Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29853 del 15/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29853 Anno 2015
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIACOMELLI STEFANO N. IL 19/07/1956
CASTAGNETTI MAURO N. IL 02/05/1939
CAVALCANTE MARIO N. IL 19/04/1942
avverso la sentenza n. 7115/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
12/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 15/05/2015

- Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione,
dr. Eugenio Selvaggi, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi ed ha chiesto la
correzione dell’errore materiale relativo alle statuizioni civili.
– Uditi, per Cavalcante Mario, l’avv. Andrea Sanguin e per per Castagnetti Mauro
l’avv. Brandi Patrizia, che hanno chiesto l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.

1. Il Tribunale di Milano, con sentenza confermata dalla locale Corte di appello in
data 12/12/2013, ha condannato Giacomelli Stefano, Castagnetti Mauro e
Cavalcante Mario per aver distratto dall’attivo societario della Delta Beta
Costruzioni srl, dichiarata fallita dal Tribunale di Milano il 23/10/2003, un terreno
del valore di dieci miliardi di lire. Ha inoltre condannato il solo Giacomelli per
ulteriori atti distrattivi posti in essere quale amministratore di diritto della società
(£ 350milioni corrisposti a Lilia Meninno, £ 25milioni corrisposti all’arch. Manfroi,
£ 2.023.000.000 per IVA incassata e non versata, £ 51.665.000 per l’acquisto di
un’autovettura a lui’ intestata, £ 1.190.000.000 per intermediazioni non meglio
precisate) e per bancarotta fraudolenta documentale commessa mediante
distruzione o occultamento delle scritture contabili, al fine di recare pregiudizio ai
creditori.

2. La principale accusa rivolta agli imputati è quella di aver venduto alla LIMA srl
un terreno sito nel comune di Padova, loc. Paltana, rappresentante l’unico
cespite sociale, senza incassare il corrispettivo, ovvero dirottando il corrispettivo
verso soggetti estranei alla società venditrice. L’operazione sarebbe stata
compiuta alla presenza e con l’assistenza del notaio Martini di Milano in data 30
giugno 1995, allorché si presentarono a lui, per la stipula dell’atto di
compravendita :
– Giaretta Mario (amministratore di diritto della Delta Beta Costruzioni srl);
– Giacomelli Stefano (amministratore di fatto della Delta Beta Costruzioni srl e
deus ex machina dell’affare);
– Zecchin Federico (amministratore formale della LIMA srl);

Ruffini Rossano, procuratore speciale della Bulstrode Investments B.V.

(controllore della LIMA srl, di cui deteneva, per il 95%, il capitale sociale. Il
rimanente 5% della LIMA srl era detenuto da Zecchin Federico);
– Castagnetti Mauro (avvocato e legale di Gianni Meninno, dominus della
Bulstrode Investments B.V. e, per il suo tramite, della LIMA srl).
Nell’occasione, l’atto di compravendita fu firmato, come per legge, dagli
amministratori delle due società (Giaretta e Zecchin); nello stesso fu dato atto

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RITENUTO IN FATTO

che il prezzo (dieci miliardi di lire) era già stato interamente pagato e per esso la
venditrice rilasciava quietanza, mentre è certo – sostengono il Tribunale e la
Corte d’appello – che il pagamento non è mai avvenuto, quantomeno nelle casse
sociali. Infatti, aggiungono i giudici di merito, tutti gli elementi di prova
depongono nel senso che l’accordo prevedeva un ritorno economico, all’estero e
in nero, in favore di soggetti (persone fisiche) interessati alla Delta Beta
Costruzioni srl, con depauperamento di quest’ultima.
La principale prova in tal senso è data dal fatto che, in occasione della

LIMA srl, di £ 54.500.000, probabilmente pagato; l’altro, dell’importo di quasi
dodici miliardi, tratto su conto di Bulstrode Investnnents B.V., che ancora nel
2000 non risultava posto all’incasso. Tale assegno fu compilato, nello studio
notarile, da Ruffini Rossano e consegnato a Giacomelli, il quale vi appose il
timbro, per girata, della Delta Beta Costruzioni srl e lo sottopose a Giaretta per
la firma; quindi, lo restituì a Ruffini, con l’avallo di Castagnetti. Ruffini restituì,
successivamente, l’assegno a Meninno.
All’epoca, le quote della Delta Beta Costruzioni srl erano intestate a
Giaconnelli e Giaretta, ma effettivi titolari delle stesse erano, sulla base di
scritture private intercorse tra le parti, Cavalcanti Mario, Giacomelli Stefano e
Giambattista Rando; ognuno per un terzo.

