Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29866 del 04/06/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29866 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso presentato da:
Giacomelli Lorenzo, nato a Firenze, il 15/3/1968;

avverso la sentenza del 30/6/2014 della Corte d’appello di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Francesco Salzano, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per prescrizione;
udito per l’imputato l’avv. Mauro Cini, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Firenze ha confermato la condanna
di Giacomelli Lorenzo per il reato di bancarotta semplice sub specie dell’aggravamento

Data Udienza: 04/06/2015

del dissesto per l’omessa richiesta del fallimento della Autostar s.r.l. di cui era il
liquidatore.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato articolando due motivi con i quali deduce il
difetto di motivazione in ordine all’elemento psicologico del reato ovvero -Verrata
applicazione della legge penale in merito alla ricostruzione del contenuto della colpa
-.
richiesta – Per ‘l’integrazione della fattispecie prevista dall’art. 217 n.4 legge fall. In tal

per sostenere la condotta incriminata sia sufficiente la colpa semplice e non quella
grave invece prevista dalla norma incriminatrice ovvero abbia omesso di evidenziare le
ragioni per cui la colpa addebitabile al Giacomelli debba considerarsi effettivamente
grave.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato.
2. Va innanzi tutto ribadito l’orientamento di questa Corte per cui la condotta della
mancata tempestiva richiesta di dichiarazione del proprio fallimento di cui al n. 4
dell’art. 217 comma 1 legge fall. è punibile solo se caratterizzata da colpa grave, la’ cui sussistenza deve dunque essere adeguatamente motivata (Sez. 5, n. 43414 del 25
settembre 2013, Pg in proc. Zille e altri, Rv. 257533).
2.1 In realtà l’ambigua formulazione del dato normativo di riferimento consentirebbe
formalmente di pervenire anche alla conclusione secondo cui la gravità della colpa sia
stata dal legislatore ritenuta immanente alla condotta tipizzata, qualora la stessa abbia
aggravato il dissesto. Ma l’ampia gamma di dinamiche gestionali che può determinare
un pur astrattamente rimproverabile ritardo nell’instaurazione della concorsualità da
parte dell’imprenditore rende irragionevole la configurazione di una sorta di
presunzione assoluta di colpa grave che sollevi il giudice dal compito di valutare le
effettive ragioni di tale ritardo alla luce della ratio che sottende l’incriminazione e cioè
quella di punire solo comportamenti che esprimano un rilevante disvalore. Né
l’argomento per cui la condotta tipica è solo quella in rapporto di efficienza causale con
l’aggravamento del dissesto – talchè la norma avrebbe già operato la -seiezione-dei comportamenti meritevoli di sanzione penale sul piano dell’elemento oggettivo appare decisivo, atteso che tale selezione è operata anche con riferimento alle altre
condotte incriminate, per le quali è invece pacificamente richiesta la colpa grave. Infine
il dato testuale deve essere letto alla luce dell’evoluzione della normativa fallimentare e
del progressivo favore dimostrato dal legislatore verso soluzioni della crisi d’impresa
che consentano la sopravvivenza di quest’ultima. In tal senso appare allora ancora più
ragionevole ritenere che l’incriminazione de qua riguardi solo fattispecie in cui l’agente

senso il ricorrente rileva come la Corte territoriale o abbia erroneamente ritenuto che

abbia sostanzialmente dimostrato il suo disinteresse per le conseguenze della ritardata
instaurazione del fallimento.
2.2 Se dunque quello illustrato è il reale contenuto dell’elemento soggettivo del reato,
deve convenirsi con il ricorrente che la motivazione della sentenza impugnata non
chíàriSte’qUàle’sia stata la misura delrà écilpà cui la Corte territoriale st – é ispirata e

3. Va peraltro rilevato che il reato si è nel frattempo prescritto, essendosi compiuto il
relativo termine al più tardi il 5 dicembre 2014, non risultando sospensioni del
medesimo. Deve allora disporsi l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata
per intervenuta prescrizione, poichè, in presenza di una causa di estinzione del reato, il
giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129
comma secondo, c.p.p. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere
l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua
rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che
la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di
“constatazione”, ossia di percezione ictu °culi, che a quello di “apprezzamento” e sia
quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento e che
in tal caso non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza
impugnata dal momento che il rinvio, da un lato, determinerebbe comunque per il
giudice l’obbligo di dichiarare immediatamente la prescrizione, dall’altro, sarebbe
incompatibile con l’obbligo dell’immediata declaratoria di proscioglimento (Sez. Un., n.
35490 del 28 maggio 2009, Tettamanti, Rv. 244274).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.
Così deciso il 4/6/2015

comunque non evidenzia per quali ragioni la colpa attribuita al Giacomelli debba
– -ritenersi grave.

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