Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29853 del 23/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29853 Anno 2016
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
1.

PRATTICHIZZO GIOVANNI, nato il 23/03/1938;

2.

PRATTICHIZZO MICHELE nato il 06/09/1967;

avverso la sentenza del 18/03/2014 della Corte di Appello di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. G. Rago;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Roberto
Aniello, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 20/01/2010, il giudice monocratico del tribunale di
Foggia – sez. distaccata di San Severo – assolveva Giovanni PRATTICHIZZO e
Michele PRATTICHIZZO dal reato di truffa a danno di Francesco Antonio Damiano
(nella sua qualità di legale rappresentante della Idea! Carda s.a.s.) perché il fatto
non sussiste in quanto la cessione della merce (poi successivamente non pagata)
non fu frutto di artifizi e raggiri ma fu consegnata agli imputati “alla luce del
buon rapporto di conoscenza”: solo successivamente, quando i titoli dati in

Data Udienza: 23/06/2016

pagamento non erano stati onorati, gli imputati dettero al Damiano “ampie
rassicurazioni” circa il buon esito degli assegni, ma tali artifizi e raggiri, essendo
stati effettuati in un momento successivo alla

deminutío patrimoníi,

erano

irrilevanti.

2. Proposto appello, ai soli fini civili, dalla parte civile Damiano, la Corte di
Appello di Bari, in riforma della suddetta sentenza, condannava gli imputati, ai
soli effetti civili, al risarcimento dei danni subiti dal Damiano: la Corte, infatti,

assicurazione della loro esigibilità sia idonea in quanto tale a vincere – come
verificatosi a proposito del caso in esame – l’eventuale ritrosia della persona
offesa nell’accettarli quali mezzo di pagamento […]».

3.

Contro la suddetta sentenza, hanno proposto ricorso per cassazione

entrambi gli imputati i quali hanno dedotto i seguenti motivi:
3.1. il reato di truffa non era sussistente, come ritenuto dal primo giudice,
perché «quand’anche il sign. Giovanni Prattichizzo avesse rassicurato il sign.
Damiano circa il buon fine degli assegni bancari, l’eventuale condotta fraudolenta
è stata posta in essere in un momento successivo al conseguimento del
profitto»: primo motivo ricorsi Giovanni e Michele Prattichizzo,
3.2. Michele Prattichizzo doveva ritenersi estraneo alla vicenda processuale
in quanto tutti gli assegni erano stati emessi da Giovanni Prattichizzo: secondo
motivo ricorso Giovanni Prattichizzo; quarto motivo ricorso Michele Prattichizzo;
3.3. tardività della presentazione della querela;
3.4. violazione del principio della motivazione rafforzata non avendo la Corte
adeguatamente confutato la motivazione della sentenza di primo grado.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Ai ricorrenti è stato contestato un episodio di cd. truffa contrattuale in
relazione alla quale, in via di stretto diritto, è opportuno rammentarne la nozione
e quale ne siano i presupposti giuridici.

1.1. I PRESUPPOSTI GIURIDICI
NOZIONE:

si ha truffa contrattuale allorchè l’agente pone in essere artifici e

raggiri al momento della conclusione del negozio giuridico, traendo in inganno il
soggetto passivo che viene indotto a prestare un consenso che altrimenti non
sarebbe stato dato:

ex plurimís

Cass. 3538/1980 Rv. 148455 – Cass.

47623/2008 Rv. 242296;

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riteneva che «la condotta di chi rilasci assegni bancari con l’espressa

ELEMENTO PSICOLOGICO:

nella truffa contrattuale l’elemento che imprime al

fatto della inadempienza il carattere di reato è costituito dal dolo iniziale, quello
cioè che, influendo sulla volontà negoziale di uno dei contraenti (falsandone,
quindi, il processo volitivo avendolo determinato alla stipulazione del negozio in
virtù dell’errore in lui generato mediante artifici o raggiri) rivela nel contratto la
sua intima natura di finalità ingannatoria: Cass. 7066/1981 Rv. 149803 – Cass.
4423/1983 Rv. 164164;
ARTIFICI E RAGGIRI:

ad es. sussistono gli artifici e raggiri, idonei ad integrare il

contratto di compravendita, al fine di indurre in errore la persona offesa sulla sua
solvibilità, consegni, quale acconto, dapprima un assegno andato a buon fine e
poi altri due assegni, la cui provvista, esistente al momento dell’emissione,
venga ritirata prima del pagamento: Cass. 532/1981 Rv. 151705;
INGIUSTO PROFITTO:

in tema di truffa contrattuale, l’ingiusto profitto, con

correlativo danno del soggetto passivo, consiste essenzialmente nel fatto
costituito dalla stipulazione del contratto: di conseguenza, ai fini della
sussistenza del suddetto elemento materiale diventa del tutto irrilevante che le
prestazioni siano state equilibrate ossia che si sia pagato il giusto corrispettivo
della controprestazione effettivamente fornita; Cass. 7193/2006 Rv. 233633 Cass. 47623/2008 Rv. 242296;
DANNO PATRIMONIALE:

nella truffa contrattuale il danno patrimoniale non è

necessario che sia costituito dalla perdita economica di un bene subita dal
soggetto passivo, ma può consistere anche nel mancato acquisto di una utilità
economica, che lo stesso si riprometteva di conseguire in conformità alle false
prospettazioni dell’agente, da cui sia stato tratto in errore: Cass. 3094 /1978 Rv.
141597;
MOMENTO CONSUMATIVO:

il delitto di truffa, nella forma cosiddetta contrattuale,

si consuma non al momento in cui il soggetto passivo, per effetto degli artifici o
raggiri, assume l’obbligazione della dazione di un bene economico, ma al
momento in cui si realizza il conseguimento del bene da parte dell’agente con la
conseguente perdita dello stesso da parte della persona offesa. In particolare,
ove il pagamento del bene deve avvenire, per pattuizione, in più ratei, il reato si
consuma con l’ultimo atto di erogazione: S.U. 18/2000, rv 216429; Cass.
31044/2008 Rv. 240659; Cass. 49932/2012 rv. 254110; Cass. 18859/2012 rv.
252821.

1.2.

I RAGGIRI NELLA FASE SUCCESSIVA ALLA STIPULA DEL CONTRATTO

Le suddette regole, come si può notare, si riferiscono alle ipotesi in cui i
raggiri o gli artifizi vengano posti in essere nella fase precontrattuale al fine di

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delitto di truffa, nell’ipotesi in cui l’imputato, prima della conclusione di un

convincere la vittima a stipulare un contratto che, senza quegli artifizi, non
avrebbe stipulato.
Gli artifizi e raggiri, però, possono essere posti in essere da uno dei
contraenti a danno dell’altro anche in una fase successiva alla stipula del
contratto: in tale ipotesi, occorre porsi il problema del se e in che termini sia
configurabile il reato di truffa.
Questa Corte ha affermato il principio secondo il quale «in materia di truffa
contrattuale il mancato rispetto da parte di uno dei contraenti delle modalità di

parte, con condotte artificiose idonee a generare un danno con correlativo
ingiusto profitto, integra l’elemento degli artifici e raggiri richiesti per la
sussistenza del reato di cui all’art. 640 cod. pen.»: Cass. 41073/2004 Rv.
230689.
Nella suddetta sentenza, questa Corte affermò la sussistenza del reato di
truffa nel comportamento di un laboratorio di analisi che nell’eseguire gli esami
oggetto della convenzione stipulata con la A.S.L. utilizzava reagenti e calibratori
scaduti di validità, in quanto tale condotta concretizzava violazioni di specifiche
prescrizioni e, comunque, non garantiva la certa rispondenza dei dati di
laboratorio alla esatta rappresentazione di quanto lo specifico procedimento di
analisi deve al contrario fedelmente evidenziare.
In motivazione, la Corte ebbe cura di precisare quanto segue: «[…] la
dinamica negoziale vive anche della sua esecuzione; sicché è difficile postulare
per essa una sorta di insensibilità a qualsiasi condotta artificiosa che generi
danno con correlativo ingiusto profitto, anche nella prospettiva di frustrazione
della azioni di risoluzione o annullamento che potrebbero, in ipotesi, altrimenti
essere fatte valere – è assorbente il rilievo che tali approdi ermeneutici non
possono certo valere nei casi – come nella specie – di contratti di durata di
prestazione di servizi in regime di convenzione, rispetto ai quali l’elemento
decettivo ben può insorgere con riferimento ad ogni singola prestazione, a fronte
della quale insorge l’obbligo di pagamento da parte della azienda conferente il
sevizio, senza che occorra presupporre una induzione in errore ex ante, vale a
dire sin dalla genesi del rapporto di convenzionamento».
Il principio enunciato nella citata sentenza non costituisce affatto un novum
nella giurisprudenza di questa Corte rinvenendosi precedenti specifici ad es. in
Cass. 5579/1998 rv. 210613; Cass. 9323/1988 rv. 179203.
Al fine, però, di evitare equivoci è opportuno focalizzare bene la
problematica ed il campo di applicazione del suddetto principio.
Il primo problema che occorre porsi è quello di stabilire cosa si debba
intendere per “esecuzione del contratto”.