3. In ordine agli ulteriori reati contestati a Giacomelli, la sentenza evidenzia,
quanto alla bancarotta patrimoniale, che VIVA (per 2.023.000.000 di lire)
incassata per la vendita di una porzione del terreno di Padova, loc. Paltana, alla
Cooperativa Muratori e Cementisti (CMC), non è mai stata versata all’Erario e
non è stata rinvenuta dal curatore; che intestare a sé un’autovettura acquistata
col denaro della società rappresenta di per sé un fatto distrattivo; che neppure
un indizio di prova è stato fornito in ordine alla riconducibilità ad impegni
societari dei pagamenti effettuati a favore della Meninno, dell’arch. Manfroi, di Le
Dimore srl e di Sigim. Fatti verificatisi, tutti, nel periodo in cui Giacomelli era
amministratore della Delta Costruzioni srl. Tali fatti, e la colossale distrazione
descritta al punto precedente, dimostrano anche, secondo i giudici di merito, che
la distruzione della contabilità fu attuata allo specifico fine di danneggiare i
creditori.

4. Contro la sentenza suddetta hanno proposto ricorso per Cassazione, a mezzo
dei rispettivi difensori, tutti gli imputati.
4.1. L’avv. Sabrina di Giampietro ricorre nell’interesse di Giacomelli Stefano con
tre motivi.

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stipula, furono rilasciati dalla venditrice due assegni: uno, tratto su conto della

Col primo lamenta – sotto il profilo della violazione di legge (artt. 2639
cod. civ.; 223 e 216 L.F.) e del vizio di motivazione – che non sia stata fornita la
prova del compimento, da parte di Giacomelli, di atti gestori idonei ad attribuirgli
la qualifica di amministratore di fatto nel periodo in cui è stato distratto il
maggior cespite sociale. Proprio perché consapevole di tale deficienza – aggiunge
– la Corte d’appello ha, illegittimamente, mutato il titolo della responsabilità
(concorrente, quale extraneus, nel reato proprio dell’amministratore), in
violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza.

proposito distrattivo. da parte di Giacomelli, sia per quanto attiene la vendita del
terreno, sia per quanto riguarda le altre distrazioni che gli sono imputate. Si
duole, specificamente, del fatto che non sia stato attribuito rilievo alle iniziative
intraprese da Giacomelli per il recupero del terreno (iniziative che hanno
consentito, Poi, al curatore di rientrare in possesso del bene) e, con riferimento
alle altre distrazioni, del fatto che si è giunti alla condanna “senza lo svolgimento
del benché minimo accertamento da parte dell’Autorità inquirente, capace di
ricondurre quei pagamenti ad attività della Delta seta Costruzioni srl”.
Col terzo lamenta che siano state confermate le statuizioni civili
nonostante la revoca della costituzione di parte civile del Curatore.

4.2. L’avv. Andrea Sanguin ricorre nell’interesse di Cavalcante Mario con tre
motivi.
Col primo lamenta una illogicità della motivazione con riferimento
all’affermazione della responsabilità. Deduce che il ragionamento della Corte
d’appello è . viziato da un errore fondamentale: l’aver ritenuto Cavalcante
presente alla stipula del rogito notarile del 30/6/1995, laddove tutte le risultanze
istruttorie depongono in senso contrario. La Corte è incorsa – conclude – in
“travisamento del fatto” e non ha argomentato “rispetto alle doglianze avanzate
dalla difesa sulla insufficienza degli elementi di accusa a suo carico”.
Col secondo rinnova le doglianze, già sollevate dinanzi al giudice di
merito, in ordine alla formulazione dell’imputazione, che, sostiene, è
indeterminata e non consente la comprensione dell’accusa nei suoi esatti
termini; in particolare, dell’apporto dato alla distrazione del terreno.
Col terzo si . duole della conferma delle statuizioni civili nonostante
l’avvenuta revoca della costituzione di parte civile della curatela.

4.3. l’Avv. Patrizia Brandi ricorre nell’interesse di Castagnetti Mauro con “sei”
motivi (in realtà, sono otto, tenuto conto della duplicazione dei numeri tre e sei).
Col primo lamenta una indeterminatezza del capo d’imputazione, per la
ragione che non sono specificate le condotte – aventi “incidenza causale” rispetto
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Col secondo lamenta, sotto i medesimi profili, la mancanza di prova del

alla contestata distrazione – di cui il professionista debba rispondere, del tutto
inappagante – in funzione delle necessità difensive – apparendo il riferimento al
ruolo di consulente legale della Bulstrode Investment B.V, che non vale, neppure
sul piano concettuale, a identificate una condotta giuridicamente rilevante. E’
solo con la sentenza di primo grado – aggiunge – che Castagnetti ha appreso di
essere accusato della predisposizione di “tutti gli atti relativi alle autorizzazioni
formali degli amministratori e all’intestazione a Bulstrode delle quote Lima”, di
essersi impegnato per “vestire l’affare delle necessarie forme giuridiche” e di

