Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29858 del 20/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29858 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI STEFANO GIUSEPPE N. IL 03/02/1982
avverso la sentenza n. 11/2014 CORTE ASSISE APPELLO di
MILANO, del 02/07/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GERARDO SABEONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. artladvg., SAAW
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditildifensoi;tAvv.

Data Udienza: 20/05/2015

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Assise di Appello di Milano, con sentenza del 2 luglio 2014,
decidendo sul rinvio operato dalla Prima Sezione Penale di questa Corte con la
sentenza 13601 del 15 novembre 2013 che aveva parzialmente annullato la

confermato la sentenza del GUP presso il Tribunale di Milano del 12 ottobre 2011
con la quale, per quanto d’interesse del presente procedimento, Di Stefano
Giuseppe era stato condannato per il delitto di tentato omicidio del cognato
Patania Massimo.
I fatti per cui è giudizio erano consistiti nell’omicidio avvenuto il 2
settembre 2010 della moglie separata dell’imputato Patania Teresa e del
successivo tentato omicidio del cognato.
L’annullamento della sentenza della Corte di Assise di Appello di Milano
del 23 ottobre 2012, confermativa di quella del GUP presso il Tribunale di Milano
del 12 ottobre 2011, era dovuto limitatamente alla sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza per il concorrente delitto di tentato omicidio di Patania
Massimiliano.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Di Stefano,
con ricorso a firma dell’avvocato Virgilio D’Asta, per l’unico motivo della
violazione di legge e della illogicità della motivazione non avendo il Giudice a quo
adempiuto al vuoto motivazionale evidenziato all’atto dell’annullamento da parte
di questa Corte.
3. Risulta, inoltre, pervenuta memoria contenente motivi aggiunti redatta,
questa volta dall’avvocato Roberto Afeltra, nella quale si evidenziano più in
dettaglio le omissioni motivazionali della Corte di Assise di Appello di Milano.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.
2. Deve premettersi come il Giudice del rinvio mantenga integri i poteri di
accertamento e valutazione, non essendo vincolato in ordine alla scelta dei mezzi
atti alla formazione del suo convincimento, sicché gli eventuali elementi di fatto e
valutazione contenuti nella pronuncia di annullamento rilevano come punti di
1

sentenza della Corte di Assise di Appello di Milano del 23 ottobre 2012 ha

riferimento al fine della individuazione del vizio, ma non come dati che si
impongono per la decisione demandatagli.
È altrettanto vero, però, che il Giudice del rinvio non può prescindere dal
“condizionamento che scaturisce dalla sentenza della Corte di Cassazione” che
ha disposto l’annullamento (v. Cass. Sez. Un. 23 novembre 1990 n. 373).
A tal proposito si è, altresì, affermato (v. Cass. Sez. VI 7 febbraio 1995 n.

“risolve una questione di diritto anche quando giudica sull’adempimento del
dovere di motivazione, cosicché il Giudice del rinvio è tenuto a giustificare il
proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente
enunciato nella sentenza di annullamento, restando in tal modo vincolato ad una
determinata valutazione delle risultanze processuali”, senza che ciò sottragga il
Giudice del rinvio alla libertà di determinare il proprio convincimento di merito
mediante un’autonoma valutazione di fatto concernente il punto annullato.
Limite, peraltro, che gli vieta soltanto di ripetere i vizi già censurati e lo
obbliga a non fondare la decisione sulle argomentazioni già ritenute incomplete o
illogiche.
Inoltre, il Giudice del rinvio non è tenuto ad esaminare solo i punti
specificati, isolandoli dal residuo materiale probatorio, ma mantiene, nell’ambito
dei capi colpiti dall’annullamento, piena autonomia di giudizio nella ricostruzione
del fatto, nella individuazione e valutazione dei dati, nonché il potere di
desumere, anche “aliunde” e, dunque, eventualmente sulla base di elementi
trascurati dal primo Giudice, il proprio libero convincimento, colmando, in tal
modo, i vuoti motivazionali segnalati ed eliminando le incongruenze rilevate (v.
Cass. Sez. VI 4 novembre 2010 n. 42028).
3. In punto di diritto devono, poi, ribadirsi i costanti insegnamenti di
questa Corte, anche nella sua massima espressione, secondo i quali:
a) in tema di controllo sulla motivazione, alla Corte di Cassazione è
normativamente preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria
valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi,
ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione
mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali
altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno; ed invero, avendo il
legislatore attribuito rilievo esclusivamente al testo del provvedimento
impugnato, che si presenta quale elaborato dell’intelletto costituente un sistema
logico in sé compiuto ed autonomo, il sindacato di legittimità è limitato alla
verifica della coerenza strutturale della sentenza in sé e per sé considerata,
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4614 e di recente Cass. Sez. V 24 settembre 2012 n. 7567) che la Cassazione

necessariamente condotta alla stregua degli stessi parametri valutativi da cui
essa è “geneticamente” informata, ancorché questi siano ipoteticamente
sostituibili da altri (v. a partire da Cass. Sez. Un. 31 maggio 2000 n. 12);
b) l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’articolo 606,
comma 1, lett e) cod.proc.pen., è quella evidente, cioè di spessore tale da
risultare percepibile “ictu oculi”, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso

demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del
legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza
possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni
processuali (v. a partire da Cass. Sez. Un. 24 settembre 2003 n. 47289);
c) la ricostruzione dei fatti deve essere accertata con motivazione immune
da vizi logico-giuridici, in base ad un coerente quadro indiziario del quale i
ricorrenti non abbiano sollecitato soltanto una diversa possibile lettura, il che non
è consentito in sede di legittimità, noto essendo che, affinché sia ravvisabile una
manifesta illogicità argomentativa denunciabile per cassazione, non basta
rappresentare la mera possibilità di un’ipotesi alternativa, magari altrettanto
logica in via di astratta congettura, rispetto a quella ritenuta in sentenza (v. a
partire da Cass. Sez. I 21 settembre 1999 n. 12496, Cass. Sez. Un. 30 aprile
1997 n. 6402 e Cass. Sez. II 9 luglio 2010 n. 28683); a tal riguardo, devono,
tuttora, escludersi la possibilità di “un’analisi orientata ad esaminare in modo
separato ed atomistico i singoli atti, nonché i motivi di ricorso su di essi
imperniati ed a fornire risposte circoscritte ai diversi atti ed ai motivi ad essi
relativi” (v. Cass. Sez. VI 20 marzo 2006 n. 14624 e Sez. II 22 aprile 2008 n.
18163) e la possibilità per il Giudice di legittimità di una rilettura degli elementi
di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e
diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (v. di recente, Cass. Sez.
VI 14 febbraio 2012 n. 25255);
d) nel momento del controllo della motivazione, la Corte di cassazione
non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei
fatti, nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se
questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una
plausibile opinabilità di apprezzamento: ciò in quanto l’articolo 606, comma
primo, lett. e) del cod.proc.pen. non consente alla Corte di una diversa lettura
dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perché è estraneo
al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto
ai dati processuali (v. Cass. Sez. V 13 maggio 2003 imp. Pagano ed altri, non
3

giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato

massimata, Sez. IV 2 dicembre 2003 n. 4842 e Sez. VI 18 gennaio 2012 n.
3884).
4. In punto di fatto, questa volta, l’oggetto del primo ricorso redatto
nell’interesse dell’imputato è indirizzato esclusivamente sull’inadempimento della
Corte di merito a quanto previsto dall’articolo 627, comma 3 cod.proc.pen.
Il ricorso appare alquanto generico perchè non si confronta
specificamente con la motivazione espressa dal Giudice del rinvio ma ne

Corte.
Più dettagliata è la contestazione contenuta nella memoria contenente
motivi aggiunti di ricorso ma, in ogni caso, non si ravvisano vizi motivazionali
nella sentenza impugnata.
Opportunamente il Giudice a quo ha chiarito come l’esperita perizia
balistica non fosse idonea a determinare la direzione dei colpi esplosi
dall’imputato ma soltanto l’esplosione di ulteriori colpi oltre quelli che avevano
attinto la vittima dell’omicidio, il che vale a confermare l’avvenuta esplosione di
ulteriori colpi.
5. Il Giudice a quo ha, poi, correttamente esaminato il contenuto delle
deposizioni testimoniali ritenute non completamente attendibili all’atto
dell’annullamento ad opera di questa Corte:
a) la deposizione della parte offesa Patania Massimiliano, che aveva
evidenziato l’esplosione di tre colpi nei suoi confronti da parte del cognato a
seguito del suo arrivo sul luogo del delitto e delle parole nei suoi confronti
pronunciate dopo essersi chinato sul corpo della propria sorella;
b) la deposizione della teste Pecoraro Monica Giuseppa, compagna della
parte offesa, che aveva riferito dell’esplosione di un colpo dopo che il proprio
compagno aveva inveito contro l’omicida della sorella;
c)

la deposizione di Avegnano Liliana, abitante nello stabile in

contestazione e che si trovava nel cortile ove era stato commesso l’omicidio, che
aveva anch’essa riferito della reazione verbale del fratello della vittima
all’indirizzo dell’omicida e dell’esplosione di due colpi all’indirizzo dello stesso.
6. In definitiva la Corte di merito ha logicamente affermato come fossero
stati rinvenuti ulteriori bossoli oltre quelli che avevano attinto la vittima, con ciò
ribadendo l’esplosione degli stessi, come tutti i testi avessero riferito di aver
visto sparare l’imputato in direzione della parte offesa, come le parole
pronunciate dall’imputato (“Massimo Patania così si spara”) prima di esplodere
gli ulteriori colpi dopo quelli che avevano determinato la morte della Patania
4

evidenzia le carenze motivazionali in relazione a quanto espresso da questa

fossero ulteriore indizio della volontà di compiere atti idonei diretti in modo non
equivoco all’uccisione della parte lesa e come la discordanza tra il numero dei
colpi uditi da ciascuno dei testi fosse giustificabile alla luce della concitazione del
momento e della natura del luogo del commesso delitto (cortile condominiale
affollato di persone).
7. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente condannato al

P.T.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso il 20 maggio 2015.

pagamento delle spese processuali.

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