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(//

esecuzione del contratto, rispetto a quelle inizialmente concordate con l’altra

Com’è ben noto, lo stesso codice civile non disciplina in modo sistematico
l’esecuzione del contratto dedicando ad essa alcune norme sparse (art.1328/1 1444/2 – 1360/2 – 1373/2 – 1458/1 – 1467/1) di cui, sicuramente, la più
importante, ai fini che qui interessano, è l’art. 1375 a norme del quale «il
contratto dev’essere eseguito in buona fede».
In via generale, può affermarsi che si ha esecuzione del contratto in tutti
quei casi in cui l’attività di una o di entrambe le parti è necessaria perché il
contratto esplichi tutti i suoi effetti.

giuridicamente concluso), diventa evidente laddove si rifletta sul fatto che vi è
tutta una tipologia di contratti in cui la prestazione di una delle parti non è
contestuale alla conclusione del contratto.

1.2.1. I CONTRATTI AD ESECUZIONE ISTANTANEA
Vi sono, infatti, contratti ad esecuzione istantanea in cui l’esecuzione
avviene, per ciascuno dei contraenti, in un’unica operazione: ad es. vendita di un
bene con immediato effetto traslativo, con contestuale consegna della merce da
parte del venditore e pagamento del prezzo da parte dell’acquirente. In tali
ipotesi, il contratto non solo è concluso ma è anche stato eseguito da entrambe
le parti. Il che comporta che l’eventuale inadempimento di una delle parti al
contratto, sebbene, in ipotesi, mascherata con artifizi e raggiri, non è idoneo a
far configurare l’ipotesi della truffa proprio perché si tratta di artifizi e raggiri che
vengono posti in essere in un momento successivo alla stipula del contratto.
Ad es. se le parti pattuiscono che il pagamento dev’essere eseguito a mezzo
di titoli di credito e, poi, questi non vanno a buon fine, anche se il debitore ponga
in essere artifizi e raggiri per cercare di tranquillizzare il venditore sulla propria
solvibilità e sul fatto che pagherà, tale comportamento non integra gli estremi
della truffa perché è posto in essere in un momento successivo alla stipula del
contratto (ormai definitivamente concluso) e, quindi, è del tutto irrilevante
trattandosi di una mera inadempienza contrattuale.
In altri termini, in questa tipologia di contratti, il reato di truffa è
configurabile solo nel caso in cui gli artifizi e raggiri siano posti in essere nel
momento della trattativa essendo finalizzati a trarre in inganno l’altra parte e a
convincerla a stipulare un contratto che, senza quella attività decettiva, non
avrebbe mai concluso.
L’eventuale attività decettiva successiva alla stipula del contratto (concluso
senza alcun artifizio o raggiro), va ritenuta irrilevante in quanto serve solo a
“nascondere” l’inadempimento.
Su quest’ultimo punto, è, però, opportuno precisare quanto segue.