distrattiva concordata procedesse senza intoppi.
Col secondo si duole della violazione degli artt. 554, comma 1, e 546,
comma 1, lett. f) cod. proc. pen., derivante dal fatto che la sentenza impugnata
– contrariamente al dispositivo letto in udienza – non contiene la revoca delle
statuizioni civili.
Col terzo lamenta un vizio di motivazione con riguardo all’individuazione
della condotta attribuita all’imputato all’atto della stipula della compravendita.
Deduce che la funzione attribuita dalla sentenza a Castagnetti (“sorvegliare che

le cose si svolgessero come programmate; che il pagamento del terreno fosse
del tutto fittizio, onde consentire il dirottamento del medesimo nelle tasche e nei
conti personali dei soci palesi ed occulti della Delta Beta”) non si spiega con la
logica dell’operazione – trasferire il bene ad altra entità societaria
rappresentativa del medesimo gruppo di interessi – riconosciuta pure dalla Corte
di merito e lamenta che non siano specificati i “pericoli” (per gli interessi dei
soggetti rappresentati) che Castagnetti “avrebbe dovuto scongiurare con la sua
presenza”, posto che nulla è dato sapere intorno agli accordi stipulati tra le parti
prima e al di fuori del rogito. Deduce che sono rimasti del tutto oscuri i motivi
per cui l’assegno “fece il giro del tavolo” (nel senso che tornò all’emittente) cosa che, afferma, sorprese anche Castagnetti – e che si trattò, comunque, di
una inutile “sceneggiata”, posto che nel rogito era stato dato atto che il
pagamento era già avvenuto, tant’è che il venditore ne dava quietanza.
Con altro motivo (anch’esso rubricato come terzo dal ricorrente, anche se
trattato separatamente dal precedente) viene censurata la sentenza per
“omessa, contraddittoria e manifesta illogicità della motivazione
nell’individuazione della condotta attribuita all’imputato con riferimento agli atti
preparatori al rogito 30.6-95”. La ricorrente sottolinea che non vi è prova di un
interessamento e di una attiva partecipazione di Castagnetti alle trattative e alle
fasi che precedettero il rogito e passa in rassegna numerose evenienze istruttorie
per dimostrare l’estraneità dell’imputato alle stesse.
Col quarto motivo lamenta falsa applicazione dell’art. 110 cod. pen. e
vizio di motivazione “con riferimento all’incidenza causale della

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.ndotta

aver partecipato all’atto di compravendita per assicurare che l’operazione

contestata all’imputato rispetto all’evento”. Deduce, sotto detto profilo, il
malgoverno dei principi che regolano la responsabilità dell’extraneus – e ancor
più del professionista – a titolo di concorso nel reato proprio dell’amministratore,
sottolineando – e ripetendo – che Castegnetti si è limitato a presenziare alla
stipula del rogito.
Col quinto lamenta violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo
all’elemento psicologico del reato di bancarotta. Deduce che alla data del
30/6/2005 la Delta Beta Costruzioni srl non aveva debiti e non era, quindi, in

fallimento passarono più di otto anni: vale a dire, un tempo sufficientemente
lungo da incidere sulla concreta possibilità di previsione del dissesto.
Col sesto contesta la logicità della motivazione con cui è stata affermata
l’irrilevanza della “rivendita” del 23/4/1998, allorché – ben cinque anni prima del
fallimento e ad iniziativa delle stesse parti contraenti – il terreno rientrò nella
disponibilità giuridica e materiale della Delta Beta Costruzioni srl. Tale fatto aggiunge – è stato inopinatamente svalutato, con riguardo alla posizione di
Castagnetti, dalla Corte di merito sulla base di un duplice rilievo: perché l’atto
suddetto è stato – in un giudizio cui partecipò la Delta Beta Costruzioni srl in
bonis – dichiarato inefficace dal giudice civile con sentenza del 12/1/2004;
perché nella stessa giornata del 23/4/1998 il terreno fu trasferito dalla Delta
Beta Costruzioni srl a Promozioni Commerciali srl.
Senonché, aggiunge la ricorrente, nessuna delle due pronunce è idonea ad
escludere l’efficacia “sanante” della compravendita (acquirente la Delta Beta
Costruzioni srl) del 23/4/1998, in quanto la decisione del giudice civile che ha
dichiarato l’inefficaci.a dell’acquisto da parte della società fallita non è opponibile
al Fallimento, rimasto estranea al giudizio; al contrario, la decisione del giudice
civile che ha dichiarato l’inefficacia della successiva rivendita alla Promozioni
Commerciali srl giova – in base ad un consolidato orientamento del giudice di
legittimità – al Fallimento, in quanto a questo favorevole. E ciò a prescindere dal
fatto che Castagnetti non partecipò in nessun modo all’atto di trasferimento a
favore della Promozioni Commerciali srl.
Con ultimo motivo (anch’esso rubricato – nel ricorso – come sesto) viene
censurata la motivazione relativa al trattamento sanzionatorio, basata su
affermazioni apodittiche e indinnostrate: il fatto che Castagnetti avesse
programmato, e fosse consapevole, di pagamenti “in nero” effettuati all’estero a
favore dei soci.

