Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29861 del 25/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29861 Anno 2015
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NAVARRA MICHELE N. IL 18/03/1962
nei confronti di:
SCHINGARO LAURA N. IL 28/06/1977
avverso la sentenza n. 1186/2013 CORTE APPELLO di BARI, del
02/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
4,., Iv 21 p.,
che ha concluso per j..
L i„Luz__

Udito,

la parte civile, l’Avv

dit i difensor Avv.

Data Udienza: 25/05/2015

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 02/12/2013 la Corte d’appello di Bari, in riforma della
decisione di primo grado, ha assolto Laura Schingaro dal delitto di cui all’art. 485
cod. pen. (capo a) perché il fatto non costituisce reato e dal delitto di cui all’art.
646 cod. pen. (capo b), perché il fatto non sussiste.
Alla Schingaro, in particolare, era contestato di avere, al fine di appropriarsi della
somma di euro 7.526,00 di pertinenza del proprio datore di lavoro, Michele
Navarra, falsificato la firma di quest’ultimo su quattro richieste di bonifico, che

personale.
La Corte territoriale ha rilevato: a) che il deterioramento dei rapporti tra il
Navarra e la Schingaro, sfociato in procedimenti civili e penali, minava
l’attendibilità del primo; b) che la deduzione della Schingaro di essere stata
costretta, nelle occasioni dei bonifici per il quali è procedimento, come in altri
casi, ad apporre la firma, sotto la minaccia del licenziamento, era stata
confermata dalla sorella della donna; c) che la propensione del Navarra alla
violenza fisica e psicologica emergeva sia dai suoi precedenti che dalla sentenza
penale del 03/11/2009, che recava la sua condanna per lesioni in danno della
Schingaro; d) che, quanto al contestato reato di appropriazione indebita, gli
operatori di cassa avevano dichiarato concordemente che le operazioni, se non
venivano effettuate dal Navarra, erano comunque sempre da lui autorizzate o
personalmente o a mezzo telefono.
2. Nell’interesse della parte civile è stato proposto ricorso per cassazione,
affidato ad un unico, articolato motivo, con il quale si lamentano violazione di
legge e vizi motivazionali, rilevando: a) che la decisione della Corte territoriale
ha valorizzato le emergenze probatorie indicative di prassi aziendali e bancarie
fondate sul consenso o la mera tolleranza del Navarra, omettendo di considerare
che era proprio approfittando di tale modus operandi che la Schingaro era
riuscita ad effettuare i quattro bonifici dal conto aziendale della parte civile in
favore del proprio conto personale; b) che il deterioramento dei rapporti tra le
parti era stato ritenuto idoneo dalla Corte territoriale a menomare l’attendibilità
del Navarra, ma incomprensibilmente non quella della Schingaro; c) che, anche
a non considerare che la conflittualità era scaturita proprio dalle condotte
dell’imputata, comunque era emersa una volontà della donna di vendicarsi del
licenziamento sofferto, al punto che ella, secondo quanto ricordato dalla stessa
sentenza impugnata, aveva trattenuto le chiavi dell’ufficio e alcuni documenti
contabili dei quali aveva la disponibilità; d) che, a parte la sorella dell’imputata,
nessuno dei testi a difesa aveva confermato che la donna avesse l’abitudine di
falsificare la firma del Navarra; anzi gli operatori di banca ascoltati avevano
1

le avevano consentito di trasferire il denaro dal conto aziendale al proprio conto

riferito che gli ordini di bonifico portati dalla Schingaro erano da loro visionati e
sottoposti ad una verifica di corrispondenza della firma con lo specimen; e) che
la prova della violenza fisica e psicologica che avrebbe determinato l’imputata ad
apporre le firme apocrife non poteva essere ricavata dalla sentenza di condanna
del Navarra per lesioni e minacce e ciò sia perché si tratta di sentenza non
definitiva, sia perché la vicenda oggetto di quel processo era scaturita proprio

dalla richiesta di chiarimenti da parte del Navarra con riferimento ad alcuni
comportamenti della donna; f) che proprio la prassi che prevedeva comunque

