Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29852 del 15/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29852 Anno 2015
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Pavone Giovanni Carmelo, nato a Messina il 24/06/1959
avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Messina il 03/02/2014
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Eugenio Selvaggi, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della
sentenza impugnata, per intervenuta remissione di querela

RITENUTO IN FATTO
Giovanni Carmelo Pavone ricorre personalmente avverso la pronuncia
indicata in epigrafe, recante la riforma della sentenza emessa nei suoi confronti
dal Giudice di pace di Santa Teresa di Riva in data 16/11/2009; l’imputato,
assolto in primo grado da un addebito di ingiuria continuata (reato, in ipotesi,
commesso in danno di Lucia Mangraviti in due distinti episodi del 25 giugno e 4
luglio 2007), per insussistenza del fatto, _è stato invece condannato dal Tribunale
a seguito di impugnazione del Procuratore della Repubblica e della parte civile.
Il ricorrente si duole della violazione:

Data Udienza: 15/05/2015

- degli artt. 591 cod. proc. pen. e 36 del d.lgs. n. 274/2000, dal momento che la
sentenza del Giudice di pace poteva essere oggetto (da parte del Pubblico
Ministero) del solo ricorso per cassazione, e la circostanza della ulteriore
impugnazione proveniente dalla parte civile, al di là della formale necessità di
dare corso ad una conversione ai sensi dell’art. 580 del codice di rito, non
avrebbe potuto determinare il superamento di tale inappellabilità, prevista ex
lege. L’inammissibilità di quell’impugnazione troverebbe conferma nel rilievo che
il P.M. non ebbe a formulare alcuna richiesta specifica di condanna, né

– dell’art. 525 cod. proc. pen., atteso che il giudice che pronunciò la sentenza
impugnata risulta diverso dal magistrato che (all’esito delle conclusioni
rassegnate dalle parti) dispose che si procedesse all’audizione di alcuni
testimoni, come pure da quello dinanzi al quale si diede corso alle escussioni de
quibus;
– degli artt. 523 e 602 cod. proc. pen., in quanto l’assunzione delle nuove
deposizioni testimoniali avrebbe dovuto essere decisa nel corso della discussione,
ed in caso di assoluta necessità, mentre nel caso di specie il Tribunale emise
l’ordinanza sopra ricordata quando le parti avevano già esaurito la discussione
finale;
– dell’art. 603 cod. proc. pen., per non avere il giudicante offerto alcuna
motivazione alla disposta rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale;
– dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in relazione agli artt.
593 e 603 cod. proc. pen., avendo il Tribunale riconosciuto alla persona offesa
(senza tuttavia procederne all’audizione diretta, come invece imposto dalla
giurisprudenza sovranazionale) una attendibilità che invece il giudice di primo
grado aveva inteso escludere;
– dell’art. 591 cod. proc. pen., in ordine all’appello avanzato dalla parte civile,
che risultava inammissibile in quanto non conteneva alcun riferimento alle
statuizioni civilistiche ed agli effetti civili che l’impugnante intendeva conseguire;
– degli artt. 594 e 599 cod. pen., giacché il complessivo compendio probatorio
acquisito aveva fatto emergere con chiarezza la reciprocità delle offese tra la
Mangraviti ed il Pavone, nonché la provocazione subita dall’imputato.
In data 12/05/2015, come da atti trasmessi a questa Corte il giorno
successivo da parte del Comando Stazione Carabinieri di Santa Teresa di Riva,
risulta intervenuta remissione di querela da parte della Mangraviti, con separata
accettazione sottoscritta dal Pavone.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2

nell’iniziale ricorso poi convertito, né all’atto della discussione finale;

Deve rilevarsi preliminarmente l’intervenuta causa estintiva del reato
addebitato al Pavone, per effetto della remissione di querela formalizzata dalla
Mangraviti nei termini appena esposti.
La sentenza impugnata, in difetto di elementi tali da comportare una più
favorevole pronuncia liberatoria nei confronti dell’imputato ex art. 129, comma
2, cod. proc. pen., va pertanto annullata senza rinvio; si impone la condanna del
querelato alle spese ai sensi dell’art. 340 cod. proc. pen., non risultando siano

P. Q. M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio, per essere il reato estinto per
remissione di querela, e condanna il querelato al pagamento delle spese del
procedimento.
Così deciso il 15/05/2015.

intervenute differenti intese fra le parti private all’atto della remissione.

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