CONSIDERATO IN DIRITTO

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stato di dissesto; inoltre, che tra il rogito del 30/6/2005 e la dichiarazione di

Nessuno dei ricorsi merita accoglimento, anche se va corretto il
dispositivo della sentenza-documento, ai sensi dell’art. 130 cod. proc. pen..

1. Il ricorso di Giacomelli è inammissibile per manifesta infondatezza. Giova
premettere che questo ricorrente è stato condannato per atti distrattivi (trattasi
degli atti descritti al punto 3 della parte narrativa) posti essere quale
amministratore di diritto della Delta Beta Costruzioni srl – carica da lui ricoperta
dal 15/4/1994 agli inizi del 1995 e, successivamente, dal 16/5/1996 al fallimento

punto 2.
1.1. Per quanto riguarda la distrazione del terreno di Padova, loc. Paltana, è
infondata la prima censura mossa dal ricorrente, giacché non integra la
violazione del principio di correlazione tra reato contestato e reato ritenuto in
sentenza (art. 521 cod. proc. pen.), la decisione con la quale sia condannato un
soggetto quale concorrente esterno in un reato di bancarotta fraudolenta,
anziché quale amministratore di fatto, qualora rimanga immutata l’azione
distrattiva (Cass., n. 4117 del 9/12/2009. Conformi: N. 13595 del 2003 Rv.

224842). Da tale orientamento non si ravvisano motivi per discostarsi, giacché,
com’è noto, la giurisprudenza di legittimità si ispira, nel verificare la mancata
corrispondenza tra accusa contestata e fatto ritenuto in sentenza, al principio
secondo cui il parametro che consente di verificare, nel caso in cui sia accertato
lo scostamento indicato, l’esistenza della violazione del principio in questione è
costituito dal rispetto del diritto di difesa nel senso che l’imputato deve avere
avuto, in concreto, la possibilità di difendersi dall’addebito contestatogli. Si ha
dunque il rispetto del principio nei casi in cui della violazione poi ritenuta in
sentenza si sia trattato nelle varie fasi del processo ovvero in quelli nei quali sia
stato lo stesso imputato ad evidenziare il fatto diverso quale elemento a sua
discolpa (si vedano in questo senso, da ultimo, Cass., 15 gennaio 2007, n.
10103, rv. 236099; 23 novembre 2005 n. 46242, rv. 232774; 17 novembre
2005 n. 2393, rv.232973; 10 novembre 2005 n. 47365, rv. 233182; 25 ottobre
2005 n. 41663, rv. 232423; 4 maggio 2005 n. 38818, rv. 232427; 10 dicembre
2004 n. 4655, rv.230771). Nella specie, Giacomelli è stato reso edotto, fin dalle
prime fasi del processo, del contenuto dell’accusa mossa nei suoi confronti e del
ruolo a lui attribuito nella compravendita del terreno, per cui è stato in grado di
esplicare – come ha effettivamente fatto – tutte le opportune difese.
1.2. In ordine alle ritenute distrazioni, Giacomelli non contesta, per il resto, la
sua partecipazione alle attività che portarono al distacco dei beni dal compendio
societario, dolendosi solo della motivazione con cui è stata ravvisata
l’intenzionalità distrattiva (pagg. 6-7 del ricorso). Anche sotto tale profilo il
ricorso è manifestamente infondato, giacché l’assenza di dolo è collegata, nel
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-, nonché quale concorrente esterno nella distrazione dell’immobile descritto al

giudizio del ricorrente, al fatto che, successivamente alla compravendita (che è,
si ripete, del 1995), il ricorrente – “riprese in mano le redini della società” – si
attivò per riportare il terreno nella disponibilità giuridica della società fallita.
L’argomento è stato trattato in sentenza e scartato con motivazione immune da
vizi, laddove è stato fatto rilevare che, effettivamente, nel 1998 il terreno rientrò
nella disponibilità della Delta Beta Costruzioni srl, ma solo apparentemente, in
quanto la restituzione fu opera di un certo Cristallo Silvano, che si era “finto”
amministratore della LIMA srl; inoltre, che il “rientro” fu solo momentaneo,