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L’importanza di tale momento nella dinamica del contratto (già

Nella pratica, succede, spesso, che l’attività decettiva succitata (artifizi e
raggiri successiva alla conclusione del contratto) non si limita solo a
“tranquillizzare” il creditore che preme per essere pagato, ma si concretizza
anche in ulteriori attività giuridiche come ad es. il ritiro dei titoli di credito non
andati a buon fine con altri, o la completa rinegoziazione del pagamento.
Ora, è evidente che, tale ulteriore attività giuridica, ove sia indotta
dall’agente con artifizi e raggiri, configura il reato di truffa proprio perché
l’agente induce la vittima a compiere un’attività giuridica che non avrebbe

In tali casi, quindi, per questa ulteriore e differente condotta, è ipotizzabile
senz’altro il reato di truffa, essendo del tutto irrilevante, ai fini penalistici, la
controversa problematica civilistica se, in quell’attività, sia o meno ravvisabile un
contratto novativo oggettivo.

1.2.2.

CONTRATTI AD ESECUZIONE DIFFERITA O CONTINUATA

A conclusione differente deve pervenirsi per quei contratti la cui esecuzione
non si esaurisce con la stipula del contratto e cioè:
a) contratti istantanei ad esecuzione differita: si tratta di contratti in cui una
delle prestazioni è differita ad un momento successivo alla conclusione del
contratto: ad es. vendita (con effetto traslativo immediato) in cui il pagamento
del prezzo è frazionato in più rate;
b) contratti di durata in cui le prestazioni stabilite nel contratto non si
esauriscono in un’unica operazione: ad es., la locazione, è un contratto ad
esecuzione continuata perché, da una parte, l’obbligo della locazione grava sul
locatore per tutta la durata del contratto, e, dall’altra, il conduttore, con cadenza
periodica, è tenuto a pagare il canone locatizio; stessa cosa, dicasi, ad es., per il
contratto di somministrazione;
c) contratti in pendenza di condizione (sospensiva o risolutiva) in cui è la
stessa legge (art. 1358 cod. civ.) che prescrive a colui che si è obbligato o ha
alienato un diritto sotto condizione sospensiva, ovvero ha acquistato sotto
condizione risolutiva, che, in pendenza della condizione, deve comportarsi
secondo buona fede per conservare integre le ragioni dell’altra parte.
In tutti questa diversa tipologia di contratti, a differenza di quelli ad
esecuzione istantanea, il reato di truffa, invece, è ipotizzabile anche in tutti i casi
in cui l’attività decettiva sia posta in essere anche dopo la stipula del contratto,
perché l’agente, ponendo in essere artifizi e raggiri, non tende a “nascondere”
solo il proprio inadempimento, ma, al contrario, tende ad ottenere dall’altra
parte contrattuale, prestazioni che questa non avrebbe effettuato se non fosse
rimasta vittima di quell’attività fraudolenta.

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compiuto senza quella condotta decettiva.

In altri termini, in queste particolari fattispecie, la truffa è ipotizzabile
proprio perché, sebbene il contratto sia stato giuridicamente concluso, tuttavia le
prestazioni da esso derivanti, non si sono esaurite al momento della conclusione
del contratto, restando ancora da eseguire; ben si comprende, quindi, il motivo
per cui, anche durante la fase dell’esecuzione, è ipotizzabile un’attività decettiva
per effetto della quale la vittima effettua prestazioni che, senza quell’attività, era
legittimata a non eseguire con conseguente proprio danno e correlativo ingiusto
profitto dell’agente relativamente a quella singola prestazione.

