Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29855 del 23/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29855 Anno 2016
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
NARDONI DINO, nato il 30/07/1969
avverso la sentenza del 16/12/2014 della Corte di Appello di Bologna
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. G. Rago;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Roberto
Aniello, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità;
udito il difensore, avv. Massimiliano Di Girolamo, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso

FATTO e DIRITTO

1. Dino NARDONI, a mezzo del proprio difensore ha proposto ricorso per
cassazione contro la sentenza della Corte di Appello di Bologna del 16/12/2014
deducendo.
1.1. VIOLAZIONE DELL’ART. 178 COD. PROC. PEN. per avere la Corte territoriale
disatteso la censura contro l’ordinanza con la quale il primo giudice aveva
respinto l’istanza di differimento dell’udienza del 26/11/2010 per legittimo
impedimento dell’imputato;

Data Udienza: 23/06/2016

1.2.

MANIFESTA ILLOGICITÀ DELLA MOTIVAZIONE

per essersi la Corte limitata a

confermare la sentenza di primo grado in punto di fatto e di diritto (truffa invece
che insolvenza fraudolenta);
1.3.

VIOLAZIONE DEGLI

AR-rr. 132-133 (eccessività della pena) e 164 cod. pen.

(mancata concessione della sospensione condizionale della pena).

2. Il ricorso è manifestamente infondato.

VIOLAZIONE DELL’ART.

178

COD. PROC. PEN.:

la motivazione addotta sul

punto dalla Corte Territoriale – reiettiva della medesima censura – è amplissima
in punto di fatto (insussistenza dello stato d’impedimento) sicchè essendo la
medesima incensurabile, il motivo va ritenuto manifestamente infondato in
quanto meramente reiterativo.

Ad 1.2.

MANIFESTA ILLOGICITÀ DELLA MOTIVAZIONE:

questa Corte osserva che le

questioni dedotte con il presente ricorso hanno costituito oggetto di ampio
dibattito processuale in entrambi i gradi del giudizio di merito, alle quali la Corte
territoriale ha dato una congrua risposta sulla base di puntuali riscontri di natura
fattuale e logica, disattendendo, quindi (in fatto e in diritto), la tesi difensiva
dell’imputato, riproposta in modo tralaticio nuovamente in questa sede di
legittimità.
Le censure riproposte con il presente ricorso, vanno, quindi, ritenute
null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa sede di legittimità, una
nuova valutazione di quegli elementi fattuali già ampiamente presi in esame
dalla Corte territoriale che, alla stregua della suddetta ricostruzione fattuale, ha
correttamente qualificato il fatto come truffa.
Pertanto, non essendo evidenziabile alcuna delle pretese incongruità,
carenze o contraddittorietà motivazionali dedotte dal ricorrente, la censura,
essendo incentrata tutta su una nuova rivalutazione di elementi fattuali e,
quindi, di mero merito, va dichiarata inammissibile.
In altri termini, le censure devono ritenersi manifestamente infondate in
quanto la ricostruzione effettuata dalla Corte e la decisione alla quale è
pervenuta deve ritenersi compatibile con il senso comune e con «i limiti di una
plausibile opinabilità di apprezzamento»: infatti, nel momento del controllo di
legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito
proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve
condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa
giustificazione sia compatibile con il senso comune Cass. n. 47891/2004 rv
230568; Cass. 1004/1999 rv 215745; Cass. 2436/1993 rv 196955.

2

Ad 1.1.

Ad 1.3. VIOLAZIONE DEGLI AR-rr. 132-133 (eccessività della pena) e 164 cod.
pen.: anche le suddette censure sono manifestamente infondate.
Sul punto, la motivazione addotta dalla Corte territoriale è amplissima sotto
entrambi profili (pag. 10), sicchè i motivi di ricorso vanno dichiarati
inammissibili.
Infatti, quanto alla pena, la Corte ha dato conto degli elementi scelti per la
formulazione del giudizio globale (gravità del fatto e capacità a delinquere): di
conseguenza, essendo stato correttamente esercitato il potere discrezionale

esercizio si sottrae ad ogni censura di legittimità.
Quanto alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena
– premesso che la Corte non è incorsa in alcun travisamento della situazione
personale dell’imputato puntualmente analizzata a pag. 10 della sentenza
impugnata – va osservato che il giudice di merito, nel valutare la concedibilità
del suddetto beneficio, non ha l’obbligo di prendere in esame tutti gli elementi
indicati nell’art. 133 cod. pen., ma può limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti
prevalenti, nei quali rientrano, oltre le sentenze di condanna riportate
dall’imputato, anche i precedenti giudiziari di cui all’art. 133 cod. pen.. Il giudizio
prognostico ex art. 164, comma primo, cod. pen., infatti, è del tutto
indipendente dai limiti relativi alla misura della pena fissati dall’art. 163 cod.
pen. che determinano la concedibilità in astratto del beneficio ma non certo il
contenuto favorevole della prognosi: Cass. 6641/2010 rv. 246184; Cass.
4073/1996 rv. 205188: poiché la Corte Territoriale si è adeguata ai suddetti
principi, la censura deve ritenersi inammissibile.

3. Alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e
valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in €
1.500,00.
La declaratoria di inammissibilità preclude la rilevabilità della prescrizione in
applicazione del principio di diritto secondo il quale «l’inammissibilità del ricorso
per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il
formarsi di un valido rapporto d’impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità
di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc.
pen.»: ex plurimis SSUU 22/11/2000, De Luca, Riv 217266 – Cass. 4/10/2007,
Impero; Sez. un., 2 marzo 2005, n. 23428, Bracale, rv. 231164; Sez. un., 28
febbraio 2008, n. 19601, Niccoli, rv. 239400; SSUU, 12602/2016, Ricci;

P.Q.M.

3

spettante al giudice di merito in ordine al trattamento sanzionatorio, il relativo

DICHIARA
inammissibile il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.500,00 in
favore della Cassa delle Ammende.
Sentenza a motivazione semplificata

Così deciso il 23/06/2016

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