rivendette il terreno alla Promozioni Commerciali srl, tramite il medesimo notaio
(pagg. 23-24). L’operazione dimostra, quindi, esattamente il contrario di quanto
viene sostenuto in ricorso; vale a dire, la pervicace volontà di Giacomelli di
sottrarre comunque il bene ai creditori della Delta Beta Costruzioni srl,
servendosi, in questo caso, del ruolo formalmente ricoperto nella società. A ciò
va aggiunto che la bancarotta patrimoniale per distrazione, tipico reato di
pericolo concreto, si perfeziona col distacco del bene dal patrimonio societario,
per cui è a tale momento che va fatto riferimento per valutare l’elemento
psicologico del reato (il solo che viene contestato dal ricorrente): momento
caratterizzato, nella specie, dalla inequivoca volontà di Giacomelli, e dei soci, di
monetizzare il valore del terreno e di appropriarsi del ricavato.
Per quanto attiene alle altre distrazioni, poste in essere mentre ricopriva la carica
di amministratore unico, persino caricaturale appare l’addebito, mosso ai giudici,
di aver pronunciato condanna “senza lo svolgimento del benché minimo
accertamento” volto a “ricondurre quei pagamenti ad attività della Delta Beta
Costruzioni srl”. Col che, Giacomelli addossa ai giudici l’onere di dimostrare quale
uso egli abbia fatto dei £ 2.023.000.000 incassati a titolo di IVA, a quale titolo si
sia attribuito compensi per £ 1.190.000.000, perché abbia corrisposto
£350.000.000 a Lilia Meninno e £ 25.000.000 all’arch. Manfroi. La singolarità di
una simile affermazione non merita né considerazione né confutazione.
1.3. Per quanto attiene alle statuizioni civili, effettivamente la sentenzadocumento non contiene la revoca delle statuizioni suddette, nonostante la parte
civile si fosse ritirata dal processo con dichiarazione depositata nella cancelleria
della Corte d’appello il 13/9/2013. Tale errore, che non è causa di nullità alcuna,
può essere emendato da questa Corte, investita dell’impugnazione, ai sensi
dell’art. 130 cod. proc. pen.

2. Il ricorso di Cavalcante è infondato.
2.1. Effettivamente la Corte d’appello commette un errore nel ritenerlo presente
alla stipula dell’atto pubblico, dal momento che il giudice di primo grado – in
nessuna maniera contraddetto da quello d’appello – aveva escluso la
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perché nello stesso giorno Giacomelli, amministratore della società fallita,

partecipazione dell’imputato al rogito (pag. 9 della sentenza d’appello). Tuttavia,
il ragionamento sviluppato dai giudici di primo e secondo grado – le cui
argomentazioni si integrano a vicenda, formando un complesso argonnentativo
solido e convincente – può fare a meno del dato suddetto, essendo fondato sulle
ammissioni dello stesso imputato (il quale ha confermato di essere consapevole
del fatto che l’assegno doveva essere restituito a Meninno, posto che il
pagamento doveva essere fatto all’estero a favore dei soci) e sul fatto che egli
era un socio occulto della Delta Beta Costruzioni srl, e quindi interessato alle

Logicamente, pertanto, i giudici hanno desunto che la distrazione avvenne con la
sua partecipazione, posto che la posizione da lui rivestita – sia pure in maniera
occulta – nella società, ne faceva un soggetto situato al crocevia delle decisioni
che riguardavano la fallita, tant’è che intrattenne personalmente rapporti in
Meninno, in funzione della compravendita (pag. 9).
2.2. Il motivo in rito è manifestamente infondato. L’accusa a lui mossa, fin dalla
formulazione dell’imputazione, è quella di aver concorso, “quale effettivo titolare
della quote della Delta Beta Costruzioni srl”, nella distrazione del fondamentale
cespite societario, partecipando alle decisioni che portarono all’alienazione del
bene. Così formulata l’imputazione era, ed è, perfettamente intellegibile, tant’è
che in relazione ad essa l’imputato si è difeso nel corso di tutto il procedimento,
oltre ad essere giuridicamente corretta, evocando la posizione di concorrente
esterno del Cavalcante nel reato commesso dall’amministratore.
2.3. Il terzo motivo (concernente le statuizioni civili) ricalca quello di Giacomelli:
per esso vale la medesima risposta.

3. Non può essere accolto neppure il ricorso di Castagnetti.
3.1. Anche questo imputato lamenta, con un primo motivo, l’indeterminatezza
del capo d’imputazione, ma infondatamente, giacché la contestazione a lui
mossa, ab initio, è quella di aver cooperato, quale legale della Bullstrode
Investment B.V., e quindi quale extraneus nel reato proprio dell’amministratore,
nella distrazione del terreno in questione, prestando la propria opera
professionale nonostante la “consapevolezza” (insita nel concetto di
“distrazione”) che il bene veniva destinato a fini diversi da quelli sociali. Così
formulata l’imputazione ha consentito a Castagnetti di comprendere
immediatamente l’accusa e di difendersi adeguatamente, tant’è che ha svolto,
nel corso di tutto il procedimento, appropriate difese. Nessuna necessità v’era di
specificare quali consigli aveva dato, a quali atti aveva partecipato, con chi si era
incontrato, ecc., giacché tali dati non devono far parte dell’imputazione, la quale
deve contenere, con sinteticità, la sostanza dell’incolpazione.