la firma del primo, a meno che non si fosse trattato, come nella specie, di
operazioni effettuate senza il consenso del datore di lavoro; g) che il giudice di
secondo grado aveva omesso di considerare che le giustificazioni per il
trasferimento di denaro dal conto aziendale a quello personale della donna,
addotte da quest’ultima in occasione dell’interrogatorio del 04/07/2007, le cui
risultanze erano state acquisite all’udienza del 13/07/2012, erano del tutto prive
di dimostrazione; h) che, infine, gli operatori di cassa escussi a dibattimento,
oltre ad essere solo quelli selezionati dall’imputata, avevano riferito di una mera
prassi e, in ogni caso, erano interessati a coprire la disinvoltura dei controlli
effettuati; i) che almeno uno dei testi era stato avvicinato dalla Schingaro e dal
marito prima del processo.

Considerato in diritto
1. L’articolato motivo di doglianza è, nel suo complesso, fondato.
Questa Corte ha infatti reiteratamente avuto modo di sottolineare che, in tema di
motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi la decisione di
condanna del giudice di primo grado, nella specie pervenendo a una decisione di
assoluzione, non può limitarsi ad inserire nella struttura argomentativa del
provvedimento impugnato, genericamente richiamato, delle notazioni critiche di
dissenso, essendo, invece, necessario che egli riesamini, sia pure in sintesi,

il

materiale probatorio vagliato dal primo giudice, considerando quello
eventualmente sfuggito alla sua valutazione e quello ulteriormente acquisito per
dare, riguardo alle parti della prima sentenza non condivise, una nuova e
compiuta struttura motivazionale che dia ragione delle difformi conclusioni (da
ultimo, si vedano Sez. 2, n. 50643 del 18/11/2014 Fu, Rv. 261327; Sez. 6, n.
1253 del 28/11/2013 – dep. 14/01/2014, Ricotta, Rv. 258005).
Ora, nella specie, tanto la ritenuta costrizione dell’imputata a sottoscrivere
assegni con la firma del Navarra, tanto la prassi di effettuare le sole operazioni,
volta a volta, autorizzate dal Navarra (peraltro, confermata dai soli due operatori
sentiti, a fronte dei quattro esistenti: v. la deposizione del teste De Carlo,
riportata nella sentenza impugnata) comunque avrebbero assunto significato,
2

l’autorizzazione del Navarra escludeva la necessità della Schingaro di falsificare

rispetto alle specifiche condotte contestate, se, nel percorso motivazionale
seguito dalla Corte territoriale, si fosse affrontato il problema, al contrario
completamente pretermesso, se non attraverso un oscuro cenno a “motivi di
contabilità aziendale non meglio definibili”, della coerenza dei quattro bonifici dei
quali si discute con le finalità aziendali.
Il giudice di primo grado aveva ritenuto le giustificazioni addotte dalla Schingaro
sul punto, quanto all’utilizzazione delle somme anche per eseguire pagamenti
non contabilizzati in favore dei dipendenti del Navarra, completamente non

estratti conto che avrebbero documentato la destinazione del denaro.
Su tale profilo, di assoluta decisività per accertare la concreta rilevanza della
ritenuta costrizione della Schingaro nel caso di specie e della stessa
inquadrabilità delle condotte nella prassi bancaria ricordata, non è dato cogliere
nella sentenza impugnata alcun approfondimento.
Ne discende che, anche a tacer dell’interesse degli operatori bancari a non
ammettere evidenti irregolarità giustificate dal pregresso rapporto di fiducia e
dalla snellezza delle attività, come pure dei contrasti, emergenti dalla medesima
sentenza della Corte d’appello, che avevano indotto la Schingaro a trattenere le
chiavi dell’ufficio e dei documenti contabili portati via dall’ufficio, resta il fatto che
la decisione non ha confutato specificamente l’argomento centrale contenuto
nella motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa
incompletezza o incoerenza.
2. In conseguenza, limitatamente agli effetti civili, la sentenza impugnata va
annullata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata ai soli effetti civili, con rinvio al giudice civile
competente per valore in grado di appello.
Così deciso in Roma il 25/05/2015
Il Componente estensore

Il Presidente

dimostrate, neppure a livello indiziario, mediante la pur agevole produzione degli

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