Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29865 del 25/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29865 Anno 2015
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

Data Udienza: 25/05/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
KELIFI FATHI N. IL 04/04/1963
avverso la sentenza n. 98/2013 GIUDICE DI PACE di BASSANO DEL
GRAPPA, del 06/05/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. e
fLeh/lialA
che ha concluso per k3L.

no, per la parte civile, l’Avv
Uditpi(difensore Avv. a/lAaL.
Uel AkA) e;v2A

020 v/7 AA; giLL.

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Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 06/05/2014 il giudice di pace di Bassano del Grappa ha
condannato Khelifi Fathi alla pena di euro 50,00 di multa e al risarcimento del
danno in favore della costituita parte civile, avendolo ritenuto responsabile del
reato di minaccia contestato come commesso nei confronti del proprio datore di
lavoro Stefano Zardo.
Il giudice di pace ha posto a fondamento della decisione le dichiarazioni della
persona offesa e di Romeo Bertoncello, aggiungendo che l’imputato aveva

commissione in una missiva diretta all’imputato e che, in ogni caso, non aveva
dimostrato il suo assunto difensivo, alla stregua del quale, al momento in cui si
sarebbero svolti i fatti, egli si trovava al lavoro.
2. Nell’interesse dell’imputato viene proposto ricorso per cassazione, affidato ai
seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo si lamenta violazione di legge, ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. c) e d), cod. proc. pen., per avere il giudice rigettato la richiesta
di acquisizione della denuncia – querela presentata dall’imputato nei confronti
dello Zardo e della sentenza di primo grado resa nel procedimento scaturito da
tale denuncia, ritenendo irrilevante la prima, al contrario da qualificarsi come
documento proveniente dall’imputato, e non sviluppando alcuna considerazione
con riferimento alla sentenza.
Al contrario, la data della denuncia proposta dall’imputato avrebbe rivelato che lo
Zardo, solo dopo tale iniziativa, aveva presentato la propria, laddove la sentenza
di condanna dello Zardo per il delitto di tentata estorsione nei confronti del
ricorrente rappresentava elemento rilevante ai fini del giudizio di attendibilità
della parte civile.
2.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge,
per avere il giudice di pace riservato la decisione sulla richiesta di prova
testimoniale dell’imputato, per poi decidere nel merito, senza consentire alla
difesa di esaminare le persone indicate e, anzi, aggiungendo che non era stata
data alcuna prova della deduzione dell’imputato di trovarsi al lavoro nel giorno e
nell’ora, in cui, secondo la persona offesa, era stato commesso il fatto.

Considerato in diritto
1. La sentenza impugnata ha condannato l’imputato alla pena della multa e al
risarcimento del danno.
Ne discende che avverso tale decisione era proponibile l’appello, ai sensi dell’art.
37 d.lgs. n. 274 del 2000.
Infatti, secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale (Sez. 5, n. 7455 del
16/10/2013 – dep. 17/02/2014, Di Luca, Rv. 259625; Sez. 5, n. 6952 del

1

omesso di negare la minaccia, dopo che lo Zardo ne aveva denunciato la

29/11/2011 – dep. 22/02/2012, Calò, Rv. 252944; Sez. 5, n. 20855 del
23/02/2011, Pierro, Rv. 250395; Sez. F, n. 32324 del 11/08/2011, Golfarelli, Rv.

251094; Sez. 2, n. 10344 del 23/02/2010, Gerratana, Rv. 246618; Sez. 4, n.
41816 del 10/07/2009, Azzato, Rv. 245454; Sez. 5, n. 7063 del 20/01/2009,
D’Aria, Rv. 243234), l’impugnazione proposta dall’imputato contro la sentenza
del giudice di pace, che lo abbia condannato ad una pena pecuniaria e al
risarcimento del danno in favore della parte civile, qualora con essa venga
dedotto anche il vizio di motivazione in riferimento all’apprezzamento della

il capo relativo alla condanna al risarcimento del danno, in quanto nel
procedimento davanti al giudice di pace trova applicazione l’art. 574, comma
quarto, cod. proc. pen., nella parte in cui prevede che l’impugnazione
dell’imputato contro la pronuncia di condanna penale estende i suoi effetti alle
statuizioni civili dipendenti dalla condanna.
Va, peraltro, escluso che l’impugnazione possa essere esaminata come ricorso
immediato, ai sensi dell’art. 569, comma 1, cod. proc. pen., dal momento che
tale disposizione non si applica quando, come nella specie, si deduca la mancata
assunzione di prova decisiva (primo motivo) o un vizio motivazionale (secondo
motivo) (art. 569, comma 3, cod. proc. pen.).
2. In conclusione, il ricorso va qualificato come appello, con conseguente
trasmissione degli atti al Tribunale di Vicenza, subentrato nelle competenze del
soppresso Tribunale di Bassano del Grappa (al quale, per mero errore materiale,
fa riferimento il dispositivo), per il relativo giudizio.

P.Q.M.
Convertito il ricorso in appello, dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di
Vicenza per il giudizio di appello.
Così deciso in Roma il 25/05/2015
Il Componente estensore

Il Presidente

prova, è qualificabile come appello sebbene non risulti espressamente impugnato

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