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sorti del suo patrimonio, oltre ad essere uno dei beneficiari della spoliazione.

3.2. Per le statuizioni civili, erroneamente pretermesse nel dispositivo, vale
quanto già esposto in ordine alla posizione di Giacomelli e Cavalcante.
3.3. I motivi tre e quattro (compreso quello intermedio) attengono tutti al
fondamento della responsabilità e vanno trattati congiuntamente, attesa la loro
interconnessione. Con essi l’imputato contesta il percorso seguito dai giudicanti
per dimostrare il suo contributo causalmente efficiente rispetto alla distrazione,
sia la consapevolezza – da parte sua – dei propositi distrattivi dei coimputati,
senza però evidenziare evidenti lacune nel ragionamento della Corte di merito.

Corte d’appello, sui seguenti elementi:
– (Castegnetti ) verificò “la regolarità della LIMA srI”; vale a dire, la sua capacità
ad acquistare;
– concorse a “predisporre tutti gli atti relativi alle autorizzazioni formali degli
amministratori” (fece in modo, cioè, che gli amministratori della LIMA srl fossero
in grado di stipulare il contratto, predisponendo o modificando opportunamente
gli atti societari). A tal fine Castagnetti preparò il testo della delibera
assembleare;
– fece modificare lo statuto della LIMA srl, che non prevedeva la possibilità di
ottenere finanziamenti dall’estero. Anche in tal caso predispose il testo della
delibera assembleare;
– preparò gli atti di cessione a Bulstrode delle quote LIMA;
– fu presente alla stipula dell’atto notarile di trasferimento del terreno il 30
giugno 1995.
Da tale complesso di elementi – non contestati dalla difesa – è stata
tratta la conclusione, più che logica, che egli prestò la propria opera
professionale per attuare il trasferimento del terreno da Delta Beta Costruzioni
srl a Lima srl, suggerendo e consigliando gli adempimenti necessari allo scopo.
Non è fondata, quindi, la lagnanza sviluppata nel motivo successivo al terzo,
secondo cui i giudici non hanno individuato “la condotta attribuita all’imputato
con riferimento agli atti preparatori al rogito 30.6-95”. Sebbene non vi sia prova
che Castagnetti abbia partecipato alle trattative che precedettero la
compravendita, resta il fatto che l’attività da lui spiegata – e sopra descritta – lo
proietta direttamente nella “fase” preparatoria della compravendita, che rileva, ai
fini che interessano, come e più della partecipazione alle “trattative”. Il suo fu,
come correttamente ritenuto dai giudicanti, un contributo giuridicamente
significativo dal punto di visto oggettivo, perché, oltre a rafforzare il proposito
distrattivo dei soggetti personalmente interessati al trasferimento del terreno, lo
rese possibile con la sua opera professionale.
Così argomentando i giudici di merito hanno dato puntuale applicazione alla
giurisprudenza di questa Corte, secondo cui concorre, in qualità di “extraneus”

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E’ bene ricordare, allora, che il giudizio di responsabilità si fonda, secondo la

nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale il professionista (consulente
contabile o legale) che, consapevole dei propositi distrattivi dell’amministratore
di diritto della società dichiarata fallita, fornisca consigli o suggerimenti sui mezzi
giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori e lo assista nella conclusione dei
relativi negozi ovvero svolga attività dirette a garantirgli l’impunità o a
rafforzarne, con il proprio ausilio e con le proprie assicurazioni, l’intento
criminoso (Cass., n. 49472 del 9/10/2013; Cass, n. 39387 del 27/6/2012;
Cass., n. 10742 del 15/2/2008; Cass., n. 569 del 18/11/2003).

