Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29851 del 23/06/2016
Penale Sent. Sez. 2 Num. 29851 Anno 2016
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: RAGO GEPPINO
SENTENZA
sul ricorso proposto da
1.
GHIONDO ADRIANA, nata il 22/02/1977;
2.
LUPOLI GIUSEPPE nato il 05/07/1975;
avverso la sentenza del 28/11/2014 della Corte di Appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere dott. G. Rago;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Roberto
Aniello, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità;
RITENUTO IN FATTO
1. Adriana GHIONDO e Giuseppe LUPOLI, a mezzo del proprio difensore,
hanno proposto un unico ricorso per cassazione contro la sentenza pronunciata
in data 28/11/2014 dalla Corte di Appello di Milano – confermativa della
sentenza del tribunale di Milano del 02/02/2012 che li aveva condannati per il
reato di ricettazione «di innumerevoli parti di motoveicoli di sicura anche se non
precisamente accertata provenienza furtiva» – deducendo:
1.1. LA VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 516-522-523-546 COD. PROC. PEN. in quanto,
nonostante il capo d’accusa indicasse i beni indicati nel verbale di sequestro “che
si allega al presente avviso”, in realtà il suddetto allegato mancava. Inoltre, la/
Data Udienza: 23/06/2016
contestazione di avere ricevuto una serie di pezzi di ricambio da parte di una
persona rimasta ignota era stata sostituita dalla contestazione di un’unica
ricezione di tutto il materiale sequestrato: il che aveva violato gli artt. 522 cod.
proc. pen. e 6 Cedu;
1.2.
LA VIOLAZIONE DELL’ART.
648
C.P.
perché mancava l’accertamento del reato
presupposto che, ben avrebbe potuto essere commesso dagli stessi imputati;
inoltre non era stato indicato il tempus commissi delicti che, comunque, avrebbe
dovuto essere collocato in una data a ridosso del decreto di perquisizione
prescritto;
1.3.
LA MANIFESTA
inoGiciTÀ della motivazione nella parte in cui la posizione
della Ghiondo era stata assimilata a quella del Lupoli.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. LA VIOLAZIONE DEGLI ARTT.
516-522-523-546
COD. PROC. PEN.: la
censura è
manifestamente infondata perché, oltre che generica nella sua formulazione:
a) non risulta essere mai stata dedotta nei precedenti gradi di giudizio né vi
è alcuna allegazione e/o prova della suddetta affermazione;
b) non è indicato quale pregiudizio ne sia derivato;
b) non vi è stata alcuna immutazione del fatto che è rimasto sempre e solo
quello di ricettazione: i giudici di merito, hanno solo ritenuto – a tutto vantaggio
dei ricorrenti – che la ricettazione è stata unica e non continuata come era stato
contestato.
2.
LA VIOLAZIONE DELL’ART.
648 C.P.: le censure sub 1.2- 1.3. sono medesime a
quelle dedotta davanti alla Corte territoriale che, con motivazione ampia,
congrua ed adeguata agli evidenziati elementi fattuali, l’ha respinta ritenendo, da
una parte, che non fosse dubbia – pur in assenza di un preciso accertamento del
reato presupposto – la provenienza illecita dei beni, e, che, dall’altra,
responsabile del suddetto delitto dovesse ritenersi anche la Ghiondo (cfr ultima
pag. sentenza impugnata).
Le censure, pertanto, essendo meramente reiterative di una
quaestio facti,
vanno ritenute inammissibili non essendo ravvisabile nella motivazione addotta
dalla Corte alcun vizio motivazionale né alcuna violazione di legge.
3. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma
dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria
consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa
2
(06/02/2005): il che comportava che il reato avrebbe dovuto essere dichiarato
delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti
dal ricorso, si determina equitativamente in C 1.500,00 ciascuno.
La declaratoria di inammissibilità preclude la rilevabilità della prescrizione in
applicazione del principio di diritto secondo il quale «l’inammissibilità del ricorso
per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il
formarsi di un valido rapporto d’impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità
di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc.
pen.»: ex plurimis SSUU 22/11/2000, De Luca, Riv 217266 – Cass. 4/10/2007,
febbraio 2008, n. 19601, Niccoli, rv. 239400; SSUU, 12602/2016, Ricci.
P.Q.M.
DICHIARA
Inammissibile il ricorso e
CONDANNA
i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della
somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Sentenza a motivazione semplificata
Così deciso il 23/06/2016
Impero; Sez. un., 2 marzo 2005, n. 23428, Bracale, rv. 231164; Sez. un., 28