA ILLOGICITÀ DELLA MOTIVAZIONE:

la censura è inammissibile sotto

entrambi i profili dedotti in quanto generica ed aspecifica rispetto all’ampia
motivazione con la quale entrambi i giudici di merito hanno chiarito le ragioni per
cui l’imputato era perfettamente consapevole della provenienza illecita dei beni
che egli possedeva al momento in cui fu controllato dalla Polizia (cfr pag. 2

meritevole della concessione delle attenuanti generiche (pag. 4 sentenza di
primo grado e pag. 10 sentenza impugnata).
Poiché la motivazione è congrua, adeguata ed aderente agli evidenziati
elementi fattuali, la medesima non è censurabile in questa sede di legittimità
essendo stato correttamente esercitato il potere discrezionale spettante al
giudice di merito in ordine al trattamento sanzionatorio ed al diniego delle
attenuanti generiche.

2.2.

VIOLAZIONE DELL’ART.

157

COD. PEN . : a nche

la suddetta censura è

manifestamente infondata.
All’imputato risulta essere stata contestata la recidiva reiterata specifica.
Il difensore sostiene che la reiterazione è errata perché l’unico precedente
specifico (ricettazione) risaliva ad una sentenza passata in giudicato il
25/06/1999 e la infraquinquennalità non era mai stata contestata.
La questione è stata sollevata perché, secondo l’assunto difensivo, ove la
Corte avesse ritenuto solo la recidiva specifica ex art. 99/2 cod. pen., avrebbe
dovuto dichiarare la prescrizione del reato.
Sul punto, va osservato quanto segue: il reato risulta contestato al “luglio
2000”.
Poiché la sentenza di primo grado è stata pronunciata nel 2007, si applica la
novella del 2005, in quanto comunque più favorevole rispetto alla normativa
previgente.
La recidiva, quand’anche solo specifica (come sostiene il difensore)
comporta l’aumento della pena fino alla metà se ritenuta dal giudice: il che è
quanto avvenuto nel caso di specie (cfr sentenza primo grado pag. 4; sentenza
appellata pag. 4).
Ai fini del calcolo della prescrizione, la pena massima di anni otto va
aumentata della metà ex art. 157/2 cod. pen. a norma del quale si calcola
l’aumento massimo di pena previsto per l’aggravante (quindi, la metà).
Il termini di anni dodici (otto + 4) per effetto dell’art. 161 cod. pen. va
ulteriormente aumentato della metà sicchè il termine ultimo per la declaratoria

2

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sentenza di primo grado e pag. 7 sentenza impugnata) e perché non era

della prescrizione è di anni diciotto (12+6), ossia un termine che non era ancora
decorso al momento della decisione della sentenza impugnata.

3. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma
dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria
consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa
delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti

P.Q.M.
DICHIARA
inammissibile il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.500,00 in
favore della Cassa delle Ammende.
Sentenza a motivazione semplificata
Così deciso il 23/06/2016

dal ricorso, si determina equitativamente in C 1.500,00.

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