sussistenza dell’elemento soggettivo. A tal fine i giudici hanno valorizzato: a) la
pregressa conoscenza tra gli imputati; b) la sicura consapevolezza – in capo a
Castagnetti – che la sua opera, anche quella precedente al 30 giugno 1995, era
stata richiesta per attuare il trasferimento del terreno (circostanza che nemmeno
l’imputato ha potuto contestare, perché insita nella natura degli atti che aveva
consigliato e che contribuì a confezionare); c) la partecipazione alla seduta del
30 giugno 1995, nel corso della quale fu rilasciato dal rappresentante della
società acquirente un assegno che, firmato per girata dal rappresentante della
venditrice, tornò nelle mani dell’acquirente; d) l’assicurazione, data al termine
della seduta da Castagnetti all’ignaro e imbarazzato Ruffini (presente in
rappresentanza della Bulstrode Investment B.V.), che non era successo nulla di
strano e che poteva stare tranquillo (“saranno rapporti tra loro, lei non corre
nessun rischio”). Sono, quelli sopra esposti, tutti elementi (soprattutto gli ultimi
due) che, complessivamente interpretati, depongono nel senso ritenuto dal
giudicante, giacché effettivamente non si spiegano altrimenti l’imperturbabilità
mostrata da Castagnetti al termine della seduta e le assicurazioni date a Ruffini,
nonostante fosse chiaro che la Lima srl non effettuava alcun esborso per
acquistare il terreno. A lui, infatti, esperto avvocato, non poteva sfuggire il
significato di un mezzo di pagamento tornato all’emittente, laddove nel contratto
si dava atto che il corrispettivo era già stato versato al venditore prima e al di
fuori dell’atto. Pertanto, seppur sia vero che la “sceneggiata” (come la definisce il
ricorrente) dell’assegno “in giro per il tavolo” non fosse strettamente necessaria
per creare una finzione di pagamento (data la dichiarazione di avvenuto
pagamento contenuta nel contratto), resta il fatto che quella “sceneggiata” non
lo meravigliò, nonostante si trattasse di un comportamento altamente anomalo
tenuto dalle parti nei corso di una compravendita. Peraltro, non è nemmeno vero
che la messinscena fosse del tutto inutile, giacché il possesso, da parte
dell’acquirente, di un suo assegno girato in bianco dalla venditrice avvalorava
l’affermazione che il pagamento era avvenuto prima e al di fuori dell’atto.
Logica è, pertanto, l’affermazione che Castagnetti era presente al rogito per
assicurare, con la sua esperienza, che tutto si svolgesse nella maniera

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Immune da critiche è anche il ragionamento spiegato per affermare la

programmata, a lui nota, e la conclusione che egli abbia partecipato, con piena
consapevolezza e adesione morale, all’operazione distrattiva voluta dai soci della
fallita e posta in essere col contributo necessario dell’acquirente da lui assistito.
3.4. Col quinto motivo il ricorrente ravvisa “ulteriori” e particolari profili di
illogicità in ordine all’elemento soggettivo, che sarebbe escluso, a suo giudizio,
tra l’altro, dal fatto che alla data del 30/6/1995 la Delta Beta Costruzioni srl non
aveva debiti e che dal fatto che non era prevedibile, all’epoca, il successivo
dissesto.

pronunci espressamente sul punto, dalla stessa si evince, comunque, che alla
data del 30 giugno 1995 la Delta Beta Costruzioni srl aveva già venduto una
parte del terreno di sua proprietà alla Cooperativa Muratori e Cementisti ed
aveva maturato un debito di oltre due miliardi lire per IVA, non corrisposta
all’Erario (la vendita suddetta era avvenuta il 15/4/1994. Vedi pag. 3 e pag. 23
della sentenza impugnata). Da qui la contestazione di distrazione mossa a
Giacomelli in altra dell’imputazione. L’affermazione è pertanto smentita per
tabulas dalla descrizione delle vicende societarie. Né ha rilievo il fatto che
Castagnetti non fosse a conoscenza della situazione debitoria della fallita, posto
che, in tema di concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale, il dolo
dell’extraneus nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà
della propria condotta di sostegno a quella dell'”intraneus”, con la
consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai
danni del creditore, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del
dissesto della società (Cass., n. 16983 del 5/3/2014; Cass., n. 1706 del
12/11/2013; Cass., .n. 11624 dell’8/2/2012).
Quanto alla prevedibilità, all’epoca, del dissesto, vale la considerazione, dotata di
insuperabile logicità, che l’alienazione, senza corrispettivo, da parte della Delta
Beta Costruzioni srl, dell’unico cespite societario, dotato di enorme valore,
avrebbe sicuramente creato il dissesto societario, anche se il dissesto non fosse
stato, all’epoca, già in atto. Il ritenuto inquadramento della distrazione tra i reati
di pericolo concreto rende la suddetta argomentazione pertinente alla fattispecie
in esame e risolutiva per sciogliere il nodo dell’elemento soggettivo.
3.5. La decisione dei giudici di merito, che hanno negato rilevanza alle vicende
del terreno in questione successive alla compravendita del 1995, non è
censurabile in termini di logicità e di rispetto dei canoni di legge.
Corrisponde effettivamente ad un orientamento di questa Corte, che qui non si
intende mettere in discussione, quello per cui, ai fini della configurabilità del
reato di bancarotta fraudolenta, il pregiudizio ai creditori deve sussistere al
momento della dichiarazione giudiziale di fallimento, non già al momento della
commissione dell’atto antidoveroso. Pertanto, non integra fatto punibile come