truffa contrattuale – relativamente ad un contratto di locazione – in una
fattispecie in cui l’imputato, locatario di un alloggio dell’Istituto Autonomo per le
Case Popolari, aveva omesso di comunicare al detto Istituto di essersi procurato
l’abitazione altrove e che l’immobile veniva utilizzato da un parente. Questa
Corte, infatti, ritenne correttamente configurato il reato di truffa, precisando
altresì, che il reato in esame è configurabile, non soltanto nella fase di
conclusione del contratto, ma anche in quella della esecuzione allorquando una
delle parti, nel contesto di un rapporto lecito, induca in errore l’altra parte con
artifizi e raggiri, conseguendo un ingiusto profitto con altrui danno: Cass.
5579/1998, riv 210613.
Ed ancora, la costante giurisprudenza che ritiene che, ove il pagamento del
bene deve avvenire, per pattuizione, in più ratei, il reato si consuma con l’ultimo
atto di erogazione (S.U. 18/2000, rv 216429; Cass. 31044/2008 Rv. 240659;
Cass. 49932/2012 rv. 254110; Cass. 18859/2012 rv. 252821) si giustifica
proprio sulla base della peculiare struttura dei contratti ad esecuzione differita o
continuata.
Stessa situazione, infine, è ipotizzabile, anche nel caso di contratto in
pendenza di condizione, quando, ad es. la parte interessata, pone in essere, nei
confronti dall’altra parte, artifizi e raggiri finalizzati a far apparire verificata la
condizione.

1.3. Alla stregua di quanto testè illustrato, la nozione della truffa
contrattuale può essere, quindi, precisata nei seguenti termini:

«nei contratti ad

esecuzione istantanea si ha truffa contrattuale allorchè l’agente ponga in essere
artifici e raggiri al momento della conclusione del negozio giuridico, traendo in
inganno il soggetto passivo che viene indotto a prestare un consenso che
altrimenti non sarebbe stato dato. Di conseguenza, ove tale tipologia di contratti
sia stipulata senza alcun artifizio o raggiro, l’eventuale successiva attività
decettíva finalizzata a nascondere l’inadempienza costituisce solo illecito civile.
Al contrario, nei contratti sottoposti a condizione o in cui l’esecuzione sia
differita, o non si esaurisca in un’unica prestazione, è configurabile il reato di
7

Ad es. proprio sulla base di tali principi, è stata ritenuta configurabile una

truffa anche nei casi in cui l’attività decettiva sia posta in essere durante la fase
di esecuzione del contratto al fine di conseguire una prestazione altrimenti non
dovuta o al fine di far apparire verificata la condizione».

2. Precisati i suddetti principi di diritto, resta da appurare le modalità con le
quali il fatto si è concretamente svolto.
Sul punto, però, questa Corte non è in grado di stabilire le suddette
modalità.

rassicurazioni” fornite dagli imputati in ordine al pagamento degli assegni versati
in pagamento della merce acquistata (e regolarmente ricevuta) dal Damiano,
erano successive alla conclusione del contratto e che erano state fatte al solo
fine di “nascondere” l’insolvenza: se così fosse la conclusione giuridica alla quale
il primo giudice pervenne sarebbe ineccepibile.
Sennonché, a diversa conclusione, in punto di fatto, sembra pervenire la
Corte territoriale la quale, non solo pare “anticipare” la condotta decettiva al
momento del rilascio degli assegni bancari (cfr pag. 2), ma pare anche ipotizzare
che gli assegni furono rinegoziati (così troverebbe spiegazione anche la
circostanza – peraltro contestata dai ricorrenti – secondo la quale parte degli
assegni furono rilasciati anche da Prattichizzo Michele): nel qual caso, la diversa
conclusione giuridica alla quale la Corte è pervenuta sarebbe corretta.
In altri termini, poiché da entrambe le sentenze il fatto non risulta essere
stato ricostruito in termini precisi tali da consentirne un corretto inquadramento
giuridico (truffa o semplice inadempimento civilistico), la sentenza impugnata
non può che essere annullata con rinvio al giudice civile competente per valore in
grado di appello ex art. 622 cod. proc. pen. il quale, un volta ricostruiti
correttamente i fatti, applicherà il principio di diritto di cui al precedente § 1.3.
La censura relativa alla tardività della presentazione della querela, va
dichiarata inammissibile in quanto la relativa decisione involge una quaestio facti
devoluta per la prima volta in sede di legittimità.
La rimanente censura circa l’estraneità del ricorrente Michele Prattichizzo
sarà decisa dal giudice di rinvio una volta ricostruiti i fatti.
P.Q.M.
ANNULLA
la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado
di appello.
Così deciso il 23/06/2016

Infatti, la sentenza di primo grado ha affermato che le “continue

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