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La prima affermazione è assertiva. Sebbene la sentenza d’appello non si

bancarotta per distrazione la condotta, ancorché fraudolenta, la cui portata
pregiudizievole risulti annullata per effetto di un atto o di un’attività di segno
inverso, capace di • reintegrare il patrimonio della fallita prima della soglia
cronologica costituita dall’apertura della procedura, quantomeno, prima
dell’insorgenza della situazione di dissesto produttiva del fallimento (oltre alla
giurisprudenza citata in ricorso, Cass., n. 8402 del 3/2/2011; Cass., n. 52077 del
4/11/2014).
Come hanno ben messo in evidenza le decisioni suddette (e quelle citate dal

dell’elemento materiale del reato, si configura quando la sottrazione dei beni
venga annullata da un’attività di segno contrario, che reintegri il patrimonio
dell’impresa “prima della soglia cronologica costituita dalla dichiarazione di
fallimento”, così annullando il pregiudizio per i creditori o anche solo la
potenzialità di un danno. La “reintegra”, nella specie, non era, però, ancora
avvenuta alla data di pronuncia della sentenza d’appello in questo procedimento
(12/12/2013) e non è dato sapere se avverrà mai, posto che, a quanto si legge
in sentenza, il giudizio civile intentato nel 1997 dalla Delta Beta Costruzioni srl
presso il Tribunale di Padova, volto a far dichiarare la simulazione della vendita
del 30/6/1995, si è concluso con rigetto della domanda attrice, non appellata. Vi
sono stati poi accordi stragiudiziali tendenti a far rientrare il bene nella società,
ma anche tali procedimenti si sono conclusi con nulla di fatto ed hanno, a loro
volta, dato origine a procedimenti penali nei confronti di taluni degli attuali
imputati (pag. 4 della sentenza impugnata). Attualmente risulta trascritta azione
di simulazione proposta dal curatore fallimentare contro la LIMA srl, nonché la
sentenza di primo grado favorevole alla curatela.
Fuorviante, invece, è il riferimento, fatto dal ricorrente, alla compravendita del
23/4/1998, dal momento che, a quanto si legge in sentenza, il cui contenuto è
stato completamente ignorato dal ricorrente, con questo atto la Delta Beta
Costruzioni srl ritornò nella disponibilità giuridica del bene, ma solo fittiziamente,
in quanto la rivendita fu attuata, a nome della LIMA srl, da parte di un certo
Cristallo Fabio, che “si era finto amministratore della LIMA e che in tale finta
veste aveva ceduto il terreno” (pag. 24). Inutilmente, pertanto, il ricorrente
insiste sull’efficacia “sanante” della rivendita suddetta, posto che,
indipendentemente dall’opponibilità alla curatela della sentenza del 12/1/2004,
che ha dichiarato l’inefficacia dell’acquisto da parte della società fallita, resta il
fatto che l’atto del 23/4/1998 era, per il motivo già detto, del tutto inidoneo a
procurare il riacquisto del terreno da parte della Delta Beta Costruzioni srl, tant’è
si è resa necessaria — per realizzare il fine suddetto – una apposita azione
giudiziaria della curatela.

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ricorrente), la cd. “bancarotta riparata”, che determina l’insussistenza

3.6. Manifestamente infondato è, infine, l’ultimo motivo di ricorso, con il quale il
ricorrente lamenta l’entità della pena inflittagli e la mancata concessione delle
attenuanti generiche. Ed invero, la concreta modulazione della pena appartiene
al novero dei poteri discrezionali del giudice di merito, il cui esercizio si sottrae al
sindacato in sede di legittimità ove sorretto da idonea motivazione; nel caso
specifico, la motivazione addotta, fondata sulla “intensità del dolo dimostrata
nello spogliare la società del suo unico ingente valore distraendone il prezzo ai
singoli soci palesi od occulti” vale a giustificare la modulazione del trattamento

comunque i parametri di valutazione fissati dall’art. 133 cod. pen..

4. In conclusione, i ricorso di Cavalcante e Castagnetti vanno rigettato, mentre
va dichiarato inammissibile quello di Giacomelli. Tutti gli imputati vanno
condannati al pagamento delle spese processuali e Giacomelli, altresì, al
pagamento di una somma a favore della Cassa delle ammende, che, tenuto
conto delle ragioni fatti valere col ricorso, stimasi equo quantificare in euro mille.
Infine, va corretto il dispositivo della sentenza-documento con la revoca delle
statuizioni civili.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso di Giacomelli Stefano e rigetta il ricorso di
Castagnetti Mauro e Cavalcante Mario. Condanna tutti i ricorrenti, singolarmente,
al pagamento delle spese processuali e Giacomelli, altresì, al versamento della
somma di C 1.000 a favore della Cassa delle ammende.
Dispone correggersi il dispositivo della sentenza impugnata nel senso che devono
aggiungersi le seguenti parole: “Revoca le statuizioni civili”.
Manda alla Cancelleria per le annotazioni di competenza.
Così deciso il 15/5/2015

sanzionatorio in misura che, seppur superiore al minimo edittale, rispetta

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